Alcune osservazioni sulla "Cancel Culture" e sulla sua critica
- di Thomas Meyer -
«La "Cancel Culture" [in italiano, "cultura della cancellazione" o "cultura del boicottaggio"] è una "buzzword" [termine di moda, termine gettonato, termine in voga] politica, che descrive gli sforzi sistematici finalizzati alla parziale esclusione sociale di quelle organizzazioni, o di quegli individui che vengono accusati di aver rilasciato dichiarazioni, o di aver compiuto azioni offensive, discriminatorie, razziste, antisemite, cospiratorie, misogine, maschiliste o omofobiche» (Wikipedia En). Oggi sono molti, quelli che vedono la libertà e la diversità di opinione minacciate dalla Cancel Culture. A tal proposito, vengono spesso citati classici liberali come Voltaire o John Stuart Mill. I critici della Cancel Culture sottolineano l'importanza di poter ascoltare e tener conto delle voci dissenzienti (ciò perché, ovviamente, senza pluralità di opinioni, non ci sarebbe alcun progresso nella conoscenza), mettendo in guardia rispetto al pericolo di censura e di esclusione dalla società civile (boicottaggio, deplorazione). Come viene sottolineato nell'antologia "Cancel Culture und Meinungsfreiheit - Über Zensur und Selbstzensur" [Cancel Culture e libertà di espressione - Sulla censura e sull'autocensura], i critici accusano la Cancel Culture di pregiudicare il libero discorso scientifico [*1]. La Cancel Culture agisce in modo emotivo, e opera secondo la modalità dell'«argumentum ad hominem». Si oppone al «comportamento cattivo» degli individui. Il suo fine non è la verità, bensì la distruzione morale o professionale di figure pubbliche che hanno espresso un'«opinione sbagliata». L'avversario non viene confutato, bensì "cancellato", vale a dire, la persona viene allontanata, è costretta a dimettersi, diventa una non-persona. Il discorso viene interrotto.
Uno dei problemi fondamentali della Cancel Culture consiste nella sua tendenza a «equiparare l'espressione verbale alla violenza fisica» (p. 64). Ciò incoraggia il «pensiero censorio» (ivi) e porta a un «culto della vulnerabilità» (p. 24). Vengono perciò definite scandalose quelle che sono delle affermazioni relativamente innocue (ad esempio, le cosiddette "micro-aggressioni"). Sulla base di singole affermazioni, si traggono conclusioni sull'«atteggiamento» dell'imputato, il quale viene di conseguenza giudicato colpevole. A essere decisivo per questa valutazione, non è un'argomentazione imparziale ma il fatto di venire coinvolti e di appartenere a un certo gruppo. Esiste una cultura della protesta aggressiva, il cui argomento centrale è costituito dall'offesa. Se alcune persone o certi gruppi si sentono offesi, allora ritengono di passare dalla parte della ragione in quanto vittime. L'offesa viene usata come giustificazione e come argomento (soprattutto sui "social media") per svolgere un'agitazione militante. Si va dall'impedire eventi (cioè limitare la libertà di parola e di insegnamento) alle minacce di morte (ad esempio contro J.K. Rowling, perché ritiene che le donne trans non siano "vere" donne). Finora, nessun rappresentante del "TERF" (Femminismo Radicale Trans-Esclusivo) è stato decapitato per insulto, transfobia o simili (a differenza di persone che avrebbero "insultato" l'Islam, come è avvenuto all'insegnante di francese Samuel Paty nel 2021). Invece, i libri della Rowling sono stati bruciati [*2] (anche da dei fondamentalisti cristiani, tra l'altro) [*3]. Questi eventi vengono utilizzati per sostenere che la Cancel Culture (o ciò che viene considerato tale) rappresenta una minaccia per la democrazia. Le conseguenze sono la (auto)censura e il restringimento dello spazio del discorso. Quel che emerge è un «clima di paura» (p. 57). Si critica anche la cancellazione del canone educativo classico nelle scuole, nell'arte, nei musei, ecc. Questa critica alla Cancel Culture, si può riassumere dicendo che gli agitatori della Cancel Culture appaiono assolutamente autoritari e presuntuosi, ma si pavoneggiano mostrando l'aureola secondo cui sarebbero