Brevi osservazioni sul reddito sociale da quarantena
- di Bruno Lamas -
Un reddito di quarantena sociale non è un reddito di base incondizionato o universale (RBI). Questa distinzione tra queste due misure va fatta in maniera assai chiara, poiché in questo contesto di urgenza, è più che evidente che ci sono tentativi di utilizzare i redditi da quarantena sociali per giustificare la difesa di un RBI permanente visto come panacea per la crisi strutturale della società capitalista e come base per una nuova società. Ritengo che ci siano delle buone ragioni, sia per criticare le proposte di Reddito di Base Incondizionato che per difendere un reddito di quarantena sociale in quelle che sono le attuali circostanze. Un reddito da quarantena sociale è una misura provvisoria vista in un contesto di pandemia; nelle sue più recenti versioni, invece, il RBI appare come una proposta di quello che viene chiamato un nuovo modello sociale e di accumulazione, che a volte viene presentato come se fosse già post-capitalista. Credo che si debba assumere la necessita di un reddito sociale per la quarantena ed allo stesso tempo criticare radicalmente le proposte di una società con un Reddito di Base Incondizionato e le sue illusioni.
Innanzitutto, dobbiamo tenere presente che la crisi economica in cui ci troviamo già, e che rischia di durare a lungo, non è la mera conseguenza di una pandemia, e che non ci consentirà di controllare il propagarsi del virus. La pandemia è stata tutt'al più l'innesco per una crisi economica che covava da diversi anni e si trascinava dalla crisi del 2008, e ciò appare evidente in quelli che sono stati i più recenti interventi della FED sull'economia statunitense. D'altra parte, questa crisi in via di sviluppo è essa stessa parte di un processo di crisi strutturale della riproduzione mondiale del capitale che dura forse da quarant'anni. Ciò significa anche che il verificarsi della pandemia va considerato in quello che è il complesso della traiettoria storica del capitalismo, vale a dire, la più recente dinamica negativa di decomposizione di questa forma sociale. Sia la comprensione di questo processo che le discussioni intorno al Reddito di Base Incondizionato che le attuali proposte per un reddito di quarantena sociale dipendono dalla comprensione della relazione esistente tra il lavoro ed il denaro. Il legame tra il il lavoro e il denaro è una relazione essenziale della riproduzione capitalistica, la quale si basa fondamentalmente sulla trasformazione di un Euro in due Euro, di 2 euro in 4 euro e così di seguito, fino all'infinito. Le uniche cose che il sistema promette sono anche quelle che esige: più soldi e più lavoro. Questo processo è quello che Marx chiamava infatti il «capitale», vale a dire un processo di «valorizzazione del valore». Dal punto di vista del capitale, conta solo tale moltiplicazione, e nient'altro. Il «lavoro astratto», come lo chiamava Marx, vale a dire il dispendio indifferenziato di energia umana ad un dato livello sociale di produttività, secondo quello che è lo sviluppo delle forze produttive, viene rappresentato in maniera per così dire dispiegata, da una parte nelle merci, e nel denaro, dall'altra. Questo sviluppo significa che la stessa massa di valore, prodotta in un dato momento a quello che è il livello dell'insieme della società globale, viene rappresentata dalle merci e dal denaro (essendo il denaro, come riteneva Marx, la «regina delle merci», dal momento che può essere scambiata contro tutte le altre merci), e che a questo livello della totalità, le merci ed il denaro devono corrispondere, o essere equivalenti.
Se il legame essenziale tra il lavoro ed il denaro viene occultato o dimenticato (come è prassi comune nelle concezioni dominanti), ed il denaro viene inteso come se fosse solo un semplice simbolo o una convenzione, ecco che allora diventa possibile ogni sorta di proposte deliranti che vengono fatte sulla base di quella che è la mera emissione, o la stampa, di denaro, omettendo semplicemente - tra le altre cose - quella che è stata l'inflazione secolare sviluppatasi negli ultimi cento anni. Questa comprensione ideologica ultimamente si è rafforzata, prima con la fine del «sistema aureo», cominciato a partire dalla prima guerra mondiale, in parte a causa del crescente bisogno del credito di Stato per poter far fronte ai costi militari della guerra, e poi, nel 1971, con la fine del «gold standard» del dollaro, stabilito con gli accordi di Bretton Woods. A partire da questo secondo periodo, nell'economia internazionale domina un sistema fluttuante basato unicamente sul rapporto tra l'offerta e la domanda sul mercato mondiale, e del tutto disconnesso da quella che è una produzione di valore sostanziale. In questo modo, si viene a rafforzare l'illusione che non ci sia alcuna relazione tra il lavoro ed il denaro, e che non ci sia alcuna crisi del capitalismo e del lavoro; e viene completamente rimosso quello che è il significato storico dello sviluppo delle forze produttive, avvenuto con la terza rivoluzione industriale e con l'emergere della cosiddetta Industria 4.0.
