domenica 21 dicembre 2025

Terapeutici e Armonici…

Dalla teoria del Racket alla vera dominazione
- Un confronto tra la Scuola di Francoforte e Jacques Camatte [*] -
di J. E. Morain

Introduzione
All'inizio degli anni '40, la Scuola di Francoforte sviluppò un corpus di opere, per lo più pubblicato postumo soltanto decenni dopo, che è stato chiamato 'teoria del racket'. Quel corpus di opere rappresenta il tema della
Sezione 2 di questo saggio. L'altro soggetto di tale saggio è il teorico (post-)marxista francese Jacques Camatte. In ciò che segue, mi occuperò principalmente di opere risalenti a prima della svolta compiuta da Camatte in direzione della negazione dell'olocausto, [*1] dell'Omofobia,[*2] della Transfobia, [*3] della politica anti-aborto e della nouvelle droite. Per quanto concerne il materiale tematico, mi concentrerò sull'evidenziare gli aspetti del lavoro di Camatte che più risuonano con la teoria del racket della Scuola di Francoforte. Sebbene il mio verdetto su Camatte sia fondamentalmente sfavorevole, ho fatto tuttavia del mio meglio per evitare che il testo degenerasse in una sorta di versione ultra-sinistra del classico argomento «mio padre può fare il culo a tuo padre». Inoltre, ho iniziato a scrivere tutto questo assai prima che Camatte morisse; e non è un necrologio teorico. Un ringraziamento speciale va a James Crane per aver tradotto la maggior parte delle citazioni da Horkheimer.

La teoria del racket della Scuola di Francoforte
Cominciamo il nostro corso intensivo di racketologia, con una lunga citazione da Otto KirchheimerIl termine racket è polemico. Esso riflette su una società nella quale la posizione sociale dipende sempre più da una relazione di partecipazione, e si fonda sull'effetto primordiale del fatto che un individuo abbia avuto successo o meno nel riuscire ad "arrivare". Il racket connota e definisce una società in cui gli individui hanno perso la convinzione secondo cui il compenso per i propri sforzi individuali possa derivare solo dal semplice funzionamento di agenzie di mercato impersonali. Ma allo stesso tempo mantiene la stessa distanza dall'idea di una società in cui l'antagonismo, tra uomini ed elementi inanimati della produzione, si sia dissolto nell'immagine di una libera associazione per l'uso comune delle forze produttive. Si tratta dell'esperienza di una pratica associativa che implica che, né la scelta dell'individuo di un'associazione, né gli obiettivi perseguiti da quest'ultimo, siano il risultato di atti consapevoli che facciano parte del regno della libertà umana.» [*4] Questo, ci fornisce gran parte di tutto ciò che è fondamentale ai fini dell'appropriazione critica del concetto di racket proveniente dalla Scuola di Francoforte, il quale tuttavia è troppo banale, troppo finito in quanto prodotto finito. Per poter arrivare alla fonte della loro teoria del racket, bisogna rivolgerci a un saggio di Adorno dal titolo "Riflessioni sulla teoria delle classi."[*5] Rilevanti per i miei scopi, sono le seguenti tre frasi, le quali a loro volta formano una serie dialettica:

1 - "Tutta la storia è storia della lotta di classe poiché essa ha sempre coinciso con la medesima cosa, cioè la preistoria." [*6]
2 - "Nell'immagine dell'ultima fase economica, la storia è la storia dei monopoli." [*7]
3 - “Nell'immagine dell'atto manifesto di usurpazione, che viene praticato oggigiorno dai leader del capitale e del lavoro, che agiscono di concerto, troviamo la storia delle guerre tra bande e dei racket”.[*8]

   Non avendo lo spazio, per una lettura estesa delle "Riflessioni" di Adorno, qui tradurrò semplicemente le tesi essenziali che riguardano la problematica che poi scopriamo nel più ampio corpus della teoria del racket:

A - L'equazione storia = lotta di classe = preistoria, pone una sfida sul terreno della teoria: trovare unità nella storia, riferendosi alla futura libertà (comunismo-come-società) a partire dal fatto che la lotta di classe viene posta come motore (comunismo come movimento-reale) di questo.
B. L'ascesa dei monopoli, i quali abrogano il principio della concorrenza economica, richiede una riconsiderazione del concetto di classe, visto che «il concetto di classe [...] è stato modellato sulla borghesia stessa, vista come unità anonima tra i proprietari dei mezzi di produzione e tutte le loro varie appendici; la borghesia è la classe per eccellenza.»[*9] In tal modo, «la classe dirigente scompare dietro e a causa della concentrazione del capitale»; [*10] essendo essa composta da monopolisti e dal capitale sociale monolitico. Il problema (A) si trova così a essere ulteriormente complicato. La storia è la storia dei monopoli. (Quindi, pseudo-marxismi: come Thorstein Veblen, progressismo, socialdemocrazia, teorici del Frontismo Popolare, ecc.)
C. Alla fine, le gerarchie omologiche di dominazione presenti nel lavoro organizzato e nel capitale monopolistico, mettono in discussione il destino del proletariato. Il ritorno della dominazione diretta viene accompagnato da una tendenza al conformismo "volontario". La libertà diventa una parolaccia. [*11]
  


