lunedì 20 aprile 2020

Le colpe della chiesa

« Se ci si chiede senza pregiudizi come la scienza abbia assunto il suo aspetto attuale - cosa importante di per se stessa, perché la scienza regna su di noi e neppure un analfabeta si salva dal suo dominio giacché impara a convivere con innumerevoli cose che son nate dotte - s’ottiene un’immagine alquanto diversa. Secondo tradizioni attendibili s’è incominciato nel sedicesimo secolo, un periodo di fortissimo movimento spirituale, a non più sforzarsi di penetrare i segreti della natura, com’era successo fino allora in due millenni di speculazione religiosa e filosofica, bensì ad accontentarsi di esplorarne la superficie, in un modo che non si può fare a meno di chiamare superficiale. Il grande Galileo Galilei ad esempio, il primo nome che sempre si cita a questo proposito, tolse di mezzo il problema: per quale causa intrinseca la natura abbia orrore degli spazi vuoti, così da obbligare un corpo che cade ad attraversare spazi su spazi, finché esso giunge su un terreno solido; e s’accontentò di una constatazione molto più volgare: stabilì semplicemente la velocità di quel corpo che cade, la via che percorre, il tempo che impiega, e l’accelerazione della caduta. La chiesa cattolica ha commesso un grave errore minacciando di morte un tal uomo e costringendolo alla ritrattazione invece di ammazzarlo senza tanti complimenti; perché il suo modo, e quello dei suoi simili, di considerare le cose, ha poi dato origine - in brevissimo tempo, se usiamo le misure della storia - agli orari ferroviari, alle macchine utensili, alla psicologia fisiologica e alla corruzione morale del tempo presente, e ormai non può più porvi rimedio. Probabilmente ha commesso quest’errore per troppa prudenza, giacché Galileo non era soltanto lo scopritore del moto della terra e della legge della caduta dei gravi, ma era anche un inventore al quale s’interessava, come si direbbe oggi, il gran capitale; e inoltre non era l’unico che fosse pervaso allora dallo spirito nuovo; al contrario, la storia c’insegna come il freddo positivismo che lo animava si diffondesse violento e disordinato come un’epidemia e per quanto possa essere urtante sentir dire, quasi vanto, che uno era “animato dal freddo positivismo”, mentre ci sembra di averne già fin troppo, a quel tempo il risveglio della metafisica per darsi al severo esame delle cose secondo differenti testimonianze dev’essere stato addirittura un fuoco, un’ebrezza di positività!» (da Robert Musil, "L'uomo senza qualità".)

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