venerdì 31 luglio 2020

La danza dei concetti

Marx, dai margini al centro
- di Marcelo Guimarães Lima -

Il marxismo, ha osservato il filosofo Michel Henry [*1], consiste in una serie storica di fraintendimenti, in un insieme di contraddittori, di incomprensioni e di distorsioni (inconsce o meno), dichiarate espressamente e confermate, in contesti diversi e in varie forme, a proposito dell'opera di Marx.
Tra i vari equivoci che riguardano i concetti espressi dal pensatore tedesco, le accuse, più o meno recenti, provenienti dai diversi critici dell'etnocentrismo, del determinismo o del fatalismo, del riduzionismo, della linearità, dell'unidimensionalità, o di quello che potremmo chiamare «hegelismo sistemico», vale a dire, la proiezione di distinzioni astratte sul corso reale della storia. Tutte queste attribuzioni, insieme ad altre, sono state analizzate, problematizzate e confutate criticamente da Kevin Anderson nel suo paziente esame - documentato, contestualizzato ed argomentato - degli scritti di Marx, in un importante libro: "Marx at the Margins. On Nationalism, Ethnicity, and Non-Western Societies" (University of Chicago Press, 2016). Anderson esamina quello che è stato lo sviluppo del pensiero di Marx circa le dinamiche del moderno sistema capitalistico, nella sua espansione interna ed esterna. Il suo lavoro si concentra sulle idee del pensatore e rivoluzionario tedesco riguardo le società non capitalistiche, viste nella storia e nell'attualità, insieme alle relazioni di subordinazione e di sfruttamento sistemico, che il capitalismo, nel colonialismo moderno, stabilisce tra centro e periferia, e come una tale questione, secondo l'autore, sia assolutamente centrale ai fini della comprensione del marxismo di Marx. Di quel Marx che, proprio lui, come dice il famoso aneddoto, negava, sottolineandolo con enfasi, di essere «marxista», per una buona ragione.
Inizialmente, il moderno capitalismo industriale si è sviluppato in Europa, a partire da alcuni nuclei ben precisi. Tale sviluppo, ha prodotto diverse asimmetrie, vari conflitti e gerarchie, sia interne tra gli agenti - vale a dire, le classi sociali differenziate secondo quelli che erano i loro ruoli ai fini della strutturazione del sistema - che esterne, tra i nuclei iniziali concorrenti, e tra questi e gli spazi di dominio socio-storici che erano situati ai margini dei nuovi processi, secondo ed aspetti differenti. Come aveva compreso Marx, il capitalismo è un sistema totale e, come tale, tende a subordinare, assorbire, modificare e satellizzare tutti i processi e tutte le strutture di riproduzione materiale e simbolica della società, ovunque e dappertutto. Il capitalismo moderno, cioè quello che si è sviluppato come industria alla fine del 18° secolo e in tutto il 19°, è un sistema globale, vale a dire, un sistema che ha avuto bisogno fin dall'inizio, per consolidarsi e prosperare, di superare i limiti regionali e nazionali ed avere come fondamento, base e destino, il mercato mondiale. L'analisi strutturale del capitalismo, alla quale Marx ha dedicato le sue energie ed il suo talento di pensatore, ha sempre avuto come caratteristica essenziale quella di dimostrare che, all'interno dei processi del capitale, si trovano quelle contraddizioni fondamentali che costituiscono il limite storico-strutturale del capitalismo; ed evidenziare, in questi stessi processi, la dimensione negativa, quella che indica il modo - o i modi - possibile di superare il capitalismo, di risolvere le contraddizioni che esso produce e crea per i contesti della vita umana, le alternative che nascono dialetticamente a partire da queste stesse contraddizioni, le possibilità future, o le possibilità di futuro, che il capitalismo propone e sopprime allo stesso tempo.
