Sicuri di sé, compiaciuti, perennemente affascinati dal proprio riflesso nell'acqua. Armati di smartphone e ansiosi di scattare l'ennesimo selfie per rendersi protagonisti della scena. Le forme che può assumere il narcisismo sono tante, fino a renderci innegabilmente odiosi. Ma il narcisismo è sempre un deplorabile nemico? Non sempre, risponde il filosofo Simon Blackburn. E con un'arguta analisi che parte dai miti del passato, attraversa le epoche storiche, filosofiche e letterarie e arriva fino agli slogan pubblicitari di oggi, attingendo alla sapienza di Aristotele, Cicerone, Erasmo, Rousseau, Adam Smith, Kant e Iris Murdoch, Blackburn offre un'esplorazione a tutto tondo delle tante, variegate e a volte singolari forme che può assumere l'amor proprio. Tuttavia, sostiene Blackburn, se l'egoismo è un male da combattere, non lo è invece la cura dell'io: guardarsi allo specchio e magari ammettere di non poter resistere a certe pulsioni è segno di grande sincerità verso se stessi. Quale essere umano, infatti, non ha mai desiderato ricevere delle lodi? E chi di noi, nel soffrire o gioire per gli altri, riesce a dimenticare completamente se stesso?
(dal risvolto di copertina di: Simon Blackburn, "Specchio delle mie brame. Pregi e difetti del narcisismo". Carbonio editore.)
L'epoca della passione soprattutto per sé stessi
- di Anna Li Vigni -
«Se gli altri si esaminassero attentamente, come faccio io, si scoprirebbero pieni di inanità e di insensatezza. Liberarmene non posso senza liberarmi di me stesso. Ci siamo tutti immersi, chi più chi meno». Parole sensate quelle di Michel de Montaigne. L'esistenza umana è un faticosissimo sottoporsi a un gioco di specchi: sia esteriori in quanto riflettiamo le opinioni che la società rinvia su di noi, sia interiori, in quanto ci sottoponiamo ad un costante autoesame. In queste condizioni, mantenere l'equilibrio può risultare davvero difficile. Il filosofo inglese Simon Blacknurn, nel brillante pamphlet intitolato "Specchio delle mie brame. Pregi e difetti del narcisismo", prova a smascherare l'imperante narcisismo odierno, presente in molte diaboliche trovate del marketing pubblicitario - per esempio di prodotti che promettono di renderci dei «vincenti» - nonché nel mondo della politica, per dimostrare quanto esso sia divenuto un'emergenza sociale, resa estrema dalla pervasiva propagazione in rete. Narciso era un bellissimo ma orgoglioso giovinetto, che altezzosamente rifiutava ogni proposta d'amore: fu così che, specchiandosi in una fonte, finì per innamorarsi della sua stessa immagine. Il mito è noto: in fondo, Narciso fece male solo a sé stesso. Oggi il narcisista è più pericoloso perché è glamour - ironizza lo scrittore -; essere narcisisti è un punto d'arrivo per chi aspira a salire su un piedistallo sociale per poi rimanervi saldamente ancorato, potendo provare il piacere di guardare all'umanità dall'alto in basso.
Vari studi di psicologia hanno identificato quattro principali aspetti del narcisismo: leadership/autorità; egocentrismo/ammirazione di sé; superiorità/arroganza; sfruttamento degli altri/sensazione che tutto sia dovuto. Il povero pastorello del mito era solo un egocentrico. Ma pensiamo a quanti leader di vari settori della vita sociale possono rientrare in ognuna di queste categorie. Purtroppo siamo abituati ad assistere al triste spettacolo dell'arroganza, dell'autoesaltazione, della denigrazione degli altri da parte di molti che affollano le pagine web degli haters a livello globale. Potrebbe sembrare strano che persone di tal genere possano riuscire a imporsi sugli altri e avere successo. Eppure è così. In un esperimento condotto da Belinda Board e Katarina Fritzon, sono stati messi a confronto, in due gruppi, importanti uomini d'affari e pazienti psichiatrici di un centro di detenzione inglese. Ebbene: i due gruppi di pazienti erano indistinguibili, anche se nei manager era presente una maggiore predisposizione all'istrionismo.
L'innamorato di sé stesso, pur essendo in realtà un insicuro patologico, appare affascinante e ha presa sugli altri, perché li fa sentire inferiori incutendo in loro un sentimento di sudditanza: riesce nell'arte finissima di destare l'ammirazione, se non l'invidia, di coloro che in verità egli disprezza con tutto sé stesso. Pur dipendendo dall'opinione altrui, egli nutre un orgoglio smisurato, in realtà solo un fragile paravento che cela ai suoi stessi occhi le proprie mancanze. Filosofi di tutti i tempi hanno cercato di insegnare un metodo per arginare questo vizio abbastanza comune.
Lasciando da parte gli impraticabili rigori dell'imperativo categorico di Kant, molti pensatori - a partire da Aristotele, passando per Hume - suggeriscono il metodo «sbagliando si impara», considerano cioè la virtù un percorso a ostacoli, fitto di cadute e di riprese, verso il miglioramento di sé. Tutta la questione verte sul concetto di autostima, un'attitudine sana e salvifica volta ad avere rispetto per sé stessi, ma che può sfociare in un narcisismo dannoso per sé e per gli altri. Lo sottolinea Rousseau, che pure era un gran narcisista, distinguendo fra un virtuoso amour de soi ed un vizioso amour prope.
Blackburn non ha ricette per la felicità o la virtù, ma mette in guardia i lettori dal non farsi contagiare dallo «spirito dei tempi», che fa dell'avidità di ricchezza il valore portante della società, che considera il narcisismo necessario per sopravvivere - soprattutto sui social network - e l'umanità e il decoro valori obsoleti e fuori moda.
- Anna Li Vigni - Pubblicato sul Sole dell'8/12/2019 -
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