progressisti e lungimiranti. Secondo Stefan Laurin, la Cancel Culture ha le sue origini nel postmodernismo, «il quale a sua volta ha le sue radici tanto nella linguistica quanto nel rifiuto della democrazia, dell'Illuminismo e dell'economia di mercato» (p. 175) [*4]. Facendo riferimento in particolare agli Stati Uniti, Helen Pluckrose e James Lindsay [*5] sottolineano il modo in cui gli agitatori della politica dell'identità - a differenza dei teorici postmoderni classici (come Michel Foucault) - sposano una pretesa di verità assoluta (teoria queer, "teoria razziale critica", studi sulla disabilità, studi sull'obesità, ecc.) [*6]. Sempre secondo Pluckrose e Lindsay, difficilmente è possibile essere in disaccordo con queste persone senza che tale disaccordo venga rapidamente identificato come facente parte di una perniciosa normalità [*7]. La cosa diventa davvero un problema allorché le differenze sostanziali non vengono risolte attraverso un «sereno dibattito», ma quando invece mettono in atto una campagna denigratoria all'interno della propria bolla (sempre che si sia in grado di ricevere, o comprendere i contenuti al di fuori della propria bolla). L'incapacità di confrontarsi con dei contenuti, o altre posizioni al di fuori del proprio gruppo di riferimento, o della propria bolla, è una caratteristica dei soggetti autoritari e narcisisti [*8]. Non essere d'accordo con l'una o con l'altra premessa di una qualche identità politiche, relativa alla sua prassi e teoria, non denota necessariamente un punto di vista reazionario (ad esempio, se si rifiutano alcuni aspetti delle culture non occidentali come autoritari o reazionari, o se si critica l'antisemitismo islamista, non si diventa immediatamente un imperialista occidentale, o un razzista che ha una "visione colonialista") [*9]. Sebbene il postmodernismo si sia pronunciato contro il pensiero essenzialista e binario, è esso stesso che ricade proprio in queste acque, allorché agisce in modo identitario. Terry Eagleton, per questo motivo ha accusato il postmodernismo di non applicare a sé stesso i proprio metodo.
Le critiche alla Cancel Culture, e alle pretesa di assolutezza delle «teorie ciniche» postmoderne [*10] e ai suoi promotori qui descritti, presentano di certo i loro momenti veri e giustificati. Tuttavia, nel contesto di quelli che sono gli emergenti movimenti e le mobilitazioni di destra, o fascisti, una critica del pensiero postmoderno e dei suoi derivati identitari rimane altamente inadeguata, qualora tale critica rimanga improntata all'idea di un liberalismo del "libero" discorso e del progresso della conoscenza attraverso una sobria argomentazione. Pertanto, una tale critica della Cancel Culture rimane problematica sotto diversi aspetti: il primo ha a che fare con l'«idealismo di un discorso scientifico svincolato dal dominio». Spesso, nelle università il discorso libero non è possibile, anche senza la Cancel Culture. Dopo tutto, esiste il normale ordine di priorità accademica. Poi abbiamo il filtro accademico - il pensiero a bolle - che proviene dall'iper-specializzazione e dal lavoro precario. Ed è quest'ultimo a incoraggiare un comportamento conformista. Se non vi conformate, il vostro contratto non verrà rinnovato (oppure, la vostra richiesta di sovvenzione non sarà approvata). Piuttosto che un discorso aperto e non gerarchico, a essere all'ordine del giorno ci sono le leccate di culo. Nell'università imprenditoriale, non c'è neppure bisogno di divieti professionali [*11]. Non è affatto detto che ogni idea venga discussa liberamente, e che perciò le teorie confutate scompaiano. Al contrario. Un esempio di questo è Peter Singer, filosofo e attivista per i diritti degli animali. Allo stesso tempo in cui egli, da un lato, vuole concedere a certi animali la dignità di persona, dall'altro arriva persino a negare tale dignità ad alcuni esseri umani. Quello che propone, è un concetto di «vita indegna di essere vissuta»; e lo fa nel modo in cui un simile concetto sarebbe stato formulato in tempi passati. Oggi, il diritto alla