Il moderno capitalismo industriale europeo, nella sua espansione geografica, si è presentato come una sfida storica decisiva, vitale per le diverse formazioni sociali "periferiche", o non capitalistiche - con i loro diversi livelli di sviluppo culturale, economico e tecnologico. Le analisi, distinte e complementari, dei Grundrisse e de Il Capitale dimostrano che per Marx non si tratta di riproduzione secondaria o "marginale" di un presunto movimento lineare a senso unico della «freccia del tempo» storico, bensì, al contrario, si tratta di comprendere globalmente i conflitti essenziali del presente, i quali si presentano con i loro propri elementi e con dinamiche specifiche, sia nelle società capitalistiche centrali e nella periferia dello spazio socio-storico del capitalismo europeo, vale a dire, nel sistema mondiale così come Marx lo vedeva emergere agli albori della modernità. Nel processo di espansione capitalistica, ha osservato Marx, le muraglie cinesi nulla possono contro l'invasione degli "eserciti" delle mercanzie a basso costo, il sistema manifatturiero annichilisce artigianato e artigiani, il progresso tecnico viene pagato col sangue nei centri e nelle periferie, il dominio sotto la giustificazione «civilizzatrice» è in realtà barbarie e crimine. Pertanto, nelle sue analisi delle lotte anticoloniali del suo tempo durante l'impero britannico, Marx può ricordare alla borghesia inglese che la colonia, la periferia, è parte integrante del nucleo del sistema. De te fabula narratur: il racconto sanguinoso del dominio e dell'umiliazione coloniale, della barbarie stabilita, non è un'altra storia, la storia più o meno lontana dell'altro, ma è la sua propria storia. Il capitalismo, nella sua imperiosa espansione crea uno spazio di unificazione dell'umanità. Unificazione conflittuale, sotto l'egemonia del sistema produttore di merci, che impone agli uomini una soluzione vitale nel presente. In questo spazio unificato, si manifestano quelle che sono le effettive potenzialità del superamento degli antagonismi sociali costituiti e costitutivi della storia. Potenzialità che, come abbiamo visto, il capitalismo colloca e soffoca in un unico stesso movimento che riguarda tutto l'insieme dell'umanità nel processo storico di superamento della preistoria umana.
A partire dal paradigma iniziale europeo - vale a dire, dall'analisi approfondita della formazione storica dell'Europa del suo tempo, e dall'esperienza delle trasformazioni rivoluzionarie contemporanee, delle quali Marx, attivista politico ed esule, intellettuale cosmopolita e scrittore multilingue, è stato testimone e a cui ha anche partecipato - si svilupperà il pensiero del filosofo tedesco, come dimostra Kevin Anderson incorporando in maniera essenziale le esperienze delle lotte di resistenza dei popoli soggiogati dal colonialismo (India, Cina), delle lotte di emancipazione degli schiavi neri negli Stati Uniti, delle lotte di liberazione nazionale popolare in Europa (Polonia, Irlanda), nell'analisi dei movimenti popolari, nella loro attualità e nelle loro complesse ed imprescindibili relazioni con le iniziative autonome della classe operaia, e nel considerarle all'interno di una visione effettivamente globale e, pertanto, multidimensionale di quella che è la diversità e l'unità con il presente. L'autore coglie quale sia stato il contributo concettuale delle analisi rispetto all'attualità, l'opera giornalistica di Marx riguardo, tra gli altri temi del suo presente, la guerra civile negli Stati Uniti, le guerre dell'oppio in Cina, le ribellioni in India, ai fini della maturazione e della concretizzazione dell'architettura teoria de Il Capitale, così come viene stabilito da Marx, nella sua ultima revisione, in modo particolare nella traduzione francese. È in questa prospettiva globale e multidimensionale che Marx andrà conseguentemente a sviluppare la concettualizzazione di quelli che sono dei percorsi differenziati di superamento possibile del sistema capitalistico, come, ad esempio, nel suo studio della società russa sotto l'autocrazia zarista e delle potenzialità rivoluzionarie delle comunità contadine consolidate, facendo dei tagli rispetto alla fase storica della rivoluzione borghese, laddove la borghesia farfugliava di un suo ruolo immaginario in quella che era invece la sua totale mancanza di un ruolo storico. La storia universale umana cessa perciò di esibire un cammino unico, e non viene più presentato un paradigma esclusivo per la visione del presente.
