martedì 6 maggio 2025

Alla ricerca del Lavoro perduto… ?!!???

Quando il capitale (la Logica) passa a essere di Second'Ordine
- di Alain Le Comte -

Il capitalismo sta davvero collassando, così come è stato a lungo previsto dai sostenitori della Critica del Valore? Oppure questo è solo un altro nuovo episodio, in attesa di una ripresa e di una continuazione fino alla prossima volta, come la maggior parte dei commentatori politici e degli economisti vorrebbe farci credere? Così tanto sembra difficile, se non impossibile, concepire l'idea stessa della fine del capitalismo! E soprattutto, gli è che si vorrebbe davvero scongiurare una simile eventualità, con tutti i mezzi. Mi limito qui a ricordare come l'originalità della tendenza della "Critica del Valore", che viene associata ai nomi di Moishe Postone, di Robert Kurz, di Roswitha Scholz, di Anselm Jappe e altri risiede - rispetto al marxismo - nell'ammissione chiara e diretta che, se il capitalismo è davvero destinato a crollare, per ragioni sia interne (il famoso "limite interno", che consiste nell'inesorabile perdita di "valore") che esterne (il "limite esterno", costituito dalle devastazioni causate dal sovrasfruttamento del pianeta), non è che per questo si sia necessariamente destinati a realizzare una società più giusta, più bella e più felice. Vale a dire che la cosa non si tradurrà necessariamente nel "trionfo" di una classe sociale, anche se si trattasse di una "classe operaia", la cui missione – grazie al dominio egemonico - avrebbe dovuto essere quella di realizzare d'ora in poi e fino alla fine dei tempi una.. Società senza classi (nientemeno). Ma non siamo più bambini e non crediamo più al Babbo Natale della lotta di classe. E ci troviamo di fronte a un disordine agonizzante. E così,  da un lato, ci accontenteremmo anche solo della scomparsa di un regime socio-politico che è stato responsabile del dramma vissuto da quasi ogni essere umano; un dramma che consiste nel condannare per tutta la vita a un lavoro che non ha altro scopo se non quello di accumulare valore astratto (incarnato dal denaro), senza nessuna considerazione per quella che dovrebbe essere invece l'attrattiva principale di un lavoro: la sua ricchezza intrinseca, la felicità che solo essa porta, il desiderio di realizzarsi come soggetto libero; mentre, dall’altro lato, siamo terribilmente consapevoli che una tale scomparsa avverrà solo nel dolore più estremo: la miseria, la disoccupazione, la carestia, la guerra. Ma visto che ovviamente non siamo pronti per una simile eventualità... Forse solo qualche zadista d'avanguardia, o qualche zapatista troppo lontano da noi, ha previsto questa evoluzione. Per quanto ci riguarda, stiamo appena iniziando a pensare che sarebbe bene affittare un appezzamento di terreno in un angolo di campagna per coltivare due o tre piante di patate, e qualche insalata... Ma sapremmo come farlo? Dovremmo iniziare subito? Ma fatto sta che siamo incorreggibilmente pigri... Ma come siamo arrivati a questo? Rimango sospettoso nei confronti del discorso degli "economisti" [*1] (sia che essi siano inorriditi, o empiristi, o premi Nobel o editori di Les Echos), e continuo ancora una volta a fare riferimento alle tesi difese dal CDV – già, la "Critica del Valore", a volte abbellita anche usando il termine giustapposto di "Dissociazione" – e ora, in questo caso, mi riferisco a  un recente libro pubblicato da Editions Crise & Critique (decisamente, "loro" sono attivi, peccato che abbiano così poco pubblico), e firmato da due nomi:  Ernst Lohoff e Norbert Trenkle: La Grande Svalorizzazione.

