lunedì 13 agosto 2018

Rivoluzionari Malinconici

weil

Introduzione a Simone Weil
Una delle più notevoli pensatrici, nata nello scorso secolo, Simone Weil (1909 - 1943), era un anno più giovane di Simone de Beauvoir, la quale era a sua volta un anno più giovane di Hannah Arendt. Nata a Parigi da una famiglia ebrea secolarizzata, all'età di dieci anni si dichiarò bolscevica, e dimostrò di essere una brillante studentessa, prima al liceo elitario Henri IV e poi alla Scuola Normale superiore; dove, dopo avere ascoltato una predica a proposito del patriottismo, pronunciata dal sociologo Célestin Bouglé, si alzò e lesse un discorso del 1912 di Poincaré - il quale due anni più tardi avrebbe portato il paese nella Prima Guerra mondiale - in cui si sosteneva l'invasione del Belgio. Bouglé, sbalordito da una simile esposizione delle ipocrisie dell'Intesa, non riuscì a escogitare altro se non una risposta in cui annunciava che: era mezzogiorno, e quindi era ora di pranzo; una risposta che ben presto, nella scuola, divenne leggenda. Quando, nel 1931, divenne docente aggregata in filosofia, Bouglé si assicurò che alla "Vergine Rossa" - come lui la chiamava - non fosse consentito di insegnare in una città industriale, come lei aveva chiesto. Venne invece inviata a Le Puy, una cittadina rurale arretrata. Tuttavia, in quel posto, lei divenne ben presto attiva nello svolgere un lavoro di solidarietà insieme al sindacato locale, e a scrivere su "La Révolution prolétarienne", un giornale libertario di sinistra che veniva pubblicato da dei militanti che erano stati espulsi dal Partito Comunista.
Nel 1932, alla vigilia dell'ascesa nazista, fece un viaggio in Germania, e al suo ritorno scrisse una relazione in dieci parti sulla situazione politica nel paese. Nel condannare la passività del SPD, e la cecità settaria del KPD, di fronte all'ascesa del fascismo, il giudizio che ne dava corrispondeva strettamente agli avvertimenti che in quel periodo erano stati espressi da Trotsky, ma era ancora più chiara nel mettere in discussione l'idea che Hitler non sarebbe stato altro che uno strumento del grande capitale, e dubitava che la classe operaia tedesca si trovasse ancora nella posizione di poter resistere alla sua presa del potere, un fatto compiuto quando, alla fine di febbraio del 1933, apparve l'ultima puntata della sua relazione. Sei mesi più tardi, pubblicava un bilancio pessimistico sulle prospettive in generale della politica proletaria. Il capitale aveva raggiunto i limiti della sua riproduzione. Ma la rivoluzione russa aveva partorito un regime burocratico che non aveva niente a che fare con il socialismo, il nazismo trionfava in Germania, ed il New Deal in America non offriva nient'altro che una variante tecnocratica di capitalismo autoritario. Ad un amico, dopo essere tornata da Berlino, aveva scritto: «Le insurrezioni sul genere di quella della Comune sono ammirevoli, ma falliscono (certo, il proletariato è molto più forte di quanto lo fosse allora; ma lo è anche la borghesia). L'insurrezione del tipo di quella di ottobre 1917 ha avuto successo, ma tutto ciò che ha fatto è stato rafforzare l'apparato burocratico, militare e poliziesco. Ed in questo momento la nonviolenza alla Gandhi sembra essere piuttosto una sorta di riformismo ipocrita. E non conosciamo ancora nessun quarto tipo di azione». E concludeva: «Nessun Stato dei lavoratori è mai esistito sulla faccia della terra, se non per poche settimane a Parigi nel 1871, e forse per pochi mesi in Russia nel 1917 e nel 1918. Dall'altra parte, per quasi 15 anni, su un sesto del globo, ha regnato uno Stato oppressivo come nessun altro, che non è né uno Stato capitalista né uno Stato operaio. Di certo, Marx non ha mai previsto niente di simile. Ma per noi, neanche Marx è più prezioso della verità.»
Eppure, continua a dare lezioni sul marxismo alla più vicina Borsa del Lavoro, anche se viene denunciata da Trotsky per la sua regressione ad un liberalismo individualistico, il quale attacca i "rivoluzionari malinconici", fra cui l'annovera. Weil non si offende, e due mesi dopo organizza con Trotsky un incontro segreto , in un appartamento a Parigi di proprietà dei suoi genitori, durante il quale i due discutono ferocemente. «Potete dire che la Quarta Internazionale è stata fondata a casa vostra», dirà Trotsky ai Weil, prima della sua partenza avvenuta il giorno dopo. Ammiratrice della Luxemburg, Weil non aveva mai condiviso la sua fiducia nella spontaneità del proletariato, e nel 1934 aveva smesso di credere che i sindacati che lei aveva aiutato potessero essere fonte di molte speranze. Decidendo di ritirarsi da ogni attività politica, lascio l'insegnamento per diventare operaia di fabbrica, non solo per sperimentare la condizione di proletaria, ma per vedere se ci fossero altri modi, oltre a quelli provati fino a quel momento, per arrivare ad una trasformazione del proletariato. Prima di farlo, aveva scritto il lungo saggio che avrebbe ironicamente definito il suo testamento, "Riflessioni sulle Cause della Libertà e dell'Oppressione Sociale", concepito come un bilancio critico della teoria della storia di Marx e dei movimenti che essa aveva ispirato, così come una teoria della lotta per il potere, non semplicemente per la proprietà, che lei aveva