Nel Manifesto comunista, Marx, come se fosse un «poeta delle merci», secondo quanto viene detto da Edmund Wilson [*2], elogia espressamente ed entusiasticamente le realizzazioni materiali (rivoluzionarie, in quanto escono una prospettiva storica) della borghesia, la classe portatrice di quelle che sono le nuove relazioni capitalistiche. Per la coscienza del tempo e della storia, la grande impresa della borghesia è stata quella di demistificare il passato, mostrare in pratica quale sia la base materiale che struttura i molteplici aspetti della vita umana, strappare il velo millenario delle illusioni idealistiche a proposito della vita comune e delle forme di pensiero. Il ruolo del socialismo, ancorato all'esperienza della moderna classe operaia e dimensionato nelle lotte contro la diverse forme di oppressione della nazionalità, delle minoranze etniche, dei popoli, delle razze e dei generi, è quello di demistificare il presente. Nello stesso momento in cui la borghesia, con le sue azioni rivoluzionarie e per mezzo dei suoi ideologhi e dei suoi rappresentanti spirituali, svelava il carattere storico della vita umana, la transitorietà delle forme sociali fondate sulla produzione e sulla riproduzione materiale delle condizioni di vita, essa cercava di nascondere la dimensione storica del presente. Di fatto, grazie alla borghesia abbiamo avuto una storia, un processo che è culminato nella moderna civiltà materiale e spirituale: la civiltà borghese. Da quel momento in poi, osserva Marx con ironia, per la nuova classe dominante la storia smette di esistere. Nel Manifesto comunista, Marx spiegava brevemente in forma didattica le ragioni fondamentali della creazione storica del nuovo sistema, la cui gestazione avviene all'interno della precedente formazione storica, e la sua relativa «inevitabilità», vale a dire, il trionfo del capitalismo industriale in Europa, basato su un'inedita capacità produttiva che rivoluzionava i modi di vita tradizionali, superando le strutture e i processi socioeconomici precedenti. Simultaneamente, il Manifesto sottolineava le contraddizioni, l'instabilità strutturale del capitalismo moderno e la sua altrettanto «inevitabile» trasformazione, in quanto creazione storica, come figlia del tempo e, pertanto, forma transitoria.
Spiegare le ragioni significa: mostrare come si è verificato un determinato sviluppo e per quali motivi sia avvenuto proprio così, e non in un altro modo. Ecco che qui possiamo vedere l'autore del Capitale sotto le vesti di ricercatore scientifico di grande rigore e talento. Indicare e sottolineare quali sono le contraddizioni all'interno della formazione attuale significa: mostrare che il processo storico continua e si sviluppa secondo varie dimensioni, istanze diverse e strettamente correlate, e che, a partire da questa complessità strutturata e strutturante, il futuro non si delinea una volta per tutte secondo quella che è l'eredità del passato, e neppure nel risultato di un presente così come esso è.
E qui lo scienziato sociale si dimostra, in un solo gesto, attivista rivoluzionario: il futuro è, infatti, un libro che oggi deve essere ancora scritto, una narrazione (non importa se viene classificata come "maggiore" o "minore") che dipende dall'iniziativa dei suoi attori, dove le condizioni date delimitano, ma non escludono, delle scelte, delle alternative generate da dei processi materiali e da interessi in conflitto, che hanno delle espressioni proprie, vale a dire, ciascuna i loro rispettivi concetti e valori. Ad un futuro aperto, corrisponde un passato ridimensionato: nelle sue investigazioni etnologiche, Marx approfondisce la conoscenza delle società non capitalistiche, delle forme di vita comunitaria che nel processo storico dimostrano una capacità inventiva ed adattiva della specie e delle attitudini umane, in contesti diversi, per delle forme non conflittuali, sebbene limitate, di socievolezza cooperativa, ed alcune di quelle che sono le potenzialità dello sviluppo umano multidimensionale. L'analisi dialettica della storia di Marx procede come se fosse una critica immanente, vale a dire, partendo dall'interno dei processi socio-storici e dalle forme di coscienza corrispondenti, prendendole come se fossero vere e proprie determinazioni, evidenzia i limiti tendenziali, le contraddizioni interne che portano ad un'impasse e alla necessità di un superamento pratico e ideologico delle stesse. Ignorare, in questa analisi, quella che è la «danza» dei concetti, vale a dire, il movimento del pensiero che è proprio dell'approccio dialettico. significa scambiare le parti isolate per la totalità, cosa che produce delle letture riduttive, impoverenti e fuorvianti rispetto a quella che è la vasta e complessa opera di Marx. Allo stesso modo, un problema ricorrente, comune