Il cristianesimo è una religione perversa? Dio Padre, che pone in mezzo al Paradiso l’albero della conoscenza e poi proibisce alle sue creature di gustarne i frutti, sembra agire come un perverso, e perverso è il piano divino che prevede di sacrificare il proprio Figlio per salvare quelle stesse creature da Lui spinte a peccare… Tuttavia, nonostante questo – o forse proprio per questo – il cristianesimo resta una religione autenticamente «rivoluzionaria», forse la sola in grado di farci riflettere sulla condizione paradossale dell’uomo: e Slavoj Žižek, in questo denso e sorprendente volume, arriva a sostenere– da un punto di vista completamente ateo – che «per essere un vero materialista dialettico bisogna andare fino in fondo all’esperienza cristiana». E la vera esperienza cristiana viene trasfigurata: non consiste più (o non soltanto) nella fede nel Grande Altro divino, ma soprattutto nella tragica consapevolezza dell’impotenza radicale di Dio. Riproponendo, con coraggio teoretico ineguagliabile, i dilemmi agostiniani e kierkegaardiani, Slavoj Žižek fornisce con questo saggio – tanto ai credenti quanto ai non credenti – una visione veramente sovversiva dell’eterno problema di Dio. E poiché oggi anche i difensori dell’Illuminismo riconoscono che una visione religiosa è necessaria per ancorare il nostro atteggiamento etico e politico in un’epoca post-religiosa, questo libro si candida a punto di partenza per un dibattito quanto mai necessario.
(dal risvolto di copertina di: Slavoj Zizek, "Il nano e il manichino. Il cuore perverso del cristianesimo". Ponte alle Grazie, pagg. 272, euro 18)
Slavoj Zizek: «Io, ribelle voglio solo normalità»
di Raffaella De Santis
Sullo schermo, polo blu e faccia assonnata, non appare il filosofo contro il sistema, il demolitore dell'ordine liberale-capitalista, ma un uomo che tra una sparata e l'altra si definisce un moderato. L'ultima capriola di Slavoj Zizek, l'intellettuale più corteggiato dai festival e idolatrato come un guru, è rovesciare il tavolo e congedarsi dal suo vecchio santino: «Che me ne importa dei rivoluzionari, sto diventando un conservatore, ci tengo alle buone maniere». Sono le dieci di mattina, Zizek si collega via Skype dalla sua casa di Lubiana, sembra stanco ma poi quando inizia a parlare è inarrestabile. Spericolato inanella paradossi e mette insieme Hegel e Gesù Cristo, Tarkovskij e le serie tv, Napoleone e Sanders. In Italia Ponte alle Grazie ha appena ripubblicato il suo saggio Il nano e il manichino, dove il cristianesimo è letto in chiave rivoluzionaria. Ma la parola "rivoluzione" oggi lo irrita, "lasciamola a Trump" dice mentre si agita sul divano e accentua nervosamente i suoi tic.
Il Covid segna l'inizio di una nuova era?
«Credo che la normalità come la conoscevamo non tornerà, che dovremo reinventarne una nuova. Sono i danni psichici che mi preoccupano, qui nelle strade c'è più violenza, le cliniche psichiatriche sono piene, aumentano i suicidi dei giovani. Le vecchie abitudini stanno saltando, per questo sto diventando un po' conservatore. Abbiamo bisogno di regole.»
Imposte dall'alto?
«Non penso all'intervento dello Stato ma all'educazione, alle regole di convivenza giornaliera. Siamo sempre più promiscui, più deboli, inseguiamo passioni momentanee e dimentichiamo l'amore vero per accontentarci di surrogati virtuali. Non siamo mai stati così connessi. Sono stanco di chat, video conferenze, telefonate. Paradossalmente la pandemia mi ha fatto prendere coscienza che a mancarmi è la solitudine.»
Che cos'è l'amore per lei?
«L'amore ha bisogno di corpi. Essere nudi è un'esperienza spirituale. Lo aveva capito Tarkovskij. Nel film Stalker, il suo più bello, i ricordi sono accompagnati da acqua, vento e pioggia e questo perché la spiritualità è sempre materiale. È il miracolo stesso del cristianesimo: Gesù Cristo è un essere umano, è corpo. Dio non è altrove, è tra noi.»