vita viene negato a coloro che sono solo un costo in denaro e che, secondo Singer, sarebbe stato meglio che non fossero mai nati. Le posizioni misantropiche non scompaiono solo perché esse sono state confutate in un libero discorso scientifico. Le condizioni capitalistiche stesse, riproducono delle ideologie social-darwiniste, le quali negano il diritto di esistere a chi non è (più) sfruttabile. E infine, tali posizioni non rimangono solo una "grigia teoria", ma diventano un programma [*12]. E possiamo davvero dire che cercare di impedire che si verifichino episodi come quelli legati a Peter Singer - che dagli anni '80 non ha rivisto la sua posizione, con manifestazioni e mobilitazioni - sarebbe espressione di un carattere autoritario e di un'«ostilità alla democrazia»? In secondo luogo, abbiamo visto parecchie persone (mi viene in mente Thilo Sarrazin) che hanno tratto un impulso alla carriera, e un maggior grado di riconoscimento, proprio a seguito di campagne denigratorie e di censure (o tentate censure), vale a dire persone che non sono scomparse dalla sfera pubblica, né che hanno perso il lavoro. Tuttavia, alzarsi in piedi per sostenere che la libertà di opinione si sta restringendo, o qualcosa del genere, dimostra solo che coloro che criticano le posizioni razziste o antisemite ecc., vengono esclusi dal cosiddetto discorso libero. La Cancel Culture può pertanto essere classificata come un grido di battaglia della destra, strumentalizzato, che serve a negare legittimità ai movimenti politici di coloro che vengono emarginati e discriminati. Questo grido di battaglia mira a immunizzare dalle critiche. Ovviamente, nessuno sarebbe di per sé razzista, antisemita o sessista a prescindere [*13], e quindi non lo è neppure l'intellighenzia lumpen. A partire da un simile punto di vista, ogni accusa diventa solo pura denuncia: la critica delle posizioni razziste non è più una critica, ma è solo una tempesta di merda e una soppressione della libertà di parola (il che è ironico, dal momento che queste opinioni vengono diffuse e promosse dai media mainstream, e le «vittime del buonismo di sinistra» vengono invitate a mille talk show). La critica nei confronti del linguaggio discriminatorio, non è una critica alla svalutazione linguistica di certe persone o gruppi di persone (si pensi all'infinita denigrazione e vessazione dei disoccupati!) [*14]. È nient'altro che l'inaccettabile paternalismo dei «liberi cittadini». Le persone privilegiate [*15] si sentono "offese" se non vengono seguiti i canali ufficiali della critica, o quando incontrano una qualsiasi opposizione (bei tempi, quando l'ostilità sessista e omofoba poteva essere espressa senza che gli interessati avessero la possibilità di lamentarsi!) Se Friedrich Merz considera la Cancel Culture come se essa fosse la «più grande minaccia per la libertà di parola», allora non è poi così tanto difficile indovinare cosa probabilmente invocherà nella prossima campagna elettorale, per evitare critiche a sé stesso e alle sue posizioni reazionarie. Merz strumentalizza la Cancel culture per poter così delegittimare e denunciare fin da subito il suo avversario politico.[*17]
Si può notare come negli ultimi anni il discorso pubblico si sia spostato sempre più a destra. In tal senso, i cosiddetti «demolitori di tabù» hanno svolto un loro ruolo [*18]. L'obiettivo delle persone di destra è stato quello di spingere sempre più indietro i «limiti di ciò che può essere detto». E a quanto pare, l'obiettivo è stato raggiunto. Combattere l'estremismo del centro è del tutto giustificato e necessario (e chi la vede diversamente potrebbe essere parte del problema). La ripetuta richiesta di «parlare con la destra», dato che la libertà di parola lo richiede, può essere interpretata come un desiderio inconscio di lasciare che la destra dica ciò che segretamente non si osa dire [*19]. La critica liberale della Cancel Culture soffre quindi del fatto che la libertà di espressione - la libertà di opinione - viene formalmente concepita come solitamente depoliticizzata. C'è