abbandonato, e le tirannie contemporanee della burocrazia e della tecnologia, che non era riuscita a prevedere. Aveva solamente 25 anni. La svolta che l'aveva portata al lavoro in fabbrica l'aveva lasciata euristicamente delusa, e l'avvento del Fronte Popolare, nel 1936, politicamente fredda. Ma quando esplose, pochi mesi più tardi, la grande ondata dell'occupazione delle fabbriche, la cosa la riempì di gioia, riferendosi allo stabilimento della Renault dove aveva lavorato e rispetto al quale aveva tenuto un diario. Nell'estate di quell'anno, si era unita alla milizia della CNT nella Guerra Civile spagnola, ma dopo un incidente che l’aveva resa invalida tornò in Francia, dove si schierò contro la politica coloniale del suo paese in Indocina, Madagascar, Nord Africa, della quale a quei tempi nessuno si preoccupava.
Negli ultimi anni prima della seconda guerra mondiale, mentre è alle prese con la minaccia crescente del Terzo Reich, per la prima volta adotta e poi abbandona un pacifismo che, dopo Monaco, non poteva più avere alcun domicilio nelle lezioni del 1914. Quando nel 1940 la Wermacht entra a Parigi, insieme ai suoi genitori scappa a sud, trovando un precario rifugio a Marsiglia. Qui, nei successivi due anni, si converte al cattolicesimo, che viene concepito secondo un registro mistico irregolare, del quale le prime premonizioni c'erano già state durante una vacanza in Portogallo nel 1935. Mentre lavorava come bracciante agricolo, e più tardi per la Resistenza, le sue energie intellettuali si erano ora rivolte alle questioni della religione - non solo cristiana, ma egizia, hindu, testi buddisti - e della filosofia, dove, come esperta ellenista, la sua gamma di interessi si estendeva dai presocratici a Platone, per non parlare di Omero e Pitagora; insieme ad un'avversione nei confronti del giudaismo - forse che l'Antico Testamento non celebrava lo sterminio degli Amaleceti e degli altri? - che sarebbe stata una spina per i suoi ammiratori postumi. Nella primavera del 1942, lei e i suoi genitori ottengono il visto per gli Stati Uniti, arrivando a New York, via Casablanca, a luglio. Dove continuerà ad agitarsi fino all'autunno, impaziente di unirsi alle operazioni per la Francia Libera, che si svolgono in Inghilterra. Realizzerà il suo desiderio a novembre, con l'aiuto di Maurice Schumann, un suo vecchio compagno di scuola al liceo, e futuro primo ministro, oltre che pioniere dell'integrazione europea.
A Londra, presta servizio in quello che è l'equivalente in esilio del Ministero degli interni, sotto il socialista André Philp, generando sommarie relazioni sulla Francia e redigendo proposte politiche per il futuro del paese dopo la Liberazione, oltre a schemi costituzionali che includono uno spirito critico dell'ideologia dei diritti umani, che comincia ad essere di moda. Lavorando 24 ore su 24, in casa ed in ufficio, in quattro mesi Simone Weil produce un prodigioso volume di scritti prima di spirare all'età di 34 anni  - di tubercolosi o di anoressia? - nell'estate del 1943. Fra i suoi testi, rimangono inediti una manciata di scritti. Fra questi, c'era la bozza di un articolo dal titolo "Meditazioni su un cadavere", qui sotto tradotto. Si tratta di un necrologio del Fronte Popolare scritto a metà del 1937, ed è una delle espressioni più eloquenti del suo temperamento politico e della sue tensioni.
Trattando le dimissioni di Leòn Blum, esse vengono trattate come se fossero la fine categorica di quell'esperienza, in un momento in cui il Fronte stesso esisteva ancora - non venne sciolto prima del marzo 1938 - ed aveva tecnicamente formato il primo governo, il verdetto della Weil era redatto secondo una variante ancora più brutale, dove si leggeva: «Il governo del Fronte Popolare - il primo, e quello che continuerà ad essere ricordato con quel nome - è morto: ora appartiene alla storia, al passato, quanto il regno di Antonino Pio o di Caligola». Per un breve momento, si era rovesciato l'ordine di classe fra parola e potere. Ma alla sua guida si trovava un leader che era dotato di ogni dono mentale, tranne quello dell'intelligenza politica, completamente incapace di dominare l'argento vivo della relazione fra il bilancio oggettivo delle forze sociali e i cambiamenti che avvenivano nell'immaginario collettivo. Non si trattava di un incidente. La socialdemocrazia non ha mai prodotto un solo spirito libero; come pe chiunque altro che apparteneva alla sua stessa specie, Blum mancava di qualsiasi scintilla di quel cinismo che era la precondizione della chiarezza politica. In sé, l'immaginario collettivo mancava di qualsiasi intelligenza - solo l'individuo poteva averla - ma essa definiva i parametri dell'azione politica, e solo coloro che erano in grado di comandarla freddamente - come poteva essere un maestro di orchestra - avrebbe potuto fare delle riforme efficaci laddove esse per breve tempo diventavano possibili. I dogmi marxisti del progresso non erano alla base di un tale giudizio. Machiavelli era un maestro migliore. Quando Weil scrive questo, in Francia non si vede alcun candidato a questo ruolo. Ma, da una posizione di sinistra, Weil aveva tratteggiato, con sconcertante accuratezza, proprio le abilità con cui De Gaulle avrebbe governato il suo paese negli anni a venire.

