I «disastri naturali sociali» e il nuovo movimento per il clima
- di Thomas Meyer -
1.
La rapida diffusione del movimento di difesa del clima nel mondo è veramente notevole (cfr. Haunss; Estate 2020). Notevole è anche l'odio di cui questo movimento è talvolta oggetto, specialmente l'odio contro Greta Thunberg. Semplicemente, il soggetto borghese in crisi non vuole ammettere che il suo stile di vita capitalista è diventato insostenibile. Perfino i più piccoli cambiamenti nelle viti che regolano il sistema, fanno andare su tutte le furie il «cittadino preoccupato». A partire da questo, il movimento per il clima non viene visto come un'occasione o come un'opportunità di riflessione e viene invece, fin dall'inizio, continuamente interrotto da «isteriche reazioni difensive» (cfr. Hartmann 2020, 118ss.). La «virilità tossica» si scarica attraverso innumerevoli commenti di odio e si manifesta per mezzo di "contro-movimenti" assurdi e assolutamente reazionari come i "Venerdì per la cilindrata" (attualmente con circa 500.000 membri). [*1] Coloro i quali vedono la loro automobile come se fosse un'estensione del loro cazzo sembra che si sentano simbolicamente evirati da una ragazza.
Mentre da una parte il cambiamento climatico è diventato ovvio e scontato, dall'altra viene ostinatamente negato dai populisti e dai radicali di destra (come Donald Trump e Beatrix von Storch). Anche dove non lo negano apertamente, ad essere negato è il contributo umano al cambiamento climatico, oppure si dice che non c'è niente che si possa fare in ogni caso. [*2] Gli apologeti del capitalismo degli Amok, sembra che da offrire abbiano solo la «libertà di morire». Naturalmente, rifiutano anche tutte le misure che possono essere prese contro il cambiamento climatico, per quanto superficiali e insignificanti. Oppure lottano per la difesa dell'ambiente, piuttosto che per la difesa del clima [*3]. Naturalmente, la difesa dell'ambiente viene vista come «sicurezza interna». La sicurezza interna, come difesa razzista contro tutto ciò che non corrisponde all'immagine nazionalista, include la difesa contro i rifugiati (climatici) in quanto «misura di difesa del clima». Da tutto ciò ne deriva un imperialismo ancora più escludente (cfr. Böttcher 2016) e con ancora più costruzione di muri e ordini di sparare. Anche se negli ultimi anni i fascisti non sono riusciti a prendere piede nel più recente movimento ambientalista (per esempio nelle proteste intorno alla foresta di Hambach, Ende Gelände), questo non significa che continuerà ad essere così [*4]. Gli sforzi della destra volti a (ri)formulare la «difesa dell'ambiente» rendono chiaro tutto questo, come è dimostrato in particolare dalla fondazione di nuove riviste di ecologia di destra [*5] (per saperne di più si veda: Jahrbuch Ökologie 2020. Cfr. anche Hartmann 2020, 135 ss.).
2.
Sembra un po' strano che Fridays for the Future, a parte tutto l'odio, riceva un così grande sostegno da così tante parti. In un primo momento, questo ha suggerito che i venerdì per il futuro in fondo non facessero davvero breccia: «La resistenza che non provoca resistenza non è resistenza», ha detto Gerhard Stapelfeldt (cfr. Stapelfeldt 2019, 3). Secondo lui, le recenti proteste per il clima sono più una ribellione conformista: «In ogni caso, il superamento del cambiamento climatico viene cercato in una maniera socialmente ed economicamente conformista. Questo conformismo è il punto di partenza della protesta attuale - ecco perché è "sfrenata", ecco perché non c'è mai fine agli inviti ai governi, ai parlamenti, ai partiti e ai partecipanti alle proteste» (ibid., 4, corsivo nell'originale).
Come sottolinea Stapelfeldt, i manifestanti sono tutte persone che sono cresciute nel neoliberismo, quindi è logico che le proteste abbiano un carattere privatista e mostrino un «analfabetismo sociale»: nel corso dei Venerdì per il Futuro si parla di crisi del clima, ma non di una crisi della società capitalista. I politici sono chiamati a riservare finalmente ai risultati della ricerca sul clima l'attenzione che essi meritano e ad agire di conseguenza. Ma non ci si chiede mai perché, ciò nonostante tutte le conoscenze e tutte le promesse e i summit sul clima, ecc. [*6].
