Nel suo ultimo libro, "L'innominabile attuale", Roberto Calasso parla di uno slittamento (semantico, simbolico) che dall'idea di sacrificio scivola verso l'idea dell'«esperimento». Da parte di Calasso, non si fa alcuna menzione del concetto di «biopolitica», ma questa oscillazione fra «sacrificio» ed «esperimento» appare essere in larga misura come un'oscillazione fra «politica» e «biopolitica». Calasso cita Karl Kraus e il suo monumentale lavoro "Gli ultimi giorni dell'umanità", scritto a partire da quel che si leggeva sui giornali e quello che si poteva sentir dire per strada all'epoca intorno alla prima guerra mondiale (Kraus moriva nel 1936). «C'è un tema costante che attraversa tutta la polifonia di Kraus», afferma Calasso: il sacrificio per la patria, per il paese, per gli usi e costumi «civilizzati». Poco dopo, scrive Calasso, emergeranno i «due maggiori sperimentatori sociali del XX secolo»: «Hitler e Stalin» (una sorta di ingegneri che avevano a disposizione milioni di corpi e di menti).
Roberto Calasso divide il suo ultimo libro ("L'innominabile attuale") in tre parti: «Turisti e terroristi», «La Società Viennese del Gas», e «Torri di Avvistamento». Le prime due parti sono attente alla loro lunghezza (70, 80 pagine), ma la terza parte è brevissima, si limita a riferire di un'annotazione fatta da Baudelaire, che parla di un sogno o di una visione, un documento che Calasso dichiara essere «indatabile». In questa annotazione, Baudelaire afferma di aver visto la caduta di una torre, un enorme edificio; una caduta, questa, che è stata ignorata dalle «nazioni» (Calasso fa un parallelo con le Torri Gemelle e con l'11 settembre, e su questo chiude il libro).
Nella prima parte del libro, Calasso cerca di analizzare la categoria di «Homo saecularis», vale a dire, la presenza del secolarismo nella società moderna, le possibili relazioni fra le categorie sociali e le categorie religiose, e di come questa tensione permanga e si intensifichi oggi (in special modo a partire dall'accostamento presente nel confronto del titolo, «Turisti e Terroristi», fra coloro che coltivano la mobilità e coloro che l'aborriscono, la mobilità - sia dei corpi, che dei costumi). «L'Homo saecularis è inevitabilmente turista», scrive Calasso. E continua: «Non solo quando viaggia. Zapping e Link costituiscono una vasta parte della sua vita mentale. Sono operazioni preesistenti, che un giorno hanno raggiunto la configurazione indicata nei due termini. Bouvard e Pécuchet la praticavano già, senza aver bisogno di ricorrere ad una qualche supporto tecnico.»
La seconda parte è una sorta di libro dei «Passages», di Benjamin, in miniatura: una collezione di citazioni (ma commentate e modificate). «Non si tratta di ricordi», scrive Calasso nella sua introduzione, «Ma di parole scritte, pubblicate, dette, riferite, registrate nel corso dei giorni fra l'inizio del gennaio 1933 ed il maggio del 1945. Tutte le immagini di quegli anni, da qualsiasi fonte provengano, trasudano qualcosa di ipnotico. Era l'apice del bianco e nero, sia nel cinema che nella vita. Quando appare il technicolor, sembra che si tratti di un'allucinazione. Era come se il tempo avesse formato una spirale sempre più stretta, che finiva con un restringimento.» Dalle varie fonti disponibili, Calasso seleziona, ad esempio, i diari di Ernst Jünger (il momento in cui egli viene a conoscenza dei campi di sterminio) e quelli di André Gide (la sua insistente difesa di Hitler e di Stalin), le lettere di Benjamin e quelle di Céline (le sue amanti, la sua fuga), le lettere di Beckett scritte nel corso del suo viaggio, durato mesi, attraverso la Germania, nel 1936.
Una delle principali attrattive della scrittura di Roberto Calasso consiste nella capacità di fare del lettore una sorta di partecipante. Ciò avviene - in larga misura la lezione proviene da Walter Benjamin - assai più in forza di quello che non viene detto, che di quello che viene presentato. Ossia, lavorando a partire da lacune ed ellissi, Calasso porta il lettore a riempire degli spazi vuoti, a partire dal proprio repertorio (come recita l'antica massima, secondo la quale la musica esiste a partire dai silenzi che avvengono fra una nota e l'altra).
Nel caso del suo ultimo libro, Calasso presenta questo collage di frammenti che vanno dal 1933 al 1945; una varietà di frammenti che, tuttavia, lasciano fuori tutta una serie di personaggi.
La scuola di Calasso è dialettica, i frammenti oscillano fra la disperazione (Joseph Roth, Walter Benjamin) e la celebrazione (Céline, André Gide), e finiscono con l'ingresso a Treblinka di Vassili Grossman e dell'Armata Rossa. Vale a dire, sebbene questo non venga dichiarato apertamente, Calasso finisce la seconda parte del suo libro mentre prepara la strada ad una rilettura della prima parte dello stesso libro (quella che mette in relazione il terrorismo ed il turismo negli ultimi decenni).
Se durante la Seconda Guerra, la notizia dei campi venne accolta con incredulità (Vedi la storia di Jan Karski), possiamo dire che parte della storia della seconda metà del XX secolo è la storia della revisione di questa incredulità e dell'assorbimento di tale «notizia». È proprio questo il problema che Calasso tocca nel suo libro quando parla di «turismo» e di «turisti», ed è questo anche il problema che affrontato da Georges Didi-Huberman in "Scorze": «Nel 2011, otto anni dopo la pubblicazione di "Immagini malgrado tutto", Georges Didi-Huberman si reca nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, come turista, con la sua macchina fotografica in pugno. Questo suo tour, o questo pellegrinaggio, nel cuore di quel che rimane della macchina di morte nazista, darà origine al saggio "Scorze", una sorta di quaderno di appunti, o di saggio autobiografico, scritto a partire dalle fotografie scattate dal filosofo.»
Nessun commento:
Posta un commento