« La politica centrata sullo Stato, in quanto istanza sintetizzatrice, sta uscendo dall'orizzonte, non per essere stata colonizzata dall'economia, ma per aver fallito, da molto tempo, in funzione delle sue premesse. Il problema non riguarda solo la condizione esteriore della globalizzazione del capitale, che ha infranto gli spazi dell'economia nazionale. La forza regolatrice dello Stato si estingue soprattutto per il fatto che sostanzialmente non c'è niente che dev'essere regolato. La valorizzazione capitalista - nelle forme del "lavoro astratto" - del denaro ha sempre costituito la premessa dello Stato; una premessa che non può essere elusa.
Quando il capitale si svalorizza a causa del proprio sviluppo della capacità produttiva, lo Stato può reagire solo attraverso un'emissione inflazionistica di denaro da parte della sua banca centrale. Questo non ovvia alla mancanza di sostanza del capitale virtualizzato, ma finisce piuttosto per aggravarla, svalutando quello che è il suo il mezzo - fine a sé stesso - chiamato denaro. Avviene così che l'autorità della banca centrale è oramai puramente formale: il suo stampare moneta può essere solo espressione della produzione sostanziale di valore aggiunto per mezzo del "lavoro astratto", il quale non può essere sostituito.
I limiti del credito statale erano già stati raggiunti alla fine degli anni 1970. È stato quell'epoca, che l'espansione del credito statale, sprovvisto oramai di qualsiasi sostanza, venne castigata dall'ondata inflazionistica. L'illusione del neoliberismo ha consistito nell'attribuire l'inflazione esclusivamente all'attività dello Stato. La de-regolazione neoliberista si è limitata solamente a trasferire sui mercati finanziari il problema del credito statale. Anche il castigo svolto dall'inflazione è stato trasferito - a causa del carattere transnazionale dell'economia - sulle bolle finanziarie, il cui potenziale inflazionistico ha cominciato a manifestarsi, nella situazione deficitaria globale, a partire dal 2008.
In un primo momento, questo processo si era interrotto, a causa del fatto che in quel tempo il capitale virtuale, e con esso la congiuntura mondiale, stava esalando il suo ultimo respiro. Ma se ora lo Stato viene nuovamente invocato come "ultima istanza" e come deus ex machina, ecco che le sue misure di emergenza e di salvezza vanno nuovamente a provocare la svalorizzazione del proprio denaro; solo che questo ora avverrà in una fase di sviluppo più elevata e in una proporzione assai maggiore rispetto a trent'anni fa.
In tale scenario, la speranza della "rinascita della politica" costituisce la più grande di tutte le bolle. I danni causati dalla politica di limitazione del danno saranno ancora più grandi, rispetto a quelli sofferti durante la crisi corrente. Lo Stato sarà solamente capace di regolamentare la morte definitiva del capitalismo.
Sotto questo aspetto, anche la sinistra rimane disorientata nel mentre che non riesce a mettere in discussione le fondamenta stesse del sistema. Nella stessa misura in cui sparisce la presunta "autonomia" dei movimenti sociali particolari e simbolici, a causa del limite interno della valorizzazione, c'è anche da temere che la sinistra soffra di un'ulteriore regressione verso il suo tradizionale statalismo; dal momento che non riesce ormai a pensare a nient'altro. Già ora, la maggior parte di quello che pretende sia critica sociale di sinistra, in pratica non è altro che un pizzico di nostalgia keynesiana. Se la sinistra spera di lanciare le sue "riforme sociali" salendo sul treno dell'amministrazione statalista, finirà per deragliare insieme a quel treno, e una volta passato il carnevale del virtualismo, si convertirà in un maestro di cerimonia delle politiche inflazionistiche. E c'è da dire che essa merita abbastanza un simile destino! »
- Robert Kurz - Intervista di IHU Online, del 30 marzo 2009 -
Nessun commento:
Posta un commento