L'ultimo Marx, su colonialismo, gender e "comunismo indigeno": un'intervista con Kevin Anderson
- di Kevin B. Anderson & Federico Fuentes - Pubblicato il 6 luglio 2025 -
Federico Fuentes: Il tuo nuovo libro si concentra sugli ultimi scritti di Marx. Perché questo interesse specifico per l'ultimo Marx? Stai cercando di contrapporlo a un "primo Marx"?
Kevin. B. Anderson: Analogamente alle discussioni risalenti a decenni fa, sul "primo Marx", anche le discussioni sul "tardo Marx" sono in corso da un po' di tempo, sebbene si siano realmente cristallizzate solo negli ultimi cinque anni. Il mio libro su "Marx ai margini" è uscito circa 15 anni fa, ed esaminava alcuni degli ultimi scritti di Marx che all'epoca si erano erano resi appena disponibili. Ma negli ultimi cinque anni, tra le altre cose, abbiamo avuto il libro di Kohei Saito, su "Ecosocialismo: il Capitale, la Natura e la critica incompiuta dell'economia politica di Karl Marx", e gli "Ultimi anni di Karl Marx: una biografia intellettuale" di Marcello Musto. A mio avviso,non possiamo ignorare il tardo Marx più di quanto non lo si possa fare con il primo Marx: sono entrambi Marx, e dicono molte cose interessanti. Inoltre, non credo che si possa individuare una sorta di rottura tra il Marx “maturo” del Capitale e dei Grundrisse con nessuno di questi ultimi periodi. Quello che volevo fare con questo libro era specificare il periodo tardo di Marx in quanto periodo distinto dei suoi scritti.
F.F.: Nella tua introduzione, noti come alcuni studiosi marxisti si siano concentrati soprattutto sugli scritti di Marx riguardanti «capitale e classe, con l'esclusione di altre questioni». Quali sono le altre questioni su cui cerchi di attirare l'attenzione nel tuo libro?
K.B.A: Mentre molti altri hanno lavorato sulle idee del tardo Marx riguardo all'ecologia, io ho invece concentrato la mia attenzione sui suoi appunti riguardanti la razza, il genere e il colonialismo. Questi problemi sono presenti in tutti gli scritti di Marx, anche nelle sue prime fasi. Ma, nel tempo, alcuni aspetti diventano più marcati, sia quantitativamente che in termini di nuove posizioni che egli ha via via adottato. È questo ciò che cerco di far emergere.
F.F.: Perché queste questioni sono importanti ai fini della nostra comprensione della critica di Marx al capitalismo?
K.B.A: Se si guarda al penultimo capitolo del Libro I del Capitale, leggiamo che Marx parla delle forze produttive che diventano sempre più concentrate; il che a sua volta porta alla crescita e alla concentrazione della classe operaia in quanto forza sociale. Marx delinea il modo in cui il capitale si sviluppa nel tempo, spiegandoci che arriverà il momento della transizione rivoluzionaria, e che il capitale dovrà essere rovesciato, per superare le contraddizioni del capitalismo. Ma tuttavia non fa alcuna menzione di razza, di genere o di Stato. Quello che Marx ci presenta è un modello astratto; astratto in senso buono, dal momento che egli sta cercando di concentrarsi su quali sono le caratteristiche più salienti del capitalismo. Ma tutto ciò però significa che la sua spiegazione del capitalismo, così come viene data nel I volume del Capitale Volume, rimane a un livello assai generale, il quale può essere applicato a quasi tutte le società capitaliste industriali.Eppure, allorché egli approfondisce il capitalismo nell'Inghilterra del 1870, confrontandolo - diciamo - con il capitalismo negli Stati Uniti di oggi, noi possiamo immediatamente vedere che tuttavia è più complesso. E Marx, questa complessità l'ha approfondita per tutta la sua vita, anche a partire da quelli che furono i suoi primi anni. Ad esempio, Marx vedeva gli Stati Uniti e il Brasile - che erano gli unici due grandi paesi capitalistici con una moderna produzione basata sulla schiavitù - come forme di capitalismo razzializzato. Negli anni '50 dell'Ottocento, scriveva che forse la rivoluzione non sarebbe iniziata nei paesi industrialmente più avanzati, ma nella periferia; vale a dire la Cina e l'India. Quando nel 1863 scoppiò una rivolta in Polonia, Marx scrive