La rivoluzione soffocata
- di José Geraldo Couto -
Judas and the Black Messiah, di Shaka King, è un dramma storico-politico la cui portata va ben oltre lo specifico episodio reale affrontato dal film: la vicenda che vede una spia infiltrata dall'FBI tra le file delle Pantere Nere, e il suo contributo all'omicidio del giovane leader Fred Hampton. L'agente in questione è il giovane Bill O'Neal (LaKeith Stanfield), un ladruncolo nero di Chicago che usa un distintivo falso per fingersi dell'FBI, in modo da fregare le persone rubare la loro automobile. Intrappolato nel suo stesso schema, finisce per diventare davvero uno strumento dell'FBI che viene infiltrato per controllare la cellula cittadina delle Pantere Nere, guidata dal brillante e carismatico Fred Hampton (un Daniel Kaluuya, premiato con l'oscar per il miglior attore non protagonista).
Il dettaglio del distintivo falso diventa quasi una metonimia in quello che è il tema centrale del film, in quanto condensa le sue due idee centrali: Identità e Potere.
Il poliziotto che interroga Bill, e che finirà per reclutarlo per infiltrarlo, manifesta da subito la sua curiosità in proposito: perché le false credenziali?!? «Perché un nero può anche avere una pistola, ma colui che ha delle credenziali può sfoggiare tutto il potere dell'esercito americano» risponde il ladruncolo. Per mezzo della sua falsa identità di poliziotto, Bill rapinava i neri della periferia, come lui, accusandoli di aver rubato le loro automobili.
I crimini della legge
Quella che dopo si verifica, è un'inversione: se prima Bill esibiva una falso distintivo - come credenziali false - per presentarsi come agente della legge, dopo passa a servire in segreto la "Legge", mescolandosi ai militanti del movimento nero, per poterli sorvegliare. É in questa ironia che risiede gran parte del senso politico del film. Infatti, da quel momento non saranno pochi i crimini cui assisteremo, perpetrati dai rappresentanti dell'FBI comandata da J. Edgar Hoover (un irriconoscibile Martin Sheen), in nome della difesa della legge e dell'ordine.
La difesa dell'ordine - sembra asserire il film - è sempre la difesa di un certo ordine. Ma se è questo il tema politico di fondo, in realtà l'attenzione non può non concentrarsi sul tema centrale, che è quello del dramma personale dell'infiltrato Bill O'Neal, che già dalla prima scena appare in un'intervista rilasciata alla serie televisiva documentaria "Eyes on the prize", in cui parla del suo ruolo avuto negli eventi che hanno portato alla morte del leader Hampton.
Un po' come avviene per il poliziotto nero del film BlacKkKlansman, di Spike Lee, la cui coscienza razziale si risveglia nel momento in cui si mescola ai militanti del movimento per i diritti civili; anche Bill vacilla visibilmente quando ascolta gli epici discorsi di Fred Hampton e quando assiste all'appassionato lavoro di base delle Pantere, che include scuole, case di cura e ambulatori per le svantaggiate popolazioni nere. A un certo punto, non si riesce più a capire da che parte pendano i suoi sentimenti e, soprattutto, la sua lealtà.
A giudicare dal film, le autorità temevano che Fred Hampton - allora appena ventenne, avrebbe potuto diventare un leader del calibro di Malcom X o di Stokely Carmichael. Ciò che li terrorizzava, al di sopra di ogni cosa, era il tentativo - che stava facendo Hampton - di unificare nella lotta per l'emancipazione tutta la comunità dei poveri di Chicago, ivi incluse le bande di spacciatori, i gruppi religiosi, i latini sfruttati e perfino i bianchi disoccupati.
Thriller poliziesco
Ben ancorato in queste solide basi - un evento storico reale, un preciso asse politico, il dramma intimo del protagonista - Shaka King costruisce un'avvincente narrazione di thriller poliziesco, aiutato dal fatto che qualsiasi storia di doppiogiochismo (sia che si tratti di una spia internazionale, del membro di una gang o di un informatore della polizia) garantisce suspense a ogni passo, insieme a una esplorazione dei limiti psicologici ed etici dell'individuo in questione.
Ma ancor più di quanto lo faccia lo Spike Lee di BlacKkKlansman, ad attraversare molto bene questo territorio mutevole è il Martin Scorsese di "The Departed". In "Judas and the Black Messiah" c'è una sorta di equilibrio tra l'approccio politico-razziale del primo e l'abilità che il secondo ha nel guidare la tensione narrativa e il crescendo di violenza.
Una delle caratteristiche del regista Shaka King è quella di non limitarsi al punto di vista del protagonista, e nel fare questo elude diversi momenti della sua vita, lasciando così tutta una serie di ombre di incertezza intorno a lui. Alla fine, rimane un nucleo imperscrutabile. Chi è, dopo tutto, Bill O'Neal? Cosa pensava? E cosa provava?
Il vero William O'Neal è morto all'età di 40 anni, pochi mesi dopo l'intervista per la serie "Eyes on the prize". Attraversò la strada in un viale parecchio trafficato e venne investito. Suicidio, a quanto pare. Secondo lo zio che era appena andato a trovare, il nipote era «torturato dal senso di colpa».
Un ultimo commento sul premio Oscar Daniel Kaluuya, che è anche il protagonista di "Scappa - Get Out" (2017), di Jordan Peele, ora è di un paio di anni più vecchio e di molti chili più grasso. Con i suoi occhi larghi, la voce imperiosa e una presenza fisica imponente, in alcuni momenti ci ricorda lo Zé Pequeno (Leandro Firmino) di City of God (2002) di Fernando Meirelles e Kátia Lund. Però uno Zé Pequeno con una direzione, un obiettivo, e una ragione per combattere.
- José Geraldo Couto - Pubblicato il 20/5/2021 sul Blog do Cinema do Instituto Moreira Salles -
fonte: OutrasPalavras
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