Ora, tutti questi problemi, vale a dire, celare quello che è il legame essenziale tra il lavoro ed il denaro, vengono evidentemente presenti nelle proposte di un reddito di base incondizionato apparse come se fossero una sorta di rimedio a tutti i mali della riproduzione capitalistica, e che sono state invocate come un'utopia realistica che si trova a portata di mano. È significativo che una delle prime proposte che rassomiglia ad un RBI, la si trovi nel libro Utopia di Thomas Moore. Ciò collega immediatamente il RBI al pensiero utopico borghese e a tutte le sue difficoltà, ossia, proiettare la società esistente, con tutte le sue categorie, in un mondo che viene pensato come privo di contraddizione. Idee simili a quella del RBI sono emerse lungo tutta la storia del capitalismo, ma è stato soprattutto a partire dagli interventi di alcuni liberali radicali, già nel XX secolo, come Hayek e Friedmann, che hanno cominciato a parlarne maggiormente: per loro la questione non poneva problemi di sorta, dal momento che, secondo loro, non esiste alcuna relazione intrinseca tra il lavoro ed il denaro. Tuttavia, va tenuto presente lo spirito di queste proposte era quello teso a smantellare e a sostituire lo Stato sociale, e non ad integrarlo. Anche per questo motivo, ad un certo momento Friedman ha dichiarato con grande soddisfazione che la sinistra aveva aderito alla sua proposta senza rendersi conto che stava facendo entrare tra le sue mura un «cavallo di Troia». Se la sinistra liberale è stata sedotta da una simile idea, ciò è avvenuto perché animata dal presupposto astratto dell'uguaglianza che si rivolge all'individuo isolato e alla sua libertà di scelta all'interno della gabbia costituita dal mercato.
Ma anche la stessa sinistra radicale ha in qualche modo accolto con favore queste proposte liberali radicali, anche se lo ha fatto per ragioni più complesse. André Gorz ha cominciato a parlare di un reddito di base allorché, all'inizio degli anni '80, ha detto «Addio alla classe operaia», soprattutto come strategia di riduzione del tempo di lavoro. L'idea ha suscitato interesse anche in relazione alla discussione circa il lavoro domestico, in particolar modo in seno al femminismo italiano, ed è andata avanti tra polemiche. Ad essere in gioco qui, era l'idea erronea secondo la quale il lavoro domestico creerebbe anche plusvalore, del quale si supponeva che se ne appropriasse il sistema capitalistico. Una cosa è dire che il sistema capitalistico dipende in larga misura dalle attività che vengono svolte strutturalmente dalle donne nella sfera domestica, in particolar modo per la riproduzione della «forza lavoro» maschile; un'altra cosa è dire che queste attività sono «lavoro» e che esse «creano valore». L'idea sbagliata è quella secondo cui il dispendio di energia umana, anche in astratto, crei sempre, e in tutte le circostanze, del valore. Dal momento che i post-autonomi vedono creazione del valore in tutto ciò che è dispendio di energia umana, e ovunque nella società capitalistica, questo diventa coerente con il fatto che si battano per il RBI.
Visto che i partigiani del RBI ritengono che esso dia una maggior libertà individuale e più tempo libero, appare loro come se fosse una misura che modifica il modo di produzione, ma in realtà non si tratta altro che di un cambiamento nel modo di redistribuzione della ricchezza, la quale, nella società capitalista, rimane «ricchezza astratta» rappresentata nel denaro e che ha a vedere solo in maniera collaterale con la ricchezza materiale. Più recentemente, queste proposte hanno tratto nuovo slancio dal progredire delle forze produttive e dell'automazione, e dalla corrispondente disoccupazione strutturale di lunga durata, vale a dire dall'emergere della popolazione superflua dal punto di vista della riproduzione del capitale; popolazione superflua che è in costante crescita in tutto il mondo. Di conseguenza, più l'automazione progredisce, più il RBI sembra avere senso. Dico «sembra» perché tutta l'argomentazione si basa sull'ipotesi che il denaro ed il lavoro non abbiano relazione intrinseca, ed assolutamente necessaria, per il funzionamento della società capitalistica. In sostanza, manca qui qualsiasi concetto di ciò che Marx ha chiamato il «capitale fittizio» e del ruolo centrale che attualmente esso gioca nel mantenimento artificiale della riproduzione sociale capitalistica in declino.
