domenica 5 luglio 2020

Stagioni

Ogni tanto, nella mia memoria, capita che rifiorisca un alberello: un alberello di magnolia, la mia magnolia!
La mia magnolia (stellata, per la precisione) era a dirla tutta, una di quei piccoli alberelli presuntuosi che fiorisce a febbraio, e che dà prima i fiori e poi le foglie. Ora, stiamo parlando di un febbraio di quasi quarant'anni fa, e che nel mio ricordo rimane, ed è rimasto per tutto questo tempo, un febbraio freddo, che seguiva e continua a seguire ad un altrettanto freddo gennaio.
Ero [ no, non è un errore di battitura: chè ero proprio io ad esserlo, e non il mese ] di febbraio, ragion per cui anche quell'anno mi ero disposto ad aspettare di tornare ad essere primavera. E nell'attesa che primavera arrivasse, sbatacchiato - come mi sentivo e forse ero - tra un amore infelice ed un amore diviso avevo scelto la terza strada: la mia.
Avevo raccolto tutte le mie carabattole ed avevo lasciato la città, andandomene a vivere in una strana casa colonica, insieme ad un camionista, complice allora di qualche mia scorribanda per l'Europa, e ad un elettricista. La casa si trovava in cima ad un poggio, sovrastata da un bosco e dominante dall'alto un laghetto. Il lago di vetrice. Per poterci arrivare, alla casa, bisognava percorrere un infernale sterrato, con una pendenza di tutto rispetto, che costringevo la mia Dyane ad affrontarlo anche fino a sei volte al giorno. E lei, obbediente, lo faceva, con spavalderia tutta francese.

Fra le tantissime cose - per lo più libri e dischi - che mi ero testardamente portato dietro, caricandomele sulla macchina, e senza che ci fosse un motivo ben preciso per farlo, troneggiava un gigantesco e pesantissimo vaso di coccio dentro il quale stava piantata, per l'appunto, una magnolia stellata. Non avevo proprio idea del perché lo avessi fatto, all'epoca. E continuo tuttora a non avercela!
Ad ogni modo, per qualche imperscrutabile motivo, avevo deciso di portare con me quell'alberello con l'intento di trapiantarlo in terra, in uno spazio che avevo creato apposta, costruendolo e delimitandolo come fosse una sorta d'aiuola, nel terreno di fronte alla porta di casa - accanto ad una vecchia panchina in legno, ombreggiata da un gigantesco noce. E così feci! ( Mai dormire sotto un noce, dice la saggezza popolare, anche se non ricordo il perché. Ma questo non c'entra niente. ?


Qui, la storia vuole continuare a parlare ancora di febbraio, della pianta di magnolia e dei giorni passati a sincerarmi che l'alberello attecchisse. Lo curavo come il figlio che ancora non avevo. Lo annaffiavo, cercando di non esagerare, e lo ripulivo delle erbacce che lo insidiavano. Aspettavo un segno tangibile che potesse rassicurarmi circa il fatto che si era ben ambientato nel terreno, acclimatandosi. Insomma, attendevo un suo sì. Poi, una sera verso la fine di quel  mese corto, avvenne che in quella casa decisero di festeggiarmi il mio trentesimo compleanno, e arrivarono alla conclusione che fosse il caso di farlo proprio al primo piano di quella casa isolata tra stelle e lago, lontana da tutto. E così arrivarono una cinquantina di persone; complice anche il carnevale che ha l'abitudine di cadere dalle mie parti, e complici dell'assembramento, soprattutto, le passate esperienze comuni degli intervenuti, non ancora diventate stantie. E cos'altro avrebbe potuto portare tutta quella gente a radunarsi in quel posto lontano da dio? Ricordo che era tarda notte quando - la festa ancore al culmine - decisi che era meglio andare a vomitare via, nel bosco [ a cercare i miei fantasmi, di notte, ci sono andato altre volte, da sobrio. Non quella sera! ] un po' di quell'eccesso di alcool che avevo ingurgitato, abusandone. Aveva da poco cominciato a nevicare, lentamente, e mentre prendevo, con una bestemmia alla neve, la strada per il bosco, in un momento di lucidità mi girai verso il mio alberello e mi resi conto che quello che aveva cominciato ad imbiancare la mia magnolia non era stata la neve. Aveva deciso di cominciare a fiorire la notte del giorno del mio compleanno, e io che non me ne ero accorto in tempo!

(già sul blog il 6/7/2006)

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