una riluttanza ad ammettere che esistono lotte sociali e antagonismi che non possono essere cancellati facendoli discutere tra loro in un auditorium. La connessione esistente tra certe posizioni e una dinamica sociale (di crisi) che promuove punti di vista anti-umani, viene ignorata. Invece, piuttosto bisogna che tutte le opinioni (tranne, ovviamente, quelle che violano la legge, come la negazione dell'Olocausto) vengano rese uguali. Ad aprire la strada verso la verità, dovrebbe essere un discorso scientifico e democratico, presumibilmente libero e neutrale, cioè un libero scambio di argomenti. Naturalmente, tutto questo presuppone una concezione positivista della scienza, che non faccia distinzione tra un ordine naturale - che sarebbe quello che è anche senza l'intervento dell'uomo (ad esempio, il movimento dei pianeti) - e un ordine sociale oggettivato, il quale però è storicamente contingente, vale a dire che è nato solo grazie all'azione umana. Il pensiero positivista può solo tracciare la realtà, ma non può criticarla in quanto realtà falsa o alienata; esso fa apparire «la realtà esistente come se fosse l'unica possibile e la sola storicamente necessaria» [*20]. Le condizioni prevalenti non vengono affatto "analizzate" sobriamente dai critici della cultura della cancellazione. Piuttosto, le assumono ciecamente, e quelle che sono le loro conseguenze catastrofiche per l'uomo e per la natura, vengono banalizzate, distorte, naturalizzate, o negate del tutto. Che la critica della Cancel Culture rimanga solo una critica borghese - cioè incapace di stabilire una connessione con il recinto capitalistico della schiavitù - è dimostrato, ad esempio, dal pubblicista (e redattore di Novo) Kolja Zydattis, allorché documenta il seguente esempio di Cancel Culture nel 2017: «La prevista conferenza, all'Università Goethe di Francoforte sul Meno,del presidente federale del sindacato di polizia tedesco, Rainer Wendt, sul tema "Il lavoro quotidiano della polizia in una società di immigrazione", è stata annullata. I gruppi di sinistra si erano precedentemente mobilitati contro l'evento. Inoltre, in una lettera aperta di 60 accademici della Goethe University e di altre università tedesche, si chiedeva che a Wendt non fosse permesso di parlare. Il capo del sindacato di polizia sostiene e alimenta "strutture di pensiero razziste", e si posiziona "assai lontano rispetto un discorso illuminato". Wendt, in riferimento all'apertura delle frontiere ai rifugiati da parte della Merkel nel 2015, ha parlato della Germania come di uno "Stato incostituzionale" e ha affermato che in Germania gli agenti di polizia non eseguono il cosiddetto profiling razziale»[21]. A quanto pare le posizioni che promuovono l'isolazionismo, che considerano i rifugiati come fattori di disturbo, come rischi per la sicurezza che banalizzano la violenza razzista della polizia, dovrebbero essere comunque discusse «con una mente aperta». La richiesta di un dibattito, ignora il fatto che ci sono già dei "risultati"[*22]. Non c'è alcun bisogno di discutere su tutte le stronzate che dice la gente, soprattutto quando è chiaro che ciò che viene discusso ha lo scopo di spostare ancora più a destra sia il discorso che l'opinione pubblica [*23]. mentre le critiche vengono comunque liquidate come se fossero solo un'infondata intolleranza di sinistra. Una critica di sinistra direbbe certamente che una mobilitazione del genere è insufficiente, e che il riferimento a "discorsi illuminati" suona da subito come un po' ingenuo. Ma una critica di più ampio respiro, che vada oltre, che affronti le cause delle migrazioni [*24] e che le collochi nel contesto della crisi del capitalismo, di certo non verrebbe in mente ai critici liberali della Cancel Culture, nemmeno nei loro sogni più sfrenati. Nessun critico della cultura della Cancel Culture penserebbe mai di chiamare "Cancel Culture" la chiusura per "ragioni economiche" di ospedali, biblioteche e piscine (o tutti i tipi di politiche di austerità del FMI e di riforme di aggiustamento strutturale, ecc.)