Rimuovendo la relazione tra lavoro e denaro, il RBI dimostra di essere attraente per delle eminenti personalità quali Antonio Negri, Yánis Varoufákis, Elon Musk, Mark Zuckerberg et David Graeber. Sembra che tutti considerino il RBI come un elemento fondamentale della costituzione di una nuova società, arrivando perfino in alcuni momenti ad intenderla come una presunta società post-capitalista.
In un contesto simile, non è raro vedere la sinistra impegnata in esercizi di contabilità creativa per vedere se il RBI è una soluzione finanziariamente più sostenibile dello Stato assistenziale. Sia i partigiani dell'uno che quelli dell'altro continuano a trattare il lavoro come una «vacca sacra», e il denaro come se fosse una convenzione intermedia, anziché considerare il legame lavoro/denaro come il rapporto irrazionale e feticistico fondamentale, specifico della società capitalistica, del quale dobbiamo urgentemente sbarazzarci. La follia non è quella di voler abolire il denaro ed il lavoro; la follia consiste nel prolungare la società del denaro e del lavoro.
I sostenitori del RBI appaiono essere i più ingenui in quanto, da un lato, ignorano quali siano gli effetti economici delle loro proposte; mentre dall'altra non si rendono conto che, nel contesto attuale, la contropartita è la disattivazione assolutamente certa di quelle che sono le già mediocri prestazioni ed aiuti sociali, insieme allo sviluppo di effetti sociali del tutto perversi. Da un punto di vista economico, immettere denaro senza alcuna sostanza di lavoro, vale a dire denaro che non rappresenta alcun dispendio di energia umana, a lungo termine significa la sua svalorizzazione ed un'inflazione generalizzata che si va ad aggiungere al processo storico di inflazione del XX secolo. In altri termini, per dirla con parole semplici: se dovessimo per caso avere un reddito di base incondizionato di 500 euro, ciò che accadrebbe a lungo termine è che ben presto i 500 euro diventerebbero più o meno zero. In un simile contesto, tutto sarebbe più o meno com'è oggi, ma un grado di individualismo competitivo ancora maggiore. Se il RBI dovesse venire associato alla fine dei servizi dello Stato sociale, se ad esempio dovessero scomparire le riforme sociali (come vorrebbero i liberali radicali), ecco che questo allora sarebbe solo un altro modo per costringere gli anziani a lavorare fino al giorno della loro morte; in altre parole, ciò che oggi sta accadendo in maniera non ufficiale per quel che riguarda un'importante percentuale di persone anziane, diverrebbe per tutti una politica ufficiale.
D'altra parte, dal punto di vista della forma politica, non dobbiamo dimenticare che le proposte di RBI trovano quasi sempre origine nel quadro dello Stato nazionale, il che significa che lo Stato deve imporsi nella concorrenza globale, in particolare attraverso le esportazioni, per raggiungere l'obiettivo economico che gli permetta la redistribuzione della ricchezza monetaria sotto forma di RBI. Detto altrimenti, si tratta necessariamente di una misura nazionalista. Ben presto, la discussione si concentrerebbe sui criteri di cittadinanza: chi sono ii «cittadini»? Chi è o chi non è idoneo a ricevere un RBI? Chi rimane fuori? Cosa significa questo per quel che riguarda gli immigrati? Come possiamo vedere, nel RBI esistono enormi potenziali di esclusione sociale, e vaste possibilità di atroci esercizi burocratici di quella che è la gestione delle persone. Alla prova dei fatti, dopo tutto, l'incondizionato e l'universale, si rivelerebbe ben presto molto condizionato e assai particolare.
Se si dice che il RBI è una misura sovranazionale, europea, per esempio, non si fa altro che cambiare la scala del problema. Per poter mettere in atto un RBI europeo, l'Europa dovrà imporsi a fronte della concorrenza mondiale; ciò ovviamente a scapito dei perdenti nella competizione, come i paesi del «Sud globale». La Fortezza Europa dovrà tenere duro, con una potenza militare ancora maggiore nei confronti delle ondate di immigranti. Non c'è da stupirsi del fatto che alcuni dei suoi apologeti auspichino una sorta di RBI mondiale, ma si tratta solo della quadratura del cerchio in una società che semplicemente non può immaginare un mondo senza denaro e senza lavoro. Chiunque sogni una società con un RBI permanente, semplicemente non si rende conto del fatto che il rapporto contraddittorio tra il denaro ed il lavoro obblighi il RBI ad essere sempre provvisorio, che piaccia o meno. Ma il RBI può avere, involontariamente, due aspetti vantaggiosi, sia transitori che contingenti. In primo luogo, può servire a forzare una discussione sociale più ampia intorno all'ormai declinante «etica del lavoro», e allo slogan secondo il quale «chi non lavora, non deve mangiare». È stato anche per questo motivo che negli ultimi anni André Gorz si è interessato al RBI. Se si pensa che sono qualche anno fa in tutto il paese c'erano affissi dei manifesti che dicevano «Non vogliamo soldi, vogliamo lavoro», si può vedere come da allora la percezione sociale, le discussioni provocate dalle proposte di RBI, siano un miglioramento.