a Friedrich Engels dicendo che «si può sperare che stavolta la lava possa scorrere da est a ovest». Tuttavia, queste idee, all'epoca, non sono mai state molto elaborate. Sarebbe stato verso la fine della sua vita, che Marx avrebbe iniziato a concentrarsi molto di più su questi temi. Ad esempio, Marx esamina le interazioni esistenti tra i settori colonizzati e i cosiddetti paesi capitalisti centrali; come quelle che c'erano tra l'Irlanda e l'Inghilterra. Ma ha anche esaminato il rapporto esistente tra inglesi e irlandesi all'interno dell'Inghilterra; che egli considerava simile in qualche modo al rapporto razzializzato esistente tra lavoratori bianchi e neri negli Stati Uniti. Tutto questo, è molto interessante poiché entrambe le relazioni vengono collegate direttamente al colonialismo: da un lato, abbiamo il fattore coloniale irlandese e il movimento nazionale (che Marx sostiene), con il suo impatto sul capitalismo britannico. Mentre, dall'altro lato, vediamo questo proletariato di immigrati irlandesi, all'interno dell'Inghilterra, che sono stati costretti a emigrare, e in gran parte ciò è avvenuto a causa del colonialismo britannico. Quindi, Marx sta guardando a questo problema da varie angolazioni diverse. Purtroppo, ci sono oggi alcuni marxisti che considerano estranea al capitalismo una tale complessità, e ritengono che si tratti solo di questioni specifiche delle diverse società capitalistiche; quando invece in realtà tutto ciò è molto importante.
F.F.: In che modo l'evolversi delle sue opinioni ha influenzato il modo in cui egli immaginava e concepiva le rivoluzioni?
K.B.A: Inizialmente, il modello astratto di Marx lo aveva portato a credere che l'Inghilterra - a partire dalle sue grandi industrie e dal suo proletariato - fosse l'unico paese ad avere le condizioni economiche per una rivoluzione anticapitalista. Ma alla fine degli anni '60 dell'Ottocento, il suo modo di pensare iniziò a cambiare. Marx vedeva ancora i lavoratori britannici come quelli dotati di un grande potenziale rivoluzionario, ma cominciò anche a vedere che l'energia rivoluzionaria poteva provenire dall'esterno dei settori industriali più avanzati della classe operaia inglese. Marx invece cominciò a rendersi conto che una rivolta agraria in Irlanda avrebbe potuto essere la scintilla per scuotere la Gran Bretagna, e spingerla in una direzione rivoluzionaria. C'è qualcos'altro che emerge negli scritti di Marx, tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80: egli comincia a vedere queste rivolte della periferia, non solo come politicamente importanti per intaccare la forza dei paesi capitalistici centrali, ma le considera anche come portatrici di possibilità comuniste. Si concentra davvero sulla Russia, e inizia a vederla come il nuovo centro di energia rivoluzionaria del continente. In quello che è il suo ultimo scritto – la prefazione del 1882 al "Manifesto del Partito Comunista" – Marx pone la domanda: «Può l'obshchina [ la comune contadina] russa, sebbene fortemente indebolita, e pur essendo una forma primordiale di proprietà comune della terra, passare direttamente a quella che potrebbe essere la forma superiore della proprietà comune comunista?» La sua risposta è che «se la rivoluzione russa diventa il segnale per una rivoluzione proletaria in Occidente - facendo in modo che le due rivoluzioni si completino a vicenda - allora l'attuale proprietà comune russa della terra potrebbe servire come punto di partenza per uno sviluppo comunista». Tutto ciò rappresenta un enorme capovolgimento rispetto al linguaggio del "Manifesto del Partito Comunista" del 1848. Allora, Marx sosteneva che i vecchi rapporti agrari andavano sradicati e distrutti. Ed era questo il motivo per cui aveva sostenuto il libero scambio; voleva che il capitalismo si diffondesse ovunque, e stravolgesse le vecchie strutture pre-capitaliste. Ora invece Marx stava dicendo che gli elementi pre-capitalisti presenti all'interno di queste strutture sociali – il cosiddetto comunismo primitivo – potevano diventare la base di un movimento rivoluzionario.
