martedì 25 giugno 2024

Una sorta di essere umano senziente…

«Esiste una presenza, nell’oceano, che raramente cogli nelle ore di veglia, e che visualizzi meglio nei sogni. Mentre scivoli nel sonno, le tartarughe cavalcano la curva degli abissi, cercando respiro in superficie e ispirazione dal cielo». Fin dal rapinoso incipit melvilliano, il libro che Carl Safina ha dedicato alle tartarughe, osservandole e studiandole per anni in ogni mare e oceano, si rivela molto più di un trattato biologico-etologico. È una lunga, serrata narrazione visionaria, dove sin dalle prime pagine emerge una protagonista indiscussa, vera guida del viaggio: la Tartaruga Liuto, a un tempo l’esemplare più grande del suo ordine (può sfiorare la tonnellata) e tra quelli più antichi sotto il profilo evolutivo, che fa di lei «l’ultimo dinosauro» sulla Terra. Seguendo «il Leviatano delle tartarughe» nei suoi vertiginosi tragitti migratori – strappi anche di sedicimila chilometri, che riflettono una distribuzione amplissima, dai mari equatoriali alle acque artico-antartiche – Safina ne descrive le sorprendenti caratteristiche: morfologiche, a partire dal guscio «molle» a mosaico; anatomiche, in particolare il complesso sistema cardiovascolare, che armonizza polmoni piccoli e un cuore gigantesco da un battito al minuto; cognitivo-comportamentali, giacché l’intricata routine della stagione riproduttiva è guidata dall’attività ormonale e da un «riuscitissimo cervello da neanche novanta grammi». E alla fine, attraverso una prosa piena di incanto – ben più potente di ogni invettiva morale –, riesce ad elevare via via la sua ricerca ad appassionato memento ecologico: basterebbero le sequenze sulle Liuto uccise dalle plastiche (scambiate per meduse) o sui loro carapaci scheggiati dai machete dei pescatori, per cogliere nella cecità ambientale del Sapiens un ritratto spietato e dolente della sua (auto)distruttività.

(dal risvolto di copertina di: Carl Safina, Il viaggio della tartaruga. Adelphi, pagg. 624, € 32)

Dalla tartaruga lezioni di umanità
- di Niccolò Scaffai -

«L'animale, vero o fantastico che sia» ha scritto Italo Calvino nella prefazione alla Storia naturale di Plinio (Il cielo, l’uomo, l’elefante, Einaudi, 1982) «ha un posto privilegiato nella dimensione dell’immaginario: appena nominato s’investe d’un potere fantasmale; diventa allegoria, simbolo, emblema». Una caratteristica della «presenza animale», descritta come figura del pensiero e del rimosso negli studi di James Hillman e di John Berger, è proprio quella di collegare l’esperienza con una proiezione mitica, di mettere in connessione il qui con un altrove fantastico o reale. Questa funzione non riguarda solo le specie più maestose e formidabili (i grandi pachidermi, il leone, l’orso, l’aquila), ma anche una creatura più antica e per certi aspetti ancora misteriosa: la tartaruga. Non a caso, è uno degli animali più spesso presenti tanto nell’araldica quanto nei racconti di fondazione e nelle cosmogonie, dall’Asia alle Americhe: nella mitologia indiana, per esempio, è proprio assumendo la forma di una tartaruga che il dio Visnu può sostenere il peso dell’universo. È probabile che la fortuna di quest’animale nell’immaginario sia legata al suo aspetto preistorico, che la rende una creatura sospesa nel tempo e nello spazio. Del resto, proprio la tartaruga è protagonista del celebre paradosso matematico di Zenone, che mette in crisi la nostra idea di distanza e di durata. È anche sulla base di questa lunga tradizione culturale che il biologo statunitense Carl Safina, tra i maggiori scrittori di scienza contemporanei, ha studiato e raccontato nel suo nuovo libro la vita della più grande fra le tartarughe, la Dermochelys coriacea(nota anche come Tartaruga Liuto per la particolare forma del suo carapace, fatto da placche ossee e diverso da quello di ogni altra specie), seguendola dalla Florida alla Costa Rica, dal Messico alla Nuova Guinea: Il viaggio della tartaruga. (trad. it. di Isabella C. Blum). Il volume esce nella collana «Animalia» di Adelphi, in cui hanno visto la luce le edizioni italiane di altri due saggi (bellissimi) di Safina, Al di là delle parole (2018) e Animali non umani (2022).

