domenica 21 dicembre 2025

Terapeutici e Armonici…

Dalla teoria del Racket alla vera dominazione
- Un confronto tra la Scuola di Francoforte e Jacques Camatte [*] -
di J. E. Morain

Introduzione
All'inizio degli anni '40, la Scuola di Francoforte sviluppò un corpus di opere, per lo più pubblicato postumo soltanto decenni dopo, che è stato chiamato 'teoria del racket'. Quel corpus di opere rappresenta il tema della
Sezione 2 di questo saggio. L'altro soggetto di tale saggio è il teorico (post-)marxista francese Jacques Camatte. In ciò che segue, mi occuperò principalmente di opere risalenti a prima della svolta compiuta da Camatte in direzione della negazione dell'olocausto, [*1] dell'Omofobia,[*2] della Transfobia, [*3] della politica anti-aborto e della nouvelle droite. Per quanto concerne il materiale tematico, mi concentrerò sull'evidenziare gli aspetti del lavoro di Camatte che più risuonano con la teoria del racket della Scuola di Francoforte. Sebbene il mio verdetto su Camatte sia fondamentalmente sfavorevole, ho fatto tuttavia del mio meglio per evitare che il testo degenerasse in una sorta di versione ultra-sinistra del classico argomento «mio padre può fare il culo a tuo padre». Inoltre, ho iniziato a scrivere tutto questo assai prima che Camatte morisse; e non è un necrologio teorico. Un ringraziamento speciale va a James Crane per aver tradotto la maggior parte delle citazioni da Horkheimer.

La teoria del racket della Scuola di Francoforte
Cominciamo il nostro corso intensivo di racketologia, con una lunga citazione da Otto KirchheimerIl termine racket è polemico. Esso riflette su una società nella quale la posizione sociale dipende sempre più da una relazione di partecipazione, e si fonda sull'effetto primordiale del fatto che un individuo abbia avuto successo o meno nel riuscire ad "arrivare". Il racket connota e definisce una società in cui gli individui hanno perso la convinzione secondo cui il compenso per i propri sforzi individuali possa derivare solo dal semplice funzionamento di agenzie di mercato impersonali. Ma allo stesso tempo mantiene la stessa distanza dall'idea di una società in cui l'antagonismo, tra uomini ed elementi inanimati della produzione, si sia dissolto nell'immagine di una libera associazione per l'uso comune delle forze produttive. Si tratta dell'esperienza di una pratica associativa che implica che, né la scelta dell'individuo di un'associazione, né gli obiettivi perseguiti da quest'ultimo, siano il risultato di atti consapevoli che facciano parte del regno della libertà umana.» [*4] Questo, ci fornisce gran parte di tutto ciò che è fondamentale ai fini dell'appropriazione critica del concetto di racket proveniente dalla Scuola di Francoforte, il quale tuttavia è troppo banale, troppo finito in quanto prodotto finito. Per poter arrivare alla fonte della loro teoria del racket, bisogna rivolgerci a un saggio di Adorno dal titolo "Riflessioni sulla teoria delle classi."[*5] Rilevanti per i miei scopi, sono le seguenti tre frasi, le quali a loro volta formano una serie dialettica:

1 - "Tutta la storia è storia della lotta di classe poiché essa ha sempre coinciso con la medesima cosa, cioè la preistoria." [*6]
2 - "Nell'immagine dell'ultima fase economica, la storia è la storia dei monopoli." [*7]
3 - “Nell'immagine dell'atto manifesto di usurpazione, che viene praticato oggigiorno dai leader del capitale e del lavoro, che agiscono di concerto, troviamo la storia delle guerre tra bande e dei racket”.[*8]

   Non avendo lo spazio, per una lettura estesa delle "Riflessioni" di Adorno, qui tradurrò semplicemente le tesi essenziali che riguardano la problematica che poi scopriamo nel più ampio corpus della teoria del racket:

A - L'equazione storia = lotta di classe = preistoria, pone una sfida sul terreno della teoria: trovare unità nella storia, riferendosi alla futura libertà (comunismo-come-società) a partire dal fatto che la lotta di classe viene posta come motore (comunismo come movimento-reale) di questo.
B. L'ascesa dei monopoli, i quali abrogano il principio della concorrenza economica, richiede una riconsiderazione del concetto di classe, visto che «il concetto di classe [...] è stato modellato sulla borghesia stessa, vista come unità anonima tra i proprietari dei mezzi di produzione e tutte le loro varie appendici; la borghesia è la classe per eccellenza.»[*9] In tal modo, «la classe dirigente scompare dietro e a causa della concentrazione del capitale»; [*10] essendo essa composta da monopolisti e dal capitale sociale monolitico. Il problema (A) si trova così a essere ulteriormente complicato. La storia è la storia dei monopoli. (Quindi, pseudo-marxismi: come Thorstein Veblen, progressismo, socialdemocrazia, teorici del Frontismo Popolare, ecc.)
C. Alla fine, le gerarchie omologiche di dominazione presenti nel lavoro organizzato e nel capitale monopolistico, mettono in discussione il destino del proletariato. Il ritorno della dominazione diretta viene accompagnato da una tendenza al conformismo "volontario". La libertà diventa una parolaccia. [*11]
  


