lunedì 29 maggio 2023

Alla ricerca del «punto archimedeo» !!

Quello che segue, come suggerito da @Palim Psao, dovrebbe essere il primo intervento (nella IV sezione di "Splendore e miseria dell'anti.autoritarismo. Topiche per una storia ideale e reale della 'Nuova Sinistra'", fatto da Robert Kurz, nel 1988, su un testo situazionista (nella fattispecie, "Della miseria nell'ambiente studentesco", di Mustapha Khayati.

(...) Trovo assolutamente interessanti gli approcci teorici dei situazionisti, i quali non erano molto conosciuti in Germania, ma che di certo hanno giocato un ruolo nella Francia della rivolta del Maggio. Nell'estate del 1968, venne pubblicata la traduzione tedesca di un opuscolo dei situazionisti che in precedenza - oltre che in Francia - era stato diffuso anche in Inghilterra, in Italia e negli Stati Uniti. I pensieri ivi espressi, erano stati assai poco discussi dal movimento tedesco, ma oggi, ai fini di una rivisitazione critica, ci appaiono ancora ben importanti. L'anti-autoritarismo dell'Internazionale Situazionista riproponeva assai poco di quelle che erano le idee di base del vecchio antiautoritarismo anarchico, ma piuttosto faceva un tentativo di mediarle con la critica di Marx riguardo il feticismo della merce, vale a dire, tentava una mediazione proprio con quella dimensione - tenuta nascosta dal marxismo tradizionale - che aveva a che fare con la critica, che Marx svolgeva, della relazione del capitale. Nei suoi ultimi scritti, ispirati dal confronto con la teoria di Marx, già Sartre aveva colto questo problema, mediandolo con la filosofia esistenziale, senza naturalmente riuscire ad andare oltre un primo tentativo (cfr. Sartre, Kritik der dialektischen Vernunft [Critica della ragione dialettica], Reinbek 1967).

I situazionisti intendevano - andando oltre il "marxista" Sartre - attaccare direttamente e superare, per sopprimerla, l'alienazione dell'individuo rispetto alla sua esistenza sociale; alienazione costituita dal feticismo della merce. Uno dei loro slogan pubblici recitava: «Abbasso il mondo dell'immagine e il feticismo della merce». Con «mondo dell'immagine», intendevano l'esistenza di un feticismo della merce, che allora agiva nella cultura capitalistica del consumo di massa dell'epoca fordista; una formulazione questa, che andava ben oltre lo slogan antiautoritario diffuso nella RFT, il quale parlava di «coazione al consumo»; per quanto oggi può sembrare un po' ingenuo che si possa tradurre, direttamente in forma di slogan, un giudizio essenzialmente teorico. Nell'opuscolo dei situazionisti si legge: «Il feticismo dei fatti maschera la categoria essenziale e i particolari fanno dimenticare la totalità. Tutto si dice di questa società, salvo quello che effettivamente essa é: società della merce e dello spettacolo.» (Das Elend der Studenten [Della miseria nell'ambiente studentesco] Berlino, giugno 1968, p. 5).

A partire da questa posizione, e in maniera fondamentale, la sinistra tradizionale potrebbe essere criticata in un senso assolutamente nuovo: «L'apparente lotta che le cosiddette organizzazioni rivoluzionarie stanno conducendo oggi contro il vecchio mondo rimane interamente impigliata in quel vecchio mondo e nelle sue mistificazioni.» (ivi., p. 20). Questa caratterizzazione, per quanto generica, riesce a cogliere l'essenza di tutto il vecchio movimento operaio, e del marxismo che si è fuso con esso; è ovvio che quello che qui si avverte è il tono di una critica quasi "ontologica", dovuta a un approccio a-storico, ancora aggrappato all'esistenzialismo, che, astrattamente, si limita a denunciare il vecchio movimento operaio in quanto "sbagliato", senza analizzare le condizioni delle sue realizzazioni reali. Tuttavia, rimane importante il fatto che i situazionisti non critichino l'immanenza del marxismo tradizionale, facendolo nella solita tradizionale maniera, meramente politico-rivoluzionaria, ma andando ben oltre, avanzino richieste dirette contro la socializzazione del denaro-merce:

«Non basta un voto astratto per il potere dei Consigli Operai; bisogna mostrarne il suo significato concreto: la soppressione della produzione di merci e, di conseguenza, la soppressione del proletariato. La logica della merce è la razionalità prima ed ultima delle società attuali; é essa che sta alla base dell'auto-regolazione totalitaria di queste società (...) Nel mondo della produzione delle merci, il lavoro non si realizza in funzione di un obiettivo determinato liberamente, ma é soggetto a direttive provenienti da forze esterne. E se le leggi economiche danno l'impressione di diventare leggi naturali di un tipo particolare, ciò è solo perché il loro potere si fonda unicamente sull'assenza di coscienza di coloro che vi partecipano. Il principio della produzione di merce è questa: la perdita dell'individuo nella creazione caotica e inconsapevole di un mondo che sfugge totalmente ai suoi produttori.» (ivi. p.23)

L'importanza di questo approccio solitario, svolto da una critica radicale della forma merce in generale, non può essere apprezzata abbastanza, allorché si considera che, a partire dagli anni Venti del XX secolo, la punta estrema del "radicalismo" di sinistra non è mai andata oltre un mero «voto astratto per il potere dei consigli operai»; e questo tanto nella Nuova Sinistra ormai invecchiata, quanto oggi (nella migliore delle ipotesi!) tra gli Autonomi.

Certo, inizialmente queste importanti affermazioni dei situazionisti rimasero astratte, se viste nel contesto del loro nuovo approccio, e a quanto pare, a partire da basi esistenzialiste, non potevano essere ulteriormente sviluppate in direzione di una realizzazione della critica di Marx all'economia politica, all'altezza dei tempi. Analogamente, i situazionisti non riuscirono neppure a superare il cortocircuito della falsa identità tra teoria e prassi immediata; che ha caratterizzato l'attivismo di tutti gli anti-autoritari in generale. Se c'è qualcosa di tutto quello che è il loro approccio, che è riuscito a rimanere impresso nella coscienza dimenticata della sinistra, potrebbe forse allora essere questa frase, che da allora in poi viene spesso citata: «Le rivoluzioni proletarie saranno una festa, o non saranno affatto». Tuttavia, l'associazione a un edonismo astratto e non mediato, che proviene da una simile idea fuori contesto, non rende giustizia ai situazionisti. La loro critica radicale delle merci e del denaro va ben oltre il consueto anti-autoritarismo e ancora oggi rimane quel «punto archimedeo», il solo, a partire dal quale, possono essere rimossi i sistemi sociali esistenti.

E tuttavia, proprio perché questo approccio ha anticipato un futuro del movimento rivoluzionario, che ancora oggi deve essere realizzato, esso non avrebbe potuto essere allora realmente accettato e compreso dalla coscienza del movimento esistente nel 1968; perfino i situazionisti stessi dovettero lamentarsi di come le loro idee fossero state «esaurientemente commentate ed esaurientemente fraintese da tutta la stampa francese di sinistra». A detta di molti, questo è valso anche per il movimento tedesco, il quale perfino risparmiato qualsiasi commento. Al suo interno, ha piuttosto prevalso invece un'interpretazione dell'anti-autoritarismo che rimaneva impigliata nella Teoria critica di Francoforte, con le sue implicazioni rassegnatamente riformiste, incapace di riuscire a tenere il passo con la radicalità dei tentativi "esistenzialisti" francesi di rinnovare la teoria di Marx. (...)

- Robert Kurz – da: "Splendore e miseria dell'anti.autoritarismo. Topiche per una storia ideale e reale della 'Nuova Sinistra'" (1988)

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