La teoria delle racket, immaginata in questo modo, come se fosse una risposta frammentaria al saggio inaugurale di Adorno, diventa una risposta alla domanda di come la teoria possa mantenere il nucleo del materialismo storico (A) mentre essa subisce un ripensamento fondamentale del concetto di classe (B) e di lotta di classe (C). [*12] Non ho lo spazio per poterlo spiegare qui, ma il problema di Camatte è assai simile. Ma ora parliamo della vera e propria teoria del racket. Nel frammento "Die Rackets und der Geist", Horkheimer scrive che il racket è la «forma fondamentale di dominazione.» [*13] E questo perché la società di classe, è essa stessa un racket: «"Classe dirigente", vuol sempre dire che si ha la struttura dei racket basati su un determinato modo di produzione, nella misura in cui, simultaneamente, tali racket proteggono e sopprimono gli strati più bassi.» [*14] Oppure, ancora: «La struttura [di ogni classe dirigente, nella storia] è stata sempre quella che vede racket concorrenti tra loro.» [*15] L'uso del termine racket, venne ispirato da ciò che i membri della Scuola di Francoforte (e molti altri) vedevano come il crescente monopolio dell'economia capitalista, un processo che comportava dei cambiamenti corrispondenti nella politica e nella cultura. La tendenza, all'interno del capitalismo, verso la concentrazione e la centralizzazione «consente alla società di tornare a delle forme più dirette di dominazione, le quali, in realtà, non erano mai state del tutto sospese.» [*16] Ma la classe dirigente, non è l'unico racket. Secondo Horkheimer, l'organizzazione in stile racket ora predomina anche nel movimento sindacale. Questo fa parte di una tendenza storica più ampia: «Sotto la pressione della classe dominante, le persone appartenenti alla classe dominata sono costrette ad assumere il ruolo di dominatori nei confronti di coloro che sono ancora meno potenti di loro. Sono gli stessi oppressi che, attraverso questa mediazione, diventano il boia diretto di coloro che si trovano ancora più in basso.» [*17] Tutto ciò, fa parte di una tendenza storica più ampia, ma non identica a essa! Horkheimer è chiaro, seppur pessimistico, sul potenziale storico specifico del proletariato nel frammento "Geschichte der amerikanischen Arbeiterschaft": «Il corso storico del proletariato ha portato a un bivio: esso poteva diventare una classe o un racket. Diventare un "racket" avrebbe significato privilegi all'interno dei confini nazionali, mentre diventare una "classe" avrebbe significato rivoluzione mondiale. I leader hanno privato il proletariato di questa decisione». [*18]
    Le dimissioni rispetto al compito storico del proletariato, da parte del movimento operaio ufficiale, che per Horkheimer erano simboleggiate dalla Federazione Americana del Lavoro e dai Socialdemocratici Tedeschi, significava che allora si dovette fare una netta distinzione tra forme radicali e forme riformiste (in realtà conformiste) di lotta di classe. Nei passaggi precedenti, Horkheimer fa riferimento a un particolare significato di racket, vale a dire, il racket di protezione. Questa interpretazione concorda con l'affermazione precedente di Horkheimer in "The End of Reason" secondo cui «La protezione è l'archetipo della dominazione.» [*19] L'unità tra protezione e dominio, costituisce una delle due caratteristiche essenziali unificanti le varie forme sociali a cui Horkheimer dà il nome racket. Pertanto: «La categoria più generale di tutte quelle che sono le funzioni praticate dai gruppi, è la protezione. I gruppi preservano le condizioni che assicurino il mantenimento dell'attuale divisione del lavoro, nella quale godono di una posizione privilegiata; essi la difendono con forza, e respingono con violenza qualsiasi cambiamento che possa mettere in pericolo il loro monopolio. Sono dei racket.» [*20] L'altra caratteristica essenziale del racket è il suo particolarismo: «Ogni racket cospira contro lo spirito, e tutti cospirano l'uno contro l'altro. La riconciliazione tra universale e particolare è immanente allo spirito; il racket costituisce quella che rappresenta la loro opposizione inconciliabile, mascherata da idee di unità e di comunità.» [*21] Competitività e ostilità, nascono da questo fondamentale particolarismo. E questo ci lascia con la domanda a proposito di quale sia esattamente lo scopo del racket, come forma di organizzazione