Verso la rivalità
- La Cina si avvicina sempre più alla Russia, mettendo così a dura prova le sue relazioni con la Germania. Ma l'industria tedesca non vuole affatto smettere di fare affari con la Cina -
di Tomasz Konicz
Il modello economico tedesco, orientato all'esportazione, potrebbe andare incontro a tempi difficili. Per molto tempo, la Repubblica Federale tedesca, grazie alle eccedenze delle sue esportazioni, è stata in grado di trasferire, letteralmente, verso altri paesi gli effetti delle crisi del XXI secolo. Ma attualmente, la guerra della Russia contro l'Ucraina sta indurendo i fronti geopolitici. Gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese - i due mercati di vendita più importanti per l'industria tedesca - stanno sempre più contrapponendosi. E così un simile conflitto, in futuro, rischia di avere un forte impatto sugli interessi economici tedeschi. I politici e le associazioni imprenditoriali tedesche, sono attualmente impegnati in un dibattito pubblico su come la Repubblica Federale e l'Unione Europea dovrebbero comportarsi, strategicamente, nelle loro relazioni con il regime cinese: quella che è la cinese «officina del mondo», va considerata e trattata come se fosse principalmente un mercato di approvvigionamento e di vendita, oppure, al contrario, dev'essere ritenuta un concorrente economico e un avversario politico? Già quattro anni fa la Commissione europea aveva contraddittoriamente descritto la Cina, definendola come «un partner, un concorrente economico e un rivale sistemico». Intanto, da allora le relazioni si stanno sempre più evolvendo in direzione della rivalità. A fine marzo, in un discorso chiave, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha chiesto un riallineamento delle relazioni, nel quale ha constatato un «evidente aggravamento della posizione strategica complessiva della Cina», a partire dal fatto che quel Paese sta puntando a un cambiamento sistemico dell'ordine internazionale. Un fattore decisivo per quelle che saranno le future relazioni UE-Cina, sarà «il nuovo posizionamento della Cina rispetto alla guerra di Putin».
Noah Barkin - che segue le relazioni Europa-Cina per il "German Marshall Fund", nel numero di primavera di "Internationale Politik Quarterly"(IPQ), una rivista pubblicata dal "German Council on Foreign Relations" - ha scritto che la rapida escalation nella competizione geopolitica tra Cina e Stati Uniti, richiede che l'Unione Europea, e in particolare la sua principale potenza economica, la Germania, ponga in atto un «delicato gioco di equilibrio». Il governo statunitense, guidato dal presidente Joe Biden, sta spingendo i governi dei Paesi dell'UE a unirsi agli Stati Uniti nelle sanzioni anti-cinesi, soprattutto nel settore dell'alta tecnologia. Per cui ora, secondo l'IPQ, la Commissione europea sta prendendo sul serio quel concetto di «sicurezza economica» che dovrebbe impedire il trasferimento di tecnologia alla Cina. Tuttavia, nella politica tedesca prevalgono le preoccupazioni per le perdite economiche che potrebbero derivare da una posizione più dura nei confronti della Repubblica Popolare, e pertanto il governo federale preferisce parlare di «resilienza economica», piuttosto che di «sicurezza economica»; e perciò, finora, non ha quasi fatto niente per rendere più difficile la partecipazione di aziende cinesi ai progetti infrastrutturali tedeschi. Ma le cose potrebbero comunque cambiare. A marzo, è stata resa nota l'intenzione del governo tedesco di vietare, in alcuni casi, nell'espansione della rete 5G, l'utilizzo di componenti cinesi. L'obiettivo è quello di evitare una eccessiva dipendenza dalla Cina. Un simile divieto sarebbe possibile per proteggere «l'ordine pubblico, o la sicurezza della Repubblica federale». Già a febbraio, è stato ampiamente recepito dall'opinione pubblica, uno studio effettuato dall'Istituto di ricerca economica di Kiel (IfW), nel quale viene documentata l'elevata effettiva dipendenza della Repubblica federale dalla Cina, per quel che riguarda diversi prodotti high-tech e materie prime. Una percentuale particolarmente elevata delle importazioni cinesi, riguarda computer portatili, smartphone, componenti per computer, prodotti e dispositivi medicali, oltre a terre rare che insieme ad altre materie prime sono necessarie soprattutto per la produzione di batterie. Molti degli oltre 200 prodotti e materie prime, per i quali la Germania dipende dalle importazioni cinesi, non possono essere sostituiti a breve termine - ha avvertito l'IfW, facendo riferimento a possibili escalation militari -; motivo per cui gli autori dello studio hanno chiesto che venga messa in atto un'urgente «strategia di diversificazione». Nel frattempo, l'Unione Europea sta lavorando per prepararsi meglio alle future guerre commerciali. Gli Stati dell'UE e il Parlamento europeo, hanno concordato uno «strumento contro le misure coercitive», che è stato annunciato dal Consiglio europeo alla fine di marzo. Tal dispositivo, che prevede una risposta immediata alle sanzioni attraverso delle contro-sanzioni, ha come scopo principale quello di fungere da deterrente. Ciò perché i paesi concorrenti non dovrebbero nemmeno pensare di adottare delle misure protezionistiche contro l'UE o contro i singoli Stati membri, altrimenti dovranno aspettarsi delle controreazioni assai forti. Secondo la Commissione europea, una simile misura mira a combattere le eventuali «intimidazioni economiche» provenienti da parte di Paesi terzi. È probabile che il provvedimento prenda di mira soprattutto la Cina, sebbene al riguardo non venga detto esplicitamente nulla. Due anni fa la Cina ha imposto alcune sanzioni alla Lituania, a partire dal fatto che il Paese baltico aveva permesso a Taiwan di aprire una rappresentanza diplomatica a suo nome, in quanto Stato.
