giovedì 8 maggio 2025

Neanche i morti saranno al sicuro…

«"Continuare così", è la catastrofe»: sull'attualità di Walter Benjamin
di Herbert Böttcher

Di fronte alla crisi del capitalismo, che oggi si manifesta nelle cosiddette crisi multiple, o poli-crisi. la frase di Benjamin «"Continuare così" è la catastrofe» [*1] diventa sempre più attuale. Essa rende evidente il carattere esplosivo di questa crisi e il pericolo delle catastrofi che l'accompagnano. Nel contesto dei pericoli imminenti del fascismo e della guerra, il pensiero di Benjamin si concentra sulla questione della storia. Al centro di tutto c'è la questione del rapporto tra passato e presente. Essi appaiono collegati per mezzo di quel «nucleo temporale, che esiste simultaneamente sia nel riconosciuto che nel riconoscibile». [*2] In tal modo, Benjamin si distingue rispetto a un concetto borghese di verità, il quale invece enfatizza la cosiddetta a-temporalità della verità. Al contrario, egli insiste invece sul cosiddetto "nucleo temporale" che, nella costellazione del passato e del presente, rende la storia leggibile nel "tempo di adesso", e di fronte al pericolo imminente. Diventa leggibile a partire dalle sue catastrofi. Mentre nel "continuare così" essa rotola sulle rovine, sulle speranze non realizzate, sulle possibilità non realizzate, e in breve: sulle sue vittime. Queste vittime vengono relegate nell'oblio, in modo che così «anche i morti... non saranno al sicuro, se il nemico vincerà». [*3]

I - Benjamin: la lotta per il tempo, e la storia come lotta contro il mito del suo ritorno nel capitalismo
Benjamin caratterizza il tempo, nel quale il passato e il presente entrano in una costellazione, come il "tempo adesso".[*4], in cui lampeggia un'immagine del passato. «Assomiglia alle immagini del proprio passato, le quali appaiono agli uomini nel momento del pericolo».[*5] La lotta contro i pericoli - che sorgono e che possono essere letti nel presente - è una lotta per il tempo e per la storia e, in quale tale, è una lotta contro il mito; il quale non viene determinato dal tempo della storia, ma piuttosto dal tempo che intercorre nel suo ritorno. Nel mito, parliamo del procedere della natura, dell'armonia con la natura e del suo flusso uniforme di divenire, scomparire e ridiventare - non integrato in delle costellazioni storico-temporali, ma nell'eternità del cosmo e nelle costellazioni delle stelle. Nel mito, il tempo diventa vuoto, uniforme e omogeneo. Letta in connessione con le idee della critica dell'economia politica e del feticismo, la lotta di Benjamin per il tempo e per la storia, e contro il mito, assume contorni chiari sotto la forma di una lotta contro il capitalismo. Da un lato, nel capitalismo, abbiamo la storia che si naturalizza attraverso la competizione. Nella concorrenza i forti vengono selezionati, scegliendoli tra i deboli; e con l'aggravarsi della crisi, è il "superfluo" che viene sempre più valorizzato. Ciò che Darwin pensava di riconoscere in quanto legge di selezione della natura, ora diventa la legge di selezione della storia capitalistica, sotto forma di «biologizzazione della società mondiale». [*6] Di conseguenza - come scrive Marx nella sua analisi del carattere feticistico della merce e del suo segreto- il carattere sociale del lavoro e l'oggettività dei suoi prodotti appaiono «come proprietà sociali naturali di tutte queste cose».[*7] Il contesto sociale della produzione di merci, appare come se fosse un contesto naturale, e la produzione di merci appare come "naturale". Esso ruota attorno al sempre lo stesso: al fine in sé della moltiplicazione del capitale. Nel mito della produzione di merci, il tempo diventa un tempo omogeneamente fluido e vuoto, perché il tempo concreto del lavoro viene sussunto in quello astratto del valore.[*8] Viene integrato nel flusso vuoto in termini qualitativi, e pertanto in termini di contenuto dell'autovalorizzazione del capitale come fine astratto e vuoto in sé..  Tutto procede di pari passo con una spirale di accelerazione in cui non c'è tregua - come Benjamin l'ha descritta nei termini del fenomeno della permanenza del culto capitalistico ininterrotto dai giorni feriali. [*9]  Alla base di questa situazione, la forza trainante dell'irrequietezza consiste nella tensione ad aumentare, sotto i vincoli della concorrenza, il livello di produttività . E ciò è dovuto alla legge del valore. Solo se il valore «supera continuamente i propri limiti quantitativi» [*10] può continuare a essere mantenuto in quanto valore. «Il tempo del capitale è segnato dal paradosso di una circolarità orientata al futuro. Ma tuttavia questo futuro non è altro che il futuro dei prossimi successivi circuiti di accumulazione».[*11] Così il vuoto, in termini di contenuto del processo di accumulazione, viene bandito dal vuoto omogeneo del tempo, che fluisce come un ritorno di esso, senza alcuno scopo o prospettiva di uscire dal circuito dell'incantesimo del sempre uguale.