F.F: Cosa puoi dirci su come Marx vedeva il genere e il capitalismo nei suoi scritti successivi?
K.B.A: Verso la fine della sua vita, Marx guarda al genere in modo piuttosto ampio. Il libro di Engels, "L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato" – che rimane in qualche modo un grande libro – si basava in gran parte sugli appunti che Marx aveva preso durante gli ultimi tre anni della sua vita. Ma devo dire che la questione del genere è stata una delle parti più difficili del mio libro. Una delle difficoltà è che - mentre gli scritti di Marx sulle società indigene (soprattutto nelle Americhe) e sull'antica Grecia e su Roma sono pieni di discussioni riguardo al genere - questo problema non viene mai direttamente collegato ai movimenti rivoluzionari, e alle sfide al sistema. I suoi scritti sull'Irlanda alla fine degli anni '60 dell'Ottocento, o quelli sulla Russia degli anni '70 dell'Ottocento, parlano parecchio di rivoluzione, ma non fanno mai specificamente menzione del genere. È solo alla fine della sua vita - nel 1881 - che egli ci torna sopra, e per esempio guarda al genere riferendo all'Irlanda della pre-colonizzazione britannica. I suoi scritti sembrano tuttavia andare un po' contro ciò che Engels avrebbe scritto in seguito. Engels sosteneva che, poiché il patriarcato e i rapporti di genere si legavano alla proprietà privata e allo Stato, prendendo di mira questi ultimi si sarebbero presi di mira anche il patriarcato e i rapporti di genere. Fu questo punto di vista che portò Engels a scrivere, adattando una frase di Hegel: «L'abbattimento del diritto materno ha rappresentato la sconfitta storica, a livello mondiale, del sesso femminile». Tuttavia, allorché Marx esaminò le relazioni di genere tra i greci e tra i romani, non le vide come se si fosse trattato di una dominazione ininterrotta. Marx ha sottolineato come, in qualche modo, le donne romane avessero più libertà delle donne ateniesi. E questo sembra indicare che nelle relazioni di genere, piuttosto che una sconfitta storica mondiale indifferenziata, come espresso da Engels, egli vide alti e bassi. Se si pensa a una sconfitta storica e ininterrotta delle donne, allora emergono due problemi. In primo luogo, questo tende a negare il ruolo delle donne nel corso dei millenni, come osserva Marx parlando di Roma, o come potrebbe essere menzionato in molti altri contesti. In secondo luogo, se è vero che questa sconfitta che consolida il patriarcato si è verificata più o meno contemporaneamente all'ascesa della proprietà privata e dello Stato, allora nel capitalismo moderno è possibile attaccare il patriarcato, nel modo più efficace, proprio prendendo di mira la proprietà privata capitalistica in quanto fondamento economico sia del patriarcato che dello Stato. Ne consegue che i movimenti delle donne dovrebbero allora essere ausiliari della sinistra socialista, e non autonomi e indipendenti: infatti, è stata questa la politica dei socialisti della generazione successiva a Marx ed Engels.
F.F: In che modo tutti questi punti di vista in continua evoluzione hanno influenzato le attività rivoluzionarie di Marx?