La teoria delle racket, immaginata in questo modo, come se fosse una risposta frammentaria al saggio inaugurale di Adorno, diventa una risposta alla domanda di come la teoria possa mantenere il nucleo del materialismo storico (A) mentre essa subisce un ripensamento fondamentale del concetto di classe (B) e di lotta di classe (C). [*12] Non ho lo spazio per poterlo spiegare qui, ma il problema di Camatte è assai simile. Ma ora parliamo della vera e propria teoria del racket. Nel frammento "Die Rackets und der Geist", Horkheimer scrive che il racket è la «forma fondamentale di dominazione.» [*13] E questo perché la società di classe, è essa stessa un racket: «"Classe dirigente", vuol sempre dire che si ha la struttura dei racket basati su un determinato modo di produzione, nella misura in cui, simultaneamente, tali racket proteggono e sopprimono gli strati più bassi.» [*14] Oppure, ancora: «La struttura [di ogni classe dirigente, nella storia] è stata sempre quella che vede racket concorrenti tra loro.» [*15] L'uso del termine racket, venne ispirato da ciò che i membri della Scuola di Francoforte (e molti altri) vedevano come il crescente monopolio dell'economia capitalista, un processo che comportava dei cambiamenti corrispondenti nella politica e nella cultura. La tendenza, all'interno del capitalismo, verso la concentrazione e la centralizzazione «consente alla società di tornare a delle forme più dirette di dominazione, le quali, in realtà, non erano mai state del tutto sospese.» [*16] Ma la classe dirigente, non è l'unico racket. Secondo Horkheimer, l'organizzazione in stile racket ora predomina anche nel movimento sindacale. Questo fa parte di una tendenza storica più ampia: «Sotto la pressione della classe dominante, le persone appartenenti alla classe dominata sono costrette ad assumere il ruolo di dominatori nei confronti di coloro che sono ancora meno potenti di loro. Sono gli stessi oppressi che, attraverso questa mediazione, diventano il boia diretto di coloro che si trovano ancora più in basso.» [*17] Tutto ciò, fa parte di una tendenza storica più ampia, ma non identica a essa! Horkheimer è chiaro, seppur pessimistico, sul potenziale storico specifico del proletariato nel frammento "Geschichte der amerikanischen Arbeiterschaft": «Il corso storico del proletariato ha portato a un bivio: esso poteva diventare una classe o un racket. Diventare un "racket" avrebbe significato privilegi all'interno dei confini nazionali, mentre diventare una "classe" avrebbe significato rivoluzione mondiale. I leader hanno privato il proletariato di questa decisione». [*18]
    Le dimissioni rispetto al compito storico del proletariato, da parte del movimento operaio ufficiale, che per Horkheimer erano simboleggiate dalla Federazione Americana del Lavoro e dai Socialdemocratici Tedeschi, significava che allora si dovette fare una netta distinzione tra forme radicali e forme riformiste (in realtà conformiste) di lotta di classe. Nei passaggi precedenti, Horkheimer fa riferimento a un particolare significato di racket, vale a dire, il racket di protezione. Questa interpretazione concorda con l'affermazione precedente di Horkheimer in "The End of Reason" secondo cui «La protezione è l'archetipo della dominazione.» [*19] L'unità tra protezione e dominio, costituisce una delle due caratteristiche essenziali unificanti le varie forme sociali a cui Horkheimer dà il nome racket. Pertanto: «La categoria più generale di tutte quelle che sono le funzioni praticate dai gruppi, è la protezione. I gruppi preservano le condizioni che assicurino il mantenimento dell'attuale divisione del lavoro, nella quale godono di una posizione privilegiata; essi la difendono con forza, e respingono con violenza qualsiasi cambiamento che possa mettere in pericolo il loro monopolio. Sono dei racket.» [*20] L'altra caratteristica essenziale del racket è il suo particolarismo: «Ogni racket cospira contro lo spirito, e tutti cospirano l'uno contro l'altro. La riconciliazione tra universale e particolare è immanente allo spirito; il racket costituisce quella che rappresenta la loro opposizione inconciliabile, mascherata da idee di unità e di comunità.» [*21] Competitività e ostilità, nascono da questo fondamentale particolarismo. E questo ci lascia con la domanda a proposito di quale sia esattamente lo scopo del racket, come forma di organizzazione sociale. Kirchheimer ce ne fornisce una risposta piuttosto diretta: per lui, l'obiettivo di tutti i cosiddetti racketeers è «l'instaurazione del dominio su una parte del processo di produzione o di distribuzione.» [*22] Anche Horkheimer, talvolta ci fornisce delle definizioni altrettanto ampie («ottenere la maggior quota possibile di potere su uomini, beni e servizi»), ma in altri luoghi pone un'enfasi particolare sulla sfera della distribuzione, o della circolazione. Ad esempio: «Pertanto, il concetto di racket si riferisce sia alle unità grandi che a quelle piccole; lottano tutti per ottenere la quota più ampia possibile del plus-valore. […] Bisogna sottolineare il fatto che, nella produzione, il ruolo di un gruppo, pur determinando in larga misura la sua quota di consumo, nella società di classe rappresenta una buona posizione strategica per poter approfittare di quanti più beni e servizi possibile, nell'ambito della distribuzione.» [*23] L'enfasi posta sulla distribuzione, in passaggi come quello qui sopra, suggerisce un legame assai stretto con la teoria del Capitalismo di Stato di Friedrich Pollock, [*24] e infatti la maggior parte dei commentatori ha interpretato in tal modo Horkheimer. Simili interpretazioni, però ignorano la forte critica fatta da Horkheimer alla teoria di Pollock nel frammento "Die Ideologie der Politik Heute." [*25] Adorno, forse, rimase ancora più disgustato dalla teoria del capitalismo di stato di Pollock, scrivendo a Horkheimer che «una critica [al saggio di Pollock "Il capitalismo di stato"] che esprimesse la mia opinione sulla questione, avrebbe finito per essere, psicologicamente, fuori dal mio controllo», e finiva pertanto per chiedere poi proprio a Horkheimer di riscriverla completamente. [*26] A mio avviso, sono assai più le analisi del "Behemoth", fatte da Franz Neumann, a somigliare assai più alla teoria di (Adorno e di) Horkheimer, rispetto a quelle dei saggi di Pollock sul capitalismo di stato. [*27] In ogni caso, la teoria del racket aveva un ambito ben più ampio rispetto a quella del capitalismo di stato. In essa, anche le forme più antiche di organizzazione sociale venivano criticate: la famiglia è un racket, il genere è un racket, e così come lo sono le comunità iniziatiche delle cosiddette "tribù primitive".  In tal modo, Horkheimer applicò il concetto in modo trans-storico, ma tuttavia aveva le sue ragioni per farlo. Per quanto lo riguardava, in primo luogo, il concetto era pensabile solo riguardo ai racket moderni: «Il concetto moderno [di racket] serve a descrivere le relazioni sociali passate. "L'anatomia dell'uomo è la chiave dell'anatomia della scimmia".» [*28] L'organizzazione in stile racket, si riduce solamente a ciò che è la sua essenza nel racket moderno. La condanna di Horkheimer nei confronti del racket è di ampia portata, ma essa non costituisce, rispetto al suo lavoro, un attacco all'organizzazione in quanto tale, né tantomeno a tutte le organizzazioni contemporanee. Una manciata di frammenti e testi risalenti agli anni '40, ci fornisce indicazioni su come Horkheimer pensava potesse essere un'organizzazione rivoluzionaria. «Per cominciare, nell'ambito della società di classe, un'organizzazione che non sia racket può essere solo un'organizzazione di lotta “con lo sguardo rivolto verso l'alto”, ma simili organizzazioni “non hanno alcun posto nella gerarchia consolidata, mancano di una funzione economica regolare e, dopo periodi di illegalità, vivono solo attraverso azioni rivoluzionarie”.» [*29] Precedentemente, nel suo "Stato autoritario", Horkheimer aveva  condannato la tendenza dell'opposizione riformista a integrarsi nel capitalismo, scrivendo che «Qualunque cosa cerchi di espandersi attraverso il dominio corre il rischio di riprodurlo.» [*30] Più volte, ripetutamente, Horkheimer fu un sostenitore della democrazia dei consigli operai. [*31] Nel corpus della teoria del racket, lui e Adorno affermano spesso che i lavoratori sono in grado di prendere il controllo e gestire competentemente l'attuale sistema produttivo.[*32] Egli aveva letto attentamente gli articoli sulla guerra civile spagnola che Karl Korsch gli aveva inviato, e alcuni riferimenti positivi sparsi, riferiti agli anarchici spagnoli, potrebbero indicare che c'era simpatia per l'argomentazione di Korsch, secondo la quale sarebbero stati loro i successori dello spirito rivoluzionario del 1917. [*33]

