martedì 14 luglio 2020

Alternativa?!?

«L'alternativa per i prossimi 20 anni, è una forma sostenibile di capitalismo, che non sarà vista come capitalismo.»
- Intervista di Juan Carlos Pérez Salazar a Paul Mason -

In questo momento, sul mondo incombe un grande punto interrogativo: cosa succederà dopo la pandemia di Covid-19? Una domanda, questa, che pesa sia sulle cose più banali e concrete - come quando potremo tornare a darci la mano o abbracciare di nuovo i nostri amici  - così come attiene a quelle astratte e più distanti: le nostre libertà individuali ne risentiranno? Sarà la fine della globalizzazione? Che cosa ne sarà del capitalismo? Quest'ultima domanda, sembra andare a quello che è il cuore del momento che stiamo vivendo adesso. Ed il capitalismo è solo una delle vittime della crisi, oppure ne è la causa? E come dovrà cambiare il sistema per potersi adattare alle nuove realtà? Tra le classi dirigenti e tra gli imprenditori, si desidera un cambiamento del genere? L'inglese Paul Mason ha dedicato parte della sua vita a riflettere sul capitalismo. Come giornalista, si è occupato di una parte delle grandi crisi economiche e di quelli che sono stati i movimenti sociali degli ultimi decenni. Come intellettuale, oltre ad un libro di narrativa e ad un'opera teatrale, a scritto su questi stessi temi: la classe operaia, la crisi finanziaria del 2008 e le diverse proteste globali, come la Primavera Araba, Occupy Wall Street e gli "Indignados" spagnoli. Ma a renderlo un nome noto a livello internazionale, coinvolto nei diversi dibattiti sullo stato attuale del capitalismo e sul suo futuro, sono stati i suoi ultimi libri: "Postcapitalismo" e "Il futuro migliore" [entrambi pubblicati in Italia da Il Saggiatore]. La BBC News Mundo (servizio in spagnolo della BBC), ha intervistato Paul Mason a Londra, dove vive.

BBC: In un suo recente articolo, lei traccia un interessante parallelo tra ciò che sta accadendo oggi e ciò che accadde dopo l'epidemia di peste nera, nel 14° secolo, la quale segnò il passaggio dal feudalesimo al capitalismo.

Paul Mason: Uno dei temi del mio lavoro è quello secondo cui il capitalismo - così come il feudalesimo - ha un inizio, una metà ed una fine. Nel mio ultimo libro, ("Il futuro migliore: in difesa dell'essere umano"), asserisco che la fine di un modo di produzione di un sistema economico coincide frequentemente con un misto di quelle che sono le sue debolezze interne e ciò che chiamiamo "shock esterni, o shock esogeni. Perciò, per noi, il cambiamento climatico si manifesta sotto forma di uno shock esogeno, dal momento che l'unico capitalismo industriale che conosciamo si basa sull'estrazione di carbone e sulla distruzione della biosfera. È possibile che, in un universo parallelo, il capitalismo si sia sviluppato a partire dall'energia pulita ed in armonia con la natura, ma qui non è avvenuto così. C'è anche la questione dell'invecchiamento della popolazione, che potenzialmente potrebbe far fare bancarotta al 60% dei Paesi entro la metà di questo secolo, poiché non ci saranno abbastanza persone per poter sostenere una popolazione sempre più invecchiata. L'altro fattore che appare essere uno shock esterno è il coronavirus. Ma la mia argomentazione è quella che, anche se tutti questi sembrano essere shock esterni, in realtà sono tutti quanti prodotti del capitalismo. È questo il problema: Il tipo di capitalismo che abbiamo, distrugge le foreste tropicali e crea le condizioni per cui milioni di persone devono vivere in situazioni vulnerabili. E nel mondo sviluppato - probabilmente la cosa non è così evidente per i lettori in America Latina - ha creato le «malattie della povertà». A Londra ci sono molte persone che stanno morendo di obesità, di diabete di tipo B, o di patologie polmonari perché hanno fumato per tutta la vita. Il parallelismo che faccio con la peste nera è limitato, ma vale la pena indagarlo, anche perché l'epidemia è stata responsabile di due cose: per prima cosa, ha interrotto il modello economico del feudalesimo a partire dal fatto che non c'erano contadini per coltivare la terra. E nelle città non c'erano sufficienti persone in grado di saper lavorare con quella che era la principale materia prima dell'epoca, la lana. Nelle rivolte scoppiate dopo la peste nera, erano sempre presenti i lavoratori della lana. Il secondo impatto - e quello maggiore - l'ha avuto quella che è stata la discontinuità ideologica. Ha fatto sì che le persone arrivassero a dire: «Tutto questo (il modello) non sta funzionando.» Tra coloro che hanno studiato quel periodo, c'è un libro brillante dal titolo "Lust for Liberty" ("Brama di libertà"), di Samuel K. Cohn. Già il titolo dice tutto: alla fine dell'epidemia, le persone si resero conto del fatto che il sistema non li stava proteggendo. Se si pensa al feudalesimo - e credo che in America Latina l'immagine sia quella di questi grandi proprietari terrieri, visto che anche le rivolte coloniali sono state sempre contro i grandi proprietari terrieri - e alla cultura prevalente tra questi proprietari terrieri, si pensa al paternalismo. Il proprietario è lì per sfruttare, ma anche per proteggere. E nel 14° secolo succede che le persone cominciano a dire: «Aspetta un attimo, questo non ci sta proteggendo affatto». Ed ecco che allora cominciò ad essere usata la parola libertà, e a diffondersi. Noi pensiamo alla parola «libertà» vedendola nel contesto della Rivoluzione francese, ma a partire dal 1360 si osserva l'uso della parola «libertas», in latino, da parte dei rivoluzionari.