- New Left Review - Maggio-Giugno 2018 -

LEON BLUM A PARIS EN 1936

Simone Weil
Meditazioni su un cadavere
- Bozza per un articolo -

Il governo del giugno 1936 non c'è più. Liberati gli uni e gli altri dai nostri obblighi di partigiani o di avversari nei confronti di questa cosa defunta, sottratti all'attualità, divenuta estranea alla nostra ansia di futuro quanto lo è la costituzione di Atene, che si sappia almeno trarre qualche lezione da questa breve storia, che per molti è stata un bel sogno, per alcuni un incubo. Sogno o incubo che fosse, c'è stato qualcosa di irreale nell'anno appena trascorso. Ogni cosa dipendeva dall'immaginazione. Per quella storia prodigiosa, ancora così vicina, eppure ahimè già così lontana, c'è bisogno di uno sguardo più fresco. Per esempio, fra il luglio del 1936 ed il precedente febbraio, in realtà quale alterazione si era verificata per quel che riguardava la vita sociale? Quasi nessuna; ma c'era stata una completa trasformazione per quanto atteneva al sentire, come avviene con quel crocefisso di legno scolpito il quale esprime, a scelta, serenità o agonia, a seconda da dove uno si trova. Sembrava che il potere avesse cambiato la parte da cui stava, solo perché quelli che a febbraio parlavano solo a comando, a luglio si erano sentiti fortunati perché era stato loro consentito di avere voce in capitolo nei negoziati; mentre quelli che, all'inizio dell'anno, si consideravano relegati per sempre a far parte della categoria degli uomini il cui unico diritto è quello di rimanere in silenzio, ora, qualche mese dopo, immaginavano che il corso reale delle cose dipendesse dalle loro urla.