sia a certe letture militanti che a letture rapide, abbreviate e sinteticamente critiche dell'opera di Marx, è quello di procedere prendendo immagini, metafore ed illustrazioni scambiandole per concetti, come ha osservato Ludovica Silva a proposito della forma plastica degli scritti del pensatore tedesco [*3]. Nelle descrizioni del capitalismo, ad esempio, le formulazioni e le immagini sintetiche, evocative, incisive presenti nei testi di Marx producono una sorta di abbreviazione e un cortocircuito espressivo (unità e contrasto di forma e contenuto) come se si trattasse di un forma che spinge ad una raffigurazione delle contraddizioni, di rappresentazione dello stesso modello dialettico della storia.
Qui, a partire dalle argomentazioni di Kevin Anderson, possiamo tracciare un parallelo tra la lettura dell'opera di Marx vista come se fosse un capitolo in più dell'economia politica del 19° secolo e ciò che negli scritti di Marx viene evidenziato come disavventure, incidenti di percorso, rischi, aporie, limiti, contraddizioni, ecc., tutte cose proprie della filosofia della storia (borghese) così come si delineava nel 18° secolo e che culminava nell'idealismo tedesco (la «sublimazione» della rivoluzione francese nel mondo delle idee) con Hegel. Rispetto a questo, il marxismo sarebbe piuttosto un'altra «grande narrazione» che sottomette la diversità della storia reale ad una considerazione lineare, limitata, soggettiva, e quindi marcatamente "etnocentrica", ecc. Una narrazione che i disastri del 20° secolo, le guerre, le rivoluzioni interrotte e abortite, i rischi legati alla tecnologia, l'amministrazione aziendale della vita sociale, la crisi ecologica, ecc. dovrebbe aver sepolto in maniera definitiva. Come dimostrano le note a margine degli argomenti di Marx, tali letture e le loro formulazioni critiche si trovano ben al di sotto della complessità della teoria elaborata da Marx in quella che è stata l'analisi minuziosa e critica delle categorie dell'economia politica, e nell'analisi altrettanto densa dell'ideologia, vale a dire, delle idee dominanti nel suo tempo. Queste, negli aspetti essenziali, in quanto «eredità» e attraverso adattamenti, ancora in vigore ai nostri giorni. Le analisi svolte da Kevin Anderson in questo libro, ci ricordano che l'esame e la valutazione dell'opera di Marx implicano non solo la necessità di contestualizzare, collocare nel suo tempo e nel suo campo teorico e pratico di intervento le idee del pensatore e rivoluzionario tedesco, cosa che l'autore americano svolge brillantemente, ma anche che questo procedimento implica parimenti un'analisi e una valutazione reciproca di quelle che sono le prospettive dell'analista stesso. Cosa che non appare evidente in molti dei critici recenti delle opere dell'autore del Capitale i quali, appropriatamente o meno, vengono definiti "postmoderni". Il libro di Kevin Anderson, nei dibattiti del nostro tempo si colloca controcorrente per quanto riguarda alcuni aspetti centrali dell'ideologia contemporanea che, nel contesto della frammentazione e "privatizzazione" dell'esperienza da parte del sistema del capitalismo neoliberista, tendono in maniera paradossale a rendere particolarmente difficoltosa la comprensione dell'insieme e delle sue articolazioni fondamentali, nel momento in cui la mercantilizzazione universale delle relazioni umane si approfondisce, nel senso di equiparare come astrazioni equivalenti, e subordinarle in nome delle qualità, delle preferenze e delle differenze, i soggetti ed i loro contesti.
Queste brevi osservazioni hanno il solo scopo di indicare al lettore la ricchezza storiografica, documentale e concettuale del libro di Kevin Anderson. L'autore fa ricorso alle fonti in maniera esaustiva e produttiva, dimostrando il ruolo creativo che deve avere l'erudizione nel lavoro intellettuale, e dimostrando così con le sue analisi la pratica della riflessione critica vista come auto-riflessione.

- Marcelo Guimarães LimaPubblicato il 12/6/2020 su Blog da Boitempo -

NOTE:

[*1] -  Michel Henry, Marx, a philosophy of human reality, (Bloomington, Indiana University Press, 1983).

[*2] - Edmund Wilson, Stazione Finlandia(BUR Rizzoli).

[*3] -  Ludovico Silva, El estilo literario de Marx (México, DF, Siglo XXI Editores, 1975)

fonte: Blog da Boitempo

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