Richard Thaler, vincitore del premio Nobel per l'economia 2017, ha dedicato l'intera carriera a studiare l'idea radicale per cui gli agenti economici sono individui prevedibili e inclini a commettere errori. Misbehaving è il resoconto affascinante e divertente della sua lotta per riportare una disciplina accademica con i piedi per terra e per cambiare il modo in cui pensiamo l'economia, noi stessi e il mondo. La teoria economica tradizionale assume che gli individui siano razionali. Fin dall'inizio della sua ricerca, Thaler ha compreso che questi automi non somigliavano affatto alle persone vere. Quando acquistiamo una radiosveglia o chiediamo un mutuo, siamo tutti vittime di distorsioni cognitive che ci allontanano dai criteri di razionalità postulati dagli economisti. In altre parole ci comportiamo in modo anomalo e, ciò che più conta, con serie conseguenze. Inizialmente sottovalutato dagli economisti come un campo divertente ma irrilevante, lo studio degli errori degli esseri umani e dei loro effetti sul mercato ora guida gli sforzi per migliorare le decisioni nelle nostre vite, nelle imprese e nelle politiche pubbliche.
(dal risvolto di copertina di: Richard H. Thaler, Misbehaving. La nascita dell'economia comportamentale. Einaudi)
Offri una ciotola di anacardi agli amici: scoprirai come funziona il mercato.
- di Alberto Mingardi -
Come nasce un nuovo programma di ricerca? Misbehaving di Richard Thaler (Premio Nobel per l’economia 2017) è l’appassionante autobiografia di una teoria. Uno scienziato sociale si mette al lavoro confrontando le sue intuizioni con la realtà, si scontra coi critici e cerca alleati. Quando il suo obiettivo è sviluppare una tradizione "nuova" è anche un po' imprenditore: cercare finanziamenti e sviluppare iniziative fa parte del suo lavoro.
Il nuovo paradigma di ricerca avviato da Thaler è l'«economia comportamentale». Il punto di partenza è una lista di comportamenti che smentiscono, in tutto o in parte, gli assunti più tipici della scelta razionale. Per esempio: «Alcuni amici vengono a cena. Come stuzzichino, offro una ciotola di anacardi. Dopo cinque minuti, la ciotola è mezzo vuota e il nostro appetito è in pericolo. Tolgo di mezzo la ciotola e la nascondo in cucina. Tutti sono d'accordo». Ma nessuno dovrebbe esserlo. Chi non vuole mangiare gli anacardi, per preservare l'appetito o la linea, potrebbe semplicemente astenersi. Al contrario, chi vorrebbe mangiarne si trova a perdere una possibilità che gli è gradita.
Per Thaler, l'economia è fatta per l'Homo Economicus ma il mondo è popolato di Homo Sapiens: i «razionalisti» ragionano come se le preferenze delle persone fossero costanti nel tempo. Al contrario, per Thaler esiste sia un «sé», orientato al presente, sia una sorta di «super io» economico. La parte di noi che vuole assolutamente finire gli anacardi, e quella che poi se ne pentirà quando verrà servito l'arrosto.
Bisogna escogitare soluzioni per fornirci l'autocontrollo che ci manca. Dicesi «paternalismo libertario». L'obiettivo è «truccare» le percezioni delle persone affinché il «super io» del lungo periodo possa prevalere. Ovviamente il problema è che si comincia levando la ciotola di anacardi e esponendo in bella vista il buffet delle insalate (e nascondendo invece gli hamburger) nelle mense aziendali: ma non si sa dove si va a finire. La ricerca di anomalie è sempre un gioco appassionante. A patto di non dimenticarsi che ogni tanto gli esseri umani riescono a cavarsela, imperfetti come sono.
Il loro comportamento scombussola i «modelli»? Giova ricordare che questi ultimi sono, per l'appunto, «modelli». Sono rappresentazioni stilizzate, non puntuali, della realtà. Proprio come la mappa della metropolitana: che non ci dice granché su come è fatta la città in cui viviamo ma è utile per raggiungere un certo luogo, con quel mezzo di trasporto. L'ambizione di Thaler è quella di proporre modelli alternativi, basati su una razionalità più realistica. Bisognerebbe però capire «perché» la gente si comporta in modo che ci sembra irrazionale, ma forse non è irragionevole. Taluni «errori» sono l'esito di contesto, cultura, istituzioni.
Un esempio. Thaler ci spiega che le imprese debbono essere attente a sostenere un'impressione di «equità», più che ad operare come attori «razionali». Uber, per esempio, aumenta il prezzo delle corse quando sale la domanda. Trova prima un passaggio chi è disponibile a pagarlo di più. Ma se la maggiore domanda è dovuta, per esempio, a un incidente ferroviario, la gente si arrabbia quando percepisce che Uber «ci specula». Per questa ragione, potrebbe smettere di usare il servizio in futuro. L'azienda farebbe dunque bene a mettere fra parentesi la «fredda» razionalità dei prezzi.
Thaler racconta come, negli anni Novanta, la First Chicago Bank volesse incoraggiare i clienti a usare il Bancomat. Perciò addebitava tre dollari a chi interpellava un bancario in carne ed ossa per operazioni che avrebbe potuto fare una cassa automatica. Un giornale scrisse che «perdeva il contatto con gli umani», venne presa in giro in TV, e i concorrenti fecero ottimi affari. La conclusione è che violare le «norme di equità» può essere controproducente. Ma se oggi una banca fa grossomodo la stessa cosa e sceglie di addebitare qualche centesimo in più a chi desidera ancora l'estratto conto cartaceo, questa strategia riscuote il plauso generale.
È cambiata la cultura e così le «norme di equità»: l'idea di ridurre il consumo di carta ci pare un'ottima cosa, se a pagare è il correntista «che vuole il rapporto umano», pace.
Come ogni azienda, Uber si pone il problema di preservare la propria reputazione, evitando aumenti di prezzo repentini dovuti a un evento catastrofico. Ma, in linea generale, è davvero controproducente che chi ha più necessità di una macchina, perché deve raggiungere la moglie in ospedale o deve prendere un aereo e non si è svegliato in tempo, acquisisca una «priorità» pagando di più?
Una volta John Cochrane, discutendo gli argomenti di Thaler, osservò che la teoria economica «standard» avrà tutti i limiti del mondo, ma di solito se aumenta il prezzo dei pomodori la gente effettivamente ne compra di meno. L'Homo Sapiens ogni tanto è anche Homo Economicus.
- Alberto Mingardi - Pubblicato sulla Stampa del 24/2/2018 -
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