L'immaginazione è sia il tessuto della vita sociale che il motore della storia. I bisogni reali, le risorse e gli interessi reali agiscono solo indirettamente, perché non fanno parte della coscienza delle folle. Si richiede attenzione, per poter prendere coscienza delle realtà, anche delle più semplici, e le folle umane non sono attente. In questo senso, la cultura, l'istruzione o lo status nella gerarchia sociale, fanno solo una sottile differenza. Duecento capi di industria riuniti in una sala, costituiscono una mandria altrettanto inconsapevole di quella formata da un'assemblea di operai o di piccoli commercianti. Se mai qualcuno riuscirà ad inventare un metodo che permetta alle persone di riunirsi senza che in ciascuna mente si verifichi l'estinzione del pensiero, allora avrà realizzato una rivoluzione nella storia umana, paragonabile alla scoperta del fuoco, alla ruota, o ai primi strumenti. In attesa di questo, l'immaginazione è, e continuerà a rimanere, un fattore la cui importanza nelle vicende umane è impossibile da sopravvalutare. Ma gli effetti che ne derivano, varieranno a seconda di come li gestiamo - oppure da come trascuriamo di gestirli. Lo stato in cui si trova l'immaginazione, stabilisce i limiti entro cui il potere possa essere effettivamente esercitato per avere presa sulla realtà, in ogni caso specifico. La prossima volta, potrà accadere che quei limiti si siano spostati. Può succedere che uno stato mentale pubblico possa permettere ad un governo di prendere una particolare misura, tre mesi prima che tale misura si renda necessaria - mentre invece quando ce ce sarà bisogno lo stato d'animo lo impedirà. Avrebbe dovuto essere fatto tre mesi prima! Riuscire a sentire questo genere di cose, mantenere un'attenzione perpetua su di esse, significa sapere come governare.

In quasi tutte le arti, il flusso del tempo è lo strumento, il materiale e l'ostacolo. Se, nell'intervallo fra due note musicali, la pausa dura un istante più di quanto avrebbe dovuto, o se un direttore d'orchestra richiede un crescendo in un dato momento, piuttosto che in un altro, l'emozione musicale non ci sarà. Se, nel momento particolare in una tragedia, c'è una breve risposta concisa anziché un lungo discorso, oppure se, in un altro momento, c'è un lungo discorso al posto di una breve secca risposta, o se il culmine drammatico viene dislocato all'interno del terzo atto, anziché del quarto, ecco che non ci sarà più tragedia. L'operazione che può salvare la vita del paziente in un dato momento della malattia, potrebbe rivelarsi fatale alcuni giorni dopo. L'arte di governare, può essere esclusa da questa legge del tempismo? No, essa è vincolata più di qualsiasi altra arte. Questo, il nuovo governo di Fronte Popolare appena scomparso non lo ha mai capito. Tralasciando la sincerità, la sensibilità e l'alto carattere morale  di Léon Blum, tutte cose queste che giustamente lo rendono caro a tutti quelli che non sono accecati dal pregiudizio partitico, dove altro, se non nei ranghi della politica francese, avrebbe potuto esserci un posto per la sua intelligenza? Ma l'intelligenza politica è una cosa di cui manca. Egli è come uno di quei drammaturghi che concepiscono le loro opere come se fossero dei libri stampati; sul palco i loro drammi non funzionano, perché le cose non vengono mai dette nel momento in cui dovrebbero essere dette. O come quegli architetti che sulla carta riescono a fare dei bellissimi disegni, me che non tengono nessun conto delle caratteristiche dei materiali di costruzione. Generalmente, persone come queste vengono descritte come dei teorici puri. Questo è sbagliato, non è così. I loro errori non sono dovuti ad un eccesso di teoria, ma alla sua mancanza. Non hanno studiato l'aspetto materiale della loro arte.