sociale. Kirchheimer ce ne fornisce una risposta piuttosto diretta: per lui, l'obiettivo di tutti i cosiddetti racketeers è «l'instaurazione del dominio su una parte del processo di produzione o di distribuzione.» [*22] Anche Horkheimer, talvolta ci fornisce delle definizioni altrettanto ampie («ottenere la maggior quota possibile di potere su uomini, beni e servizi»), ma in altri luoghi pone un'enfasi particolare sulla sfera della distribuzione, o della circolazione. Ad esempio: «Pertanto, il concetto di racket si riferisce sia alle unità grandi che a quelle piccole; lottano tutti per ottenere la quota più ampia possibile del plus-valore. […] Bisogna sottolineare il fatto che, nella produzione, il ruolo di un gruppo, pur determinando in larga misura la sua quota di consumo, nella società di classe rappresenta una buona posizione strategica per poter approfittare di quanti più beni e servizi possibile, nell'ambito della distribuzione.» [*23] L'enfasi posta sulla distribuzione, in passaggi come quello qui sopra, suggerisce un legame assai stretto con la teoria del Capitalismo di Stato di Friedrich Pollock, [*24] e infatti la maggior parte dei commentatori ha interpretato in tal modo Horkheimer. Simili interpretazioni, però ignorano la forte critica fatta da Horkheimer alla teoria di Pollock nel frammento "Die Ideologie der Politik Heute." [*25] Adorno, forse, rimase ancora più disgustato dalla teoria del capitalismo di stato di Pollock, scrivendo a Horkheimer che «una critica [al saggio di Pollock "Il capitalismo di stato"] che esprimesse la mia opinione sulla questione, avrebbe finito per essere, psicologicamente, fuori dal mio controllo», e finiva pertanto per chiedere poi proprio a Horkheimer di riscriverla completamente. [*26] A mio avviso, sono assai più le analisi del "Behemoth", fatte da Franz Neumann, a somigliare assai più alla teoria di (Adorno e di) Horkheimer, rispetto a quelle dei saggi di Pollock sul capitalismo di stato. [*27] In ogni caso, la teoria del racket aveva un ambito ben più ampio rispetto a quella del capitalismo di stato. In essa, anche le forme più antiche di organizzazione sociale venivano criticate: la famiglia è un racket, il genere è un racket, e così come lo sono le comunità iniziatiche delle cosiddette "tribù primitive".  In tal modo, Horkheimer applicò il concetto in modo trans-storico, ma tuttavia aveva le sue ragioni per farlo. Per quanto lo riguardava, in primo luogo, il concetto era pensabile solo riguardo ai racket moderni: «Il concetto moderno [di racket] serve a descrivere le relazioni sociali passate. "L'anatomia dell'uomo è la chiave dell'anatomia della scimmia".» [*28] L'organizzazione in stile racket, si riduce solamente a ciò che è la sua essenza nel racket moderno. La condanna di Horkheimer nei confronti del racket è di ampia portata, ma essa non costituisce, rispetto al suo lavoro, un attacco all'organizzazione in quanto tale, né tantomeno a tutte le organizzazioni contemporanee. Una manciata di frammenti e testi risalenti agli anni '40, ci fornisce indicazioni su come Horkheimer pensava potesse essere un'organizzazione rivoluzionaria. «Per cominciare, nell'ambito della società di classe, un'organizzazione che non sia racket può essere solo un'organizzazione di lotta “con lo sguardo rivolto verso l'alto”, ma simili organizzazioni “non hanno alcun posto nella gerarchia consolidata, mancano di una funzione economica regolare e, dopo periodi di illegalità, vivono solo attraverso azioni rivoluzionarie”.» [*29] Precedentemente, nel suo "Stato autoritario", Horkheimer aveva  condannato la tendenza dell'opposizione riformista a integrarsi nel capitalismo, scrivendo che «Qualunque cosa cerchi di espandersi attraverso il dominio corre il rischio di riprodurlo.» [*30] Più volte, ripetutamente, Horkheimer fu un sostenitore della democrazia dei consigli operai. [*31] Nel corpus della teoria del racket, lui e Adorno affermano spesso che i lavoratori sono in grado di prendere il controllo e gestire competentemente l'attuale sistema produttivo.[*32] Egli aveva letto attentamente gli articoli sulla guerra civile spagnola che Karl Korsch gli aveva inviato, e alcuni riferimenti positivi sparsi, riferiti agli anarchici spagnoli, potrebbero indicare che c'era simpatia per l'argomentazione di Korsch, secondo la quale sarebbero stati loro i successori dello spirito rivoluzionario del 1917. [*33]