Le nuove armi dell'UE per le guerre commerciali, includeranno probabilmente restrizioni rispetto alle esportazioni, oltre a dazi doganali punitivi. Inoltre, l'Unione Europea dovrebbe poter essere in grado di limitare l'accesso ai propri mercati finanziari ed eliminare la protezione della proprietà intellettuale. Anche gli Stati Uniti vengono visti come un potenziale avversario nei conflitti commerciali. La politica commerciale viene sempre più utilizzata come «arma politica», ha denunciato Bernd Lange (SPD), presidente della commissione commercio del Parlamento europeo, in un'intervista al quotidiano "Handelsblatt". L'obiettivo non è quello di cercare lo scontro, ma di essere in grado di «difendere i propri interessi economici», anche contro «il nostro grande alleato, gli Stati Uniti», ha sottolineato Lange. Inoltre, anche le aziende tedesche mantengono un atteggiamento ambivalente nei confronti della Cina. All'inizio di aprile, la Federazione delle industrie tedesche (BDI) ha chiesto una rinegoziazione dell'accordo di investimento CAI UE-Cina. Nel 2021, dopo anni di negoziati, l'accordo era stato sospeso dal Parlamento europeo in seguito alle sanzioni, da parte della Cina, nei confronti dei parlamentari dell'UE. Dal 2020, «molte cose sono cambiate, in Cina e nel resto del mondo», ha affermato la BDI, aggiungendo che quindi si è resa necessaria una «rivalutazione» del trattato, prima di considerare un'ulteriore ratifica ritardata. La Cina ha «perso molta fiducia nella Germania e nell'Europa» a causa della loro posizione sulla «guerra di aggressione» della Russia. Allo stesso tempo, i legami economici si stanno rafforzando. A causa delle difficoltà di approvvigionamento in conseguenza alla pandemia di Covid-19, e alla possibilità di un conflitto militare su Taiwan, di recente si è parlato molto del fatto che le aziende tedesche vogliono diventare meno dipendenti dai prodotti primari cinesi. Tuttavia, alla fine di marzo, lo scetticismo, nei confronti della Cina, dei responsabili degli acquisti tedeschi è in gran parte scomparso, secondo quanto riportato da "Handelsblatt". Secondo le attuali indagini dell'Associazione dei responsabili degli acquisti, il 56% delle aziende intervistate intende aumentare le importazioni dalla Repubblica Popolare. Lo scorso anno, gli investimenti delle aziende tedesche in Cina hanno raggiunto un nuovo massimo di 11,5 miliardi di euro. Allo stesso tempo, in una consultazione governativa tenutasi a Tokyo a metà marzo, il governo tedesco ha cercato di intensificare le relazioni economiche con il Giappone, che oggi viene visto da alcuni come un'alternativa alla Repubblica Popolare. Secondo "Handelsblatt", in un sondaggio, circa il 20% delle aziende tedesche che operano nella regione ha dichiarato di considerare il Giappone come «sede alternativa».
L'azienda chimica tedesca BASF, invece, si sta concentrando interamente sulla Repubblica Popolare. L'azienda prevede di investire nei prossimi anni dieci miliardi di euro in un nuovo stabilimento a Zhangjiang. Allo stesso tempo, BASF sta pianificando anche un programma di riduzione dei posti di lavoro, il quale prevede l'eliminazione di un totale di 2600 posti di lavoro, soprattutto nel sito tedesco di Ludwigshafen. «La Cina rappresenta già oltre il 40% del mercato globale dei prodotti chimici, e continuerà a essere il più grande mercato di crescita per l'industria chimica in questo decennio», ha dichiarato Hans-Ulrich Engel, amministratore delegato della BASF, spiegando la strategia dell'azienda. Nel mese di febbraio, il presidente della BASF, Martin Brudermüller, ha scritto agli azionisti dicendo che l'azienda sta investendo in Cina perché «la rende più resistente in un mondo multipolare». Sul "Tagesschau", ha anche fatto riferimento a quelli che, dopo l'inizio della guerra, sono gli alti prezzi dell'energia nell'UE. Riferendosi alle perdite totali della BASF in Russia, il Presidente Brudermüller ha ammesso che una perdita totale indotta dalla geopolitica si è resa possibile anche in Cina. Ma ciò non significherebbe che «l'intero sistema economico mondiale smetterebbe di funzionare», e che pertanto, in ogni caso, «improvvisamente tutto potrebbe essere diverso». L'ambivalenza delle relazioni tra l'UE e la Repubblica Popolare Cinese, è stata espressa la scorsa settimana durante la visita congiunta del presidente francese Emmanuel Macron e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Pechino. Macron ha esordito facendo riferimento alla necessità di proteggere l'industria europea dai «rischi», ma allo stesso tempo l'Unione Europea non deve «allontanarsi e isolarsi». Tra Occidente e Cina, non esiste una «spirale inevitabile» di tensioni, ha affermato il Presidente francese. Va detto che il gruppo al seguito di Macron, comprendeva una delegazione imprenditoriale di alto livello. D'altra parte, la Von der Leyen - che dalla rivista Focus,per la sua dura posizione nei confronti della Cina, è stata soprannominata come la «fan-girl tedesca» degli Stati Uniti - giovedì scorso, prima dei colloqui con il premier Li Qiang e il leader del Partito e dello Stato Xi Jinping, ha deciso di fare una colazione di lavoro all'ambasciata statunitense a Pechino.
- Tomasz Konicz - Pubblicato su Jungle World il 13/4/2023 -
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