BBC: Una cosa che mi colpisce, in questa comparazione, è che la peste nera ha segnato il passaggio dal feudalesimo al capitalismo, vale a dire che, in qualche modo, ha consentito il Rinascimento e quella che conosciamo come Età Moderna. Ora, sono più o meno quarant'anni che si parla della fine di questa Età Moderna e di quello che - in mancanza di un'espressione migliore - viene chiamato «postmodernismo». Come se nuovamente un'epidemia segnasse la transizione ad un altro periodo...

Paul Mason: È interessante, ma non la vedo così. Ci sono molte cose in gioco. La mia opinione è che a livello globale abbiamo un sistema economico che non funziona. Si tratta di un sistema che dipende dal fatto che c'è un mondo ricco che pompa risorse verso un mondo più povero, il quale mondo povero, a sua volta, pompa profitti verso i più ricchi. La mia è una semplificazione estrema, eppure è così che funziona. Tutto questo ha generato quello che è stato un grande sviluppo nell'emisfero sud del pianeta - qualcosa di buono per quelle regioni - ma, allo stesso tempo, ciò crea povertà e disuguaglianza, e lo fa anche nel mondo più sviluppato, fino al punto di mostrare che il sistema non è sostenibile. Nel 2008 abbiamo detto che c'era troppo debito. E la ragione era che le banche centrali stampavano un sacco di soldi e le persone usavano tutto questo denaro per speculare. E la soluzione è stata un debito supplementare di 75 miliardi di dollari e ancora più denaro da parte delle banche centrali. Quello che stiamo facendo, è tentare di curare la malattia ... con ancora più malattia. E la malattia è il capitalismo finanziario. E qual è la cura che viene offerta per Covid-19? Più denaro dalle banche centrali, più debito. Ragion per cui, prima di parlare di Modernità, dobbiamo parlare di qualcosa che è assai più recente: il modello economico neoliberista, che si basa su una profonda disuguaglianza, su un'estrema speculazione finanziaria e su bassi salari. Un momento che ad un certo punto ha funzionato, ma che ora non funziona più. Lasciamo stare la questione del debito. Se si pensa ad un franchising Starbucks, questo funziona grazie ad un margine di profitto assai piccolo, dal momento che si trova sotto una costante pressione che lo spinge a ridurre sempre più i prezzi. Se Starbucks decide di aumentare il prezzo del caffè, ecco che McDonald's lo riduce immediatamente. Ecco che a questo punto ci troviamo di fronte a qualcosa che è stato chiamato «capitalismo just in time», dove praticamente non c'è più stock, niente scorte in magazzino. E questa è la medesima cosa che abbiamo nel servizio sanitario britannico: facciamo in modo che esso operi a quella che è la sua massima capacità, e per questo motivo non ci sono più né posti letto né respiratori di riserva. E questo non può continuare ad andare avanti così. Ciò di cui si ha bisogno è la capacità. In futuro, avrà senso che Starbucks abbia diversi punti vendita di caffè in ciascun paese. Avrà senso che questi punti vendita abbiano dei dipendenti addizionali, in quanto questa situazione continuerà e in qualsiasi momento possono avere circa il 10% della forza lavoro malata. E, logicamente, il servizio sanitario inglese dovrà avere più posti letto, più medici, più infermieri. Ma se tutto ciò dovesse accadere, tutto il modello neoliberista crolla. Allora, ecco il mio punto di vista. Ci troviamo davanti ad un modello già esaurito, e ritengo che il compito di chi si occupa di politica sia quello di pensare ad una soluzione.

BBC: Questo perché la risposta non può più essere la stessa che la maggior parte dei Paesi ha dato nel 2008, giusto? Austerità, tagli in settori come quello della sanità... Sembra che si questo a trovarsi al centro di tutto ciò che in questo momento è sbagliato.