Se le persone non possono vendere con successo la propria forza lavoro, per partecipare al processo di valorizzazione del capitale, se sono quindi solo dei "rifiuti sociali" e un "rischio per la sicurezza" della presunta "società aperta", ecco che a questo punto la loro esistenza è già stata annullata in termini reali; anche se possono discutere liberamente e apertamente di opinioni diverse quanto vogliono... Ma allo stesso tempo, al contrario, lo spazio della libera opinione e della discussione potrebbe dopo tutto non essere così ampio, se in tale spazio le persone osano mettere in discussione il capitalismo santificato. Prendersi la libertà di criticare e sottolineare i limiti e le restrizioni della libertà borghese [*25], da alcuni verrebbe certamente considerato un "abuso di libertà" messo in atto dai "nemici della libertà"; soprattutto se tale critica non si dovesse limitare solo al linguaggio e all'argumentum ad hominem, e se invece si spingesse fino alla realizzazione di questa libertà. La meschinità e la mendacia dei critici borghesi della Cancel Culture, risiede proprio nel fatto che il pubblico borghese in sé non è in grado, o non vuole discutere in modo neutrale, sobrio e aperto quando, ad esempio, si parla di espropriazione (a danno e non a vantaggio del capitale) [*26], o se si nomina la "parola con la C" [il comunismo] allorché si considera il capitalismo come un problema fondamentale! In questo caso non si fa alcuna menzione di Voltaire, ma subito, da parte della folla liberale di Twitter viene scatenata un'aggressiva tempesta di merda (dove ancora una volta, è solo una coincidenza che si tratti per lo più di uomini)[*27]. Ed ecco che subito l'ideale borghese di un dibattito aperto viene disonorato dalla realtà della sua bigotteria borghese!
La vacuità e l'insensatezza del mostruoso fine-in sé del movimento capitalistico (M-C-M') trova la sua espressione nella vacuità e nell'insensatezza delle posizioni assunte e rivendicate in maniera identitaria («libera circolazione per i liberi cittadini» o simili). È proprio quando le identità entrano in crisi, allorché le loro fondamenta sociali si stanno sgretolando, che esse vengono difese con maggiore accanimento. La loro disintegrazione, o obsolescenza, viene imputata a una «minaccia esterna» (sinistra, politici, migranti, femministe, "agenda gay", ecc.) L'insistenza sulla correttezza formale di una discussione «libera dal dominio» finisce per far sì che ciò che viene definito «libero dal dominio» e «democratico» - ciò che viene considerato "normale" - si sposti sempre più a destra. Questo non rende sbagliata tutta la critica borghese alla Cancel Culture (è giusto criticare le purghe insensate nei confronti degli artefatti storici, e le tempeste di merda affettive che prendono il posto delle discussioni), ma se vuole contribuire alla critica dell'ideologia contro la brutalizzazione diffusa, tale critica dovrebbe uscire dal suo bigottismo borghese. Tuttavia, la critica borghese della Cancel Culture - con il suo liberalismo idealizzato e con la sua adesione alla metafisica reale capitalista (a volte riassunta col nome di "senso comune") - diventa sempre più compatibile con le posizioni di destra o, come viene chiamata nel gergo popolare, riconducibile [anschlussfähig] a