mercoledì 21 marzo 2018

Antipolitica

buona vita

Non aggiustate ciò che vi distrugge!
- Breve testo per una buona vita -
della Redazione della rivista Streifzüge

1 -
La politica non crea alcuna alternativa. Il suo fine non è quello di permetterci di sviluppare le nostre possibilità e le nostre capacità; attraverso la politica noi non facciamo altro che realizzare quegli interessi che ci derivano dal ruolo che ciascuno interpreta nell'ordine esistente. La politica è un programma borghese. Attiene sempre ad un comportamento e ad una condotta che si riferiscono sempre allo Stato ed al Mercato. La politica è la conduttrice della società, ed il suo mezzo appropriato è il denaro. Le regole cui obbedisce somigliano a quelle del mercato. Nella politica e nel mercato, il mezzo più appropriato è il denaro. Nell'una e nell'altro, quella che si trova al centro è la pubblicità; nell'uno e nell'altro caso, si tratta della valorizzazione e della sua realizzazione.
Il soggetto borghese moderno ha finito per assorbire completamente le costrizioni imposte dal valore e dal denaro; senza di essi, non gli riesce nemmeno di immaginarsi. In realtà, egli domina sé stesso, il Padrone e lo Schiavo si incontrano all'interno del medesimo corpo. La democrazia, non è altro che l'auto-dominio del ruolo sociale che ci è stato imposto. Dal momento che siamo allo stesso tempo sia contro il potere che contro il concetto di Popolo, perché mai dovremmo essere a favore del potere al Popolo?
Essere per la Democrazia, ecco il consenso totalitario della nostra epoca, la professione collettiva di fede del nostro tempo. La democrazia, è considerata allo stesso tempo sia come l'organo cui appellarsi che la soluzione di ogni problema. La democrazia viene vista come il risultato finale della Storia. Di certo, la si può correggere, ma dopo di essa, non ci può essere nient'altro. La democrazia è parte integrante di quello che è il regime del denaro e del valore, dello Stato e della Nazione, del Capitale e del Lavoro. È una parola vuota di senso, a partire dal suo feticcio può essere evocata qualsiasi cosa.
È il sistema politico stesso, quello si disintegra sempre più. Qui, non si tratta solamente di una crisi dei partiti e degli uomini politici, ma di una vera e propria erosione della politica in tutti i suoi aspetti. È davvero necessaria la politica? Perché e, soprattutto, a che scopo? Non è possibile alcuna politica! Antipolitica, significa che sono gli individui stessi a mobilitarsi contro i ruoli sociali che vengono loro imposti.

2 -
Capitale e Lavoro non sono antagonisti, al contrario essi costituiscono il blocco della valorizzazione e dell'accumulazione del Capitale, Chi è contro il Capitale dev'essere anche contro il Lavoro. Professare la religione del Lavoro, costituisce uno scenario auto-aggressivo e auto-distruttivo in cui noi tutti siamo intrappolati, sia materialmente che intellettualmente. Il disciplinamento attraverso il lavoro è stato - e continua ad essere - uno degli obiettivi dichiarati della modernizzazione occidentale.
Ora, é proprio nel momento in cui si sgretola la prigione del Lavoro, che questa confusione intellettuale vira al fanatismo. È il Lavoro a renderci stupidi, ed anche malati. Fabbriche, uffici, negozi, magazzini cantieri edili e scuole sono tutte altrettante istituzioni legalizzate della distruzione. I segni del lavoro, li vediamo ogni giorno sui volti e sui corpi.
Sul Lavoro, si basa principalmente il consenso. Viene considerato come se fosse una necessità naturale, mentre non è altro che la forma con cui il capitalismo plasma l'attività umana. Ma essere attivi è cosa diversa quando questa attività non viene svolta in funzione del denaro e del mercato, ma sotto la forma del regalo, del dono, del contributo, delle creazione di qualcosa per noi stessi, per la vita individuale e collettiva di individui liberamente associati.
Una parte considerevole dei prodotti e dei servizi, serve esclusivamente al fine della moltiplicazione del denaro, cosa che ci obbliga a fare dei lavori inutili che non sono necessari, che ci fanno sprecare il nostro tempo e mettono in pericolo le basi naturali della vita. Ci sono alcune tecnologie che possono essere definite solo come apocalittiche.

