L'umorismo, in Kafka nasce a partire da delle situazioni assurde e dall'eccessività di alcuni personaggi eccentrici (lo stesso avviene anche in Thomas Bernhard, la cui opera è colma di questo genere di tipi involontariamente comici; vale a dire, di tipi la cui mania viene martellata ed enfatizzata al punto da riuscire a sfiorare l'umorismo a partire dall'esagerazione, dall'assurdo).
In "Nella Colonia Penale", ad esempio, vediamo che ben presto si formano due coppie (un procedimento, questo, che ci fa pensare anche a Beckett, che faceva spesso ricorso - nelle sue pièces - a questa risorsa comica in cui la coppia rimaneva coinvolta in dialoghi insistenti e assurdi; per cui è possibile pensare a Sancho e Chisciotte, in Cervantes).
L'esploratore parla con l'ufficiale. Il soldato si avvicina al condannato che sta per essere giustiziato dalla macchina della tortura. Ma all'ultimo momento viene liberato. Dopo essere stato liberato, il condannato rimane vicino al soldato, mentre quest'ultimo, aiutandosi con la baionetta, tira fuori i suoi vestiti dal fondo della fossa (si tratta dei vestiti che sono stati strappati quando il condannato è stato posizionato nella macchina della tortura).
«Forse il condannato si sentiva in dovere di divertire il soldato», scrive Kafka, «e si girò, con gli abiti squarciati, davanti a quest'ultimo, che se ne stava accovacciato in terra e batteva le mani sulle ginocchia sghignazzando.»
Di certo, la risata del soldato non è contagiosa, non fa ridere il lettore coinvolgendolo nel suo ridere; eppure, senza dubbio, l'umorismo esiste e si fissa nella scena. E una delle sue funzioni, è quella di esasperare l'assurdità di tutta questa situazione: la pantomima del condannato che recupera i propri vestiti, mentre il soldato ride, completamente immerso nella sua alienazione, nel suo automatismo.
Nel momento in cui l'Ufficiale formula il suo lungo monologo, in cui spiega all'esploratore il funzionamento della macchina della tortura, il punto centrale dell'esplosione coincide con il punto centrale della performance della macchina: la sesta ora, all'interno di un processo generale di dodici ore di funzionamento. L'Ufficiale dice che la sesta ora è quella in cui «anche il più stupido comincia a capire. La rivelazione parte dagli occhi e si diffonde per tutto il corpo»: «È un momento che ti fa venire il desiderio di sdraiarti con lui sotto l'erpice.» È questa frase ad essere decisiva, dal momento che prepara il terreno per la grande sorpresa della narrazione, la sostituzione del corpo del condannato con quello dell'Ufficiale. Alla fine del racconto, si arrende alla seduzione che lo ha da sempre legato alla macchina della tortura: ha investito una forte carica libidinale in quella macchina, come appare evidente a partire dallo sforzo che fa per convincere l'esploratore che la macchina, non solo partecipa della cultura del luogo ma, è anche parte costituente dell'evoluzione umana. «Ciò che era toccato al condannato», scrive Kafka, «ora tocca all'Ufficiale». Si spoglia e si gira verso la macchina; mentre il condannato, rendendosi conto di cosa stia per accadere, si ritiene «vendicato, alla fine», e «Un ampio, muto sorriso si disegnò sul suo volto e vi rimase.»
Affinché possa avvenire la consegna dell'Ufficiale alla macchina, è necessario lo sguardo del condannato, quanto meno al livello della narrazione costruita da Kafka, dove, in questa prospettiva, il consegnarsi dell'uno dipende dal guardare dell'altro, in un gioco di sottomissione e abiezione che collega Nella Colonia Penale a un precursore celebre quale, per esempio, il Marchese De Sade, da una parte, e dall'altra a un contemporaneo di Kafka come Georges Bataille (il quale trascorrerà buona parte della propria opera a descrivere la zona grigia collocata tra desiderio, abiezione, violenza e sacro). La macchina della tortura è allo stesso tempo, tanto un nuovo dispositivo (qualcosa che ha a che fare con l'elaborazione kafkiana della tecnologia, e le sue relazioni con il soggetto) quanto una riconfigurazione del conflitto millenario tra la carne e lo spirito, che ossessionava Kafka.
fonte: Um túnel no fim da luz
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