esse. Non è quindi un caso che alcuni autori di "Novo" scrivano anche su riviste come "Achse des Guten" o "Eigentümlich frei". In realtà, il fulcro della critica borghese della Cancel Culture, non è la critica della Cancel Culture di destra: si pensi alla «mascolinità politica» [*28] che si mobilita in modo aggressivo per il patriarcato, e alle mobilitazioni contro i "Venerdì per il Futuro" [*29]. A quanto pare, la messa al bando, in Ungheria, degli studi relativi al genere, dai critici liberali/conservatori e di destra non viene considerata come Cancel Culture [*30]. Al contrario, gli studi sulla parità di genere vengono considerati da molti come una pseudo-scienza che dovrebbe essere abolita! Per quel che riguarda la Critica, il fattore decisivo rimane la questione del contenuto, e non la formalità di un cosiddetto «discorso libero dal dominio». Se ci si muove nel solco della volontà di discutere dappertutto liberamente e apertamente le opinioni, se si segue la critica liberale della Cancel Culture, se ci si attiene a un criterio formale, ecco che allora la questione del contesto storico e sociale di queste posizioni "controverse" rimane senza risposta. In maniera analoga, i vincoli e le strutture di dominio che impediscono (o quanto meno rendono assai difficile) una discussione aperta - ad esempio, quella sulla possibilità di un modo di produzione non capitalista - continuano a rimanere non formulati, né tantomeno tematizzati. Ma è questo ciò che è stato esattamente messo in agenda! [*31]
- Thomas Meyer - Originariamente pubblicato su "Graswurzelrevolution" nº 475 (Janeiro/2023) - fonte: Exit!
NOTE:
[*1] - Per quel che riguarda le successive esposizioni si veda Sabine Beppler-Spahl (a cura di): Cancel Culture und Meinungsfreiheit - Über Zensur und Selbstzensur, Frankfurt 2022.
[*2] - https://www.fr.de/panorama/jk-rowling-neues-buch-boeses-blut-vorwurf-transphobie-harry-potter-autorin-90045507.html
[*3] - per esempio, in Polonia: https://www.spiegel.de/kultur/gesellschaft/harry-potter-polnische-priester-verbrennen-buecher-von-j-k-rowling-a-1260746.html
[*4] - Stefan Laurin: "Ein Angriff auf die Aufklärung" in: Sabine Beppler-Spahl (ed.): Cancel Culture und Meinungsfreiheit - Über Zensur und Selbstzensur
[*5] - Helen Pluckrose, James Lindsay: Original Cynical Theories: How Activist Scholarship Made Everything about Race, Gender, and Identity - and Why This Harms Everybody, Monaco 2022.
[*6] - Tendenze autoritarie sono state notate anche nella scena queer tedesca, come è noto: Patsy L'Amour Lalove (Hg.): Beißreflexe - Kritik an queerem Aktivismus, autoritären Sehnsüchten [Riflessioni scabrose - Critica dell'attivismo queer, aneliti autoritari], Sprechverboten, Berlino 2017. La situazione non è migliore nella scena antirazzista: Vojin Sasa Vukadinovic (Hg.): Freiheit ist keine Metapher - Antisemitismus, Migration, Rassismus, Religionskritik. Berlino 2018.
[*7] - Per la critica del postmodernismo si veda: Terry Eagleton: Le illusioni del Postmoderno, Editori Riuniti; nonché Robert Kurz: "Il mondo come volontà e design. La postmodernità, la sinistra chic e l'estetizzazione della crisi", Berlino 1999; e Robert Kurz, "La lotta per la verità", in https://francosenia.blogspot.com/2015/04/l-e-il-suo-dogma.html e segg.
