Un film è un’opera composta da diversi elementi. Dalla sceneggiatura alle scenografie, dai costumi alle musiche, è lungo l’elenco di ciò che concorre alla nascita di una pellicola. Per dare vita alla storia che si vuole raccontare, è spesso di fondamentale importanza la scelta di una particolare ambientazione.
Per questo volume, l’architetto e cinefilo Giorgio de Silva ha selezionato più di ottanta pellicole, presentandole dal punto di vista degli edifici che vi compaiono e dei luoghi in cui si muovono i personaggi. L’impatto visivo di numerosi film di ieri e di oggi si fonda sulla presenza di strutture iconiche, in grado di rappresentare l’essenza visiva della vicenda raccontata. Luoghi caratteristici, originali, unici, che evocano nello spettatore sentimenti e sensazioni indimenticabili e rendono immediatamente riconoscibile l’opera in cui compaiono.
Oltre ad analizzare le architetture presenti in capolavori della storia del cinema come Metropolis, 2001: Odissea nello spazio, Blade Runner, Arancia Meccanica e Matrix, l’autore riserva la sua attenzione anche a film meno noti, come Non si sevizia un paperino, Koyaanisqatsi e Architecture of Infinity. Registi del calibro di Kubrick, De Palma, Antonioni e Riefenstahl dialogano con i più grandi architetti della storia: Le Corbusier, Mies van der Rohe, Wright e molti altri.
(dal risvolto di copertina di: Giorgio de Silva, "L’architettura nel cinema". Lindau, pagg. 400, euro 34)
Il cinema abita qui
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di Alberto Anile
Nel cinema lo spazio è un elemento fondamentale. Spazio come relazione fra elementi in campo, interni ed esterni, pieni e vuoti, echi tematici fra ambiente e senso, ma anche, più semplicemente, come luoghi da scegliere, costruire, arredare, per offrire un contesto fisico alle azioni dei personaggi. Chi fa cinema sa che la scelta delle location è decisiva e può diventare, per questo, lunga e sfiancante: l’epica lavorazione del Gattopardo di Visconti cominciò in Sicilia con settimane di ricognizioni fra ville nobiliari poi non utilizzate; Pasolini girò la Palestina per poi decidere di ambientare Il Vangelo secondo Matteo nella più vicina Matera; e la Baarìa di Tornatore ricostruita a Tunisi, le Gangs of New York filmate a Cinecittà... Occorre uno specialista per guidare lo spettatore fra i segreti architettonici dei film, scomporre e ricomporre i puzzle di cui sono fatti i contesti urbanistici delle pellicole. Per dire: Brazil (1985), il capolavoro di Terry Gilliam, è costruito giustapponendo squarci di Noisy-le-Grand, sobborgo a venti miglia da Parigi, con porzioni dei Royal Docks di Londra (oggi demoliti), la sala biliardo del National Liberal Club e la Arab Hall di Leighton House (anche questi a Londra), un castello nel Buckinghamshire, qualche prato del Lake District di Cumbria e alcuni locali costruiti in studio.
Perciò è cosa buona e giusta che a fare da cicerone fra edifici e ambienti del cinema di tutti i tempi sia un architetto: Giorgio de Silva ha fra l’altro cinquant’anni di esperienza nel settore pubblicitario e sa quindi come districarsi fra esigenze artistiche e condizionamenti della committenza (piaccia o meno, anche il cinema è alla fine un “prodotto”): edito da Lindau, L’architettura nel cinema riunisce in volume varie puntate della rubrica di cine-architettura da lui tenuta sulla rivista digitale IN/Arch Piemonte, con prefazione dell’urbanista Riccardo Bedrone. Si va dal cinema popolare, l’Università La Sapienza progettata da Piacentini evocata nella trilogia Smetto quando voglio (2014-17) di Sibilia, a quello conclamato d’autore, la casa Hanok costruita in studio per Parasite (2019) di Bong Joon-ho, da classici come Metropolis (1927), tutto scenografie e modellini inventati per l’occasione, a campioni d’incasso come Mission: Impossible 2 (2000), che utilizza veri edifici di Sidney, in Australia.
Gli aneddoti sono inevitabili e sempre bene accetti. L’esplosione più famosa della storia del cinema, quella del finale di Zabriskie Point (1970) cullata dalle musiche dei Pink Floyd, riguarda una villa di Cave Creek, in Arizona, progettata da un assistente di Frank Lloyd Wright, ma l’edificio che salta in aria è una replica allestita non molto lontano: «Credo che il proprietario fosse seduto sulla sua terrazza quando guardò esplodere la ricostruzione che sembrava esattamente la sua casa», ha raccontato Antonioni. E quando i proprietari di Fallingwater House, progettata da Frank Lloyd Wright, rifiutarono ad Hitchcock il permesso di utilizzarla in Intrigo internazionale (1959), sir Alfred fece ideare e costruire negli studi della MGM la singolarissima Phillip Vandamm House (Vandamm era il cattivone interpretato da James Mason), con una spettacolare terrazza che nel film si sporge sul monte Rushmore: come spesso succede, gli ostacoli e i divieti innescano nuove possibilità creative. Alcuni luoghi curiosamente s’inseguono e si ripetono: le torri lucide e cilindriche del Westin Bonaventure Hotel, costruito a Los Angeles a metà anni Settanta da John C. Portman Jr., sono la sede della polizia di Blade Runner (1982) di Ridley Scott ma svettano anche in Nel centro del mirino (1993) di Wolfgang Petersen; la Stahl House di Pierre Koenig, fra le più notevoli ville moderniste di Hollywood, è stata usata nel leggero Bella, bionda... e dice sempre sì (1991) e sette anni dopo nel drammatico Un ragazzo di talento; il Grand Hotel Scribe, inaugurato a Parigi nel 1862 dall’imperatrice Eugenia, è riconoscibile in Alphaville (1965) di Godard e in Frantic (1988) di Polanski. E poi ci sono le torri direzionali realizzate a Tokyo da Kenzo Tange che compaiono in Lost in Translation (2003) di Sofia Coppola, la villa sull’Aurelia progettata da Luigi Pellegrin utilizzata come alloggio di Barbara Bouchet in Non si sevizia un paperino (1972) di Fulci, la Villa Paul Poiret a Parigi da dove parte il protagonista di Holy Motors (2012) di Carax, la “piscina” di Bagno Vignoni (Siena) ripresa in lungo e in largo nel finale di Nostalghia di Tarkovskij... Insomma un giro del mondo cinematografico fra decine e decine di location, a titillare in egual misura cinefili e urbanisti. Con un unico neo: in mezzo a tanta competenza storica e architettonica, stonano le citazioni cinematografiche da Wikipedia, utili ma non esattamente “scientifiche”.
- Alberto Anile - Pubblicato su Robinson del 21/1/2023 -
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