II. Limiti del "ritorno dell'uguale" e il vuoto finale del capitalismo
Ma il "ritorno dello stesso" non può continuare all'infinito. Esso trova davanti un limite logico che Marx descriveva come la «contraddizione in processo» [*12] del capitale. La produzione svolta nel quadro della concorrenza richiede che il lavoro - fonte di valore e di plusvalore - venga soppiantato dalla tecnologia. È così che il capitale distrugge le sue stesse proprie fondamenta. Con la rivoluzione microelettronica, la diminuzione della sostanza del lavoro non può più essere compensata dall'espansione della produzione, dalla riduzione dei costi, dal prezzo dei prodotti e dall'espansione dei mercati, ecc. Così, il limite logico si scontra storicamente anche con un limite che, nel quadro del capitalismo, non può più essere superato. Il capitalismo può essere riprodotto sempre meno. Ciò vale sia per la produzione di valore e di plusvalore connotato come maschile, sia per la riproduzione, da tale valore dissociata, e connotata come femminile; vale a dire per quel che riguarda le attività di cura, di assistenza, di attenzione emotiva, ecc. Ma Benjamin, nella sua critica del capitalismo, non aveva incluso il «luogo nascosto della produzione» [*13]. Tuttavia, è ancora possibile estrarre dalla sua critica alcune riflessioni incentrate su dei fenomeni importanti, in vista di quel confronto con la crisi del capitalismo che stiamo vivendo:
1. Benjamin aveva in mente il limite del capitalismo a livello di colpa.[N.d.t.:  Il termine tedesco qui usato, Verschuldung, può significare sia "biasimo" che "indebitamento"].Aveva caratterizzato il culto capitalista come un "culto non di remissione, ma di biasimo" [*14], vale a dire, come un culto senza una via d'uscita salvifica. Nei cicli di biasimo, «Dio stesso... deve essere incluso».[*15] Dio non è semplicemente morto, ma «è caduta anche la sua trascendenza» e Dio è quindi si trova «integrato nel destino umano» (ivi.). Egli non si oppone alle condizioni, ma le trascende. Al contrario, diventa l'espressione della loro feticizzazione immanente, della "vera metafisica" (Robert Kurz) delle relazioni capitalistiche.
2. Secondo Benjamin, all'apice della colpa, il Dio nascosto nel culto capitalista diventa riconoscibile.[*16] Oggi, qui diventa chiaro che l'apparente accumulazione di capitale nei mercati finanziari non può più essere correlata all'accumulazione reale; e così si formano bolle che scoppiano ripetutamente. Il fluire di un tempo omogeneo e vuoto, che Benjamin aveva associato al progresso, ora è riconoscibile nell'aggravata crisi della "metafisica reale" capitalistica, in quanto vuoto associato alla moltiplicazione del capitale visto come fine astratto in sé. È vuoto di contenuto in due sensi. Da una parte, non è orientata alle qualità, cioè al contenuto, bensì alla quantità, ossia, astrattamente, alla moltiplicazione. Gli oggetti del mondo non sono riconosciuti a partire dalla loro qualità, ma solo come materiale per la valorizzazione del capitale. In secondo luogo, con la crisi di valorizzazione - che non può più essere superata nell'immanenza - avviene che l'astratto e irrazionale fine in sé stesso dell'aumento del capitale/moneta fine a sé stesso si esaurisca nel vuoto. Robert Kurz ne vede il suo potenziale di annientamento nell'impossibilità di risolvere il problema esistente della «contraddizione tra il vuoto metafisico e l''obbligo di rappresentazione del valore nel mondo sensibile» ... «Ne scaturisce un duplice potenziale distruttivo: uno 'comune', per così dire quotidiano, che risulta sempre dal processo di riproduzione del capitale, e uno finale, per così dire, xhe avviene quando il 'processo di esteriorizzazione' si scontra con i limiti assoluti».[*17]
3. La naturalizzazione della storia - che Benjamin vide nella selezione dei forti tra i deboli -  assume tratti annichilenti man mano che la crisi progredisce. Si imbarbarisce in una lotta social-darwiniana per la vita, che può essere domata sempre meno dai regolamenti politici. Questo fenomeno si manifesta nelle cosiddette crisi multiple, quali il crollo degli Stati, le guerre e le guerre civili, la distruzione dei mezzi di sussistenza, la migrazione e la fuga, l'escalation della violenza nella repressione statale e le barbare lotte per la sopravvivenza. La lotta è all'ultimo sangue.