Non è fantascienza pensare che la corporeità possa sparire del tutto?
«Un giorno un amico di mio figlio mi ha detto: chi ha tempo oggi per flirtare e impegnarsi nel gioco della seduzione? Non nego che su Zoom si possano fare incontri meravigliosi ma l'idea di amore platonico mi pare sciovinista. Prenda il mito di Orfeo e Euridice. Quello che sappiamo è che stanno risalendo dall'oltretomba, lui si gira e infrange la promessa di non guardarla, così la perde di nuovo. Io immagino uno scenario diverso. Orfeo mentre cammina pensa: ora dovremo impegnarci a stare insieme ogni giorno, forse è meglio proseguire da solo e scriverci un poema. Credo che l'amore cortese sia profondamente antifemminista. Si preferisce la donna come idea piuttosto che a fianco (ride).»
Lei più volte ha condannato l'edonismo contemporaneo, qual è la sua idea di felicità?
«Penso che la felicità sia da idioti. Le persone che dormono bene sono idiote. Ma come fanno? Io mi sveglio spesso nel mezzo della notte e prendo appunti se mi viene un'idea, tanto che non riesco ad addormentarmi senza un pezzo di carta vicino al letto.»
E questa agitazione la turba?
«Tutt'altro, mi piace, ma ho imparato a dominarla, come domino le passioni che di per sé possono essere una catastrofe, possono farci a pezzi. Solo l'amore può aiutarci a trasformare il loro impatto devastante in qualcosa di adatto alla quotidianità. La felicità richiede fatica, si costruisce giorno dopo giorno. Non a caso i cristiani parlano del "lavoro dell'amore".»
Non teme di apparire un vecchio reazionario?
«Siamo arrivati al paradosso che se vai dallo psicologo e gli racconti che stai solo col tuo partner, ti senti dire che la tua è una fissazione patologica, che in te c'è qualcosa che non va. Alla promiscuità, che è diventata naturale, preferisco la sicurezza burocratica del matrimonio. Se mi sono sposato quattro volte è perché ogni volta accetto di impegnarmi.»
È anche questa una provocazione?
«Oggi il vero azzardo è il matrimonio, non la trasgressione. Non abbiamo bisogno di rivoluzioni ma di cose normali. Il grande produttore Sam Goldwin dopo essere stato accusato di fare film pieni di vecchi cliché scrisse ai suoi collaboratori che bisognava cercare "nuovi" cliché. Aveva ragione.»
Nel libro dedica alcune pagine all'importanza del tradimento e alla rivalutazione della figura di Giuda. L'infedeltà fa parte del gioco?
«Ha mai visto la serie tv Homeland? Claire Danes interpreta un agente segreto che combatte il terrorismo. A un certo punto intreccia una relazione con una spia russa ma alla fine la tradisce rivelando informazioni segrete alla Cia. Lo trovo stupendo, l'amore autentico non è apertura totale ma rispetto delle distanze, una forma di infedeltà. Diffido di chi dice "siamo diventati una cosa sola". Quello non è amore, è cannibalismo emotivo.»
Dunque a suo avviso oggi abbiamo bisogno di un'utopia rivolta al passato?
«Di rituali quotidiani dimenticati, di educazione. Donald Trump ha volgarizzato la vita di tutti i giorni. Non è affatto un conservatore, è paradossalmente un postmoderno: rompe le regole, dice bugie, usa l'ironia a sproposito. È un volgare rivoluzionario. La sinistra invece dovrebbe diventare la voce di una maggioranza "morale". L'immagine simbolica può essere quella di Bernie Sanders durante la cerimonia del giuramento di Biden.»
Si riferisce alla foto di Sanders con i guanti di lana che ha fatto il giro dei social?
«Un momento sublime. Lui sì che è un rappresentante autentico della sinistra. Quando Hegel vide Napoleone a cavallo nelle strade di Jena dopo la battaglia, scrisse di aver riconosciuto nella sua figura il weltgeist, lo spirito del mondo. Ecco, Sanders in quel momento incarnava lo spirito del presente.»
Non le sembra di aver esagerato con i paradossi?
«Sono stato molto confuso. Mi aiuti, sia cattiva, manipoli le mie parole come vuole.»
- Intervista di di Raffaella De Santis - Pubblicata su Repubblica del 6 maggio 2021 -
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