La teoria di Camatte sulla vera dominazione del capitale
    Passo ora alla sintesi e all'analisi delle parti rilevanti dell'opera di Jacques Camatte. In particolare, mi interessa la cosiddetta Serie II dell'Invarianza (ossia, gli anni 1971-1975), la quale appare dominata, nel contenuto, dal rifiuto ambiguo che Camatte attua di gran parte del marxismo (ovvero "la teoria del proletariato", come la chiama lui). [*34] La lettura eccentrica, che Camatte fa di testi come i "Grundrisse" e i "Risultati del processo di produzione immediato" (vale a dire, il sesto capitolo inedito del primo libro del Capitale), lo portò a creare due nuovi concetti, interconnessi tra loro, volti a descrivere la forma attuale del capitalismo. [*35] Il primo, "la vera dominazione del capitale",una interpretazione “creativa” della teoria incompiuta di Marx sulla reale sussunzione del lavoro al capitale. Il vero dominio del capitale si riferisce al dominio dell'intera società da parte del capitale e alla relegazione dell'esistenza umana a un semplice momento nel processo di valorizzazione. Secondo Camatte, questo dominio reale deriva dalla predominanza del capitale fisso e del relativo surplus in eccesso nel processo produttivo del capitale—fattori che rendono il proletariato sempre più (se non irrilevante) rispetto al processo produttivo. [*36] [*37] La dominazione del proletariato, nel processo di produzione. attraverso il capitale fisso si estende poi fino a padroneggiare l'intero processo di valorizzazione, inclusa la circolazione ed eventualmente fino una vera e propria dominazione della società nel suo complesso. Il secondo concetto—la comunità materiale del capitale—è strettamente correlato, ma tuttavia distinto dal primo, vale a dire, la comunità materiale del capitale, è ciò che ha soppiantato le comunità umane (Gemeinwesen) relative ai modi di produzione pre-capitalisti. Camatte scrisse una volta una lettera a un suo compagno, Gianni Collu, spiegando il concetto di Gemeinwesen, o di comunità; dicendo che essa è «la sostanza della realtà sociale degli esseri umani», oltre a essere  «un'unità superiore a tutte le unità statali, che si pone al di sopra della folla infinita di organizzazioni»; rispetto a essa, gli individui sono solo dei semplici incidenti di questa sostanza. [*38] L'instaurarsi della vera dominazione del capitale, andò di pari passo con la sua costituzione in quanto comunità materiale dell'umanità. La comunità umana alienata (capitalismo) viene mediata, e riprodotta, dai processi socio-materiali del capitale, vale a dire, dalla produzione e dallo scambio di merci che avviene all'interno del processo di valorizzazione del capitale. Con l'avvento della vera dominazione del capitale sull'umanità, la comunità materiale, a sua volta, diventa autonoma e auto-riproducente, dal momento che il capitale è ora il terreno di tutte le istituzioni sociali (ad esempio, lo stato, ecc.). Il capitale pone le proprie presupposizioni e, a sua volta, diventa esso la presupposizione dell'umanità. In tal modo, tutto ciò che prima era mistero, ora diventa reale ed efficace. Il capitale rinuncia all'oro e al valore, e diventa una rappresentazione tautologica a sé stante. [*39] Così facendo, il capitale è riuscito ad «[assorbire] il movimento che lo nega, il proletariato» e, di conseguenza, anche «tutte le forme di organizzazione politica della classe operaia sono scomparse[*40] Simultaneamente, i capitalisti sono stati assorbiti nel funzionamento automatico del capitale. Il conflitto di classe pertanto scompare - allo stesso modo di come è scomparso il dodo - e viene sostituito da delle insignificanti dispute tra gang/racket/organizzazioni/gruppi, che sono «tutti i vari modi di essere del capitale[*41] Camatte spiega, ulteriormente: «Questa modalità di esistenza [il racket delle bande] deriva dal fatto che il capitale può valorizzarsi, e quindi esistere e sviluppare la propria esistenza, solo se una sua particella, oramai diventata autonoma, si confronta con l'intera società, ponendosi in relazione con il suo equivalente socializzato totale, il capitale. [Il capitale] ha bisogno di questo confronto (competizione, emulazione) poiché esiste solo attraverso la differenziazione.» [*42] Non è chiaro se Camatte abbia concepito la parola 'racket' da sé solo, o se l'abbia appresa dalla Scuola di Francoforte. Il primo caso è molto plausibile, visto che la maggior parte dei testi della Scuola di Francoforte che preannunciavano il nuovo percorso teorico di Camatte riguardo ai "racket" non sarebbero ancora stati pubblicati per diversi anni. Lo smantellamento del proletariato ad opera del capitale, ha avuto delle conseguenze sulla pratica e sull'organizzazione. Camatte e Collu propongono due ipotesi di partenza per la prassi futura: «rifiutare di ricostituire un gruppo, anche informale» e «mantenere una rete di contatti personali con individui che hanno raggiunto (o stanno cercando di raggiungere) il massimo livello di conoscenza teorica: anticonformismo, anti-pedagogia; in senso storico, il partito non è una scuola» [*43] Inoltre, Camatte ha illustrato le implicazioni pratiche del suo "Sull'organizzazione" in una lettera del 1970 ai suoi compagni« … Potremmo anche essere un certo numero di rivoluzionari, pur senza formare un gruppo, anche informalmente (cioè non strutturato), ma evidentemente questo è possibile solo tendenzialmente, nel senso che solo attraverso l'attività teorica possiamo evitare le trappole che la società capitalista ci ha teso. In altre parole, non possiamo essere un gruppo e allo stesso tempo partecipare all'unificazione della classe, la quale deve svilupparsi attualmente; questo può accadere solo se ci consideriamo come il cuore del movimento [!?]; solo se noi non diventiamo autonomi [s'autonomize]; solo se, quindi, ci vediamo come se fossimo un elemento del divenire-unificazione, e non come uno strumento, un mezzo per realizzarla. Ecco perché, nel farlo, non ci sono né interni né esterni.» [*44] Ciò, di fatto, poneva Camatte al livello (se non addirittura sotto) degli attendisti del gruppo consigliare francese Informations et Correspondances Ouvrières (ICO). [*45]; sebbene l'enfasi sull'attività teorica, e sulla convinzione che questa attività teorica gruppuscolare sia di importanza storica a livello mondiale, conferisca al suo punto di vista un tocco distintivamente bordighista. I testi successivi a "Sull'organizzazione", rivelano una posizione un po' più morbida. Camatte ha persino rivolto alcuni complimenti ambigui al movimento maoista francese! [*46] Il cambiamento di tono, si poteva collegare alla sua ultima visione profetica: «All'interno della classe universale, ha avuto inizio [da maggio '68] [...] una lotta che porterà alla rivoluzione di questa classe, e alla sua costituzione in quanto partito-comunità; il primo momento della sua negazione.» [*47] Il partito (-comunità) di cui Camatte parla, è il partito storico, vale a dire, il comunismo in quanto "il vero movimento". Il caporedattore di Invariance, vedeva le nuove organizzazioni degli anni Sessanta come se fossero delle espressioni momentanee e frammentate del movimento - già in corso! - che avrebbero negato "il proletariato", e unificato la nuova "classe universale" (che include anche le "classi medie") andando così verso il «trionfo immediato del comunismo [*48] Una volta arrivati alla terza serie di Invariance, diventa chiaro che dopo il 1973 Camatte abbandonò ogni idea, anche solo lontanamente convenzionale, di rivoluzione. «La resistenza,» scrive, «è una [forma di] attesa mascherata, una speranza non detta che il corso del mondo possa ancora cambiare[*49] Anziché resistere, dobbiamo «lasciare il mondo», creare «forme comuniste» e «nuove modalità d'azione», abbracciare la non violenza, ecc. «Uomini e donne si renderanno conto che sono loro stessi gli elementi determinanti e che non devono abdicare al proprio potere a favore della macchina...» [*50] Il pensiero di Camatte è giunto così alla perfetta tautologia. Non c'è più nulla in esso che valga la pena discutere.

