giovedì 9 agosto 2018

Crescere

trenkle

Perché l'abolizione dell'«imperativo della crescita» non si può fare senza l'abolizione della produzione delle merci
- di Norbert Trenkle -

Se credi nell'economia, allora pensi che l'essere umano sia essenzialmente programmato per la competizione, la prestazione ed il consumismo senza fine, e per il perseguimento, innanzitutto e sempre, dei suoi propri interessi. Di conseguenza, una società che funzioni deve essere sempre basata sull'economia di mercato e sulla produzione di merci. Ma quest'idea è falsa. Nasce solo insieme alla società capitalista moderna, la quale dichiara sé stessa come se fosse una necessità eterna. È solamente nel capitalismo che le persone si affrontano in quanto produttori privati isolati che si relazionano l'uno all'altro attraverso la merce, il denaro ed il lavoro astratto. Le merci ed il denaro non sono solo dei mezzi tecnici per organizzare e facilitare la divisione sociale del lavoro. Al contrario, essi creano dei vincoli oggettivi che dominano la società, e che poi retroagiscono sugli esseri umani come se si trattasse di vincoli apparentemente naturali. Marx chiama tutto questo, come il feticismo della produzione di merci.

E uno di questi vincoli non è certo un vincolo minore: la famosa «crescita obbligatoria», che viene venerata e perseguita in tutte le società come se fosse una sorta di dogma religioso. Essa non è nient'altro che la manifestazione della dinamica dell'accumulazione capitalista, il cui unico scopo è quello di fare più denaro dal denaro. Il contenuto materiale della produzione di ricchezza è sempre un mezzo indifferente che serve a poter aumentare la ricchezza astratta (espressa in denaro). La conseguente distruzione ecologica, nell'attuale crisi fondamentale del capitalismo, diventa sempre più estrema. Sempre più imprudentemente, i fondamenti naturali della vita vengono distrutti , al fine di mantenere in qualche modo l'accumulazione di capitale, anche se ciò non fa altro che rimandare solamente l’inevitabile collasso economico e sociale.

La critica radicale della crescita si deve concentrare su questa connessione. Non si può arrivare ad una trasformazione fondamentale della ricchezza sociale, senza l'abolizione della produzione della ricchezza astratta (il valore) e, di conseguenza, senza l'abolizione della produzione di merci.
Del resto, tutte le idee di riduzione della produzione di merci, che intendono ridurre l'economia di mercato a dei piccoli cicli regionali, tornano alla fine ad attualizzare quelli che sono i vincoli esistenti, ed a completarli per mezzo di nuovi vincoli sanzionati moralmente. In ogni caso, anche se tutto ciò può essere concepibili nella pratica - nel migliore dei casi come se si trattasse di una nicchia di lusso, e nel peggiore come un'economia di gestione della povertà nel processo di crisi in corso - non rappresenta quindi una prospettiva di emancipazione.

- Norbert Trenkle  - Estratto dalla conferenza del 22/6/2017 - Move Utopia à Rahmen.

fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme

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