lunedì 26 maggio 2025

La Caduta del Dollaro ?!!???

Trump di fronte alla barriera interna del Capitale
- La reindustrializzazione degli USA, che Trump vuole imporre attraverso il suo protezionismo, è ostacolata dalle tendenze all'automazione nell'industria -
- di Tomasz Konicz [***] -

Che cosa vuole Donald Trump? È dal cosiddetto “Giorno della Liberazione” - dall’inizio di Aprile, allorché i populisti di destra annunciarono l’introduzione di tariffe doganali globali per quasi tutto il mondo tardo capitalista - che le disposizioni specifiche, le aliquote tariffarie e le esenzioni di Washington stanno continuando a cambiare, quasi ogni settimana. L'incertezza economica provocata dal protezionismo di Trump, viene considerata dagli economisti come un fattore importante che, negli Stati Uniti, potrebbe contribuire a un rallentamento economico, se non addirittura a una recessione. Le aziende e le società non riescono più a fare dei calcoli affidabili, i flussi commerciali tra Stati Uniti e Cina sono ormai in gran parte bloccati, e i colli di bottiglia relativi all'approvvigionamento negli Stati Uniti sono diventati quasi inevitabili, e questo malgrado il recente continuo rinvio della guerra commerciale trans-pacifica.
    Come prima cosa, Donald Trump vorrebbe recuperare i circa sette milioni di posti di lavoro dell'industria. È da oltre 40 anni che l'occupazione nel settore industriale degli Stati Uniti è in calo [*1], ed è passata dall'avere poco meno di 20 milioni di lavoratori industriali, nel 1978, a poco meno di 13 milioni nel 2023. Tra il 2002 e il 2022, il numero di stabilimenti industriali negli Stati Uniti è diminuito di 45.000 unità, registrando in vent'anni un calo di circa il 14% . [*2]  Negli Stati Uniti, è stata questa deindustrializzazione che ha portato alla disgregazione sociale, e che a sua volta ha portato Trump al potere; oggi, la Casa Bianca deve affrontare questa miseria, proprio perché l'amministrazione Trump, sempre più autoritaria, difficilmente può permettersi di venire destituita dall'incarico senza che finisca in prigione a causa delle sue molteplici ed evidenti violazioni della legge. Negli U.S.A., il consolidamento di un regime autoritario può essere ottenuto solo immobilizzando socialmente degli ampi strati della popolazione, in maniera simile a quanto Putin è riuscito a fare in Russia. La cosa, visto da una ristretta prospettiva nazionale, mostra quanto i nessi siano chiari: la deindustrializzazione degli Stati Uniti è andata di pari passo con lo svilupparsi degli enormi deficit commerciali con la Cina, e con  l'Europa tedesca, nell'era della globalizzazione. Lo scorso anno, gli Stati Uniti hanno registrato un nuovo deficit record di 1.211 miliardi di dollari, [*3] un valore che è di gran lunga superiore ai picchi  che sono stati registrati nel corso dello scoppio della bolla immobiliare statunitense del 2006 (786 miliardi di dollari), e nel periodo post-COVID del 2022 (971 miliardi di dollari). [*4] L'anno scorso, gli USA hanno registrato un deficit di 295 miliardi di dollari solo con la Repubblica Popolare Cinese [*5] ,e uno di 235 miliardi di dollari con l'Unione Europea, dei quali 84 ​​miliardi di dollari sono attribuibili alla sola Repubblica Federale di Germania. [*6] Le eccedenza commerciali vengono utilizzate per poter così esportare la deindustrializzazione e l'indebitamento, tutte cose che, al culmine della globalizzazione, hanno anche servito da fulcro per il modello economico tedesco del "beggar-thy-neighbour". Questa correlazione si riflette anche su quella che è la quota della produzione industriale rispetto al PIL totale, [*7] che nel 2023 , in Cina è stato pari a circa il 26%, in Germania al 18,5%, e negli USA solo al 10% circa (quando negli anni '70 era poco meno del 25%). [*8]