Come ora sappiamo, con la fine del periodo assai spesso chiamato "fordista", la vecchia formula, secondo cui il valore astratto veniva guadagnato grazie all'esecuzione del ciclo delle merci, aveva esaurito la sua forza. Questo ciclo passava attraverso una fase della produzione durante la quale era intervenuta una particolare merce, l'unica in grado di aumentarne il valore: la forza-lavoro. Ragion per cui da D che rappresentava una certa somma di denaro spesa per ottenere le materie prime necessarie alla fabbricazione, si poteva passare a D', una somma di denaro più alta. Con la costante diminuzione del ruolo di questa forza lavoro nel processo produttivo, dovuta agli aumenti di produttività legati allo sviluppo di tecniche e tecnologie, si è assistito invece a un calo del (plus)valore, e così il capitalismo si è trovato in crisi. Ben presto il capitale non poté più essere valorizzato a sufficienza da renderlo utile. Era necessario innestare su questo meccanismo un altro meccanismo che forse – oh miracolo! – poteva fare a meno del lavoro, anche di quello astratto, per produrre ancora valore. E così, in altre parole, invece di passare da D a D' attraverso la produzione effettiva di una merce M, avremmo forse potuto andare direttamente da D a D'... senza intermediari di merci! Aumentare la quantità di denaro senza fare nulla... Sembra strano, persino sospetto. Forse in realtà si trattava di una nuova forma derivata dalla vecchia nozione di merce. Come se si trattasse di una sorta di meta-merce, se vogliamo, che avrebbe anch’essa un suo valore d'uso... il valore di scambio delle merci ordinarie, e che inoltre avrebbe come intermediario – per mezzo del quale il valore potrebbe essere aumentato - non il lavoro svolto, bensì il lavoro ... a venire (quindi l'astrazione di un'astrazione). In altre parole, il capitale veniva valorizzato sulla base di quelle  merci che non erano ancora state prodotte, ma che però sarebbero state prodotte in seguito; o almeno così veniva assicurato, però senza alcuna prova che la cosa sarebbe avvenuta! Ma lo sapevamo già: eravamo già abituati ad anticipare la produzione, a prendere in prestito denaro per acquisire le quantità (D) necessarie per la fabbricazione, dato che questa fabbricazione diventava sempre più costosa, e nessuno aveva abbastanza denaro per avviarla. Ma tutti questi gesti: prendere in prestito, prestare, anticipare, restituire... descrivevano un'attività globale che consisteva nell'avviare una produzione di beni, ma che non erano però ancora incorporati nell'attività stessa.

È stato quando hanno cominciato a diventare di grande importanza, che l'attenzione si è concentrata su di essi, e il compito di gestire simili quantità di valore astratto ha cominciato a essere considerato esso stesso un processo, forse addirittura interferente con il primo, ma alla fine è stato quello che è diventato il più importante: e così è stata prodotta una merce, ma una merce fittizia. Simile allo spettro di una merce, la quale esiste solo in una sorta di limbo (dal momento che il lavoro per produrla non c'è, continua a rimanere nel futuro). Ma questo spettro viene tuttavia ben commercializzato: si tratta dei titoli, delle obbligazioni e delle azioni del sistema bancario. Lohoff e Trenkle li definiscono come merci di second'ordine. Grazie a esse, assistiamo a una generalizzazione della nozione di merce: accanto ai beni prodotti, che hanno un particolare valore d'uso, un indumento per vestire, una bibita per la sete, e prima c'era anche una merce-forza-lavoro, il cui valore d'uso risiedeva solo «nella sua capacità, quando viene usata, di produrre più valore di quanto fosse necessario per la sua propria riproduzione». E questa è davvero un tipo di merce assai lontana dalla concretezza dei beni necessari. Ecco che così, allora il capitale stesso, nella sua forma di denaro, si è trasformato in una merce: «Mentre l'onni-merce incarnava il valore effettivo, in quanto risultato del lavoro privato del passato, i titoli di proprietà incarnavano invece un'anticipazione del valore futuro [...] per chiarire che il denaro-capitale può diventare una merce solo sulla base della produzione generalizzata di ricchezza astratta, e per insistere sulla differenza tra di essa e le merci circolanti sul mercato delle merci e del lavoro. I membri di questa classe di merci verranno successivamente indicati come delle merci derivate, o più precisamente come merci di second'ordine. Esse hanno in comune con la merce-forza-lavoro il fatto che il loro valore d'uso è anch'esso al di fuori del dominio sensibile-materiale. Ma con loro, il distacco dal mondo sensibile-materiale va assai oltre. Infatti, a differenza delle merci che circolano sul mercato delle merci, che in questo contesto dovrebbero essere qualificati come beni di prim'ordine, i beni di second'ordine sono privi di qualsiasi componente materiale-tangibile.»

  Quando l'ho letto, sono rimasto colpito, perché tutto questo mi ha stranamente ricordato il mio campo preferito: la logica. Poiché anche nella Logica non abbiamo mai smesso di vedere le cose per livelli, ma anche per livelli di linguaggio: l'oggetto-linguaggio era completato da un meta-linguaggio. Inizialmente, il meta-linguaggio era l'insieme delle operazioni impegnate a parlare del linguaggio degli oggetti. Molto rapidamente, volevamo integrare il metalinguaggio nel linguaggio, ma poi avevamo bisogno di un meta-meta-linguaggio e così via. Tutto questo ha dato origine a dei linguaggi logici sempre più complessi, con oggetti di ordine 1, ordine 2 ecc.; ma per riuscire a manipolare tutte queste entità si è reso necessario inventare dei sistemi assai sottili, in modo da riuscire a evitare l'esistenza di paradossi (Burali-Forti per esempio). Nel campo del valore, ci sono ovviamente delle grandi differenze rispetto a questa situazione, anche se troveremo necessariamente delle contraddizioni, se non dei paradossi. Una domanda che sorge spontanea quando guardiamo ai fondamenti dell'approccio logico è questa: dal momento che una dimostrazione è stata prodotta per un risultato, cosa prova che essa sia davvero una dimostrazione? Non sarebbe necessario avere una prova della prova? Ma allora perché non una prova della prova della prova? E così via. Se cadessimo in questa trappola, non finiremmo mai: vedi qui il famoso paradosso di Achille e la tartaruga rivisto da Lewis Carroll. In realtà dobbiamo vedere la teoria della prova in modo diverso. Criteri diversi dalla dimostrazione da costruire (in un sistema che sarebbe poi un meta-sistema rispetto a quello dove è stata fatta la prima dimostrazione) possono esistere, esistono. Supponiamo, ad esempio, che fosse sufficiente contare i tipi di nodi che ci sono in una rete, e vedere se essi soddisfano questa o quella formula (quella di Eulero per esempio), ecco che allora avremmo un "criterio" che verrebbe espresso in modo assai diverso da una dimostrazione, ma che sarebbe però una solida base per la correttezza della dimostrazione [*2].

