« Il suicidio è una soluzione? » Così si interrogavano i surrealisti in un'inchiesta pubblicata sul secondo numero de "La Révolution Surréaliste", nel 1925.
Rigaut, Vaché e, soprattutto, Crevel, risponderanno affermativamente, nei fatti. Crevel, che nel 1930 aveva firmato il manifesto con cui Breton intendeva porre il surrealismo al servizio della rivoluzione.
E poi il Congresso Internazionale degli Scrittori per la Difesa della Cultura, nel 1935; e il sovietico Erenburg che attacca i surrealisti per aver protestato a favore di Victor Serge - in prigione in Unione Sovietica - e contro le condanne inflitte a Kamenev e Zinoviev. Breton schiaffeggia ripetutamente Erenburg in pieno viso e ottiene, in contraccambio, il divieto di intervenire al congresso! Crevel, disperatamente, tenta una mediazione, ma fallisce.
Tutti i surrealisti vengono esclusi dal congresso. Solo il maiale Eluard può intervenire, brevemente. Crevel va a casa e apre il gas. Vivere fa male.
Impossibile ridurre il suicidio ad un solo motivo, certo. Ma fatto sta che mettere l'immaginazione al servizio della rivoluzione non sembra più possibile.
« La barca dell'amore si è infranta contro la vita quotidiana! » - aveva già scritto Majakovskij, nel 1930, due giorni prima di levare la mano su di sé. « Non accusate nessuno » - aveva aggiunto, prima di spegnere il mondo. Sessantaquattro anni dopo, Guy Debord con un colpo di fucile metteva fine ai suoi, di giorni. L'epitaffio lo aveva già scritto, molti anni prima: « Il movimento situazionista deve provare la sua attività rivoluzionaria, in caso contrario deve scomparire »!
già pubblicato precedentemente sul blog l'11/1/2011
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