Visto che sembra essere oggi all’ordine del giorno…
Nel nono secolo la Sicilia venne conquistata dagli Arabi, i quali vi rimasero per quasi trecento anni. Tra le altre cose, portarono nuove conoscenze e tecniche rivoluzionarie in tutti i campi. In agricoltura seppero essere fortemente innovativi per quanto riguardava l`irrigazione dei terreni, grazie alla cosiddetta «senia», uno strumento che serviva a tirare acqua dai pozzi: in un ampio pozzo veniva installata una macchina di legno costituita da un nastro trasportatore verticale (nel caso specifico si trattava di una fune) teso fra due tamburi rotanti e munito di numerose brocche (quartari); queste, una volta arrivate in fondo al pozzo, si riempivano d’acqua per poi risalire e versare il loro contenuto in un`ampia vasca (gebbia).
Il movimento rotatorio veniva generato da un animale da soma (asino o mulo) che veniva legato ad una trave orizzontale, la quale era direttamente collegata alla senia. L`animale, bendato, girava in continuazione attorno al pozzo e, grazie ad un sistema di ruote dentate, faceva ruotare i tamburi, e quindi la fune con le brocche. Si trattava di un ingegnoso sistema per procurarsi acqua in gran quantità, e con basso consumo di tempo e di energie. Una macchina di tal genere, in lingua italiana si chiama bindolo. La facilità d`irrigare i terreni permise ai siciliani la realizzazione di lussureggianti giardini. Ancor oggi in qualche parte della Sicilia per indicare un giardino si dice senia. E da senia deriva il verbo siniari, che significa lavorare in modo pesante e monotono. Sceccu di senia, a sua volta, è detto colui che viene sottoposto a dei lavori duri, sempre uguali e mal remunerati.
già pubblicato sul blog il 20/9/2007
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