Moishe Postone: un'altra lettura di Marx
- di Luc Mercier -
Alla base della teoria critica di Postone, c'è una rilettura del Marx della maturità. Non il giovane Marx del Manifesto dei Comunisti, teorico della lotta di classe e del proletariato visto come soggetto rivoluzionario, bensì il Marx del Capitale e dei Grundrisse, il Marx che teorizza la società capitalista in quanto insieme di automatismi sociali i quali, a loro volta, impongono all'azione umana dei vincoli incontrollabili. Secondo Postone, il capitale è un "soggetto automatico". E il lavoro è "auto-mediante", vale a dire, è fine a sé stesso. E per Postone è in questi automatismi sociali - e non in un dominio di classe - che si radica quella che è la dominazione sociale contemporanea. Come sappiamo, Marx inizia il Capitale con la frase «La ricchezza delle società, nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico, si manifesta come una "immane raccolta di merci"».
Tuttavia, questa frase, diventata ormai arci-nota, viene assai spesso fraintesa. Per Postone, la chiave della frase sta nel fatto che quella ricchezza «si manifesta». Vale a dire che, sebbene il capitalismo appaia come se fosse un'enorme concretezza - come una materialità reale - in realtà è invece un mondo in cui a regnare è l'astrazione. Secondo Postone, allo stesso modo in cui il mondo descritto da Hegel è governato dal Geist - dallo Spirito - anche il capitalismo, in maniera analoga, si trova a essere a sua volta retto e gestito da quelle che sono delle astrazioni; con la differenza che, in questo caso, le astrazioni non sono ideali, bensì reali. E queste "astrazioni reali" non corrispondono altro che alle categorie economiche.
In tal modo, avviene così che, nel capitalismo, il lavoro diventa astratto - e perciò ne vengono esclusi tutti i suoi aspetti qualitativi - finendo per consistere essenzialmente in «dispendio di cervello, di nervi, e muscoli» (Il Capitale); ed è pertanto questa forza-lavoro a essere calcolata e conteggiata secondo delle unità di tempo, le quali sono anch'esse stesse astratte (giornata, ora lavorativa). Di conseguenza, anche il valore, che costituisce e rappresenta la forma di ricchezza che viene creata dalla merce lavoro, è a sua volta, anch'esso, astratto. E questo a partire dal fatto che il valore non è una ricchezza materiale, quanto piuttosto una ricchezza la cui sostanza è il dispendio di tempo di lavoro, ed è una ricchezza solo in termini di tempo. E quindi, anche le merci, malgrado il loro aspetto concreto, non si sottraggono al fatto di essere un'astrazione. Prima di essere dei beni d'uso, esso sono dei veicoli della ricchezza.
A questa astrattezza delle categorie, bisogna aggiungere un altro carattere altrettanto fondamentale. Dal momento che il lavoro astratto, non appena viene applicato al di là della semplice riproduzione, crea un incremento di valore (plusvalore), il valore viene sospinto da un impulso ad aumentare all’infinito. Come ha sottolineato Marx - e dopo di lui Postone - il capitale è «valore che si auto-valorizza». Pertanto, a partire da questo, le categorie non sono solo categorie astratte, ma esse sono anche soggetto, che strutturano la totalità: sono simultaneamente sia relazione sociale (l'essere umano dominato dalle categorie) che pensiero (in un simile quadro teorico, a determinare la sovrastruttura non è l'infrastruttura, e pertanto la critica del capitalismo deve essere contemporaneamente sia una critica delle categorie che una critica dell'ideologia).
Nel quadro delle domande che gli vengono fatte, Postone ritorna su tutti gli aspetti di questa astrazione che sta al centro del capitalismo, soffermandosi su quello che è il suo auto-movimento e su quelle che sono le sue contraddizioni; en passant, mostra come e quanto la teoria dell'immateriale, formulata da Negri, sia inadeguata a render conto di tutto questo. La cosa costituisce, per Postone, anche l'occasione di un ritorno alla genesi del proprio sviluppo teorico. A tal proposito, egli piega cos'è che distingue la sua critica da quella di Lukács, in Storia e coscienza di classe, (una delle espressioni più interessanti del marxismo tradizionale). In modo particolare, si tratta della presupposizione, da parte di quest'ultimo, dell'esistenza sotto il capitalismo di un residuo concreto e ontologico di lavoro. Cosa questa che ha fatto rimanere Lukács all'interno di una critica tronca del capitalismo, vale a dire, lasciando in una critica del capitalismo che viene svolta in nome di una dimensione del capitalismo stesso.
- LUC MERCIER - In Cités 2013/3 (n. 55) -
Nessun commento:
Posta un commento