Forse il problema principale del nuovo romanzo di Aleksandar Hemon, "Il mondo e tutto ciò che contiene", consiste in quella che, tra le sue diverse parti, costituisce una sfasatura; oltre che alla mancanza di enfasi nelle sue parti migliori. Pur essendo, indubbiamente, un romanzo di ampio respiro, cosa che sicuramente deve aver impegnato molto l'autore. Vediamo che ci sono quattro parti, più un epilogo; la prima parte inizia con il capitolo "Sarajevo, 1914"; l'ultima parte termina con il capitolo "Shanghai, 1949"; l'epilogo si intitola "Gerusalemme, 2001"; e tra tutte queste pietre miliari troviamo, disseminati, come tutta una serie di altri punti del percorso, sempre successivi e cronologici, come "Tashkent, 1919", "Korla, 1922", "Shanghai, 1932" e così via.
Molto raramente, il narratore del romanzo - che non si identifica mai con Hemon, sebbene l'epilogo renda quasi certo un tale legame - sembra che commenti come se avesse avuto già accesso a tutte le informazioni elaborate nel corso del romanzo: i profughi della Prima guerra mondiale, i Sefarditi di Saravejo nel periodo interbellico; come se tutto questo fosse una sorta di Lato B della migrazione postbellica; non verso l'Occidente (soprattutto gli Stati Uniti), ma verso l'Oriente (Uzbekistan, Cina). E questi momenti, che mostrano il "dietro le quinte" sono sempre interessanti; cosa che però non può essere detta per molti altri momenti del romanzo dedicati alle allucinazioni del protagonista, Rafael Pinto (farmacista/medico, sopravvissuto alla guerra, dipendente dall'oppio, ebreo sfollato dal mondo, ecc).
Rafael conosce Osman in trincea; i due si innamorano, trascorrono alcuni anni insieme come coppia (pur nascondendo la loro relazione a chi li circonda, prima ai soldati/commilitoni poi agli altri rifugiati con cui vivono, a seconda del tratto del "viaggio" in cui si trovano); dopo la morte di Osman, Rafael continua a sentire la sua voce, finendo in tal modo per «percepire la sua presenza»: oltre a reiterare tutta una serie di dispositivi ideologici molto ripetuti dalla narrativa di massa (amore-passione, fedeltà, famiglia, "amore per la vita", tutti elementi che sono stati criticati in un arco che va da Lukács a Zizek ad Adorno e Theweleit), l'accoppiata Rafael-Osman finisce per svuotare il progetto di Hemon da tutte le sue ramificazioni critiche, enciclopediche, intertestuali, e così appiattisce la sua ambizione romanzesca in una banale dicotomia.
fonte: Um túnel no fim da luz
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