   Abbiamo pertanto a che fare con una grave frode, come sostiene l'amministrazione Trump, per legittimare il suo protezionismo?
Il rapporto tra la perdita di posti di lavoro che c'è stata nel settore industriale, e la produzione effettiva dell'industria statunitense, dimostra chiaramente che a portare alla deindustrializzazione degli USA sono stati soprattutto gli aumenti di produttività indotti dalla concorrenza. Tra il 1980 e il 2000, in quello stesso periodo in cui la forza lavoro nell'industria degli Stati Uniti è scesa da poco meno di 19 milioni a 17 milioni, [*9] la produzione industriale statunitense è pressoché raddoppiata (dati percentuali della Federal Reserve, svolti sui prezzi corretti per l'inflazione del 2017). [*10] L'aumento della produzione industriale, seguita al calo dell'occupazione nel settore industriale, è un'espressione della spinta alla razionalizzazione della produzione di merci, attuata grazie alla rivoluzione informatica, in atto a partire dagli anni '80, ed è la conseguenza, empiricamente verificabile, di quali sono le barriere interne del Capitale: la tendenza - mediata dalla concorrenza - che ha il processo di valorizzazione capitalistico a liberarsi della propria sostanza, vale a dire, di fare sempre più a meno, nella produzione di merci, del lavoro che crea valore. Pertanto, nel XXI secolo, nel momento in cui la forza lavoro industriale degli Stati Uniti si è ridotta drasticamente (da 17 a poco meno di 13 milioni), la produzione effettuata da questa forza lavoro industriale in calo è rimasta stagnante, [*11] senza che ci fosse un corrispondente declino (i crolli della produzione industriale legati alla crisi, nel 2009 e nel 2020, si sono rapidamente invertiti). Inoltre, secondo la National Association of Manufacturers [*12], negli Stati Uniti, nel 2024 il plusvalore ammonterà a circa 2,93 trilioni di dollari (nel 2010 era poco meno di 1,8 trilioni, nel 1997 solo 1,38 trilioni), [*13] e paradossalmente si vedranno gli Stati Uniti crescere soprattutto nel commercio estero. Negli ultimi due decenni, le esportazioni manifatturiere sono più che raddoppiate, passando da 622,3 miliardi nel 2002 a 1,63 trilioni nel 2024.

   Che cos'è allora che infastidisce Trump e i suoi sostenitori?
Ebbene, nello stesso periodo – l'apogeo della globalizzazione – il volume del commercio mondiale è più che triplicato: da 4,9 trilioni di dollari nel 2000, a 9,8 trilioni di dollari nel 2010, per arrivare nel 2023 fino a 15,7 trilioni di dollari. La quota degli Stati Uniti, in tutto questo commercio mondiale, è quindi diminuita, scendendo al 7,9%, nel 2023. Anche le tendenze opposte nella produzione capitalista di merci - la quale non prevede ci potranno essere dei nuovi campi di sfruttamento ad alta intensità di manodopera - sono state percepite e affrontate dalla politica monetaria statunitense. Già nel 2014 la Federal Reserve statunitense aveva rilevato [*14] che la produzione industriale negli Stati Uniti continuava a crescere (a parte quei cali di breve periodo legati alle crisi), mentre l’occupazione invece no, ragion per cui «la crescita industriale non è sinonimo di crescita dei posti di lavoro nell’industria». Come spiegazione per tutto questo, la Fed ha offerto  la “crescita della produttività”, e insieme a essa uno spostamento dell’attenzione settoriale verso “computer & elettronica”.  Pertanto, le politiche protezionistiche di Trump sembrano fallire a causa dei limiti interni del Capitale, sempre più evidenti, e dell'incessante erosione di quella che è la massa di lavoro che viene impiegata nella produzione di merci; erosione causata dalla razionalizzazione prodotta dalla concorrenza (l'idea secondo cui il capitalismo potesse essere riprodotto sotto forma di un'economia di servizi, guidata dal mercato finanziario, era già stata ridicolizzata nel 2008). Tutto questo appare particolarmente evidente se si guarda agli sviluppi in Cina, laddove il protezionismo di Trump ritiene di poter recuperare i suoi posti di lavoro perduti nell'industria. Perfino nell'Officina del Capitalismo di Stato Mondiale - che deve la sua ascesa economica a un esercito di milioni di lavoratori a basso costo che vengono sfruttati senza pietà -  le tendenze all'automazione si stanno anche lì diffondendo sempre più rapidamente. Ora, la Cina è ormai leader mondiale nell'installazione di robot industriali. Nel 2023, la Repubblica Popolare aveva già superato Giappone e Germania in termini di automazione della produzione di beni: 470 robot industriali ogni 10.000 salariati erano in uso in Cina, rispetto ai 419 della Germania e ai 429 del Giappone.[*15] L'impulso di questa spinta all'automazione è vertiginoso: nel 2023, nella Repubblica Popolare Cinese sono stati messi in funzione più del doppio dei robot rispetto che troviamo nei successivi cinque paesi industrializzati, messi tutt'insieme. Nel 2023, oltre il 50% della domanda globale di robot era rappresentata proprio dalle officine automatizzate nel mondo. [*16] Nel frattempo, le previsioni indicano che la Repubblica Popolare diventerà il centro della robotica: quest'anno si prevede che più della metà della produzione di robot umanoidi avrà sede lì. [*17] Ed è proprio il protezionismo di Trump che, negli Stati Uniti, sta spingendo ulteriormente il Capitale verso l'automazione del "reshoring". Secondo il fornitore di servizi di automazione statunitense, Formic, specializzato nel leasing di robot industriali, l'incertezza generale causata dalle controversie commerciali ha portato, all'inizio del 2025, a un aumento del 17% nell'impiego di robot. I nuovi accordi industriali che il capriccioso regime tariffario di Trump intende provocare, verrebbero oltretutto realizzati a un livello di produttività globalmente accettato, il che comporterebbe un elevato grado di automazione. In particolare, i produttori cinesi di robotica potrebbero qui trovare nuove opportunità di mercato. La folle idea di Trump, secondo la quale milioni di lavoratori salariati americani avrebbero prodotto manualmente smartphone, sta diventando obsoleta persino in Cina, proprio a causa del rapido progresso dell'automazione.