Paul Mason: Esattamente. Dobbiamo rifiutare e respingere l'austerità, e non solo in quanto colpisce chi possiede di meno, ma perché se la si combina con con la maggior disponibilità di risorse da parte delle banche centrali... Si pensi nei termini della quantità di denaro in circolazione: se un governo mette in circolazione una maggior quantità di denaro, ma simultaneamente taglia le spese, ecco che l'unico posto verso cui queste risorse possono fluire è quello dove ci sono i più ricchi. Ecco quindi che questa combinazione per cui si stampa più moneta mentre si riduce lo Stato, può solo produrre ancora più disuguaglianza. E lo dico ai vostri lettori: qualsiasi governo dell'America Latina che si proponga di fare consapevolmente e allo stesso tempo queste due cose non sta facendo altro che riempire consciamente le tasche dei più ricchi.

BBC: Cosa pensa che accadrà? Visto che ci troviamo di fronte a dei cambiamenti che non si pensava sarebbero mai avvenuti così rapidamente; Paesi che approvano un reddito di base universale, oppure la nazionalizzazione di alcuni settori dell'economia... Tutto questo deve continuare?

Paul Mason: No. Vedete, nella nostra testa si può pensare che il libero mercato funzioni perfettamente bene, e che in circostanze normali correggerà tutto, ma ciò di cui oggi abbiamo bisogno è un forte intervento statale. Ciò cui stiamo assistendo, con Trump o con i conservatori, nel Regno Unito, è che stanno prendendo le misure giuste, sebbene lo facciano con lentezza: chiudere l'economia e riconvertire alcune aziende, mettendole in mano allo Stato. Ma cosa succederà, quando le persone si renderanno contro che la normalità non tornerà? Io credo che abbiamo bisogno di tre cose. Prima cosa, che il governo partecipi a tutti gli affari strategici. E questo non si identifica con il salvarli a livello finanziario. Si possono anche dare loro dei soldi, ma ad alcune condizioni, come quella per cui mantengano tutta la forza lavoro possibile - nel caso delle imprese del settore aereo e petrolifero, si può chiedere loro di dare inizio ad una fase di transizione verso una tecnologia verde. E che lo Stato diventi proprietario di una parte dell'impresa. Lei ha parlato di reddito di base. A lungo termine, il modo migliore perché funzioni tutto questo, è attraverso qualcosa chiamato servizi universali di base. Vale a dire, usare il denaro dei contribuenti per garantire un reddito a tutti, ma anche per poter fornire servizi di base gratuiti: sanità, istruzione universitaria, alloggi a prezzi accessibili e trasporto economico, o gratuito, in città. In questa crisi, il problema è che niente di tutto questo potrà esserci di aiuto, dal momento che ciò di cui le persone hanno bisogno in questo momento è il denaro. Ragion per cui, a breve termine, c'è bisogno che ciascun paese abbia un sistema salariale di base universale. E infine, terza cosa di cui penso abbiamo bisogno è che le banche centrali acquistino, se necessario, il debito dei governi. Questo, per l'economia del libero mercato, equivale ad un anatema,  poiché in pratica si tratta del fatto che il governo decreta la fine delle banche centrali; qualcosa che fondamentalmente, in qualche modo, era già una finzione. È il governo che presta i soldi a sé stesso. Per molti, questo non ha senso, ma la cosa andrebbe pensata nel seguente modo: quello che stiamo fornendo. è un «prestito ponte» (una modalità che alcune istituzioni finanziarie concedono quando i loro clienti hanno bisogno di liquidità immediata) per il futuro. Il conto verrebbe pagato da coloro che saranno vivi da qui a 50 o 100 anni. Poiché, se pagassimo adesso i costi, le persone non morirebbero solamente a causa della malattia. Sarebbe la stessa democrazia che potrebbe morire. E questo in un momento in cui è già fragile - vedi Trump e Bolsonaro. Se dovessimo permettere una depressione sulla scala di quella del 1929, credo che in molti paesi la democrazia evaporerebbe.

BBC: Una cosa che lei aveva già analizzato cinque anni fa in "Postcapitalismo", il suo libro precedente, riguarda il fatto che il capitalismo aveva perduto la sua capacità di adattarsi, in particolar modo in quella che è la sua fase neoliberista. Cosa ne pensa oggi di questo tema?