   Nel campo del valore, speculiamo in modo diverso. Ciò che nella logica ci appariva come una trappola da evitare, qui è diventato ora una sorta di modo di esistere. Si deve costantemente dimostrare che il valore (d'uso) del valore (di scambio) è esso stesso un valore (di scambio) per poter continuare il processo. E questo va avanti all'infinito, fino a quando ci si rende conto che non è possibile avere valore senza che ad un certo punto appaia una prova inconfutabile del valore, sotto forma di attuazione concreta di un fondamento, vale a dire... un Lavoro che sia stato effettivamente realizzato. Quando ci rendiamo conto di questo, possiamo avere due atteggiamenti: un atteggiamento flemmatico che consiste nel dire a noi stessi che questa è la vita e che un giorno o l'altro «cancelleremo i debiti» [*3], oppure un atteggiamento folle, che poi corrisponde a quello di Trump oggi, il quale crede di poter tornare alle origini, in modo da tirare così fuori dal nulla un Lavoro, come avveniva ai bei tempi della prima epoca capitalistica; e che poi sarebbe stato finalmente quel lavoro che avrebbe potuto essere anticipato quando fossero stati emessi dei titoli, dei prestiti, delle azioni e delle obbligazioni, mettendo così fine al debito… Solo che... questo Lavoro futuro che doveva garantire la merce di second'ordine... semplicemente non esiste. Il processo è stato inventato proprio perché non potesse esistere, poiché se esistesse bisognerebbe tornare completamente indietro, riavvolgere la bobina e così tornare a un punto di partenza, dove nulla esiste come prima: nel particolare, c'è una massa di nuove tecnologie, le quali sono state esse stesse all'origine della scomparsa del valore, e di cui il capitalismo oggi non potrebbe fare a meno. Dopo "Drill, baby, drill" [*N.d.T. : La ricetta di Trump in tema di energia], veniamo trascinati nella ricerca del Lavoro perduto,  per mezzo di barriere doganali, per costringere le aziende mondiali a investire negli Stati Uniti, a costruirci vere fabbriche con la fantasia e costruire il "vero" "capitalismo in un solo paese" (dopo il socialismo in un solo paese caro a Stalin), Ma non c'è niente che serva, niente lo farà: tutto collasserà.

- Alain Le Comte - Pubblicato il 15/4/ 2025 su Rumeur d'espace -

NOTE:

1 - Sì, sono sospettoso, perché 1) so che l'economia non è una scienza, tanto meno una scienza empirica, e 2) mi sembra ovvio che gli editorialisti siano tutt'altro che neutrali, e ognuno di loro abbia il proprio pezzo di torta da difendere, che si tratti dei propri investimenti in borsa o di una posizione stabile in un establishment avido delle loro opinioni. Come in passato i re che erano affezionati alle divinazioni profuse dai loro maghi e veggenti di ogni tipo.

2 -  Questo è il percorso intrapreso da Jean-Yves Girard, basato sulla logica lineare grazie alla nozione di rete di dimostrazioni.

3 -  Va notato che questa visione è molto diversa da quella di Robert Kurz, il quale, per esempio, non la prevede: l'evoluzione porta a un vero e proprio collasso, vale a dire alla fine del capitalismo. Quando parliamo di questa "continuazione silenziosa", ovviamente sottintendiamo che questa fine potrebbe non essere per domani, il che causa, come si poteva intuire, una potenziale scissione.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Complimenti Franco, pubblichi sempre dei bellissimi articoli, originali e utili. Non ce ne sono molti così in Italia.
Grazie
Franco Trondoli

BlackBlog francosenia ha detto...

ti ringrazio Franco. Faccio quel che posso, leggendo, scegliendo e traducendo aiutato dagli strumenti che ci sono. Sono lieto che ci sia chi apprezza. Grazie.

Franco

Anonimo ha detto...

Grazie mille a te Caro Franco.
Un Abbraccio
Franco Trondoli