Osservazioni (al posto di una conclusione)
    Le somiglianze tra la teoria di Horkheimer e Adorno, e quella di Camatte sono sorprendenti. Oltre tutto, l'ispirazione diretta dalla Scuola di Francoforte (probabilmente) non è il fattore decisivo nello sviluppo intellettuale di Camatte; sebbene, sicuramente ciò avvenne in una certa misura, specialmente negli anni '70. Ritengo, sia la teoria del racket della Scuola di Francoforte sia il lavoro di Camatte, dei programmi teorici falliti, seppure con dei nuclei razionali. Tuttavia, ritengo anche che il fallimento della Scuola di Francoforte sia più avvincente, interessante e importante. Una differenza fondamentale tra la Scuola di Francoforte e Camatte, risiede nelle loro concezioni di riconciliazione, utopia e rivoluzione. Camatte è armonico, mentre la Scuola di Francoforte è terapeutica. Le descrizioni ellittiche del comunismo di Camatte, tradiscono questa tendenza armonica. La sua posizione di base è definita dalla tesi secondo cui il comunismo «non è una questione di avere o di fare, bensì di essere[*51] Esso non è «una nuova modalità di produzione; ma è l'affermazione di una nuova comunità[*52] Queste tesi astratte-metafisiche, contrastano con le indicazioni che provengono dalla Scuola di Francoforte, su come sarebbe il comunismo, e che generalmente sono negative. In Camatte, l'armonismo è presente anche nelle sue descrizioni di rivoluzione e di transizione. Nei testi della Serie I dell'Invarianza, la transizione appare semplicemente quasi come una serie di politiche (tutte prese da Bordiga) facilmente attuabili dalla onnipotente comunità di classe-partito-stato: abolizione della separazione tra imprese economiche, accorciamento della giornata lavorativa, cessazione di ogni scambio di merci, cessazione dell'alienazione del lavoro, ecc. A questo livello - e solo a questo livello - il primo Camatte è colpevole di «[degradare] la rivoluzione a un mero progresso.» [*53] I successivi approfondimenti dell'argomento nella Serie II di Invariance degenerano nelle profezie fiabesche riassunte sopra. Nell'opera matura di Camatte, le previsioni meccaniche del materialismo storico volgare - previsioni che almeno avevano la pretesa di essere scientifiche - vengono sostituite da una fiducia volutamente astratta nell'umanità. Nonostante i continui e drastici cambiamenti nella sua teoria, in Camatte non si trova mai alcuna traccia di un'autentica autocritica, ma solo il discorso ripetitivo e stordente di qualcuno che si crede uno pseudo-saggio che sa tutto. Quel burattino chiamato “Gemeinwesen” dovrebbe essere quello che vince sempre. Al contrario, le opere della Scuola di Francoforte sono permeate dalla consapevolezza che ciò che è stato perso non potrà mai più essere recuperato; quantomeno non davvero. [*54] Persino i morti non sono al sicuro dal nemico, e quasi non abbiamo idea di come potesse essere una vittoria. Così Walter Benjamin: «Chiunque voglia sapere quale potrebbe essere la situazione di una "umanità redenta", quali condizioni saranno necessarie allo sviluppo di una tale situazione, e quando questo sviluppo possa avvenire, pone delle domande alle quali non ci sono risposte. Tanto valeva cercare di conoscere il colore dei raggi ultravioletti.» [*55] La polemica negazione, da parte di Benjamin, che si possa avere un'idea di che cosa significhi la redenzione, viene a essere arricchita dall'utopismo negativo di Adorno. Ciò che è utopico può apparire, e appare, a noi, ma lo fa solo fugacemente attraverso la riflessione. Le descrizioni di Adorno della buona vita sono di una semplicità gnomica: si tratta di «una vita senza paura» o di «un mondo in cui nessuno soffre la fame». Nelle prime opere di Horkheimer, invece, troviamo un certo cinismo, e c'è in ogni cosa come una consapevolezza dell'elemento tragico. La rivoluzione non è nulla di metafisico; ma è semplicemente una questione di dolore, di fame e di miseria, di sofferenze che non potranno mai essere ripagate. Il socialismo non è la perfezione dell'umanità. [*56] E né la rivoluzione né il socialismo sono una cosa certa: «l'esperienza della nostra generazione,» scrive Benjamin, era quella che ci diceva che «il capitalismo non morirà di morte naturale[*57] Le meditazioni riflessive di Adorno e di Horkheimer hanno come un effetto edificante – e persino mistico – rispetto ai tentativi di illuminazione intuitiva di Camatte, per non parlare del misticismo marxista di Benjamin. [*58] La traiettoria di Camatte come pensatore, è simile alla vita intellettuale di Benjamin vista al contrario. Anziché passare dal misticismo al marxismo, avviene che sono le sue opere successive a essere caratterizzate da una metafisica da matricola e dall'infatuazione per alcuni mistici reazionari (Klages, Bachofen, ecc.). La parte più avvincente dell'opera di Camatte - il concetto di comunità materiale del capitale - precede il suo allontanamento dal marxismo. Ancora una volta, vediamo una sorprendente somiglianza con la Scuola di Francoforte; e qui mi riferisco all'analisi che fa Adorno, della società (capitalista) vista come una totalità reificata. [*59] Una delle differenze chiave, riguarda l'analisi intesa nel suo senso originario: quello di scomporre le cose. Camatte rifiutò esplicitamente questa possibilità, sostenendo che il capitale aveva prevalso sui suoi elementi logici e sulle categorie presupposte (la merce, il valore, il denaro, il lavoro, ecc.).Viceversa, Adorno tendeva a porre al centro la relazione di scambio di base e, di conseguenza, anche le categorie elementari summenzionate. (Penso che molte persone influenzate da Camatte interpretino il concetto di comunità materiale facendo riferimento ai concetti elementari, quindi in modo lukácsiano-adorniano). Camatte aveva cominciato a ragionare partendo dalla reale sussunzione del lavoro nel processo immediato di produzione, per poi estrapolare questo concetto fino ad arrivare al reale dominio del capitale sull'umanità, mentre Adorno, essendo più cauto dal punto di vista sociologico, si era concentrato sull'espansione del feticismo delle merci, che andava a coprire parti sempre più ampie della vita sociale. A mio avviso, l'approccio di Lukács-Adorno ha una potenza analitica infinitamente maggiore rispetto all'ontologia sociale volutamente appiattita di Camatte. Come ho detto prima, credo che entrambe le teorie siano in definitiva dei fallimenti. La differenza risiede in ciò che esse offrono in termini di spunti di riflessione, in termini di potenziale riappropriazione critica delle loro analisi. A tal fine, le conversazioni incomplete della Scuola di Francoforte sui racket offrono più spunti rispetto all'impenetrabile monologo di Camatte sul dominio reale.

