Nella cultura dominante si è affermata, negli ultimi decenni, la certezza che la Storia sia da osservare come una dimensione introdotta dall'esterno in un Occidente che si pone ormai nella post-storia. La Storia è stata una lunga catena di sofferenze e di stermini. Essa è stata; ma non è più, perché ciò che è percepito come Storia, dal terrorismo agli sbarchi di immigrati, è una fastidiosa interruzione del godimento del mondo. La vita è pensata come un percorso depoliticizzato e destoricizzato; è il trionfo neoliberale del presentismo: non è necessario interrogarsi sul Passato, perché il Passato non esiste. Siamo in presenza dell'affermarsi definitivo del nichilismo, oppure siamo oltre lo stesso nichilismo? A scuola la storia non si studia, a causa dell'avvenuta de-culturalizzazione dei docenti. A sua volta, la politica, inabissatasi, non interroga più gli storici. Ma questi riflettono sulla loro funzione, in quanto custodi della presenza del Passato nel Presente? Ed è possibile per essi condividere la scelta di campo neoliberista? Una riflessione fra pedagogia, antropologia, sociologia e storiografia.
(dal risvolto di copertina di: Francesco Germinario: Un mondo senza storia. La falsa utopia della società della poststoria, Asterios)
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