   In ultima analisi, anche le fantasie di Trump sul "reshoring" sono solo dei calcoli ingenui che ignorano il legame esistente tra il calo della produzione industriale che langue e l'inflazione sui gonfiati mercati finanziari globali. La produzione industriale globale iper-produttiva, soprattutto in Cina, dipendeva da un'economia globale in deficit - con gli Stati Uniti al centro dei cicli del deficit - nella quale,  a partire dagli anni '80, il debito globale cresceva più rapidamente della produzione economica globale. Ed è proprio questa economia in deficit, realizzata attraverso la crescente formazione di bolle finanziarie, a essere scomparsa, dopo la forte impennata dell'inflazione del 2020, allorché le banche centrali hanno dovuto frenare la loro politica monetaria espansiva. Secondo il FMI, tra il 2021 e il 2023 il debito globale è diminuito, [*18] e attraverso i cicli di Deficit questo contribuisce al rallentamento economico globale, all'ampliamento del deficit degli Stati Uniti e alla crescente destabilizzazione dell'economia mondiale globalizzata. Il comportamento erratico e contraddittorio della Casa Bianca, menzionato all'inizio, è soprattutto espressione di questa contraddizione: il deficit commerciale degli Stati Uniti sta esplodendo perché i suoi partner commerciali devono fare sempre più  affidamento sulle esportazioni, a causa della crisi economica, mentre le misure protezionistiche di Trump mettono a repentaglio la posizione del Dollaro in quanto valuta leader a livello mondiale, e provocano turbolenze sui mercati obbligazionari statunitensi. Con la sua svolta protezionistica, Trump si aspettava delle turbolenze; motivo per cui ha voluto avviarla subito dopo il suo insediamento. Ma a costringerlo a correggere la rotta, è stato il rapido aumento dei tassi di interesse sui titoli di Stato statunitensi. Nel frattempo, i partner commerciali degli Stati Uniti - come il Giappone - ora,  nel corso delle negoziazioni, minacciano di svendere i titoli di Stato americani. [*19] Nella guerra commerciale questo equivale,  per così dire, all'opzione nucleare, cosa che rende evidente anche la situazione assurda della produzione di merci tardo-capitalistica, le cui eccedenze di produzione vengono ora esportati negli USA, che così ora possono indebitarsi ulteriormente e in quella che è la valuta di riserva mondiale, che è misura del valore di tutte le merci..

- Tomasz Konicz [***]  - Pubblicato il  26 maggio 2025 su Tomasz Konicz.Wertkritik, Krise, Antifa -

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NOTE:

1 https://www.bls.gov/opub/btn/volume-9/forty-years-of-falling-manufacturing-employment.htm

2 https://www.visualcapitalist.com/the-decline-of-u-s-manufacturing-by-sector/

3 https://www.bea.gov/news/2025/us-international-trade-goods-and-services-december-and-annual-2024

4 https://www.macrotrends.net/global-metrics/countries/USA/united-states/trade-balance-deficit

5 https://ustr.gov/countries-regions/china-mongolia-taiwan/peoples-republic-china

6 https://www.fool.com/research/us-trade-balance/

7 https://ourworldindata.org/grapher/manufacturing-value-added-to-gdp

8 https://fred.stlouisfed.org/series/USAPEFANA

9 https://fred.stlouisfed.org/series/MANEMP

10 https://fred.stlouisfed.org/series/IPMAN

11 https://fred.stlouisfed.org/series/OUTMS

12 https://nam.org/mfgdata/facts-about-manufacturing-expanded/

13 https://www.macrotrends.net/global-metrics/countries/USA/united-states/manufacturing-output

14 https://fredblog.stlouisfed.org/2014/12/manufacturing-is-growing-even-when-manufacturing-jobs-are-not/

15 https://archive.ph/bL8tt#selection-1101.15-1101.47

16 https://ifr.org/downloads/press2018/2024-SEP-24_IFR_press_release_World_Robotics_2024_-_China.pdf

17 https://www.asiamanufacturingreview.com/news/china-to-manufacture-half-of-world-s-humanoid-robots-by-2025-nwid-1613.html

18 https://www.imf.org/en/Blogs/Articles/2024/12/02/persistent-fall-in-private-borrowing-brings-global-debt-down

19 https://thediplomat.com/2025/05/how-japans-1-1-trillion-in-us-treasuries-became-a-strategic-lever-in-the-new-tariff-war/

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