martedì 29 luglio 2025

Il Ritorno della "Colonna Durruti" ?!!???

Il "Wall Street Journal", ha pubblicato un articolo firmato da Firas Hamdan, palestinese di Gaza ed ex detenuto nelle prigioni di Hamas, oggi membro delle Popular Forces, una milizia che è nata dentro quell'l’inferno per combattere chi lo governa.
Le sue parole sono chiare, nitide: «Hamas ci ha distrutto più di quanto abbia fatto qualsiasi bombardamento.»
No, a dire questo, non è un "Colono" e non è nemmeno lo Stato di Israele; non ce lo dice nemmanco il Mossad.
Lo dice un uomo che ha vissuto negli scantinati di Rafah, quelli dove si tortura e si viene torturati, e dove i civili non possono andare a rifugiarsi.
Il punto non è di sapere se Hamas sia crudele. Questo lo sa anche il mio barbiere, che pensa che Gaza sia un tipo di tessuto.
Il punto è che una parte sempre più crescente della popolazione di quella Striscia comincia a dirlo, oltre che a pensarlo.
Solo che qui, da queste parti, quella voce non la vogliamo ascoltare.
Poiché nel momento in cui il nemico di Israele e il boia dei palestinesi coincide, ecco che allora gli slogan andrebbero riscritti. Ma ammetterlo costa troppo, soprattutto in termini di "like". Tuttavia non c'è certo da illudersi. Nessuno sta parlando di una rivoluzione a Gaza. Il popolo, quello che oggi - in silenzio - comincia finalmente a voltare le spalle ad Hamas, è quello stesso popolo che Hamas, lo ha eletto a proprio rappresentante, lo ha sostenuto, e per anni lo ha venerato come martire. Questo "popolo" è costituito da quegli stessi individui che, in massa, hanno sputato sui corpi dei soldati israeliani trascinati per le strade, gli stessi che hanno fatto a pezzi i cadaveri nel mentre che si filmavano, che hanno preso parte a razzie e stupri, che hanno nascosto nelle loro case gli ostaggi, e che quando qualcuno è riuscito a fuggire, lo hanno ripreso e riconsegnato ai carcerieri. Non esiste un popolo innocente in blocco, allo stesso esatto modo in cui non esiste alcun popolo colpevole in blocco.     
Le immagini non mentono: la complicità è stata ampia, feroce, orgogliosa di esserlo.
Eppure, è da qui che bisogna ripartire. Perché è questa la materia che abbiamo: sporca, compromessa, devastata, ma reale.
Non esistono popoli perfetti, esistono popoli che cambiano. E se i gazawi iniziano – anche fosse solo per rabbia, per stanchezza o per fame – a rompere il tabù dell’intoccabilità di Hamas, il rumore che proviene dalla frattura di questa crepa che si rompe, va ascoltato, e non ignorato: a maggio, nel mezzo del Ramadan, dei giovani gazawi hanno distrutto delle postazioni di Hamas. E questo, dopo che a marzo, una rivolta nella zona di Nuseirat era stata repressa nel silenzio più totale. E dopo che a febbraio, tre donne erano state frustate in pubblico per “condotta inappropriata”.
Altrove ci avrebbero fatto una serie Netflix. Sui nostri media, invece gli eventi sono diventati dei "semplici dettagli che non confermano né smentiscono la linea editoriale".     
E questo perché non c'è spazio per quel minimo di complessità nella quale un popolo può soffrire e opprimere allo stesso tempo.
E allora meglio ignorare ogni segnale, facendo finta che siano solo rumori di fondo, deviazioni, o incidenti di percorso.
Il mondo - quello che finge di avere a cuore i palestinesi - continua a guardare altrove.
Troppo impegnato a dare la caccia agli ebrei, e a contare quanti gradi di separazione dividono ciascun ebreo dal governo Netanyahu, in modo che così possano giustificare ogni attentato antisemita.
E intanto, laggiù dentro, chi osa ribellarsi rischia la vita. Mentre noi, qui fuori, continuiamo a dire che quello che stiamo facendo, lo facciamo solo per loro!
Ma i segnali ci sono. Eccome se ci sono. Ma voi? Voi, dove state guardando ?

fonte: @Alex Zarfati

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