La teoria di Camatte sulla vera dominazione del capitale
    Passo ora alla sintesi e all'analisi delle parti rilevanti dell'opera di Jacques Camatte. In particolare, mi interessa la cosiddetta Serie II dell'Invarianza (ossia, gli anni 1971-1975), la quale appare dominata, nel contenuto, dal rifiuto ambiguo che Camatte attua di gran parte del marxismo (ovvero "la teoria del proletariato", come la chiama lui). [*34] La lettura eccentrica, che Camatte fa di testi come i "Grundrisse" e i "Risultati del processo di produzione immediato" (vale a dire, il sesto capitolo inedito del primo libro del Capitale), lo portò a creare due nuovi concetti, interconnessi tra loro, volti a descrivere la forma attuale del capitalismo. [*35] Il primo, "la vera dominazione del capitale",una interpretazione “creativa” della teoria incompiuta di Marx sulla reale sussunzione del lavoro al capitale. Il vero dominio del capitale si riferisce al dominio dell'intera società da parte del capitale e alla relegazione dell'esistenza umana a un semplice momento nel processo di valorizzazione. Secondo Camatte, questo dominio reale deriva dalla predominanza del capitale fisso e del relativo surplus in eccesso nel processo produttivo del capitale—fattori che rendono il proletariato sempre più (se non irrilevante) rispetto al processo produttivo. [*36] [*37] La dominazione del proletariato, nel processo di produzione. attraverso il capitale fisso si estende poi fino a padroneggiare l'intero processo di valorizzazione, inclusa la circolazione ed eventualmente fino una vera e propria dominazione della società nel suo complesso. Il secondo concetto—la comunità materiale del capitale—è strettamente correlato, ma tuttavia distinto dal primo, vale a dire, la comunità materiale del capitale, è ciò che ha soppiantato le comunità umane (Gemeinwesen) relative ai modi di produzione pre-capitalisti. Camatte scrisse una volta una lettera a un suo compagno, Gianni Collu, spiegando il concetto di Gemeinwesen, o di comunità; dicendo che essa è «la sostanza della realtà sociale degli esseri umani», oltre a essere  «un'unità superiore a tutte le unità statali, che si pone al di sopra della folla infinita di organizzazioni»; rispetto a essa, gli individui sono solo dei semplici incidenti di questa sostanza. [*38] L'instaurarsi della vera dominazione del capitale, andò di pari passo con la sua costituzione in quanto comunità materiale dell'umanità. La comunità umana alienata (capitalismo) viene mediata, e riprodotta, dai processi socio-materiali del capitale, vale a dire, dalla produzione e dallo scambio di merci che avviene all'interno del processo di valorizzazione del capitale. Con l'avvento della vera dominazione del capitale sull'umanità, la comunità materiale, a sua volta, diventa autonoma e auto-riproducente, dal momento che il capitale è ora il terreno di tutte le istituzioni sociali (ad esempio, lo stato, ecc.). Il capitale pone le proprie presupposizioni e, a sua volta, diventa esso la presupposizione dell'umanità. In tal modo, tutto ciò che prima era mistero, ora diventa reale ed efficace. Il capitale rinuncia all'oro e al valore, e diventa una rappresentazione tautologica a sé stante. [*39] Così facendo, il capitale è riuscito ad «[assorbire] il movimento che lo nega, il proletariato» e, di conseguenza, anche «tutte le forme di organizzazione politica della classe operaia sono scomparse[*40] Simultaneamente, i capitalisti sono stati assorbiti nel funzionamento automatico del capitale. Il conflitto di classe pertanto scompare - allo stesso modo di come è scomparso il dodo - e viene sostituito da delle insignificanti dispute tra gang/racket/organizzazioni/gruppi, che sono «tutti i vari modi di essere del capitale[*41] Camatte spiega, ulteriormente: «Questa modalità di esistenza [il racket delle bande] deriva dal fatto che il capitale può valorizzarsi, e quindi esistere e sviluppare la propria esistenza, solo se una sua particella, oramai diventata autonoma, si confronta con l'intera società, ponendosi in