Servizio Minimo
Bisogna gustare quella che è l'ironia della situazione. Ci sono delle persone che si stanno battendo per la loro pensione in un mondo che da qui a vent'anni è votato alla devastazione. Sarebbe come vedere dei futuri annegati, aggrappati alla loro zattera, discutere dei vecchi tempi mentre aspettano di venire inghiottiti dai flutti. In caso di pensionamento, il lavoro salariato continuerà ad esserci; ma se non viene abolito, allora per il mondo sarà il disastro.
Ai nostri giorni, non esiste utopia che sia più pericolosa del capitalismo. Il presunto «realismo» di coloro che lo difendono è delirante. È una sorta di bizzarro pragmatismo, pronto a sacrificare la vita sulla Terra pur di poter mantenere una forma di società. Un «realismo» che promette di distruggere la realtà!
Ma il movimento sociale è altrettanto malato. Volersi tenere, per conservarle, le briciole delle lotte passate è una ambizione folle. Non ne abbiamo più il tempo. Il 20° secolo è ormai dietro di noi, alle nostre spalle. E la storia non si è congelata, in ibernazione. Ci troviamo all'alba di grandi cambiamenti. La situazione è rivoluzionaria. Ma le coscienze, ancora non lo sono.
Eppure, tuttavia, non crollerà tutto dall'oggi al domani. Tra le rovine ci saranno delle guerre, delle guerre per le rovine. Quel che già si sta delineando, è il mantenimento violento della proprietà per mezzo di una transizione fascista, la quale ha come suo orizzonte il formicaio cibernetico. E nei freddi sogni cibernetici, la catastrofe viene amministrata dall'Intelligenza Artificiale. Questa è una delle possibilità. L'altra possibilità è la rivolta.
La società, nella sua metamorfosi, reca un periodo di rivolte. La lotta di classe sfrutta il minimo pretesto per cercare di risorgere ai quattro angoli del mondo. In Francia, se l'onda dei Gilet gialli si è infranta, oggi vediamo che va ad alimentare una profonda corrente che aggrega l'insieme di quelli che sono i movimenti recenti. Essi sono gli affluenti di questo fiume.
A gettare oggi, inconsciamente, le persone nella strada, è questa lotta profonda. È questa lotta che tiene insieme e fa andare avanti lo sciopero. Ed è sempre di questa lotta che, per il momento, ne approfittano i sindacati. Questi opportunisti cercano di farla ripiegare sulla strada della sconfitta. Inquadrano i cortei, e castrano i suoi slogan. I governanti se ne compiacciono, la borghesia torna a respirare. Gli è che i sindacati sono ragionevoli, e con loro viene reso possibile il teatro del «dialogo». Coloro i quali hanno vissuto le rivolte dell'anno scorso, riescono a vedere solo la possibilità di un sinistro ritorno all'ordine.
Ma anche nel caso che i sindacati non venissero sopraffatti, perfino se riuscissero a superare questo confuso rifiuto del dominio del capitale a favore di una difesa dello «stato sociale», la faccenda sarebbe solo rinviata. Lo vedono tutti che esistono le classi. E con un banchiere-presidente, la democrazia non riesce più a mascherare quella che è la loro lotta. Non rimane altro da fare che lasciare che la lucidità riesca a recuperare il proprio ritardo. «Tutto ciò che noi facciamo» - diceva Marx «è mostrare al mondo il vero motivo per cui in realtà esso lotta, e la coscienza è una cosa di cui deve impossessarsi, perfino contro la sua propria volontà.» Con il tempo, questa è diventata una questione di vita o di morte.
fonte: http://www.lisez-veloce.fr/
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