- J. E. Morain - Pubblicato su: CTWG - For collective self-clarification without consolation -
[* N.d.T. Tutti i testi di Camatte, cui si fa riferimento possono essere trovati su "Il Covile"
https://www.ilcovile.it/ ,gestito dal mio amico Stefano Borselli -]

NOTE:

1 - Jacques Camatte, "Évanescence du mythe antifasciste" (1982)

2 - Jacques Camatte, "Amour ou combinatoire sexuelle" (1978)

3 - Jacques Camatte, "Intervista con il Cercle Marx" (2019)

4 - Otto Kirchheimer, "In cerca di sovranità" in The Journal of Politics, maggio 1944, Vol. 6, N. 2, 139-176; 161.

5 - Theodor Adorno, "Riflessioni sulla teoria delle classi" (1942) in Può vivere dopo Auschwitz? A Philosophical Reader, a cura di Rolf Tiedemann (Stanford University Press, 2003), 93 e seguenti.

6 - Adorno, op. cit., 94.

7 - Adorno, op. cit., 100.

8 - Ivi

9 - Adorno, op. cit., 97.

10 - Adorno, op. cit., 99.

11 - Adorno, op. cit., Sezione VIII

12 - Cfr. il dattiloscritto "Memorandum über Teile des Los Angeles Arbeitsprogramms..." Max Horkheimer Nachlass VI.33 / Na 1 578, 1r-4r https://nbn-resolving.org/urn:nbn:d e:hebis:30:2-1118910

13 - Max Horkheimer, "Die Rackets und der Geist" [1942] in Max Horkheimer Gesammelte Schriften, Bd. 12, a cura di Gunzelin Schmid Noerr (S. Fischer Verlag, 1985), 287.

14 - Horkheimer, "Die Rackets und der Geist," in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 12, 288.

15 - Max Horkheimer, "Sulla sociologia delle relazioni di classe" (1943). Ai fini di questo saggio sto consultando un'edizione critica del testo che noi del Critical Theory Working Group abbiamo compilato sulla base delle varianti trovate nell'archivio Horkheimer. Sarà pubblicato a breve sul nostro blog. Vedi Max Horkheimer Nachlass XI.16-17 / Na 1 639 https://nbn-resolving.org/urn:nbn:d e:hebis:30:2-1110761 ?

16 - Max Horkheimer, "Sulla sociologia delle relazioni di classe"

17 - Dattiloscritto "Notizen zum Programm des Buches, 3.8.1942," Max Horkheimer Max Horkheimer Nachlass XI.10.1 / Na 1 805, 180-181 https://nbn-resolving.org/urn:nbn:d e:hebis:30:2-1112682

18 - Max Horkheimer, "Geschichte der amerikanischen Arbeiterschaft" (1942) in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 12, 260

19 - Max Horkheimer, "La fine della ragione" in Studies in Philosophy and Social Science, Vol. IX, 1941, 366-389; 374

20 - Horkheimer, "Die Rackets und der Geist," in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 12, 286.

21 - Horkheimer, op. cit., 290.

22 - Kirchheimer, "In cerca di sovranità," 160.

23 - Horkheimer, "Sulla sociologia delle relazioni di classe"

24 - Vedi Friedrich Pollock, "Capitalismo di Stato" in Studies in Philosophy and Social Science, Vol. IX 1941, 200-226.

25 - Max Horkheimer, "Die Ideologie der Politik Heute" [1942] in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 12, 316 e seguenti.

26 - Theodor W. Adorno a Max Horkheimer, 8 giugno 1941 in Theodor W. Adorno e Max Horkheimer, Briefwechsel 1927-1969, Bd. II 1938-1944, a cura di Christoph Gödde e Henri Loritz (Suhrkamp 2004), 139.

27 - Per maggiori informazioni sull'influenza o la non influenza di Pollock, vedi James Schmidt, "'Racket', 'Monopoly', and the Dialectic of Enlightenment" (nonsite.org, 2016)

28 - Horkheimer, "Sulla sociologia delle relazioni di classe"

29 - Horkheimer, "Die Rackets und der Geist," in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Band 12, 288

30 - Max Horkheimer, "Stato autoritario" Telos 15:2 (primavera), 1973, 3-20; 5.