In secondo luogo, c'è il fatto che l'iniezione monetaria non provoca un'inflazione immediata dall'oggi al domani, ma solo a lungo termine, e che può conferire nell'immediato, momentaneamente, una maggior capacità di acquisto a coloro che oggi vivono nella miseria e permettere così di guadagnare tempo, per quanto forse non sia troppo lungo, affinché l'umanità possa riflettere ed organizzarsi in modo da poter superare la decomposizione del capitalismo senza cadere in una barbarie globale. In questo senso, un RBI non costituisce né partecipa alla costruzione di una nuova società; ma esso può, tutt'al più, dare un margine di manovra per potersi sbarazzare del vecchiume. Questi benefici, per così dire, sono gli stessi che può procurare anche un reddito sociale di quarantena, senza però alimentare le illusioni degli ideologhi del RBI, secondo i quali noi ci troveremmo già in un nuovo regime sociale, se non addirittura in una società post-capitalista. Una pandemia mondiale non può essere esattamente l'ambiente ideale per una riflessione e per una pratica collettiva ed emancipatrice, ma in ogni caso è dove noi ci troviamo.
Le banche centrali e gli Stati possono essere chiamati ad intervenire in tal senso. È assai probabile che si tratti di due sfere d'azione differenti. Dopo il cosiddetto «quantitative easing» della crisi del 2008/2009, del quale hanno maggiormente beneficiato le banche, ora sembra che tutto indichi che sia in corso un nuovo ciclo di «quantitative easing», ma stavolta sarà rivolto all'«economia reale», ed è questo che si chiama «gettare soldi dall'elicottero». Lo fanno perché sanno che limitarsi solo a ripetere semplicemente solo le misure messe in atto per alleviare la crisi del 2008, rivolte al sistema finanziario e che si basavano sull'abbassamento dei tassi di interesse, oggi non avrebbe molto effetto sull'economia, e questo semplicemente perché le persone si trovano confinate nelle loro case. Ed ecco perché lo chiamano anche «quantitative easing for the people» (ed è in questo senso che vanno le proposte del "Libro" [*1]). Le banche centrali potrebbero fornire del denaro direttamente alle persone per permettere un minimo di riproduzione sociale, cosa che per il momento sembra poco probabile. Un «quantitative easing» può essere applicato anche alle imprese, con la banca centrale che fornisce del denaro ad alcune di esse, imponendo loro delle condizioni (come quella di non licenziare i lavoratori). Al posto delle banche centrali, è più probabile che siano gli Stati a mettere in atto queste misure attraverso il debito pubblico, cosa che è più vicina alle aspettative del RBI, ma che fondamentalmente non cambia la questione dal punto di vista della riproduzione sociale capitalistica nel suo complesso.
Stiamo solo girando in tondo, come in una sorta di «keynesismo d'emergenza», in un momento durante il quale tutti quanto sono improvvisamente diventati keynesiani. Improvvisamente, l'emissione di denaro disconnesso dal lavoro non è più una novità; ma è diventata una pratica comune in atto da decenni, ed è anche il modo in cui la riproduzione capitalistica globale «spinge a più non posso» verso il collasso di tutto il sistema, ipotecando in tal modo sempre più quello che è il plusvalore futuro, il quale, in realtà, non verrà mai prodotto, cosa che, in un dato momento, provocherà il collasso di tutto il sistema. L'assurdità di questa situazione, la si può vedere nella reazione agli stimoli economici da parte dell'amministrazione Trump nel contesto della pandemia, quando la giornata di quello che è stato più grande rialzo del mercato azionario statunitense, dal 1933, è arrivato esattamente nella stessa settimana in cui la disoccupazione statunitense ha battuto tutti i record, quasi 5 volte superiore al suo record precedente. La differenza fondamentale rispetto al salvataggio finanziario durante la crisi del 2008, è che, dal momento che i soldi vanno direttamente alla gente e non al sistema finanziario (luogo, quest'ultimo, relativamente disconnesso dall'economia reale, e che contribuisce alla formazione di bolle, cosa che accadrà comunque), assisteremo, a lungo termine, ad una svalorizzazione del denaro ancora più marcata e ad una inflazione corrispondente, in funzione, certamente, di quello che sarà l'importo in gioco e della durata della misura. Se a questo si aggiungono i problemi di produzione e di distribuzione dei bei di sussistenza che non mancheranno di verificarsi nel prossimo futuro, allora avremo un'impennata inflazionistica come non si è mai vista in tutta la storia del mondo. O certo, naturalmente, il problema si aggraverà ancora di più se il reddito sociale di quarantena si trasformerà in RBI, come molti cercano di fare, col rischio di conseguenze nazionalistiche e di esclusione sociale di cui ho parlato prima, alimentando così delle tendenze già esistenti.