K.B.A: Prendiamo l'Irlanda: Marx ed Engels, pur sostenendo sempre l'Irlanda contro la Gran Bretagna, inizialmente erano molto ostili ai nazionalisti borghesi irlandesi, che essi consideravano non preoccupati della classe operaia. Ma nel 1869-70, in Irlanda vediamo un movimento nazionalista progressista, la Fratellanza Feniana, che era un movimento plebeo interessato sia ad abbassare gli affitti che a cacciare l'occupante straniero. Non era un movimento socialista, quanto piuttosto un movimento cosciente di classe. Tuttavia, Marx si avvicinò in modo da rendere omaggio alla Fratellanza Feniana e al suo programma agrario. Marx concluse anche che era necessario un duro lavoro per riuscire a guadagnare la fiducia dei lavoratori irlandesi in Inghilterra, soprattutto perché le persone con cui lavorava nella sezione locale dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori erano in gran parte inglesi. Sosteneva che avevano bisogno di far sapere ai lavoratori irlandesi di essere a favore dell'autodeterminazione irlandese, e anche dell'indipendenza, se era questo ciò che serviva per abbattere il muro di diffidenza, separare quei lavoratori dai nazionalisti borghesi, e reclutarli nell'Internazionale. In Russia, la situazione era molto diversa. Lì, non c'era nessun movimento nazionalista, e certamente nessuno che fosse di sinistra. Invece, c'erano tutti i diversi tipi di socialisti. La maggior parte erano intellettuali che amavano il Capitale, e volevano applicarlo in maniera assai dogmatica alla Russia. Parlavano della necessità di cacciare i contadini dalla terra, per industrializzare la Russia e creare un proletariato. Marx disse loro che non era ciò che lui intendeva. Ma c'era anche un'altra ala, i populisti, i quali mancavano di chiarezza teorica, ma che Marx ammirava dal momento che anche loro vedevano nei contadini russi un certo potenziale rivoluzionario. Ovviamente, non sappiamo che cosa ne avrebbe fatto Marx di tutti questi suoi ultimi scritti, alla fine della sua vita. Però abbiamo la prefazione al Manifesto comunista, dove parla della necessità di unire questi elementi: il comunismo agrario russo e il moderno proletariato socialista dell'Europa occidentale. Per Marx, i due elementi dovevano trovare il modo per unirsi.
F.F.: Crede che gli ultimi scritti di Marx mettano in discussione alcune idee che sono prevalenti tra i marxisti di oggi?
K.B.A: Penso che la nozione di progresso sia stata messa in discussione dagli ultimi scritti di Marx. Nei suoi primi scritti, Marx vede il passaggio dal feudalesimo al capitalismo come un progresso assai diretto. Ma nel tempo, nei suoi scritti, questo progresso gli appare sempre più come un costo da pagare. Le I Libro del Capitale, Marx scrive che il capitalismo «trasforma ogni progresso economico in una calamità sociale», soprattutto per la classe operaia. Egli vede ancora il capitalismo, in generale, come un progresso – non ha mai abbandonato del tutto quella visione – ma nei suoi scritti successivi comincia a dire cose, sugli aspetti negativi del progresso, che prima non avrebbe detto. L'altra faccia della medaglia è che egli inizia a vedere dei potenziali elementi costitutivi del socialismo in quelle che sono alcune strutture sociali collettiviste pre-capitaliste. Ironia della sorte, se io dicessi questo in una riunione di marxisti nella Russia del 1900, verrei definito populista, e non marxista. Alcune persone hanno detto che, per la Russia, Marx avrebbe fatto un'eccezione a causa di quello che è stato il suo diverso percorso di sviluppo. Ma lo si può vedere anche nei suoi scritti sull'India e sulle società indigene in Nord Africa e in America Latina, che Marx credeva che le strutture sociali comunitarie in quelle società potessero diventare una base per la rivoluzione. Questo costituisce un cambiamento rispetto ai suoi scritti degli anni '40 e '50 dell'Ottocento, laddove anche se Marx era consapevole di queste strutture comunitarie, le vedeva tuttavia come se esse fossero la base del dispotismo orientale, e riteneva che fossero chiuse a qualsiasi forma di progresso.
F.F.: Quali implicazioni vede in questi scritti, per la sinistra di oggi, in termini di soggettività rivoluzionaria?