31 - Horkheimer, "Stato autoritario," 6 e passim.

32 - Horkheimer, op. cit., 10; Adorno, "Riflessioni sulla teoria delle classi" in Can One Live After Auschwitz?, 108.

33 - Vedi Karl Korsch, "Economia e politica nella Spagna rivoluzionaria" in Living Marxism, Volume 4, Numero 3, maggio 1938

34 - Consiglio a chi sia interessato al background e allo sviluppo di Camatte di leggere il saggio in due parti di Michele Garau "La comunità del capitale: su Jacques Camatte" in Ill Will.

35 - Per maggiori dettagli su questi concetti e sulle parti rilevanti della teoria di Camatte in generale, si veda Ray Brassier, "Wandering Abstraction" (Metamute, 2014) e Endnotes, "The History of Subsumption" (Endnotes, 2010).

36 - Jacques Camatte, Capitale e comunità: i risultati del processo produttivo immediato e il lavoro economico di Marx (Radical Reprints, 2020), 47, 67; Jacques Camatte, "Il vagare dell'umanità" (1973) In This World We Must Leave and Other Essays, a cura di Alex Trotter (Autonomedia 1995), 39.

37 - Confrontate le tesi di Camatte con una battuta caratteristica di Horkheimer: "Nel sistema dell'economia di libero mercato, che spinse gli uomini a scoperte che risparmiavano lavoro e infine li assorbiva in una formula matematica globale, la sua prole specifica, le macchine, sono diventate mezzi di distruzione non solo nel senso letterale: hanno reso superflui non il lavoro ma i lavoratori." Max Horkheimer, "Stato autoritario," 3.

38 - Jacques Camatte a Gianni Collu, 23 maggio 1970. Invarianza Serie III, n. 1 (1976), 43

39 - Vedi Jacques Camatte, "A Propos Capital" (1971) in Capital and Community (Radical Reprints 2020), 271 e seguenti.

40 - Jacques Camatte, "Sull'organizzazione" (1969/1972) In This World We Must Leave (Autonomedia 1995), 26.

41 - Camatte, "Il vagabondo dell'umanità," 42.

42 - Jacques Camatte, "Capitalisme et développement de bande-racket" (1969). La mia traduzione

43 - Camatte, "Sull'organizzazione", 33 anni.

44 - Camatte ai compagni, 5 gennaio 1970. Invarianza Serie III, n. 1, 1976, 20.

45 - Qui sto sostenendo un argomento molto simile a quello espresso nella Sezione I del saggio "We Unhappy Few" da Endnotes vol. 5. Lo stesso Camatte affermò in modo bizzarro che l'ICO fosse "leninista"; vedi "Remarques" nella Invariance Series I, n. 7, 172.

46 - Jacques Camatte, "Sulla rivoluzione" (1972) in Capital and Community, 280.

47 - Camatte, op. cit., 285.

48 - Camatte ai compagni, 5 gennaio 1970. Invarianza Serie III, n. 1, 1976, 22; Cf. 36.

49 - Jacques Camatte, "Contre toute attente" (1978). La mia traduzione.

50 - Jacques Camatte, "Contro la domesticazione" (1973) In This World We Must Leave, 125-6.

51 - Jacques Camatte, "La mistificazione democratica" (1969)

52 - Camatte, "Il vagare dell'umanità," 64

53 - Horkheimer, "Stato autoritario," 12.

54 - Vedi Gillian Rose, "Walter Benjamin - Fuori dalle fonti dell'ebraismo moderno" in Judaism and Modernity (Verso, 2017).

55 - Walter Benjamin, "Paralipomena a 'Sul concetto di storia'" (1940) in Selected Writings, vol. 4, a cura di Michael W. Jennings et al (Harvard University Press, 2003), 402.

56 - Max Horkheimer, "Metaphysische Verklärung der Revolution" in Max Horkheimer gesammelte Schriften, Bd. 11, a cura di Gunzelin Schmid Noerr (S. Fischer Verlag, 1987), 264-66.

57 - Walter Benjamin, "Konvolut X: Marx" in Walter Benjamin gesammelte Schriften, Bd. V.2, a cura di Rolf Tiedemann (Suhrkamp, 1991), 819.

58 - Nelle "Thèses provisoires" (1973) spiega il suo approccio "intuitivo" facendo riferimento a Feuerbach, sostenendo che ora è necessario trasporre l'ermeneutica umanista (idealista) di Feuerbach dalla religione alla scienza. Questo atteggiamento significativamente positivo verso Feuerbach si ripete nella sua lettera del 10 gennaio 1973 pubblicata nella Invariance Series III, n. 3.

59 - La linea di pensiero ha le sue origini nella Storia e coscienza di classe di Lukács, in particolare nel saggio sulla reificazione.

giovedì 18 dicembre 2025

Un Uomo Tribale !!!

18 dicembre 2025 • Avvento dell'Interregno
Chi è Nick Fuentes? L'antisemita che vuole rovesciare l'America di Trump
Il podcaster più popolare negli Stati Uniti sostiene di essere Adolf Hitler.

   Dalla morte di Charlie Kirk, il pubblico di Nick Fuentes è raddoppiato. Dichiaratosi antisemita, razzista, sessista, potrebbe segnare un cambiamento radicale duraturo nella politica americana. La sua estrema pericolosità può essere compresa solo se ci prendiamo il tempo di entrare nella mostruosità digitale delle sue parole, che oggi alimentano un potente carisma negli Stati Uniti. Dopo Donald Trump, Nick Fuentes è senza dubbio la personalità più influente della gioventù americana, ed è uno di coloro che segnerà il ciclo politico che si sta aprendo negli Stati Uniti. Dall'elezione di Donald Trump - che Fuentes si è rifiutato di sostenere, in parte a causa della sua vicinanza al primo ministro di Israele - il suo pubblico è sempre più cresciuto. Secondo il New York Times, almeno il 40% dei giovani dirigenti del Partito Repubblicano segue i suoi video in diretta, i quali hanno spesso uno stile ironico e un'eloquenza assolutamente padroneggiata. Curtis Yarvin ha scritto: «Non credo che nessuno possa negare che N[ick] F[uentes] sia un oratore di livello mondiale. Anche Hitler lo era, ovviamente.» Questo accostamento non è affatto insignificante, dal momento che il giovane podcaster politico americano ogni giorno esprime e trasmette a milioni di spettatori una visione essenzialmente antisemita del mondo, nella quale l'antisemitismo funge da chiave interpretativa globale: egli sostiene di spiegare storia, economia, politica e geopolitica a partire da un unico e semplice principio fantasmatico: rispondendo alla complessità e all'opacità del mondo contemporaneo mediante una causalità presumibilmente lineare e totalizzante, Nick Fuentes sviluppa una nuova grande narrazione del complotto, da lui diffusa in modo granulare e non filtrato grazie ai social network e all'impressione di intimità che essi producono sul pubblico. Marshall McLuhan sosteneva che il vantaggio competitivo che Adolf Hitler aveva rispetto agli altri politici del suo tempo, risiedeva nella sua padronanza di quello che allora è stato il primo mezzo di massa, la radio: «Hitler, era un uomo completamente rivolto alla radio, ed era un uomo tribale.» Egli comprende perfettamente il mezzo - che una società e una generazione sempre più affezionate ai contenuti video virali ricerca - e intende pertanto trasformare la sua piattaforma in una leva per cambiare gli Stati Uniti in una potenza razzista e misogina.