relazione con il suo equivalente socializzato totale, il capitale. [Il capitale] ha bisogno di questo confronto (competizione, emulazione) poiché esiste solo attraverso la differenziazione.» [*42] Non è chiaro se Camatte abbia concepito la parola 'racket' da sé solo, o se l'abbia appresa dalla Scuola di Francoforte. Il primo caso è molto plausibile, visto che la maggior parte dei testi della Scuola di Francoforte che preannunciavano il nuovo percorso teorico di Camatte riguardo ai "racket" non sarebbero ancora stati pubblicati per diversi anni. Lo smantellamento del proletariato ad opera del capitale, ha avuto delle conseguenze sulla pratica e sull'organizzazione. Camatte e Collu propongono due ipotesi di partenza per la prassi futura: «rifiutare di ricostituire un gruppo, anche informale» e «mantenere una rete di contatti personali con individui che hanno raggiunto (o stanno cercando di raggiungere) il massimo livello di conoscenza teorica: anticonformismo, anti-pedagogia; in senso storico, il partito non è una scuola» [*43] Inoltre, Camatte ha illustrato le implicazioni pratiche del suo "Sull'organizzazione" in una lettera del 1970 ai suoi compagni« … Potremmo anche essere un certo numero di rivoluzionari, pur senza formare un gruppo, anche informalmente (cioè non strutturato), ma evidentemente questo è possibile solo tendenzialmente, nel senso che solo attraverso l'attività teorica possiamo evitare le trappole che la società capitalista ci ha teso. In altre parole, non possiamo essere un gruppo e allo stesso tempo partecipare all'unificazione della classe, la quale deve svilupparsi attualmente; questo può accadere solo se ci consideriamo come il cuore del movimento [!?]; solo se noi non diventiamo autonomi [s'autonomize]; solo se, quindi, ci vediamo come se fossimo un elemento del divenire-unificazione, e non come uno strumento, un mezzo per realizzarla. Ecco perché, nel farlo, non ci sono né interni né esterni.» [*44] Ciò, di fatto, poneva Camatte al livello (se non addirittura sotto) degli attendisti del gruppo consigliare francese Informations et Correspondances Ouvrières (ICO). [*45]; sebbene l'enfasi sull'attività teorica, e sulla convinzione che questa attività teorica gruppuscolare sia di importanza storica a livello mondiale, conferisca al suo punto di vista un tocco distintivamente bordighista. I testi successivi a "Sull'organizzazione", rivelano una posizione un po' più morbida. Camatte ha persino rivolto alcuni complimenti ambigui al movimento maoista francese! [*46] Il cambiamento di tono, si poteva collegare alla sua ultima visione profetica: «All'interno della classe universale, ha avuto inizio [da maggio '68] [...] una lotta che porterà alla rivoluzione di questa classe, e alla sua costituzione in quanto partito-comunità; il primo momento della sua negazione.» [*47] Il partito (-comunità) di cui Camatte parla, è il partito storico, vale a dire, il comunismo in quanto "il vero movimento". Il caporedattore di Invariance, vedeva le nuove organizzazioni degli anni Sessanta come se fossero delle espressioni momentanee e frammentate del movimento - già in corso! - che avrebbero negato "il proletariato", e unificato la nuova "classe universale" (che include anche le "classi medie") andando così verso il «trionfo immediato del comunismo [*48] Una volta arrivati alla terza serie di Invariance, diventa chiaro che dopo il 1973 Camatte abbandonò ogni idea, anche solo lontanamente convenzionale, di rivoluzione. «La resistenza,» scrive, «è una [forma di] attesa mascherata, una speranza non detta che il corso del mondo possa ancora cambiare[*49] Anziché resistere, dobbiamo «lasciare il mondo», creare «forme comuniste» e «nuove modalità d'azione», abbracciare la non violenza, ecc. «Uomini e donne si renderanno conto che sono loro stessi gli elementi determinanti e che non devono abdicare al proprio potere a favore della macchina...» [*50] Il pensiero di Camatte è giunto così alla perfetta tautologia. Non c'è più nulla in esso che valga la pena discutere.