K.B.A: Oggi, all'interno della sinistra globale ci sono dozzine di punti di vista diversi. Ma se guardiamo a coloro che godono di un consenso più ampio, possiamo indicare le forze leggermente più riformiste, come quelle che ruotano attorno ai [socialisti democratici statunitensi] Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez nonché [il leader de La France Insoumise] Jean-Luc Mélenchon e [l'ex leader laburista britannico] Jeremy Corbyn. Essi, tendono a concentrarsi sulla classe, sul capitale, sulla disuguaglianza economica, sulla difficile situazione della classe operaia, e sulla necessità per i partiti di centro-sinistra di connettersi maggiormente con il movimento sindacale. Alcuni diranno esplicitamente che dobbiamo allontanarci dalle questioni di identità, come la razza, il genere e la sessualità; e che la sinistra parla troppo di loro, e questo allontana la classe operaia bianca, o che non prende abbastanza di mira il capitale. Poi c'è la sinistra che è emersa dal movimento "Black Lives Matter" e da "Palestine solidarity", così come c'è gran parte della sinistra studentesca, che tende a dare priorità all'identità, e a considerare i lavoratori bianchi come dei conservatori, semplicemente perché sono bianchi e privilegiat; anche se spesso le persone che dicono questo sono molto più privilegiate.
Marx era chiaramente consapevole della razza, del genere e del colonialismo, ma non basta dire che fosse più aggiornato di quanto pensassimo. Per Marx, queste questioni erano comunque sempre collegate al capitale e alla classe, e questo è quello che oggi spesso manca. Gli scritti di Marx possono aiutarci a capire che noi abbiamo bisogno di fondere insieme queste due sinistre. Non intendo dire che va fatto in modo populista e acritico, ma nessuna delle due parti può semplicemente limitarsi a respingere l'altra solo perché c'è molta energia radicale in entrambe. Dobbiamo trovare il modo di avere un vero dialogo e un'unità. Il movimento palestinese oggi ci offre un'opportunità per fare questo, dal momento che entrambe le sinistre sono molto d'accordo con questo movimento. C'è la possibilità di avere un qualche tipo di dialogo. Il potenziale è stato visto nella straordinaria vittoria elettorale di Zohran Mamdani a New York; un raro punto luminoso in un paese sotto la crescente minaccia del fascismo trumpista. La Francia è un altro esempio per cui, da un lato, c'è un gigantesco movimento operaio, come si è visto con gli scioperi di massa del 2023 e, dall'altro lato, ci sono le regolari esplosioni di rabbia all'interno delle banlieues [periferie povere] contro la brutalità della polizia, in quello stesso anno. Eppure le due cose hanno avuto pochissimi legami l'una con l'altra. Ciò che Marx ci stava dicendo nei suoi scritti irlandesi, è che dobbiamo trovare il modo per collegare il movimento dei lavoratori con la rivolta delle banlieue, poiché questi giovani di colore, spesso semi-disoccupati, sono tra i più oppressi della popolazione. Purtroppo, i sindacati non lo hanno fatto, per quanto il gruppo di Mélenchon abbia davvero cercato di coinvolgere questi settori nella sinistra socialista, e il che è importante. E se questo si collega alla questione del colonialismo negli scritti di Marx, essi diventano oggi ancora più importanti se si guarda a come le diverse lotte locali hanno avuto un impatto e hanno dato vita a tante altre lotte in tutto il mondo. Un ottimo esempio è il modo in cui le rivolte arabe del 2011 hanno dato vita a molti movimenti di protesta, a partire da Occupy Wall Street negli Stati Uniti nello stesso anno. Che si tratti di popoli colonizzati o semicolonizzati, o di popoli della periferia, abbiamo a che fare con persone le cui condizioni di vita e di lavoro sono peggiori, e i livelli di sfruttamento più elevati, rispetto ai lavoratori dei paesi capitalisti centrali. È da loro che provengono molte delle attuali rivolte. Credo che oggi ci sia una maggiore consapevolezza del fatto che queste lotte possono avere un impatto al di là delle diverse barriere geografiche, culturali e linguistiche.
Published 6 July, 2025 for LINKS International Journal of Socialist Renewal.
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