Nell'arte della politica, quest'aspetto ha a che fare con una duplice prospettiva, sempre instabile, che lega la condizione reale dell'equilibrio sociale delle forze alle oscillazioni dell'immaginazione collettiva. Quest'ultima non corrisponde mai esattamente a  quelli che sono fattori decisivi
di una data situazione sociale: che si tratti dell'immaginazione collettiva delle forze sociali, o di quella di un club di uomini di mondo, rimane sempre indietro o corre troppo avanti, o si perde. I leader politici, devono innanzitutto estraniarsi dalla sua influenza e considerarla freddamente, dall'esterno: come se si trattasse di una corrente da dispiegare come forza motrice. Se una legittima esitazione impedisce loro di alimentare, per mezzo di bugie, impulsi artificiali nell'opinione pubblica, come avviene negli Stati totalitari (ed altrove), nessuno scrupolo dovrebbe impedire loro di fare uso di campagne di opinioni che non sono in grado di governare. Queste possono essere usate solo attraverso l'attuazione. Un torrente d'acqua non può fare altro che tagliare un canale, può trascinare via la terra, a volte può causare un'inondazione; ma mettici una turbina sul suo percorso, collega la turbina ad un tornio automatico, ed ecco che il torrente produrrà minuscole viti con precisione miracolosa. La vite non assomiglierà per niente al torrente, ed al cospetto del suo grande ruggito potrà sembrare insignificante; ma alcune queste minuscole viti, all'interno di una grande macchina, potranno servire ad aiutare a sollevare quei massi che hanno resistito alla forza del torrente. Un cambiamento di marea nell'opinione pubblica, può aiutare a realizzare una riforma che sembra non abbia alcuna relazione con quella marea, che può anche essere piccola, ma che senza di essa sarebbe stata impossibile. Allo stesso modo, a causa della mancanza di una piccola riforma, una grande ondata di opinione pubblica può finire per dissolversi e svanire come se si fosse trattato solo di un sogno.

Un esempio fra i molti altri: nel giugno 1936, con le fabbriche occupate e con la borghesia che tremava alla parola "soviet", per il governo Blum sarebbe stato facile utilizzare le misure fiscali per reprimere la fuga di capitali e le frodi; in breve, imporre il dominio della legge sulla finanza. Ma in una simile situazione, tali misure non erano ancora essenziali, e le occupazioni delle fabbriche avevano monopolizzato l'attenzione del governo, così come quella delle masse operaie e della borghesia. Quando la crisi aveva reso quelle misure l'ultima risorsa, il momento in cui avrebbero dovuto essere state imposte, era ormai passato. Doveva essere fondamentale guardare avanti, cogliere l'attimo in cui il margine di manovra del governo sarebbe stato più grande di quanto avrebbe potuto esserlo in qualsiasi altro momento, per far passare, come minimo, tutte le misure a causa delle quali avevano vacillato i precedenti governi di sinistra. È qui che si vede la differenza fra il leader politico ed il dilettante. Un'azione metodica, in ogni sfera, significa prendere una misura non quando si rende necessaria la sua efficacia, ma piuttosto nel momento in cui è possibile, in vista del momento in cui sarà efficace. Le buone intenzioni di coloro che non sanno come fare ad usare in tempo simili astuzie, sono quelle che lastricano la strada per l'inferno.

Fra i tanti straordinari fenomeni della nostra epoca, ce n'è una che merita il nostro stupore e la nostra riflessione: la socialdemocrazia. Quante differenza esistono tra i diversi paesi europei, tra i diversi momenti critici della storia recente, tra le diverse situazioni! Eppure, quasi dovunque, la socialdemocrazia si è mostrata uguale a sé stessa: adorna delle stesse virtù, rosa dalle stesse debolezze. Sempre le stesse eccellenti intenzioni che lastricano così bene l’inferno: l’inferno dei campi di concentramento. Léon Blum è uomo di raffinata intelligenza e di grande cultura: ama Stendhal, ha certamente letto e riletto La Certosa di Parma; e tuttavia gli manca quella punta di cinismo che è indispensabile alla chiaroveggenza.
Nelle file della socialdemocrazia si può trovare di tutto, tranne che spiriti autenticamente liberi; eppure la dottrina è flessibile, si presta ad ogni possibile interpretazione e modifica; ma non è bene avere dietro di sé una dottrina, soprattutto quando questa racchiude il dogma del progresso, la fiducia incrollabile nella storia e nelle masse. Marx non è un buon autore per formare il giudizio: Machiavelli serve indefinitamente di più.

- Simone Weil - Giugno o Luglio 1937 -

- Pubblicato su New Left Review n°111 Maggio-Giugno 2018 -