Nel suo libro, dedicato ai primi secoli dell'era volgare - "Il corpo e la società. Uomini, donne e astinenza sessuale nei primi secoli cristiani", Einaudi - Peter Brown riprende e commenta una serie di testi e di proposizioni risalenti ai primi vescovi della Chiesa cattolica, tra i quali Ambrogio da Milano, maestro di sant'Agostino, che impressionò quest'ultimo per la sua capacità di leggere in silenzio. Leggendo la discussione su Ambrogio, si rimane colpiti dal modo in cui Brown sottolinea la sua preoccupazione per i limiti e i confini: la mentalità di Ambrogio - sostiene Brown - era organizzata a partire da dei contrasti assai netti, i quali devono pertanto rimanere ben chiari e demarcati: santità contro peccato, verginità contro concupiscenza, Chiesa contro mondo, uomo contro donna, e così via. Vivendo a Milano - frontiera per eccellenza alla fine del IV secolo –, per Ambrogio la discussione sui limiti costituiva un modo per parlare, simultaneamente, dei corpi dei fedeli, del rapporto tra Chiesa e Stato e della posizione che i funzionari ecclesiastici assumevano all'interno della macchina imperiale. In Ambrogio, il seme è quello della difesa dei dogmi; una cosa che diventerà ancora più drammatica a seguito delle già annunciate "invasioni barbariche", e questo proprio perché a venire attaccati sono proprio i confini del mondo reale; cosa che rende necessario vigilare e proteggere i confini interni in un modo ancora più rigoroso. Non so fino a che punto Borges sia stato consapevole di questa articolazione esistente tra i confini dell'Impero e la verginità cristiana - soprattutto femminile, a causa della Vergine Maria, che Ambrogio indicò come modello per tutti, uomini e donne - nel momento in cui egli scrive il suo racconto "La storia del guerriero e della prigioniera" (pubblicato nel 1945 nel suo libro "El Aleph"). Fatto sta che, nel racconto, i due temi si intersecano: da una parte abbiamo la donna, la prigioniera (che poi sono due: la nonna di Borges e la donna "dello Yorkshire", la quale si è "trasformata" in indiana), e dall'altra abbiamo il barbaro invasore dei confini, Droctulft, il quale si "trasforma", dal momento che egli muore difendendo Roma (come racconta Paulo, il Diacono, attraverso Benedetto Croce, che viene citato da Borges all'inizio del racconto). Degno di nota, è che Borges attraversi le storie facendolo anche dal punto di vista della lingua: il barbaro che diventa un uomo civile a difesa di Ravenna riceve, dopo la sua morte, un epitaffio in latino che probabilmente non sarebbe nemmeno in grado di comprendere; la nonna di Borges, da parte sua, a sua volta, parla in inglese con la donna diventata indiana, la quale accede alla lingua con difficoltà, a causa dei quindici anni nei quali non l'ha utilizzata (è lei la donna che chiede a un soldato di voler parlare con la nonna di Borges).
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