Osservazioni (al posto di una conclusione)
    Le somiglianze tra la teoria di Horkheimer e Adorno, e quella di Camatte sono sorprendenti. Oltre tutto, l'ispirazione diretta dalla Scuola di Francoforte (probabilmente) non è il fattore decisivo nello sviluppo intellettuale di Camatte; sebbene, sicuramente ciò avvenne in una certa misura, specialmente negli anni '70. Ritengo, sia la teoria del racket della Scuola di Francoforte sia il lavoro di Camatte, dei programmi teorici falliti, seppure con dei nuclei razionali. Tuttavia, ritengo anche che il fallimento della Scuola di Francoforte sia più avvincente, interessante e importante. Una differenza fondamentale tra la Scuola di Francoforte e Camatte, risiede nelle loro concezioni di riconciliazione, utopia e rivoluzione. Camatte è armonico, mentre la Scuola di Francoforte è terapeutica. Le descrizioni ellittiche del comunismo di Camatte, tradiscono questa tendenza armonica. La sua posizione di base è definita dalla tesi secondo cui il comunismo «non è una questione di avere o di fare, bensì di essere[*51] Esso non è «una nuova modalità di produzione; ma è l'affermazione di una nuova comunità[*52] Queste tesi astratte-metafisiche, contrastano con le indicazioni che provengono dalla Scuola di Francoforte, su come sarebbe il comunismo, e che generalmente sono negative. In Camatte, l'armonismo è presente anche nelle sue descrizioni di rivoluzione e di transizione. Nei testi della Serie I dell'Invarianza, la transizione appare semplicemente quasi come una serie di politiche (tutte prese da Bordiga) facilmente attuabili dalla onnipotente comunità di classe-partito-stato: abolizione della separazione tra imprese economiche, accorciamento della giornata lavorativa, cessazione di ogni scambio di merci, cessazione dell'alienazione del lavoro, ecc. A questo livello - e solo a questo livello - il primo Camatte è colpevole di «[degradare] la rivoluzione a un mero progresso.» [*53] I successivi approfondimenti dell'argomento nella Serie II di Invariance degenerano nelle profezie fiabesche riassunte sopra. Nell'opera matura di Camatte, le previsioni meccaniche del materialismo storico volgare - previsioni che almeno avevano la pretesa di essere scientifiche - vengono sostituite da una fiducia volutamente astratta nell'umanità. Nonostante i continui e drastici cambiamenti nella sua teoria, in Camatte non si trova mai alcuna traccia di un'autentica autocritica, ma solo il discorso ripetitivo e stordente di qualcuno che si crede uno pseudo-saggio che sa tutto. Quel burattino chiamato “Gemeinwesen” dovrebbe essere quello che vince sempre. Al contrario, le opere della Scuola di Francoforte sono permeate dalla consapevolezza che ciò che è stato perso non potrà mai più essere recuperato; quantomeno non davvero. [*54] Persino i morti non sono al sicuro dal nemico, e quasi non abbiamo idea di come potesse essere una vittoria. Così Walter Benjamin: «Chiunque voglia sapere quale potrebbe essere la situazione di una "umanità redenta", quali condizioni saranno necessarie allo sviluppo di una tale situazione, e quando questo sviluppo possa avvenire, pone delle domande alle quali non ci sono risposte. Tanto valeva cercare di conoscere il colore dei raggi ultravioletti.» [*55] La polemica negazione, da parte di Benjamin, che si possa avere un'idea di che cosa significhi la redenzione, viene a essere arricchita dall'utopismo negativo di Adorno. Ciò che è utopico può apparire, e appare, a noi, ma lo fa solo fugacemente attraverso la riflessione. Le descrizioni di Adorno della buona vita sono di una semplicità gnomica: si tratta di «una vita senza paura» o di «un mondo in cui nessuno soffre la fame». Nelle prime opere di Horkheimer, invece, troviamo un certo cinismo, e c'è in ogni cosa come una consapevolezza dell'elemento tragico. La rivoluzione non è nulla di metafisico; ma è semplicemente una questione di dolore, di fame e di miseria, di sofferenze che non potranno mai essere ripagate. Il socialismo non è la perfezione dell'umanità. [*56] E né la rivoluzione né il socialismo sono una cosa certa: «l'esperienza della nostra generazione,» scrive Benjamin, era quella che ci diceva che «il capitalismo non morirà di morte naturale[*57] Le meditazioni riflessive di Adorno e di Horkheimer hanno come un effetto edificante – e persino mistico – rispetto ai tentativi di illuminazione intuitiva di Camatte, per non parlare del misticismo marxista di Benjamin. [*58] La traiettoria di Camatte come pensatore, è simile alla vita intellettuale di Benjamin vista al contrario. Anziché passare dal misticismo al marxismo, avviene che sono le sue opere successive a essere caratterizzate da una metafisica da matricola e dall'infatuazione per alcuni mistici reazionari (Klages, Bachofen, ecc.). La parte più avvincente dell'opera di Camatte - il concetto di comunità materiale del capitale - precede il suo allontanamento dal marxismo. Ancora una volta, vediamo una sorprendente somiglianza con la Scuola di Francoforte; e qui mi riferisco all'analisi che fa Adorno, della società (capitalista) vista come una totalità reificata. [*59] Una delle differenze chiave, riguarda l'analisi intesa nel suo senso originario: quello di scomporre le cose. Camatte rifiutò esplicitamente questa possibilità, sostenendo che il capitale aveva prevalso sui suoi elementi logici e sulle categorie presupposte (la merce, il valore, il denaro, il lavoro, ecc.).Viceversa, Adorno tendeva a porre al centro la relazione di scambio di base e, di conseguenza, anche le categorie elementari summenzionate. (Penso che molte persone influenzate da Camatte interpretino il concetto di comunità materiale facendo riferimento ai concetti elementari, quindi in modo lukácsiano-adorniano). Camatte aveva cominciato a ragionare partendo dalla reale sussunzione del lavoro nel processo immediato di produzione, per poi estrapolare questo concetto fino ad arrivare al reale dominio del capitale sull'umanità, mentre Adorno, essendo più cauto dal punto di vista sociologico, si era concentrato sull'espansione del feticismo delle merci, che andava a coprire parti sempre più ampie della vita sociale. A mio avviso, l'approccio di Lukács-Adorno ha una potenza analitica infinitamente maggiore rispetto all'ontologia sociale volutamente appiattita di Camatte. Come ho detto prima, credo che entrambe le teorie siano in definitiva dei fallimenti. La differenza risiede in ciò che esse offrono in termini di spunti di riflessione, in termini di potenziale riappropriazione critica delle loro analisi. A tal fine, le conversazioni incomplete della Scuola di Francoforte sui racket offrono più spunti rispetto all'impenetrabile monologo di Camatte sul dominio reale.

