Moishe Postone, 1942 - 2018.
- Ripensare una teoria critica del capitalismo -
di Clement Homs
Moishe Postone, storico e teorico, autore di un importante libro legato all'opera di Karl Marx, è morto a Chicago lunedì 19 marzo all'età di 75 anni.
A cavallo dei due secoli - nel momento in cui una sinistra politicamente e teoricamente fallita, riesce a sopravvivere solo continuando a far girare il disco rotto del marxismo tradizionale, quando non cavalca i sudici cavalli del populismo, del nazionalismo, della peste identitaria e della logorrea antisemita dell'«anti-finanza» - Postone ha elaborato un'importante reinterpretazione della teoria critica marxiana.
Con grande accuratezza, e rigore accademico, nel suo "Tempo, lavoro e dominio sociale" ha portato avanti un vero e proprio attacco frontale a quelle che erano le certezze di base dei precedenti pensieri critici. L'attacco è diretto innanzitutto contro il sancta sanctorum della società borghese, contro quella categoria che viene adorata, parimenti, sia dalla destra che dalla sinistra, così come dalle diverse maschere del populismo produttivo contemporaneo: il lavoro nel capitalismo. Per il pensiero feticizzato, non c'è niente che sempre più naturale dell'idea secondo cui qualsiasi società non può essere che basata sul lavoro. Vede il lavoro come un principio trans-storico, lo vede come se fosse il lavoro a rendere umano l'uomo. Ed è proprio questo principio ritenuto ovvio che Postone ha messo sostanzialmente in discussione.
E Postone lo fa riprendendo una teoria critica di quello che è il nocciolo del capitalismo, essendo fra quelli che danno la parola al Marx «critico del valore», al Marx delle opere della maturità (i Gundrisse ed Il Capitale) che pongono il lavoro astratto ed il valore al centro della critica, mostrando nella rottura però anche una certa continuità con il concetto erroneo di alienazione, del periodo della giovinezza.
Rompendo con una critica del capitale svolta dal punto di vista del lavoro, Postone è fra coloro continuerà ad essere importante, ancora a lungo, per chi non ha intenzione più di illudersi riguardo alle proprie debolezze teoriche. e quindi pratiche.
Il capitalismo è l'unica fra tutte le formazioni sociali ad avere il lavoro come nucleo, è la sola formazione sociale dove il contesto sociale viene mediato attraverso il lavoro. Questa funzione socialmente mediatrice, assunta dal lavoro, è una caratteristica storicamente assai specifica, la quale distingue la formazione sociale capitalistica da tutte le precedenti società. Una simile conclusione ha profonde conseguenze.
La mediazione che viene svolta dal lavoro - il lavoro astratto - è essenzialmente una mediazione con sé stesso, è un'auto-mediazione. Si oppone al controllo cosciente e alla pianificazione svolta attraverso lo Stato, e diventa il «soggetto automatico» della società, una forma di auto-dominio della prassi che in questo modo va a costituire una forma storicamente specifica del dominio astratto. Quindi, nelle forme oggettivate della merce e del valore, gli individui si confrontano con una forza apparentemente esterna che li sottomette alle sue costrizioni oggettive, come la costrizione alla crescita quantitativa permanente; si tratta di forme di coercizione che appaiono come se fossero delle leggi naturali insormontabili, anche se sono prodotte esse stesse, in maniera alienata, da degli esseri umani, nel contesto stesso della loro prassi mediata dal lavoro. Se siamo costretti a lavorare, la causa non è naturale, è sociale.
La funzione svolta dal lavoro, in quanto attività socialmente mediatrice, «si esternalizza come sfera sociale astratta, indipendente, che esercita una forma di costrizione impersonale sugli esseri umani che la costituiscono. Il lavoro sotto il capitalismo genera una struttura sociale che domina il lavoro stesso. Questa forma di dominio che si riflette in maniera auto-generante, è l'alienazione» ("Tempo, lavoro e dominio sociale").
Per Postone, l'alienazione è il processo di oggettivazione del lavoro astratto, è un «processo della costituzione storica della potenza umana che avviene attraverso il lavoro che oggettivizza sé stesso in quanto attività socialmente mediatrice. Attraverso questo processo appare una sfera sociale oggettiva, astratta, che acquisisce una vita propria e che esiste in quanto struttura di dominio astratta al di sopra e contro gli individui» ("Tempo, lavoro e dominio sociale").
"Non tutto quello che si muove è necessariamente rosso!" Lo sfruttamento del lavoro e la pretesa "dissimulazione" di questo sfruttamento attraverso lo scambio delle merci, è stato criticato, ma non lo è stata la forma del lavoro astratto ed il ruolo specifico che ha il lavoro nel capitalismo. In tal senso - come non ha mai smesso di sottolineare Postone - il marxismo tradizionale non fa altro che assumere positivamente il punto di vista del lavoro, a partire dal quale ha criticato la circolazione, la proprietà privata ed il mercato, riducendo l'essenza del capitalismo ad una semplice modalità di distribuzione di un principio trans-storico e ad una forma di ricchezza astratta - il lavoro ed il valore.
La sinistra ha sviluppato una forma feticizzata di anticapitalismo legato al modo in cui si manifestano necessariamente i rapporti sociali feticizzati. Il centro della critica anticapitalista di sinistra, resta limitato ad una critica dell'appropriazione del plusvalore da parte della classe capitalista, e non critica il valore ed il lavoro in quanto forme sociali capitalistiche. La sua principale preoccupazione è stata perciò quella di liberare il lavoro dal capitale, e non quella di sbarazzarsi del lavoro, che è la vera sostanza del capitale.
Questa critica, svolta dal punto di vista del lavoro, è stata una battaglia persa in partenza, poiché non si combatte la relazione di capitale che ci domina affermando quella che ne è la sua vera sostanza. Questa fissazione irriflessiva che pone la critica al livello della circolazione e della distribuzione, è anche il motivo per cui il marxismo tradizionale ha raggiunto i suoi limiti, e perciò è ora e per sempre incapace di analizzare e criticare in maniera corretta gli sviluppi contemporanei del capitalismo.
I numerosi saggi che Postone ha dedicato all'antisemitismo moderno, in cui è riuscito a distinguerlo dal razzismo e a pensarlo come una forma di «anticapitalismo feticizzato», i saggi dedicati ai Gundrisse, al tempo astratto, alle questioni relative alla dinamica del capitalismo, alla questione della memoria e dell'identità in Germania dopo la seconda guerra mondiale, ma anche le sue critiche a Lukacs, a Derrida, alla Scuola di Francoforte, la sua storia dell'impotenza politica, la sua teoria della soggettività sotto il capitalismo, la sua difesa di un universalismo diverso da quello dell'Illuminismo, ecc., costituiscono tutti altrettanti «missili teorici» ben calibrati per abbattere tutto ciò che vive nella relazione del capitale.
Anche se Postone non può essere annoverato fra gli autori della Wertkritik o della Wert-abspaltungskritik - a causa dell'assenza nella sua opera della teoria della crisi, così come a causa di alcune imprecisioni che riguardano la natura bifida del lavoro - la sua scomparsa è una pesante perdita per la sinistra radicale. Per molto tempo ancora, la sua opera teorica continuerà ad essere per noi una sfida e una fonte d'ispirazione.
- Clement Homs -
- Pubblicato il 28/3/2018 su Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme -
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