Il Credo Estremo di Nick Fuentes
   «Gli ebrei governano la società, le donne devono stare zitte e la maggior parte dei neri deve essere incarcerata; e così facendo vivremo in paradiso. È assai semplice.» Questo estratto, improvvisato durante un video dal vivo del 28 marzo 2025, ha contribuito, nonostante il suo radicalismo e l'espressione di antisemitismo sfrenato, di misoginia e razzismo, a rendere Nick Fuentes una delle personalità più popolari su Internet. Imparato a memoria, deriso, riferito e citato, ha mostrato come lo spazio digitale possa rendere questa figura particolarmente estrema un punto di riferimento nel dibattito politico. Nato nel 1998 a Chicago, Nick Fuentes è cresciuto a La Grange Park, una comunità prevalentemente bianca nei sobborghi di Chicago. Durante l'iscrizione alla Boston University in relazioni internazionali e scienze politiche, ha interrotto la laurea triennale nel primo anno di studi, dicendo di essere stato molestato a causa del suo sostegno a Trump. In seguito, si è consacrato interamente alla creazione di una piattaforma politica online incentrata su dei monologhi che vengono diffusi in streaming. Con i suoi canali Youtube, Facebook, Twitch, Reddit e altri social media che sono stati disattivati per incitazione all'odio, egli trasmette quotidianamente il suo programma serale "America First", su piattaforme meno note come Podbay e Rumble; una piattaforma di streaming conservatrice, questa, finanziata in parte da Peter Thiel, Vivek Ramaswamy e J. D. Vance. Dopo un periodo di sospensione su Twitter, lo streamer è riuscito a tornare sui social network "X" grazie all'acquisizione che ne è stata fatta da parte di Elon Musk. Fuentes ora conta più di un milione di iscritti sul suo nuovo account X — aperto a maggio 2024 — e ci sono estratti del suo show che vengono ampiamente condivisi dagli utenti della piattaforma. Anche il social network di Donald Trump, "Truth Social", ha autorizzato il suo account. Fuentes sta così diventando sempre più influente tra i nazionalisti americani a favore dell'isolazionismo, e che Trump e il movimento MAGA non sarebbero riusciti a implementare. In più, nel 2020 aveva creato la conferenza annuale "America First Political Action Conference"; e nel gennaio 2021 ha partecipato attivamente all'organizzazione dell'attacco al Campidoglio.

L'America per prima cosa/Cristo è Re
   «L'America innanzi tutto / Cristo è Re». Questo slogan, che Nick Fuentes propone sul suo account X particolarmente seguito (più di 1,2 milioni di abbonati), è un esplicito riferimento alla corrente cattolica tradizionalista, ed è associata a una visione integralista della nazione americana. Per Fuentes, è la religione che deve strutturare direttamente la politica. Una simile posizione, lo porta a definirsi come un "Nazionalista cristiano", ostile a qualsiasi separazione tra religione e governo. In una simile logica, Fuentes adotta un discorso esclusivista e conflittuale, arrivando persino a formulare un'alternativa binaria: «O sei con Cristo, o sei con gli ebrei»; una struttura, questa, che esprime tanto il suo esplicito antisemitismo, quanto la sua concezione di cattolicesimo in quanto identità politica totalizzante, incompatibile con il pluralismo religioso o civico.

La cospirazione ebraica
   «Hitler è geniale. Hitler aveva ragione. E l'Olocausto non c'è mai stato.» Nick Fuentes professa, ripetutamente ed esplicitamente, delle posizioni antisemite, negando al contempo la realtà storica della Shoah. Egli ha ripetutamente, e a più riprese, lodato Adolf Hitler, arrivando persino a dichiarare, nel suo show America First, il 1° novembre 2025: «Hitler è bellissimo. Hitler aveva ragione. E l'Olocausto non è mai avvenuto.» Queste dichiarazioni, combinano le tre dimensioni centrali di quello che è un antisemitismo radicale contemporaneo : l'elogio del nazismo, il negazionismo, e la legittimazione morale del genocidio, collocando così Fuentes all'interno di una tradizione ideologica che non si accontenta di relativizzare o di deviare la storia, ma che rifiuta frontalmente i fatti stabiliti, facendolo al fine di riabilitare, davanti a un pubblico di milioni di persone, una figura centrale del totalitarismo del XX° secolo. La sfida principale da affrontare, una sfida di grande portata, è quella posta dalla comunità ebraica organizzata negli Stati Uniti: «Nick Fuentes mobilita ossessivamente la teoria del complotto antisemita secondo cui "gli ebrei" — spesso visti come un unico blocco — controllano segretamente lo Stato e l'economia degli Stati Uniti. È esattamente il registro della teoria denominata "Zionist Occupation Government" (ZOG), descritta nella letteratura sull'estremismo come l'idea che il governo sarebbe "occupato"/telecomandato da attori ebrei
    «Voglio che questo paese abbia dei media cattolici, una Hollywood cattolica, un governo cattolico... e non un governo occupato dagli ebrei.» Alla stregua di personaggi come Curtis Yarvin e come i Neo-reazionari, Fuentes, senza mezzi termini, rifiuta la democrazia, parlando di un «governo occupato dagli ebrei», e utilizzando un classico vocabolario complottista dell'estrema destra antisemita. Al posto della democrazia liberale, egli difende l'idea di una teocrazia cristiana, basata su un'autorità religiosa riconosciuta, e sulla subordinazione della politica al dogma. Definendosi reazionario, Fuentes rivendica un insieme di riferimenti storici e dottrinali che lo collocavano in una posizione di rottura aperta con la modernità politica: afferma il suo sostegno all'autocrazia, a qualsiasi monarchia assoluta di origine cattolica, alla dottrina della guerra giusta, così come alle Crociate e all'Inquisizione, che egli non considera come degli eccessi, ma come legittime espressioni dell'ordine cristiano. In gran parte, in opposizione alla dottrina della Chiesa di Roma - in relazione a ciò che Blandine Chelini-Pont ha definito come "Una nuova crisi dell'americanismo" -  questo corpus ideologico radicale, coniuga una visione anti-moderna, antidemocratica e teologico-politica del mondo, in cui la fede cattolica viene eretta a principio esclusivo di legittimità. Storia, violenza religiosa e autorità, vengono reinterpretate come dei modelli da restaurare per poter così riorganizzare la politica della principale potenza mondiale.