- J. E. Morain - Pubblicato su: CTWG - For collective self-clarification without consolation -
[* N.d.T. Tutti i testi di Camatte, cui si fa riferimento possono essere trovati su "Il Covile"
https://www.ilcovile.it/ ,gestito dal mio amico Stefano Borselli -]

NOTE:

1 - Jacques Camatte, "Évanescence du mythe antifasciste" (1982)

2 - Jacques Camatte, "Amour ou combinatoire sexuelle" (1978)

3 - Jacques Camatte, "Intervista con il Cercle Marx" (2019)

4 - Otto Kirchheimer, "In cerca di sovranità" in The Journal of Politics, maggio 1944, Vol. 6, N. 2, 139-176; 161.

5 - Theodor Adorno, "Riflessioni sulla teoria delle classi" (1942) in Può vivere dopo Auschwitz? A Philosophical Reader, a cura di Rolf Tiedemann (Stanford University Press, 2003), 93 e seguenti.

6 - Adorno, op. cit., 94.

7 - Adorno, op. cit., 100.

8 - Ivi

9 - Adorno, op. cit., 97.

10 - Adorno, op. cit., 99.

11 - Adorno, op. cit., Sezione VIII

12 - Cfr. il dattiloscritto "Memorandum über Teile des Los Angeles Arbeitsprogramms..." Max Horkheimer Nachlass VI.33 / Na 1 578, 1r-4r https://nbn-resolving.org/urn:nbn:d e:hebis:30:2-1118910

13 - Max Horkheimer, "Die Rackets und der Geist" [1942] in Max Horkheimer Gesammelte Schriften, Bd. 12, a cura di Gunzelin Schmid Noerr (S. Fischer Verlag, 1985), 287.

14 - Horkheimer, "Die Rackets und der Geist," in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 12, 288.

15 - Max Horkheimer, "Sulla sociologia delle relazioni di classe" (1943). Ai fini di questo saggio sto consultando un'edizione critica del testo che noi del Critical Theory Working Group abbiamo compilato sulla base delle varianti trovate nell'archivio Horkheimer. Sarà pubblicato a breve sul nostro blog. Vedi Max Horkheimer Nachlass XI.16-17 / Na 1 639 https://nbn-resolving.org/urn:nbn:d e:hebis:30:2-1110761 ?

16 - Max Horkheimer, "Sulla sociologia delle relazioni di classe"

17 - Dattiloscritto "Notizen zum Programm des Buches, 3.8.1942," Max Horkheimer Max Horkheimer Nachlass XI.10.1 / Na 1 805, 180-181 https://nbn-resolving.org/urn:nbn:d e:hebis:30:2-1112682

18 - Max Horkheimer, "Geschichte der amerikanischen Arbeiterschaft" (1942) in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 12, 260

19 - Max Horkheimer, "La fine della ragione" in Studies in Philosophy and Social Science, Vol. IX, 1941, 366-389; 374

20 - Horkheimer, "Die Rackets und der Geist," in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 12, 286.

21 - Horkheimer, op. cit., 290.

22 - Kirchheimer, "In cerca di sovranità," 160.

23 - Horkheimer, "Sulla sociologia delle relazioni di classe"

24 - Vedi Friedrich Pollock, "Capitalismo di Stato" in Studies in Philosophy and Social Science, Vol. IX 1941, 200-226.

25 - Max Horkheimer, "Die Ideologie der Politik Heute" [1942] in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 12, 316 e seguenti.

26 - Theodor W. Adorno a Max Horkheimer, 8 giugno 1941 in Theodor W. Adorno e Max Horkheimer, Briefwechsel 1927-1969, Bd. II 1938-1944, a cura di Christoph Gödde e Henri Loritz (Suhrkamp 2004), 139.

27 - Per maggiori informazioni sull'influenza o la non influenza di Pollock, vedi James Schmidt, "'Racket', 'Monopoly', and the Dialectic of Enlightenment" (nonsite.org, 2016)

28 - Horkheimer, "Sulla sociologia delle relazioni di classe"

29 - Horkheimer, "Die Rackets und der Geist," in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Band 12, 288

30 - Max Horkheimer, "Stato autoritario" Telos 15:2 (primavera), 1973, 3-20; 5.