In ogni caso, contrariamente alle proposte di RBI, che fanno di un'esigenza astratta di denaro la base di una società presunta come nuova, ciò che il reddito sociale di quarantena può garantire sono le condizioni concrete di sopravvivenza nel contesto della pandemia di coronavirus, cosa che, nella forma sociale capitalistica, non può essere soddisfatta se non su larga scale e attraverso la forma denaro, con quella velocità che esige la pandemia stessa. In tal senso, mi sembra ovvio che un reddito sociale sia una misura necessaria ed urgente, e credo che ciò debba essere rapidamente applicato in tutto il mondo, come ha sottolineato alcuni già la settimana scorsa, altrimenti nei mesi a venire, a quattro angoli del pianeta, sprofonderemo simultaneamente in una spirale di guerre civili e di economia di saccheggio. Se da un lato è ovvio che questi aiuti finanziari, e tutti gli altri che verranno, sono destinati a provocare una fiammata inflazionistica, d'altro canto è ugualmente importante tutelare nel modo più ampio possibile i bisogni sociali e materiali, avvalendosi dell'immensa capacità tecnica e scientifica oggi esistente, al di là di ogni preoccupazione per quel che riguarda l'insensata «sostenibilità finanziaria». Da questo punto di vista, e tenendo conto di alcune delle iniziative emerse in queste ultime settimane un po' dappertutto, una pandemia non è nemmeno il peggiore scenario per poter costruire una base sociale più ampia di sostegno contro le forme capitalistiche di esistenza e di pensiero.
Ma non facciamoci illusioni: il discorso politico tenderà ad accentuare il carattere umanitario della misura, me per lo Stato, la principale funzione di un reddito sociale in quarantena è quella di permettere un minimo assoluto di riproduzione sociale, quella di garantire la già precaria legittimità di molti governi e di prevenire una contestazione sociale violenta e generalizzata. Ecco perché nell'ultima settimana abbiamo visto un numero crescente di governi di diversa provenienza discutere o approvare degli aiuti finanziari e delle misure simili al reddito sociale di quarantena. L'amministrazione Trump parlare di emettere per ogni cittadino americano degli assegni del valore di mille dollari, da emettere nella prima metà di aprile; nel Regno Unito, sembra che ci sia già delle pressioni in tal senso; anche in Indica ci sono delle pressioni per estendere un sostegno, che somiglia ad un reddito di base, che lo Stato ha introdotto lo scorso anno per i contadini; in Brasile, oggi (il 31 marzo) il Senato ha approvato un reddito minimo di 600 Real per le persone a basso reddito, e si prevede che della misura beneficeranno circa 100 milioni di persone. Ho il sospetto che misure simile cominceranno probabilmente a comparire ovunque, per allentare le tensioni sociali e scongiurare il rischio di saccheggi. In questo contesto, l'esigenza di un reddito di quarantena sociale, soprattutto se si sviluppa nel tempo o prende la forma di un RBI, deve necessariamente accompagnarsi a delle forme di organizzazione e di mutuo appoggio che si dissociano sia da quelle che sono forme statali e nazionali sia da delle forme monetarie di relazioni sociali, e lottino in maniera risoluta contro ogni tendenza nazionalista ed economica, che sono potenzialmente di esclusione sociale. Ciò sarà tanto più necessario per fare fronte alla crisi globale prossima ventura, il cui esito è ancora aperto.
- Bruno Lamas - 31 marzo 2020 -
NOTA: [*1] - Il "Libro" è un partito di sinistra portoghese che la settimana scorsa ha lanciato una petizione per un "quantitative easing" a livello europeo, per tutti gli europei.
fonte: Critique de la valeur-dissociation. Repenser une théorie critique du capitalisme
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