È vero che in parte Fridays for the Future sottolinea come focalizzarsi sull'individuo e sulle sue abitudini di consumo sia insufficiente, poiché l'individuo non ha alcuna libertà di scelta. [*7] Tuttavia, ridurre i Venerdì per il Futuro a una «protesta individualistica per la sostenibilità» (come appare chiaramente evidente nel lavoro di economisti della post-crescita come Niko Paech, cfr. Meyer 2021) trascura quella che è la loro vera preoccupazione centrale. [*8] È perciò corretto affermare che le riflessioni e le richieste dei Venerdì per il Futuro si muovono all'interno dell'immanenza capitalista. A questo livello, tuttavia, le prospettive per la società nel suo complesso formulate in maniera coerente e ritenute necessarie (anche se la richiesta di un prezzo del CO2, per esempio, si è da tempo dimostrata una completa assurdità, cfr. Hartmann 2020, 65 e segg.) Tuttavia, «ciò che l'individuo può o deve fare», ad esempio astenersi dai viaggi in aereo e dal consumo di carne, [*9] viene menzionato soprattutto nel «discorso pubblico». Il sociale, e soprattutto il modo di produzione non vengono mai affrontati in questi appelli. Ciò deriva dalla cecità nei confronti della forma sociale. Sembra essere tutto solamente una questione di «giusta tecnologia» e delle «giuste abitudini di consumo». Tale pensiero è diffuso soprattutto nelle file dei Verdi-Oliva, [*10] i quali non intendono «stravolgere» il capitalismo, ma «soltanto regolarlo e renderlo verde» (Hartmann 2020, 42). «La parola magica è crescita verde» (ibid.).
Il pubblico interesse per i Venerdì per il futuro, tuttavia, rimane a volte insignificante. La catastrofe climatica in corso [*11] è stata discussa per decenni, ma le misure di protezione del clima continuano ad essere solo simulate o vengono bloccate. Tutte le misure, per quanto inadeguate possano essere fin dall'inizio, vengono sempre attenuate fino a diventare inefficaci. La «localizzazione dell'investimento» ha sempre la precedenza. «Se si vogliono proteggere i posti di lavoro, non si può essere troppo schizzinosi riguardo ai danni ecologici» (Hartmann 2020, 16). Anche il favoloso «pacchetto di protezione del clima» della coalizione tedesca "Groko-Haram" (Martin Sonneborn), nell'autunno 2019, ha dimostrato che non si deve fare niente di serio. Tutto dovrebbe rimanere essenzialmente così com'è. [*12]
Come si è detto più volte nel contesto della critica della dissociazione valore, le proteste immanenti sono importanti: per esempio, quelle contro i tagli sociali, contro la follia degli aumenti degli affitti degli alloggi, contro la crisi dell'assistenza ecc. Nei casi isolati, possono anche essere in grado di prevenire il peggio. Se rimangono nell'immanenza, però non mettono in discussione la condizione dei finanziamenti ecc. e allora, o si confrontano con il vuoto o rischiano di diventare parte della gestione della crisi (cfr. ad esempio Kurz 2006, Böttcher 2018 e Meyer 2019). Con le proteste per il clima, la situazione è simile . Quindi, bisogna fare pressione su tutti i regimi di amministrazione della crisi, come sta cercando di fare il movimento per il cambiamento climatico, per spingere verso una «trasformazione ecologica» «per quanto scomoda e non redditizia possa essere» (Thunberg 2019, 47, enfasi TM).