Ne Il Viaggio della tartaruga, l’osservazione scientifica s’intreccia con la capacità di suggestione che la creatura esercita, per le sue dimensioni (può superare i due metri e mezzo e sfiorare una tonnellata); per l’oscurità che avvolge alcune fasi della sua esistenza («La loro prima infanzia è a tal punto misteriosa che per decenni gli scienziati hanno fatto riferimento a questa fase della loro vita come agli “anni perduti”», spiega Safina); e soprattutto per la sua antichità: «la Tartaruga Liuto, i cui antenati videro dominio e caduta dei dinosauri, è lei stessa quanto di più vicino ci sia a un dinosauro vivente»; perciò seguire «una creatura del genere ti impone di muoverti nel tempo oltre che nello spazio». In questo – ed è un altro elemento che si aggiunge al suo fascino paradossale – quel gigante marino è una creatura-simbolo dell’Antropocene: comparsa milioni di anni prima della specie umana (dell’anthropos, appunto), ci mette in connessione con il tempo profondo a cui sempre più spesso tendono sia la ricerca scientifica sia l’immaginario contemporaneo. Ma l’infinito passato da cui emergono questi superstiti preistorici rischia di consumarsi ed esaurire ogni possibilità di continuazione, per effetto dell’alterazione degli equilibri ecologici e climatici: «Il tema – l’ammonimento – più discusso che ci viene da loro parla di forme specializzate incapaci di sopravvivere in un mondo di cambiamenti». La condizione delle spiagge dove gli animali depongono le uova e da cui prende avvio il loro viaggio, l’inquinamento dei mari (soprattutto a causa dei rifiuti di plastica che le tartarughe finiscono per ingerire) e quello luminoso, la pesca industriale, la rapida mutazione delle temperature sono tutti fattori critici, che hanno di fatto già avviato il conto alla rovescia dell’estinzione. «La fine di una specie arriva silenziosamente», scrive il biologo. Capire la relazione tra questi elementi e il loro impatto sulla vita delle Liuto è uno degli obiettivi del libro di Safina, che si rivela per questo anche un’indagine sulla conoscibilità dello spazio naturale e sul modo in cui specie così diverse per storia e forma – noi Sapiens e la Dermochelys – sono arrivate a coesistere per un tempo ancora breve ma essenziale: oggetto di venerazione e fonte di cibo, monstrume materia prima, la tartaruga ha accompagnato lo sviluppo della civiltà umana. Safina osserva come la morfologia e il comportamento delle tartarughe ci facciano provare uno straniamento che non a caso si produce spesso in presenza dei grandi fenomeni naturali e ecologici. «“Sarebbe davvero emozionante”» sapere dove vanno – commenta Scott, che accompagna Safina alla scoperta delle Liuto a Trinidad; sono in grado di fare «le cose più straordinarie» dal punto di vista della navigazione; «“le loro capacità ti lasciano di stucco. E poi capisci: la pesca al largo di Islanda e Africa può influenzare le tartarughe su questa spiaggia”. Quell’osservazione fa sembrare la Terra curiosamente piccola e al tempo stesso stranamente grande». Un analogo effetto di vertigine deriva dall’oscillazione continua fra un senso di affinità e somiglianza con l’animale («una sorta di essere umano senziente») e la coscienza di un’alterità radicale, che ha le radici proprio nell’incommensurabilità temporale e nella vastità profonda che le Liuto attraversano nel loro viaggio. A questa dialettica corrisponde quella tra mito, evocazione, racconto da un lato; scienza, analisi, mappa dall’altro; a caratterizzare il libro di Safina è proprio la compresenza di questi due livelli, indispensabili per interpretare la relazione tra l’umano e l’animale secondo i paradigmi attuali, fuori cioè da una logica separativa, cartesiana, astrattamente tassonomica e gerarchica. Safina sviluppa così una divulgazione narrativa ed empatica, partecipando, insieme ad altri personaggi, alla storia naturale che racconta: «Non possiamo imparare a diventare più simili alle tartarughe, tuttavia da loro potremmo imparare a essere più umani».

- Niccolò Scaffai - Pubblicato su Domenica del 3/12/2023 -

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