III. L'attuale momento di pericolo: annientamento del mondo e auto-annientamento
Un attuale «momento di pericolo» è probabilmente quello della guerra in Ucraina.[*18] In essa baluginano le guerre dell'ordine mondiale, le quali si combattono principalmente nelle regioni in cui gli Stati stanno crollando. In questa guerra diventa chiaro che le cosiddette grandi potenze, con le armi nucleari di annientamento, sono anch'esse coinvolte nei processi di disgregazione capitalistica. Stanno lottando per la loro autoaffermazione nei processi di decadenza. Questa lotta è inutile, anche perché non c'è alcuna prospettiva che intervenga un nuovo regime di accumulazione che possa servire come base per un nuovo "ordine mondiale" egemonico.[*19] Allo stesso tempo, gli individui isolati, senza alcun sostegno o guida, sono spinti a una lotta competitiva per l'autoaffermazione. Sotto la pressione di un'auto-ottimizzazione permanente e senza fine, si tratta di  raggiungere, sotto la propria responsabilità una auto-sottomissione. Qui l'«autoreferenzialità della forma metafisica vuota» [*20] non rimane esterna ai soggetti. Al contrario, essi sono costretti a elaborare in questo modo i processi di crisi cui sono esposti. Queste lotte sono anche tanto più inutili quanto più il lavoro, in quanto base della capacità individuale di azione e dell'autocoscienza autonoma, si disintegra. Come ultima promessa di grandezza auto-efficace si nasconde la disposizione all'auto-annientamento e all'annientamento del mondo. Si offre come una possibilità per mostrare grandezza e dimostrare potere nell'annientamento. Anche a livello sociale, l'amore è a portata di mano. Robert Kurz ha accennato a questo quando ha scritto: «Il concetto di amok democratico ... può benissimo essere preso alla lettera, in termini di azione militare. … Più la situazione mondiale diventa insostenibile e pericolosa, più l'aspetto militare prende il sopravvento e meno imbarazzante diventa l'imbarazzo di ricorrere alla violenza  ad alta tecnologia su larga scala, senza nemmeno porsi grandi domande».[*21] Il "mondo disobbediente" (ivi) e il "carattere elusivo dei problemi" (ivi) possono mobilitare una «furia diffusa di annientamento» (ivi).

IV. La questione di cosa si debba salvare
Nel «momento del pericolo» che Benjamin riconosce nell'imminente fascismo e nella guerra, la questione di che cosa ci potrebbe salvare dal flusso catastrofico del tempo vuoto e omogeneo, nel continuum del progresso capitalistico, diventa pressante. Per Benjamin, la possibilità di salvezza dipende dalla possibilità di interrompere il flusso vuoto e omogeneo del tempo e di spezzare il «continuum della storia».[*22] Ciò va di pari passo con il rifiuto di dimenticare e di ignorare ciò che il tempo vuoto ha superato, cioè i «nomi delle generazioni dei vinti».[*23] L'«immagine dialettica» che emerge nel momento del pericolo e che mira a una «cesura nel movimento del pensiero» [*24], una "dialettica paralizzata" (ivi). Essa permette alla «dialettica della storia» di poter «affrontare» la costellazione dei pericoli, e di «seguirne l'evoluzione nel pensiero», e di «evitarli» «in qualsiasi momento e rapidamente». [*25] L'immagine dialettica non prepara la strada a una transizione dolce, a una trasformazione graduale in qualcosa di nuovo, ma si scarica in un «cuneo» [*26] che, nel corso della catastrofe, causa un'interruzione del «sempre uguale». Nell'attuale "momento di pericolo", la tendenza all'annientamento del mondo e all'auto-annientamento, diventa leggibile. Il Dio, o il feticcio nascosto nel corso del capitalismo, diventa riconoscibile all'apice della crisi. Bisognerebbe rompere con esso, cioè con le categorie che costituiscono il capitalismo: con il valore e la dissociazione al livello più astratto, così come con la sua mediazione nel denaro, in quanto espressione più astratta della vacuità del processo capitalistico di valorizzazione del capitale, con la sua incorporazione nelle polarità del mercato e dello Stato, dell'economia e della politica, con la materia e con l'Illuminismo... Ciò implica un'obiezione alle tendenze sociali che vedono una via d'uscita dalla crisi del capitalismo nell'alimentare la lotta social-darwiniana per l'esistenza, compresa la selezione dei vincitori e dei vinti. Questa lotta non può più "finire nel nulla" e perciò può portare solo all'annientamento.