31 - Horkheimer, "Stato autoritario," 6 e passim.

32 - Horkheimer, op. cit., 10; Adorno, "Riflessioni sulla teoria delle classi" in Can One Live After Auschwitz?, 108.

33 - Vedi Karl Korsch, "Economia e politica nella Spagna rivoluzionaria" in Living Marxism, Volume 4, Numero 3, maggio 1938

34 - Consiglio a chi sia interessato al background e allo sviluppo di Camatte di leggere il saggio in due parti di Michele Garau "La comunità del capitale: su Jacques Camatte" in Ill Will.

35 - Per maggiori dettagli su questi concetti e sulle parti rilevanti della teoria di Camatte in generale, si veda Ray Brassier, "Wandering Abstraction" (Metamute, 2014) e Endnotes, "The History of Subsumption" (Endnotes, 2010).

36 - Jacques Camatte, Capitale e comunità: i risultati del processo produttivo immediato e il lavoro economico di Marx (Radical Reprints, 2020), 47, 67; Jacques Camatte, "Il vagare dell'umanità" (1973) In This World We Must Leave and Other Essays, a cura di Alex Trotter (Autonomedia 1995), 39.

37 - Confrontate le tesi di Camatte con una battuta caratteristica di Horkheimer: "Nel sistema dell'economia di libero mercato, che spinse gli uomini a scoperte che risparmiavano lavoro e infine li assorbiva in una formula matematica globale, la sua prole specifica, le macchine, sono diventate mezzi di distruzione non solo nel senso letterale: hanno reso superflui non il lavoro ma i lavoratori." Max Horkheimer, "Stato autoritario," 3.

38 - Jacques Camatte a Gianni Collu, 23 maggio 1970. Invarianza Serie III, n. 1 (1976), 43

39 - Vedi Jacques Camatte, "A Propos Capital" (1971) in Capital and Community (Radical Reprints 2020), 271 e seguenti.

40 - Jacques Camatte, "Sull'organizzazione" (1969/1972) In This World We Must Leave (Autonomedia 1995), 26.

41 - Camatte, "Il vagabondo dell'umanità," 42.

42 - Jacques Camatte, "Capitalisme et développement de bande-racket" (1969). La mia traduzione

43 - Camatte, "Sull'organizzazione", 33 anni.

44 - Camatte ai compagni, 5 gennaio 1970. Invarianza Serie III, n. 1, 1976, 20.

45 - Qui sto sostenendo un argomento molto simile a quello espresso nella Sezione I del saggio "We Unhappy Few" da Endnotes vol. 5. Lo stesso Camatte affermò in modo bizzarro che l'ICO fosse "leninista"; vedi "Remarques" nella Invariance Series I, n. 7, 172.

46 - Jacques Camatte, "Sulla rivoluzione" (1972) in Capital and Community, 280.

47 - Camatte, op. cit., 285.

48 - Camatte ai compagni, 5 gennaio 1970. Invarianza Serie III, n. 1, 1976, 22; Cf. 36.

49 - Jacques Camatte, "Contre toute attente" (1978). La mia traduzione.

50 - Jacques Camatte, "Contro la domesticazione" (1973) In This World We Must Leave, 125-6.

51 - Jacques Camatte, "La mistificazione democratica" (1969)

52 - Camatte, "Il vagare dell'umanità," 64

53 - Horkheimer, "Stato autoritario," 12.

54 - Vedi Gillian Rose, "Walter Benjamin - Fuori dalle fonti dell'ebraismo moderno" in Judaism and Modernity (Verso, 2017).

55 - Walter Benjamin, "Paralipomena a 'Sul concetto di storia'" (1940) in Selected Writings, vol. 4, a cura di Michael W. Jennings et al (Harvard University Press, 2003), 402.

56 - Max Horkheimer, "Metaphysische Verklärung der Revolution" in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 11, a cura di Gunzelin Schmid Noerr (S. Fischer Verlag, 1987), 264-66.

57 - Walter Benjamin, "Konvolut X: Marx" in Walter Benjamin gesammelte Schriften, Bd. V.2, a cura di Rolf Tiedemann (Suhrkamp, 1991), 819.

58 - Nelle "Thèses provisoires" (1973) spiega il suo approccio "intuitivo" facendo riferimento a Feuerbach, sostenendo che ora è necessario trasporre l'ermeneutica umanista (idealista) di Feuerbach dalla religione alla scienza. Questo atteggiamento significativamente positivo verso Feuerbach si ripete nella sua lettera del 10 gennaio 1973 pubblicata nella Invariance Series III, n. 3.

59 - La linea di pensiero ha le sue origini nella Storia e coscienza di classe di Lukács, in particolare nel saggio sulla reificazione.

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