3.
È il denaro i feticcio di tutti noi. Non c'è nessuno che non ne voglia avere. Non lo abbiamo mai deciso noi che dovesse essere così, ma è così. Il denaro è un imperativo sociale; in nessun modo modellabile. In quanto potere che ci obbliga incessantemente a calcolare, a spendere, ad economizzare, a diventare debitori o creditori, il denaro ci umilia e ci domina  continuamente. Il denaro è una sostanza nociva senza pari. La costrizione a comprare e a vendere impedisce ogni liberazione ed ogni autonomia. Il denaro ci trasforma in dei concorrenti, ci rende perfino nemici. Il denaro divora la vita. Lo scambio è una forma barbara di condivisione.
Non solo è assurdo che ci sia un numero incalcolabile di professioni che abbiano il denaro come oggetto, ma lo è anche il fatto che tutti gli altri lavoratori intellettuali e manuali debbano continuamente calcolare e speculare sul denaro. Siamo delle calcolatrici in carne ed ossa. Il denaro ci taglia fuori dalle nostre possibilità, ci consente di fare solo ciò che può essere lucrativo in termini di economia di mercato. Noi non vogliamo far funzionare il denaro, ma vogliano sbarazzarcene.
Non si devono espropriare le merci ed il denaro, ma bisogna sopprimerli. Che si tratti di individui, di alloggi, di mezzi di produzione, di natura e di ambiente, in poche parole: non c'è niente che debba essere una merce! Dobbiamo smettere di riprodurre delle relazioni che ci rendono infelici.
Liberazione, significa che gli esseri umani ricevono i loro prodotti ed i loro servizi liberamente, secondo i loro bisogni. Significa che si relazionino gli uni agli altri, e non che si affrontino, come avviene ora, secondo i loro ruoli ed i loro interessi sociali (in quanto capitalisti, operai, acquirenti, cittadini, soggetti del diritto, inquilini, proprietari, ecc.). Già oggi, esistono, nelle nostre vite, dei momenti liberi dal denaro: nell'amore, nell'amicizia, nella simpatia e nell'aiuto reciproco. In tal caso, doniamo qualcosa all'altro, mettiamo insieme le nostre energie esistenziali e culturali, senza presentare nessuna fattura. È allora che sentiamo, a volte, che possiamo fare a meno della "matrice".

4 -
La critica è assai più che una mera analisi radicale, essa richiede la rottura delle condizioni esistenti. La sua prospettiva cerca di immaginare come si potrebbero creare delle condizioni umane che non avrebbero più bisogno di una simile critica; l'idea di una società nella quale la vita individuale e collettiva può e dev'essere inventata. Senza critica, la prospettiva è cieca; senza prospettiva, la critica è impotente. La trasformazione è un'esperienza, il cui fondamento è la critica che ha come orizzonte la prospettiva. «Aggiustate, quello che vi distrugge» non può essere la nostra parola d'ordine.
Si tratta di niente di meno che dell'abolizione del dominio, poco importa se questo si traduce in dipendenza personale o in costrizioni oggettive. Non è accettabile che degli individui siano sottomessi a degli altri individui, oppure che vengano abbandonati, impotenti, al loro destino e a delle strutture anonime. Noi non vogliamo né l'autocrazia né l'auto-dominio. Il dominio è peggio del capitalismo, ma il capitalismo è, fino ad oggi, il sistema di dominio più sviluppato, più complesso e più distruttivo. La nostra vita quotidiana è condizionata ad un punto tale che noi riproduciamo ogni giorno il capitalismo, e ci comportiamo come se non ci fosse alcuna alternativa.
Siamo bloccati. Il denaro ed il valore sono appiccicati al nostro cervello. L'economia di mercato funziona come se fosse una grande "Matrice". Il nostro obiettivo  è riuscire a negarla e a sopprimerla. Una vita buona e appagante presuppone una rottura con il Capitale e con il Dominio. Senza la trasformazione della nostra base mentale, non è possibile alcuna trasformazione delle strutture sociali, e senza la soppressione delle strutture non è possibile alcun cambiamento della base mentale.

5 -
Noi non protestiamo, abbiamo superato questo stadio. Noi non vogliamo reinventare né la democrazia né la politica. Noi non lottiamo per l'uguaglianza e per la giustizia e non rivendichiamo alcun libero arbitrio. Non intendiamo fare affidamento sullo Stato sociale e sullo Stato di diritto. E ancor meno vogliamo andare a fare il "porta-a-porta" spacciando qualche "valore". Per noi è facile rispondere alla domanda che chiede quali sono i valori di cui abbiamo bisogno: Nessuno!
Noi siamo per la totale svalorizzazione dei valori, siamo per farla finita con questo mantra dei sottomessi che vengono comunemente chiamati "cittadini". È uno status, che dev'essere respinto. Idealmente, abbiamo già cancellato la relazione di dominio. L'insurrezione che abbiamo in testa somiglia ad un salto di paradigma.
Dobbiamo uscir fuori da questa gabbia che è la forma borghese. Politica e Stato, Democrazia e Diritto, Nazione e Popolo sono delle figure immanenti del Dominio. Ai fini della trasformazione, non possiamo avvalerci di nessun Partito e di nessuna Classe, di nessun Soggetto e di nessun Movimento.

6 -
Quel che è in gioco, è la liberazione del tempo della nostra vita. Solo questo ci permetterà di avere più tempo liberi, più piacere e più soddisfazione. Ciò di cui abbiamo più bisogno, è più tempo per l'amore, per l'amicizia e per i bambini, più tempo per riflettere e per oziare, ma anche più tempo per poterci occupare, in maniera intensa ed estesa, di tutto quello che più ci piace. Siamo per lo sviluppo a 360° del piacere.
Una vita liberata, significa riposare più a lungo e meglio, ma, innanzitutto, dormire più spesso insieme, e più intensamente. In questa vita - l'unica che abbiamo - la posta in gioco è una buona vita. Si tratta di avvicinare i desideri all'esistenza, e di spingere indietro i bisogni, facendo aumentare quel che è gradevole. Il gioco, in tutte le sue varianti, richiede sia spazio che tempo. Occorre che la vita smetta di essere questa grande occasione mancata.
Non vogliamo più essere quello che siamo costretti ad essere.

- La Redazione della rivista Streifzüge - Pubblicato il 16 Aprile 2014 -

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