Tutta la trilogia di Gesù, di J. M. Coetzee, si fonda su un'aspettativa che viene generata dal linguaggio (tema ricorrente nella sua opera, che si basa sul protagonismo, in un libro come Foe, ad esempio): fin dal titolo, nel quale viene annunciato un "Gesù" che non si presenterà mai, che non viene mai neppure menzionato, e che vive come significante - generando nel lettore un'aspettativa - senza completarsi mai nel fattuale o nello storico. La posta in gioco, viene alzata nell'ultimo volume, "La morte di Gesù", dal momento che il titolo opera in quello che, rispetto all'aspettativa, è un registro ambivalente: Gesù continua a esser lì, e continua a non comparire nel romanzo; la morte, tuttavia, serve da complemento e da promessa; una sfaccettatura dell'aspettativa che viene portata a termine, vale a dire che - sotto una qualche forma - viene "onorata" dall'autore.
In un certo qual modo, Coetzee si riallaccia all'idea di Wittgenstein, secondo cui «i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo»; innanzitutto perché egli annulla quella dicotomia che rende possibile l'infrastruttura della nozione di Wittgenstein (secondo cui il linguaggio e il mondo sono differenti, nonostante la con-partecipazione dei limiti); in secondo luogo, perché il linguaggio - nella trilogia di Coetzee - indica un limite ingannevole, un limite che costituisce una sorta di marcatore falso, che induce all'errore (il mondo evocato dalla parola "Gesù" non si trova all'interno dei romanzi che portano questo nome); in terzo luogo, perché, nel mondo creato da Coetzee nella trilogia, il limite del linguaggio è sempre fantasmatico, allucinatorio: tutti i personaggi parlano spagnolo, ma il testo che leggiamo è scritto in inglese.
Julio Fabricante, Las Manos, Maria Prudencia, Las Panteras, Simón, Juan Sebastián Arroyo, Los Gatos, Modas Modernas, Pablo, Bolívar, Joaquín, Damián: questi, sono tutti nomi che indicano una realtà, la quale però non viene corroborata dalla lingua nella quale il romanzo si esprime (allo stesso modo in cui il ragazzo David, lettore ossessivo del Don Quijote, legge in spagnolo ma rielabora in inglese, e ciò sebbene il testo "originale" rimanga sempre invisibile). La lingua inglese è stata abbandonata in un mondo precedente, che nel romanzo non esiste più; eppure è proprio in questa lingua cancellata (tutti parlano in spagnolo nella "Nuova Terra" della trilogia) che il romanzo è stato scritto (la modalità di scrittura del romanzo, pertanto consiste nella cancellazione di quella che è la sua premessa centrale).
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