Qui, Greta Thunberg dichiara che la redditività deve essere rifiutata. L'obiettivo necessario è quello di mantenere il mondo abitabile. Ragion per cui, sbarcare il lunario non è un'opzione. Tuttavia, la critica del modo di produzione capitalista, il movimento di valorizzazione del capitale, ecc. non gioca un ruolo significativo nel movimento di difesa del clima. Eppure, Fridays for the Future non è un movimento omogeneo (con l'avanzare del 2019, è diventato più vario. Pur essendo essenzialmente un movimento borghese, cioè un movimento dei più ricchi, ha da tempo cessato di essere "solo" un movimento di studenti, cfr. Haunss; Estate 2020). Ci sono infatti alcuni gruppi (come 'Change for Future') che rivendicano o tentano una critica del capitalismo (anche se qui la critica del capitalismo non è una critica radicale della costituzione feticcio). Tuttavia, non si può dire che le posizioni critiche nei confronti del capitalismo siano essenziali per il movimento. [*13] Si sostiene, per esempio, che la crisi climatica non può essere risolta nel sistema economico attuale. [*14] Si pone in questo modo la «questione del sistema». D'altra parte, alcuni attivisti di Friday for the Future pensano di poter fare una significativa differenza attraverso le elezioni o di essere eletti. [*15] Resta da vedere se i Venerdì per il Futuro possono rompere l'immanenza ed evitare di cadere nell'affermazione o nell'opportunismo (cfr. Konicz 2020). [*16]
3.
Ha certamente senso criticare certi prodotti e modelli di consumo, e fermarne la produzione. Tuttavia, è problematico se ci fermiamo qui, e pensiamo che sia sufficiente abolire i sacchetti di plastica e i SUV, senza che sia il modo di produzione stesso a essere messo sotto esame critico. Non si tratta affatto solo di un problema di tecnologia "giusta". È soprattutto alla «contraddizione tra materia e forma» che bisogna guardare (cfr. Ortlieb 2019a). Come è avvenuto ad esempio anche nei precedenti dibattiti sul veganismo o sul capitalismo verde, non viene percepito che anche un capitalismo verde o vegano deve resistere alla concorrenza, ragion per cui la «produzione sostenibile» non è poi così sostenibile, soprattutto quando la domanda di solventi crolla e le regolamentazioni ambientali ecc. si rivelano dirompenti e disfunzionali per l'ulteriore accumulazione di capitale. Il fatto che i grossi guadagnatori negli stati centrali capitalisti possano fare scorta di ogni sorta di "prodotti ecologici" (e usare i loro SUV, per andarli a comprare) non deve far dimenticare che ciò è possibile solo perché questi strati sociali sono ancora tra i vincitori del mercato globale.
Quindi, se si sostiene che si dovrebbe consumare meno carne in modo che venga distrutta meno foresta pluviale, per la produzione di soia come cibo per animali, per quale motivo un calo della domanda di soia renderebbe la produzione di soia meno distruttiva nel caso che la soia fosse coltivata come cibo umano?!? La foresta pluviale continuerebbe comunque ad essere distrutta per la produzione di bistecche di soia, o per produrre biocarburante. Una "critica" verde, che si concentra sull'individuo e si occupa concretamente dei beni di consumo individuali, così facendo ignora la capacità distruttiva del modo di produzione capitalista. In condizioni capitalistiche, un "New Deal verde" è solo un'altra illusione di volersi liberare della distruttività del capitalismo senza assumerla come tema e superarla. Un Green New Deal sarebbe sempre la solita stessa cosa in verde (cfr. Reckordt 2019). La distruttività del capitalismo verrebbe solo modernizzata. Così, quando qualcuno si lamenta dell'estinzione delle specie, dell'agricoltura industriale e della mania dell'automobile, allora a quel punto l'attenzione dovrebbe concentrarsi su come la natura viene violentata in accordo con quelli che sono i criteri di capitalistici di valorizzazione, e come di conseguenza viene distrutta a causa loro. È pertanto necessario fare del dominio e della distruzione della natura l'oggetto della discussione, e mettere al centro del tema la riduzione della natura a mera materia prima. In questo contesto, occorre riferirsi al carattere profondamente patriarcale del dominio della natura da parte del capitale, come appare evidente, per esempio, nella medicina riproduttiva (cfr. Meyer 2018). Tuttavia, nel dibattito sul cambiamento climatico, questa connessione non viene affrontata, poiché a Fridays for the Future manca un pensiero critico delle scienze (naturali) (cfr. Ortlieb 2019).
