Nel 1960, Witold Gombrowicz incontra Jacobo Muchnik, uno dei grandi editori argentini, direttore della Fabril Editora, che pubblicava la letteratura europea e nordamericana più interessante di quegli anni, come Il giovane Holden di Salinger, La Modificazione di Butor e Il cantiere di Onetti. Poi, su raccomandazione di Ernesto Sabato, che stava per pubblicare presso quella casa editrice Sopra eroi e tombe, Muchnik ricevette Gombrowicz e gli propose di pubblicare Ferdydurke, che dal 1947 non veniva più ristampato, da quando era stato pubblicato in Libros del Mirasol, una delle prime raccolte in brossura dell'America Latina; un'ottima raccolta popolare, che includeva The Sound and the Fury di Faulkner e The Long Goodbye di Chandler.
Muchnik, che racconta questa storia con grande sincerità nelle sue memorie di Gombrowicz, propose allo scrittore di fare un'edizione di diecimila copie, e gli offrì un terzo dei diritti come anticipo. «Questo è il minimo», risponde Gombrowicz. «Sono disposto ad autorizzarla a fare questa edizione, se lei si impegna a pubblicare un altro libro molto importante che sto scrivendo. Lei mi dia un contratto di pubblicazione per Diario Argentino, e io la autorizzo a pubblicare Ferdydurke». Muchnik rispose che non poteva impegnarsi senza aver letto il libro. E allora, racconta Muchnik, «senza distogliere lo sguardo da me, Gombrowicz si frugò nella tasca della giacca e tirò fuori due pagine dattiloscritte, che mi porse sulla scrivania». Muchnik gli suggerisce di lasciargliele, per poterle leggere. «No», insiste Gombrowicz in tono tagliente. «Può leggere le due pagine in un attimo. Legga ora. Io aspetto». Muchnik inizia a leggere davanti a Gombrowicz e «quel testo», racconta Muchnik, «mi ha catturato fin dalla prima frase».
Ma quando ho finito di leggerlo, gli ho detto: «Beh, è straordinario, ma non posso impegnarmi a pubblicarlo senza prima conoscere l'intero libro». Gombrowicz non mi rispose e si alzò. Raccolse dalla scrivania le due pagine,poi borbottò qualcosa che non capii se fosse un insulto o un addio, poi girò sui tacchi e se ne andò. Preferì non ristampare Ferdydurke, non ricevere i soldi dell'anticipo - che indubbiamente gli servivano - e questo perché voleva vedere pubblicato il Diario Argentino. E poi c'era la questione di quelle due pagine scritte in spagnolo. Un piccolo enigma: che pagine erano, e chi le aveva tradotte? Oppure Gombrowicz le aveva scritte direttamente in spagnolo?... In tutta questa scena troviamo qualcosa che riguarda l'etica della nostra letteratura. Si tratta della storia del rapporto che Gombrowicz aveva con la lingua argentina, e pertanto contiene qualcosa che riguarda tutti noi, e la nostra tradizione letteraria.
- Ricardo Piglia, "O escritor como leitor" - pubblicato sulla Revista Serrote -
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