- Herbert Böttcher - 2023/2024 - fonte: http://www.exit-online.org/

Note

1. Walter Benjamin, Das Passagen-Werk. Gesammelte Schriften. V/1. Francoforte a. M. 2015, p. 592. Trad. Port.: Passagens, São Paulo, 2006.

2. Walter Benjamin, Abhandlungen. Gesammelte Schriften. Bd. I/3 [Saggi, Opere complete, Liv I, 3]. Francoforte a. M. 2015, p. 578.

3. Walter Benjamin, Über den Begriff der Geschichte. A: Abhandlungen. Gesammelte Schriften. Bd. I/2. Francoforte a. M. 2015, p. 691-704; 695. Sul concetto di storia, online: http://guy-debord.blogspot.com/2009/06/water-benjamin.html

4. Ivi, p. 701.

5. Benjamin, Abhandlungen, p. 1243.

6. Vedi Robert Kurz, Schwarzbuch Kapitalismus. Ein Abgesang auf die Marktwirtschaft. Francoforte a. M. 2009, p. 293-349. Trad. Il libro nero del capitalismo, online: http://www.obeco-online.org/o_livro__do_capitalismo_robert_kurz.pdf, p. 202 e seguenti.

7. Karl Marx, Il Capitale. Kritik der politischen Ökonomie. Erster Band. Marx-Engels-Werke. Bd. 23. Berlino 1984, p. 86. Trad. Porto: O Capitale. Crítica da economia política, Livro I, tomo 1, Nova Cultural São Paulo, 1996, p. 187.

8. Vedi José Antonio Zamora, "Schuld – Schicksal – Mythos [Colpa – Fato – Mito]". In: Kapitalismus. Kult einer tödlichen Verschuldung [Capitalismo. Culto di una colpa mortale], hg. v. Kuno Füssel / Michael Ramminger. Münster 2022, 255–275; 266.

9. Vedi Walter Benjamin, "Kapitalismus als Religion". In: Fragmente. Autobiographische Schriften. Gesammelte Schriften. Bd. VI, Francoforte a. M. 1991, p. 100-103; 100. Trad. Il capitalismo come religione, Online: http://www.ciencialit.letras.ufrj.br/garrafa/garrafa23/janderdemelo_capitalismocomo.pdf

10. Karl Marx, Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie. Marx-Engels-Werke. Bd. 42. Berlino 1984, p. 196. Trad. Grundrisse, Boitempo, São Paulo, 2011, p. 332.

11. José Antonio Zamora, "Gedanken zur Gottes- und Zeitfrage" [Riflessioni sulla questione di Dio e del tempo], in: Philipp Geitzhaus und Michael Ramminger (Hg.), Gott in Zeit. Zur Kritik der postpolitischen Theologie [Dio nel tempo. Verso la critica della teologia post-politica". Münster 2018, p. 211-216; 215.

12. Marx, Capitale, p. 601.

13. Marx, Grundrisse, p. 189 [1996, 293].

14. Benjamin, "Kapitalismus als Religion", p. 100.

15. Ivi, p. 101.

16. Vedi Ibidem.

17. Robert Kurz, Weltordnungskrieg. Das Ende der Souveränität und die Wandlungen des Imperiums im Zeitalter der Globalisierung. Primavera 2021, p. 69 e seguenti. La guerra dell'ordine mondiale. La fine della sovranità e le metamorfosi dell'imperialismo nell'era della globalizzazione, online: http://www.obeco-online.org/a_guerra_de_ordenamento_mundial_robert_kurz.pdf, p. 47.

18. Benjamin, Abhandlungen, p. 1243.

19. Vedi Tomasz Konicz, "Cina. Mehrfachkrise statt Hegemonie. Wieso die staatskapitalistische Volksrepublik nicht in der Lage sein wird, die USA als Hegemonialmacht zu beerben". In: Netz-Telegramm. Informationen des Ökumenischen Netzes Rhein Mosel Saar, Oktober 2022, p. 1–7. Trad. Cina: crisi multiple invece di egemonia. Perché la Repubblica Popolare a capitalismo di Stato non erediterà il potere egemonico degli Stati Uniti, online: http://www.obeco-online.org/tomasz_konicz32.htm

20. Kurz, Weltordnungskrieg, p. 69 [47]).

21. Ivi, p. 429 [290].

22. Benjamin, Über den Begriff der Geschichte, p. 701.

23. Ivi, p. 700.

24. Ivi, p. 695.

25. Benjamin, Passagen-Werk, p. 595.

26. Ivi, p. 703.

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