Robert Kurz ha sottolineato come non sia possibile per gli esseri umani, sebbene essi siano esseri naturali, relazionarsi '"armoniosamente" con la natura, poiché gli umani non sono "uno" con la natura. Il rapporto con la natura consiste nell'entrare in un metabolismo specifico con la natura, che porta anche a trasformare la natura, in modo che quindi essa stessa venga alterata(cfr. Kurz 2002). La natura non è quindi qualcosa di statico. Una natura che si suppone essere qualcosa di incontaminato e intoccabile è un desiderio proiettivo del soggetto borghese, che non può o non vuole affrontare criticamente il proprio rapporto con la natura e quindi con sé stesso. Di conseguenza, quando si parla di protezione della natura, deve essere chiaro quale natura deve essere protetta e perché: cioè da chi o da cosa deve essere realmente protetta! Deve poi essere chiaro che la distruzione ambientale è il risultato di un determinato modo di produzione, e non il risultato di una particolare tecnologia o di un singolo prodotto che l'individuo poi consuma. O, secondo le parole di Robert Kurz: «Sarebbe troppo conveniente attribuire la dinamica della moderna distruzione della natura esclusivamente alla tecnologia. Certamente si tratta di mezzi tecnici che direttamente o indirettamente interferiscono con i legami naturali. Ma questi mezzi non sono responsabili di per sé; sono il risultato di una certa forma di organizzazione sociale, che definisce tanto le relazioni sociali quanto il "processo di metabolismo con la natura"». (ibidem).
Pertanto, ha poco senso cercare di proteggere la natura o il clima semplicemente vietando certi prodotti o pratiche. Questi divieti sono, come è noto, destinati a ridurre le emissioni di CO2. In alternativa, si investe in prodotti che promettono minori emissioni di CO2. Ma i prodotti non vengono considerati come risultati specifici di un modo di produzione, cioè come prodotti della sua socialità. In questo contesto, la «forma del lavoro sociale [...] determina gli obiettivi specifici e le forze motrici della produzione e del consumo, così come determina il tipo e l'estensione degli interventi sulla natura» (Böhme; Grebe 1985, 27). La «forma del lavoro sociale» (cioè il lavoro come astrazione reale) nei Fridays for the Future non viene vista. Questa forma consiste nell'astrazione del contenuto e delle sue qualità intrinseche. La natura viene usata solo come substrato per la valorizzazione del valore, così che attraverso il lavoro la natura viene anche opportunamente degradata, il che è chiaramente visibile, per esempio, nell'agricoltura, dove l'industrializzazione ha portato a una massiccia perdita di varietà (cfr. Mooney; Fowler 1991). Inoltre, il capitalismo non è assolutamente in grado di utilizzare le risorse con parsimonia. Se la produttività aumenta, in modo che un capitale individuale deve usare meno lavoro per la stessa produzione di merci, questo porta al fatto che, a causa dell'abbassamento dei prezzi dei prodotti che accompagna l'aumento della produttività, il capitale individuale aumenta la sua quota di mercato, spiazzando così i concorrenti e aumentando la sua produzione totale di merci. Se un aumento di produttività o un'innovazione di prodotto porta a una versione (presumibilmente) più ecologica del prodotto, battendo i concorrenti, allora la parte ecologica viene rapidamente sovracompensata nel momento in cui un capitale individuale inonda il mondo intero con quel prodotto. L'introduzione della marmitta catalitica nelle automobili, per esempio, non ha portato a una mobilità più ecologica, ma a un maggior traffico individuale. [*17] Se i vincitori del mercato mondiale riuscissero alla fine a produrre in modo ecologico ed economico, il resto del mondo verrebbe spremuto e dovrebbe poi rinunciare ancora di più ai «requisiti ambientali». La concorrenza significa che il prodotto più economico prevarrà sempre. Così, se è più conveniente distruggere l'ambiente, ignorare i cicli naturali e i tempi di rigenerazione, allora la concorrenza obbligherà a farlo, tanto più nella crisi del capitalismo. A causa della dinamica del capitalismo, anche il prodotto più ecologico porta a una maggiore distruzione ambientale, poiché il consumo di risorse di solito aumenta comunque. Questo è il cosiddetto effetto rimbalzo [rebound], che fu notato anche dagli economisti borghesi del XIX secolo, ma che continua a rimanere frainteso.
