«Balzac stesso, che pretendeva di creare i suoi personaggi fittizi come se fossero dagherrotipi, disse al suo amico Nadar, il primo e più famoso fotografo ritrattista di tutta la Francia, che anche lui aveva il terrore di essere fotografato. Balzac, con le sue tendenze mistiche, poteva immaginare l'essere umano solo come se fosse un essere costituito da più strati ottici - come una cipolla - del quale ciascuna fotografia rimuoveva ed archiviava lo strato in superficie, staccandolo così dalla persona fotografata. La fotografia successiva rimuove lo strato successivo e così via - fino a causare la scomparsa delle persona che veniva fotografata, trasformandola così in una fantasma senza corpo. Edgar Allan Poe, che aveva scritto anche lui sul miracolo della fotografia, generalizzava questa fantasmagoria, arrivando alla tesi per cui le immagini in generale sarebbero fatali per il loro soggetto ("Il Ritratto Ovale"). Il pittore di Poe ritrae la sua amata senza accorgersi che nella misura in cui il ritratto ad olio acquista il colore della carne umana, l'amata diventa sempre più pallida. Con il suo difetto relativo al deterioramento dei pigmenti, la pittura applica il suo effetto fotochimico contro l'essere umano stesso. Quando il pittore di Poe completa il suo quadro, l'amante muore. Ancora una volta, spetta all'analisi mediatica sottolineare come gli spettri o (come direbbe Jürgen Link) i simboli collettivi storici si appoggino alle tecnologie. Le paure di Balzac o di Poe descrivono il fatto che viene evidenziato dalla teoria di Arnheim, secondo il quale con la fotografia sarebbe nata una tecnica di archiviazione che, per la prima volta, riproduceva l'oggetto rappresentato nella sua inconcepibile materialità».
(Friedrich Kittler - "Optische Medien".)
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