[*8] - Cfr. Leni Wissen: Die sozialpsychische Matrix des bürgerlichen Subjekts in der Krise - Eine Lesart der Freud'schen Psychoanalyse aus wert-abspaltungskritischer Sicht, in: exit! - Krise und Kritik der Warengesellschaft Nr. 14, Berlino 2017, 29-49. La matrice psicosociale del soggetto borghese in crisi. Una lettura della psicoanalisi di Freud dal punto di vista della critica della dissociazione-valore, in: https://francosenia.blogspot.com/2017/08/matrici.html
[*9] - Cfr. Sama Maani: Respektverweigerung - Warum wir fremde Kulturen nicht respektieren sollten. Und die eigene auch nicht [Rifiuto del rispetto - Perché non dovremmo rispettare le culture straniere. E nemmeno la propria], Klagenfurt/Cleovec 2015.
[*10] - Non possiamo soffermarci ulteriormente su Pluckrose & Lindsay.
[*11] - Cfr. Gerhard Stapelfeldt: Der Aufbruch des konformistischen Geistes - Thesen zur Kritik der neoliberalen Universität [L'emergere dello spirito conformista - Tesi per la critica dell'università neoliberale], Amburgo 2011.
[*12] - Si veda Peter Bierl: Unmenschlichkeit als Programm [Disumanità come programma], Berlino 2022, nonché Gerbert van Loenen: Das ist doch kein Leben mehr! - Warum aktive Sterbehilfe zu Fremdbestimmung führt [Questa non è più vita! - Perché l'eutanasia attiva porta all'eteronomia], Frankfurt, 2. Aufl. 2015, zuerst Amsterdam 2009.
[*13] - La rivista satirica tedesca "Titanic" ha detto quello che c'era da dire su questa negazione e minimizzazione dell'antisemitismo qualche anno fa https://shop.titanic-magazin.de/war-hitler-antisemit.html
[*14] - Cfr. Anna Mayr: Die Elenden - Warum unsere Gesellschaft Arbeitslose verachtet und sie dennoch braucht [I miserabili - Perché la nostra società disprezza i disoccupati e tuttavia ne ha bisogno], Berlino, 3. auffl. 2021. Come se fosse la cosa più normale del mondo, anche da parte dell'industria culturale si assiste a una diligente generalizzazione e persecuzione, cfr. Britta Steinwachs: Zwischen Pommesbude und Muskelbank - Die mediale Inszenierung der "Unterschicht" [Tra il negozio di patatine e la panchina del bodybuilding - La messa in scena mediatica della "classe inferiore"], Münster 2015.
[*15] - Come, ad esempio, Herfried Münkler: Si veda Peter Nowak: Münkler-Watch - Neue Form studentischen Protestes? [Münkler di guardia - Nuova forma di protesta studentesca?], Telepolis 11.5.2015, https://www.heise.de/tp/news/Muenkler-Watch-Neue-Form-studentischen-Protestes-2639903.html - Si veda anche https://www.wsws.org/de/articles/2015/06/20/medi-j20.html
[*16] - Non è uno scherzo: Jasper von Altenbockum (della FAZ), nell'antologia "Novo" che ho qui citato, scrive in tutta serietà dell'era Adenauer: «Ma la domanda è se i costumi politici non fossero allora molto più aperti, tolleranti, interessati, polemici di oggi». I dibattiti su Thilo Sarrazin, Boris Palmer, Sahra Wagenknecht e Hans-Georg Maaßen mostrano un tale grado di ritrosia politica nei rispettivi partiti e non solo, che persino l'epoca di Adenauer, davvero tesa e piena di tabù sotto altri aspetti, sembra un'oasi di libertà" (p. 73 ss.). Che beffa per le vittime del regime di Adenauer (comunisti, oppositori del riarmo e degli armamenti, omosessuali ecc.)