Grazie a Marx, l'effetto rimbalzo può essere spiegato: se, all'aumentare della produttività, la massa totale di valore diminuisce, perché si deve spendere meno lavoro per la quantità totale di merci, ecco che allora si deve aumentare il numero di prodotti in termini assoluti, in modo da poter ottenere la stessa massa di valore. Ciò è tanto più vero in quanto non si tratta solo di conservare la massa di valore, ma piuttosto di aumentare costantemente questa massa stessa; cioè la produzione che non produce plusvalore viene fermata (cfr. Ortlieb 2019a, 283 ss.).
Così, non è affatto "l'essere umano" o l'uso della natura che porta alla distruzione della natura e alla catastrofe climatica, ma si tratta di un modo di produzione irrazionale che si occupa della produzione di ricchezza astratta, della valorizzazione del valore. La capacità di valorizzazione si scontra così con i limiti storici, che si vedono nella crescente sfrenatezza e distruttività del capitalismo. Ma quasi nessuno vuole ammetterlo. È molto più facile reprimere la realtà comportandosi come "ecosostenibile" o dando la "colpa" agli esseri umani "di per sé", cioè concludendo che il vero crimine qui è l'esistenza stessa degli esseri umani! Verena Brunschweiger, [*18] per esempio, suggerisce seriamente che dovremmo smettere di fare figli a causa del clima (nel suo libro: Kinderfrei statt kinderlos - Ein Manifest, per la critica vedi Meyer 2020). Questo consentirebbe di risparmiare CO2. Qui, possiamo già vedere che quanto meno la forma capitalista di produzione e di vita viene messa in discussione e criticata radicalmente, tanto più la negazione del problema e la repressione della realtà prendono piede, e portano a far sì che ad apparire come un problema sia l'esistenza umana stessa. Il capitalismo viene abbellito come se fosse una costante antropologica e viene visto come un fatto ineluttabile della natura, così che possa sembrare più realistico far scomparire gli stessi esseri umani, piuttosto che realizzare il fatto che bisogna mettere fine alla produzione astratta di ricchezza. Senza la comprensione/critica della costituzione sociale della forma, l'elaborazione ideologica della crisi provocherà talmente tali barbarie, e lo farà a causa dell'erosione/inselvaggimento della socializzazione in forma di dissociazione e valore.
- Thomas Meyer - Testo pubblicato su Telepolis del 18.02.2020 - Fonte: Exit! -
NOTE:
[*1] - Si veda https://www.akweb.de/politik/gegenwind-fuer-die-klimabewegung/
si veda anche http://emafrie.de/audio-feindbild-klimaschuetzerin/?hilite=%27Ricarda%27%2C%27Lang%27
[*2] - https://www.youtube.com/watch?v=HWUvTqlbsjg (al 2:31 Min.)
[*3] - https://www.youtube.com/watch?v=TyxCIhhCVM0
[*4] - https://www.freitag.de/autoren/elsa-koester/die-allzuvielen bem como Konicz 2018
[*5] - https://die-kehre.de/
[*6] - https://www.youtube.com/watch?v=zS4h34A9jHc
[*7] - https://www.youtube.com/watch?v=D9Eqf7UlNWo
[*8] - https://fridaysforfuture.de/wp-content/uploads/2019/04/Forderungen-min.pdf
[*9]- https://www.youtube.com/watch?v=YFUb6wMIHxU. Ab 17:20 Min
[*10] - https://www.heise.de/tp/features/Brandmelder-geloescht-Gruen-Olivgruen-Polizeigruen-4847325.html
[*11] - https://www.spiegel.de/spiegel/print/d-13519133.html
[*12] - https://www.spektrum.de/kolumne/klimaschutzpaket-der-bundesregierung-springt-zu-kurz/1675002
https://www.freitag.de/autoren/der-freitag/das-ist-unglaublich-fahrlaessig
https://www.heise.de/tp/news/Kohlevertrag-Groko-verhoehnt-die-Jugend-5024350.html
[*15] - https://taz.de/Aktivisten-treten-zur-Wahl-an/!5704234/
https://www.klimaliste.de/
[*16] - https://www.youtube.com/watch?v=N5ytkTQQtvA
[*17] - https://www.freitag.de/autoren/der-freitag/monster-unter-artenschutz
[*18] - Che, però, non ha niente a che fare con Venderdì per il Futuro.
Bibliografia:
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