Paul Mason: Il capitalismo può adattarsi a questa crisi, ma nel farlo assumerà una forma assai diversa. Finirà per essere così tanto diverso che molti non riusciranno più nemmeno a vederlo come se fosse capitalismo. Perfino ora, in questo momento, ci sono molte opportunità di investimento privato. Nell'istruzione, per esempio, o nell'intrattenimento. Il fatturato di Netflix sta aumentando; il suo problema è che in questo momento non è in grado di produrre nuovi contenuti. Ma, per i creativi, questo diventa una nuova opportunità per farlo. Per esempio: ritengo che ben presto l'animazione diverrà di nuovo abbastanza popolare. Non sto dicendo che questa crisi significherà la fine del capitalismo. Il tema del mio libro era diverso: che il capitalismo aveva perso la sua capacità di adattarsi ai cambiamenti tecnologici. E questo è vero. Essenzialmente, in tutte le precedenti rivoluzioni tecnologiche, le nuove tecnologie eliminavano le vecchie forme di lavoro. Per esempio, all'inizio del 20° secolo le persone che usavano i cavalli o i carri rimanevano senza lavoro, a causa della creazione delle automobili. Ma i nuovi posti di lavoro venivano create nelle fabbriche di veicoli. E in questo modo il capitalismo si adattava. Il problema è che la tecnologia informatica oggi distrugge forme di lavoro più rapidamente di quanto non le crei; e in particolare elimina posti di lavoro altamente retribuiti. È ovvio che così facendo crea anche quella che è la funzione di sviluppatore di software, la quale è ben pagata, ma il fatto è che ora gran parte del processo di sviluppo del software è automatizzato. Il classico lavoro manuale classico ben retribuito, era quello del fabbricante di strumentazioni per i macchinari. Ecco perché allora poteva esserci un ingegnere di talento in grado di progettare e fondere nel metallo qualcosa talmente prezioso che gli avrebbe permesso di costruirci aerei. Ora questo ingegnere fa un computer. È questa l'idea che cerco di spiegare quando parlo della capacità di adattamento del capitalismo, ma la crisi causata dal Covid-19 è un problema di troppo.

BBC: Lei crede che nel mondo in cui oggi viviamo sia ancora possibile vedere i semi di questo postcapitalismo?

Paul Mason: La tecnologia informatica consente di ottenere profitti in maniera sempre più facile. Essa crea anche la possibilità di una automazione rapida. Crea un effetto di rete che produce nuovi materiali. Per esempio: quando scopriremo un vaccino contro il coronavirus, indipendentemente dal fatto che i produttori decidano o meno di farlo pagare, questo potrebbe essere a disposizione di tutto il mondo già il giorno successivo. E gratuitamente. Oggi, con l'utilizzo della tecnologia informatica, è molto facile produrre un vaccino. Fondamentalmente, la tecnologia informatica sta rendendo difficile al capitalismo di continuare ad essere capitalista. Al giorno d'oggi, abbiamo differenti e diverse modalità di proprietà, come Wikipedia, il movimento «open source», le piattaforme di cooperazione. In "Postcapitalismo", sostengo che vorrà del tempo perché maturi un sistema alternativo. E credo che il fatto che ora ci troviamo in una crisi di funzionalità del modello esistente, dovrebbe far sì che le persone riflettano sulle alternative di cui disponiamo. Per me, l'alternativa per i prossimi vent'anni è quella di una forma di capitalismo più sostenibile. Intendo dire, più verde, meno escludente, senza speculazione finanziaria. Continuerà a trattarsi di capitalismo, ma saranno molti a non vederlo come tale.

- Intervista di Juan Carlos Pérez Salazar - Pubblicata su  BBC News Mundo - 11/07/2020 -

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Da questo articolo si deduce che questo Paul Mason non sia un critico radicale ma ne faccia solo una questione di capitalismo sostenibile o non sostenibile.Come possa esistere un capitalismo buono o cattivo.La sua critica si riduce insomma al capitalismo finanziario.
La peste nera è stata l'unica causa della fine del feudalesimo? non credo, intervennero altri fattori.

Salvatore.

BlackBlog francosenia ha detto...

Per quel che riguarda l'«inquadramento» di Paul Mason, la sua posizione ha a che fare con la «transizione». Nel senso che comprende il problema dell'insostenibilità del capitalismo tout court, ma ritiene che necessiti un periodo di transizione, magari gestito dallo Stato. Diciamo che ritiene che un po' di capitalismo meno cattivo possa aprire la strada al cambiamento veroe proprio. Diciamo pure che tutto questo ha a che fare con l'impossibilità di immaginare qualcosa di diverso dal capitalismo e col prendere tempo per vedere cosa succede. Aspendosi perciò la risposta che provenga da qualche parte che non sia lo Stato e le istituzioni. E la sua critica al capitalismo finanziario rimane limitata, in quanto la sua risposta alla crisi appare essere altrettanto... Finanziaria!
E per quel che riguarda la peste nera, no, di certo il capitalismo c'era già, quanto meno in nuce, nel Rinascimento. La peste nera può essere stata, per l'appunto, un altro elemento di crisi.
Insomma, Mason, come molti altri, serve a pensare, a discutere, a riflettere.

Franco