Tuttavia, contrariamente ad Agamben, Robert Kurz non parte semplicemente dal presupposto secondo cui oggi siamo tutti potenzialmente «homo sacer», ma a tal proposito ne assume quelle che sono le differenziazioni. Fin dall'inizio, insieme ad ogni tipo di superflui: vecchi, disabili, mendicanti, disoccupati a lungo termine, ecc. abbiamo, che abbiamo da un lato, dall'altro abbiamo gli «ebrei visti come personificazione del potere e dell'alienazione, nei quali veniva proiettato l'enorme potenziale di alienazione della moderna società feticista».
In tale contesto, bisogna distinguere tra campo di concentramento, prigioni, case di lavoro e Auschwitz, nella misura in cui quest'ultimo è stato «il capo di sterminio per lo sterminio», dal momento che non aveva alcuna altra finalità (Kurz, 2003, p.360s.). Ed ancora oggi, nel periodo di disintegrazione del capitalismo, quella che si realizza è l'«esclusione inclusiva (...) secondo un modello razzista e antisemita la cui struttura è polarizzata a partire da quella che è una "vita indegna di essere vissuta", da una parte, e dall'altra nella proiezione fantasmatica di un principio di "razza aliena" la quale dev'essere sterminata» (Kurz, 2003, p.362).
Ora, ciò che attira l'attenzione, nonostante tutta l'insistenza che viene fatta sulle differenziazioni, è che sia nella critica di Deuber-Mankowsky, così come in quella di Kurz, ad Agamben, manca il riferimento agli zingari, dei quali - essendo stati assassinati ad Auschwitz similmente a come è avvenuto con gli ebrei - alla fine non viene in nessun modo tenuto conto.
Gli zingari, come gruppo di popolazione, non solo venivano considerati «razza straniera», come avveniva con gli ebrei, ma vennero anche realmente dichiarati «banditi» (vogelfrei) varie volte nel corso della storia della modernizzazione, contrariamente agli ebrei. Dobbiamo ripetere e ricordare alcune delle affermazioni finora sostenute, al fine di dimostrare quale sia stata la dimensione reale del dramma dell'antiziganismo nella Modernità e nel capitalismo, mettendo in evidenza, in tale contesto, il ruolo avuto dall'homo sacer dello zingaro, che appare chiaramente evidente. A questo punto, bisogna nuovamente ancora una volta fare riferimento a Wolfgang Wippermann: «Non sono a conoscenza di alcun fenomeno parallelo, in cui un intero gruppo etnico, tutto un popolo, sia stato dichiarato come bandito. Questo costituisce un caso a parte nella storia giuridica tedesca» (Wippermann, 1999, p. 95). La persecuzione degli zingari viene spiegata, da un lato, attraverso il processo di imposizione della disciplina nella Modernità e a partire dall'emergere dell'«etica protestante» e, dall'altro lato, per mezzo della «xenofobia», che ha risparmiato i vagabondi e i mendicanti. La cosa si legava all'attribuzione di poteri magici e alla recriminazione nei confronti degli zingari, a causa della loro carnagione scura, che venivano visti come alleati con il diavolo. Ancora prima dell'antiziganismo razzista, esisteva già un antiziganismo religioso.
Come abbiamo dimostrato in questo saggio, nel 20° secolo si erano già avuti «campi di concentramento per zingari» nella Repubblica di Weimar: «I Sinti e i Rom continuavano ad essere discriminati come prima, sebbene fossero cittadini tedeschi che pagavano le tasse e dovevano svolgere il servizio militare (...). In diverse città, i Sinti venivano obbligati a vivere in "campi per gli zingari", alcuni dei quali, per esempio a Francoforte, venivano perfino denominati ufficialmente come "campi di concentramento"» (Wippermann, 1999, p. 101). La «peculiarità zingara era già nota fin dalla metà del 19° secolo attraverso registri speciali e poteva essere vista nei documenti di identificazione». Inoltre, ricordiamo che: «I Sinti e i Rom erano un gruppo di popolazione che veniva discriminato secondo una forma che non ha paralleli, veniva privato dei suoi diritti e sorvegliato per motivi essenzialemente razzisti. Venivano sottomessi a delle leggi speciali ed erano cittadini con diritti ridotti» (Wippermann, 1997, p. 114 s.), e questo sia al tempo dell'Impero così come nella Repubblica di Weimar, sebbene che le «leggi sugli zingari» fossero chiaramente incostituzionali.
Come abbiamo già detto, pur senza arrivare a menzionare nella sua argomentazione i Sinti e i Rom, Kurz constata quanto segue: «A caratterizzare lo stato di eccezione propriamente detto, dal momento che raramente è esistito prima della Modernità, è una manifestazione particolare di "anomalia", accompagnata da una specifica modalità di internamento di quelle che sono parti significative della popolazione; in realtà è da tutto questo che proviene il concetto di "campo di concentramento". In tal caso, non si tratta di prigioni convenzionali inquadrate dal diritto penale, ma piuttosto di "registrazioni" precedenti o al di fuori di ogni diritto. In questo caso, la registrazione avviene al di là di ogni azione da parte degli organismi di mediazione; diventa immediata» (Kurz, 2003, p. 352).
- da: Roswitha Scholz, "Il sesso del capitalismo. Teorie femministe e metamorfosi postmoderna del capitale" -
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