[*17] - Ver Der Dunkle Parabelritter: Fritz Meinecke und die Cancel Culture Gefahr: https://www.youtube.com/watch?v=-Uzu9Whzd9g
[*18] - Annett Schulze, Thorsten Schäfer (eds.): Zur Re-Biologisierung der Gesellschaft - Menschenfeindliche Konstruktionen im Ökologischen und im Sozialen [Sobre a rebiologização da sociedade - Construções misantrópicas no ecológico e no social], Aschaffenburg 2012.
[*19] - Cfr. Christine Kirchhoff: Gefühlsbefreiung by proxy - Zur Aktualität des autoritären Charakters [Libertà emozionale per procura - Sull'attualità del carattere autoritario], in: Katrin Henkelmann, u. a. (eds.): Konformistische Rebellen - Zur Aktualität des autoritären Charakters [Ribelli conformisti -Sull'attualità del carattere autoritario], Berlin 2020, 213-230.
[*20] - Miladin Zivotic: Proletarischer Humanismus - Studien über Mensch, Wert und Freiheit [Umanesimo proletario - Studi sull'essere umano, il valore e la libertà], Monaco 1972, prima Beograd 1969, p. 39.
[*21] - Kolja Zydatiss: Cancel Culture - Eine Begriffsbestimmung in: Sabine Beppler-Spahl (ed.): Cancel Culture und Meinungsfreiheit - Über Zensur und Selbstzensur, Frankfurt 2022, 50-65, pp. 53f.
[*22] - Cfr: Herbert Böttcher, "Wir schaffen das!" - Mit Ausgrenzungsimperialismus und Ausnahmezustand gegen Flüchtlinge , 2016, https://exit-online.org/textanz1.php?tabelle=autoren&index=20&posnr=554&backtext1=text1.php
[*23] - Su Rainer Wendt, si veda: https://amnesty-polizei.de/das-prinzip-rainer-wendt-ein-kommentar/
[*24] - Georg Auernheimer: Wie Flüchtlinge gemacht werden - Über Fluchtursachen und Fluchtverursacher [Come sono fatti i rifuggiati - Sulle cause della fuga e sui responsabili della fuga], Colonia 2018.
[*25] - Cfr. : Leo Kofler: Zur Kritik bürgerlicher Freiheit - Ausgewählte politisch-philosophische Texte eines marxistischen Einzelgängers: così come in particolare: Robert Kurz: Blutige Vernunft - Essays zur emanzipatorischen Kritik der kapitalistischen Moderne und ihrer westlichen Werte, Bad Honnef 2004 [Ragione sanguinosa. in: https://francosenia.blogspot.com/2014/07/le-catene-del-pensiero.html e segg.]
[*26] - Tomasz Konicz: "Il compagno Kühnert [camarada Kühnert]", Telepolis, 12.9.2020, https://www.heise.de/tp/features/Genosse-Kuehnert-4892403.html
[*27] - Si veda: Der Fall Elisa Avesa - Das Gespenst des Kommunismus, Neues Deutschland del 9.6.2022, https://www.nd-aktuell.de/artikel/1164402.der-fall-elissa-asesva-das-gespenst-des-kommunismus.html
[*28] - Susanne Kaiser: Politische Männlichkeit - Wie Incels, Fundamentalisten und Autoritäre für das Patriarchat mobilmachen, Frankfurt 2020.
[*29] - Enno Hinz, Lukas Paul Meya: Gegenwind für die Klimabewegung, akweb.de del 12.11.2019 o Analyse & Kritik No. 654.
[*30] - Vedi https://www.tagesspiegel.de/wissen/zwei-jahre-nach-dem-verbot-wie-geht-es-den-gender-studies-in-ungarn/26978612.html
[*31] - Vedi Tomasz Konicz: Emancipazione nella crisi, https://francosenia.blogspot.com/2022/10/le-cose-non-continueranno-essere-cosi.html
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