Un libro impossibile, vagheggiato e mai portato a termine, che comprende - accanto al celebre e fondamentale "Tentativo di capire il «Finale di partita»", e a passi scelti della "Teoria estetica" - la trascrizione di un'accesissima e sorprendente conversazione televisiva e un'inedita lettura de L'innominabile. Un quartetto di testi che intona finalmente nella sua completezza lo spartito dell'articolata interpretazione adorniana di Beckett. In queste pagine il pensatore francofortese si conferma un critico di raro acume, rivelandosi anche un lettore appassionato in grado di mettere in luce - tanto sul piano estetico quanto su quello politico - il nucleo intorno al quale orbita la prosa beckettiana: un «nulla positivo» che esprime la condizione umana nella sua nuda realtà, senza orpelli né illusioni. Un nulla capace ancora oggi di scardinare ideologie e pensieri unici ribadendo i dirompenti doveri dell'arte.
(dal risvolto di copertina di: "Il nulla positivo. Gli scritti su Beckett". di Theodor W. Adorno. Editore: L'orma)
Che bel match fra Adorno e Beckett
- di Leonetta Bentivoglio -
Il nulla positivo è un libro di durezza adamantina (ha un linguaggio radicalmente filosofico) che testimonia la furia distruttiva di due menti alte e crudeli. Per il lettore è escluso ogni sconto: niente facilitazioni divulgative. Quei due cervelli appartengono al filosofo tedesco Theodor W. Adorno (1903-1969), esponente della Scuola di Francoforte, e al drammaturgo Samuel Beckett (1906-1989), capolista del "teatro dell'assurdo". Inteso come un ritratto complessivo di Beckett, "Il Nulla Positivo" riunisce per la prima volta in un volume le riflessioni che Adorno dedicò all'autore irlandese, da lui reputato l'espressione più forte della creazione artistica nel Ventesimo secolo. Si sa che Adorno realizzò una critica feroce del capitalismo e della società borghese su basi hegeliane e marxiste, attaccando il sistema anche sul versante della cultura (asservita al profitto). Rappresentò un riferimento ideale per una fetta della "nuova sinistra" in Germania e oltreoceano, soprattutto negli anni Sessanta. Di Beckett adorava la ruvida coerenza, la netta astrazione, il nichilismo azzerante, l'algida cupezza apocalittica e la vocazione implicitamente politica. Sono quattro gli scritti inseriti nel saggio, curato da Gabriele Frasca. Il primo, "Essere ottimisti è da criminali", registra una conversazione tenuta da Adorno nel 1968 in un programma della Westdeutscher Rundfunk, durante la quale coniò, per i play beckettiani, la formula del "nulla positivo": Beckett proietta nei suoi personaggi un cupio dissolvi da intendere come «negazione di qualcosa che esiste». Nel secondo capitolo, "Tentativi di capire il Finale di partita", Adorno parla del disgusto di Beckett per l'orripilante umanità (nausea ereditata da Baudelaire), del suo parodiare le diverse filosofie e del suo genio nel mostrarci l'ovvia e prossima morte del pianeta. La terza sessione offre gli appunti di un progetto (mai compiuto) su "L'innominabile", opera con cui Beckett volle sancire la dissoluzione della forma romanzo. Infine Il nulla positivo propone estratti della Teoria Estetica di Adorno relativi a Beckett, venerato in quanto «più realista dei realisti socialisti», che esercitano ipocritamente un naturalismo pieno di artifici. C'è una caratterizzazione intellettuale, nell'energia di questi due perfidi giganti (uno che indaga e l'altro che viene indagato), brutalmente e meravigliosamente fuori moda.
- Leonetta Bentivoglio - Pubblicato su Robinson del 5 maggio 2019 -
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