Ebrei e biscotti
    Nel 2019, durante uno scambio in diretta con gli spettatori del suo show, Fuentes ha utilizzato uno dei classici espedienti retorici della negazione dell'Olocausto. A una domanda formulata come se fosse un "problema matematico" - una macabra metafora che equipara i forni dei crematori a quelli da cucina - ha risposto suggerendo che le cifre sull'Olocausto sarebbero state materialmente impossibili. La domanda usava un linguaggio codificato, ampiamente usato nei circoli negazionisti dell'Olocausto, e particolarmente insostenibile: «Se impiego un'ora per cuocere una teglia di biscotti e Cookie Monster dispone di 15 forni che funzionano 24 ore su 24 per cinque anni, quanto tempo ci vorrà per cuocere 6 milioni di biscotti?». Dichiarando che «il calcolo non reggeva», Fuentes stava assumendo un argomento centrale delle tesi negazioniste: l'idea fallace secondo cui lo sterminio industriale degli ebrei durante l'Olocausto non sarebbe stato tecnicamente fattibile. Questo tipo di argomento, che finge di basarsi su calcoli "tecnici" - fatti qui sotto le spoglie di meme e umorismo - rimane una delle fonti più diffuse della negazione contemporanea dell'Olocausto.

Gli americani moriranno per il bene di Israele. Il punto finale della storia.
   «Quale conclusione bisogna trarre da tutto ciò? Israele non è un nostro alleato, ma probabilmente è piuttosto il nostro nemico. Se decidessimo di isolarlo, Israele avrebbe danneggiato il nostro paese, e non saremmo stati in grado di impedirlo. Siamo totalmente infiltrati. Non capisci che non solo non sono nostri alleati, ma che, appena cerchiamo di spezzare i legami o ridurre la loro influenza, essi non esiteranno a farci del male, o addirittura ad assassinare il nostro presidente? Per arrivare fino in fondo, sarebbero pronti a sganciare una bomba nucleare su di noi. Questa è quella che si chiama opzione Samson. Essi non sono nostri amici, e non dovrebbero avere alcuna influenza nel nostro paese. Trattandosi di ebrei, semplicemente essi non possono essere affidabili ai massimi livelli di potere, poiché sarebbero leali a un altro regime, sia esso Israele o la comunità ebraica mondiale nel suo complesso. Ovviamente, nessuno vuole parlarne [spiegando i problemi degli Stati Uniti tramite una cospirazione ebraica]. La gente preferisce evocare i neoconservatori, lo stato profondo, la CIA, le ONG, il Dipartimento di Stato, USAID, la Chiesa cattolica, Gladio e tutte quelle altre sciocchezze, solo per evitare ciò che è evidente. Il problema è assai più semplice: è la politica estera di Israele. Degli americani moriranno per Israele, e tutto perché gli ebrei esercitano un potere immenso sull'America. Siamo uno stato vassallo. Non abbiamo sovranità, né indipendenza.»

   Così dicendo, Nick Fuentes non critica tanto la politica estera di Israele e la sua vicinanza alla nuova amministrazione statunitense, quanto piuttosto egli essenzializza "gli ebrei" vedendoli come un gruppo omogeneo, intrinsecamente sleale, cospiratorio e pericoloso. L'affermazione secondo cui «gli ebrei non possono essere affidabili ai massimi livelli di potere» riecheggia direttamente lo stereotipo della doppia fedeltà, ampiamente documentato dagli storici dell'antisemitismo - da Hannah Arendt a Pierre-André Taguieff - i quali ne fanno un pilastro dell'antisemitismo moderno: gli ebrei sono incapaci di lealtà nazionale perché obbediscono a un'entità esterna, reale o immaginata ("Israele", "la comunità ebraica mondiale"). A questo si aggiunge una logica totale del complotto, analizzata in particolare da Michael Barkun e Norman Cohn, in cui un gruppo nascosto, da sé solo, spiegherebbe la perdita di sovranità, le decisioni dello Stato e persino la morte dei cittadini. I riferimenti alle teorie del complotto sull'assassinio di JFK, o sull'"opzione Samson", rafforzano questa matrice antisemita, dandole un'apparenza di profondità storica e strategica. La teoria secondo cui Israele o i "sionisti" fecero assassinare Kennedy, è ampiamente studiata come variante contemporanea dei miti del potere ebraico occulto. Ricicla l'idea secondo cui gli ebrei sarebbero in grado di eliminare un presidente americano, se questi minacciasse i loro interessi. Analogamente, l'"opzione Samson", un concetto dibattuto nella letteratura strategica come ipotesi di deterrenza nucleare di ultima istanza, viene qui dirottata come prova del desiderio ebraico di distruzione illimitata fino a includervi la nuclearizzazione degli Stati Uniti. In entrambi i casi, Fuentes utilizza strumenti narrativi tipici delle teorie del complotto antisemite, le quali gli consentono di costruire un quadro semplice per comprendere la complessità della geopolitica trumpista.

Gli ebrei di sinistra attaccano i bianchi, gli ebrei di destra attaccano i neri.
    Ma l'unico gruppo che sfugge completamente a ogni critica e responsabilità, sono gli ebrei stessi . Se parli della loro organizzazione, del loro comportamento, vieni licenziato, perdi il lavoro. È di questo che parlava Ye. Nick Fuentes denuncia il cosiddetto «fallimento della politica di Trump di riuscire a riportare un clima senza che ci sia la cancel culture, e in cui tutti possano esprimersi come vogliono, anche se ciò significa essere crudeli o offensivi». Secondo lui, a essere protetti in questo modo sono solo ebrei e Israele. L'odio verso Israele, è un punto di tensione tra Fuentes e il Partito Repubblicano, che egli accusa di mettere a tacere i critici dello stato ebraico. Il rapper Ye, o Kanye West, aveva dichiarato il 1° dicembre 2022 di essere un "fan di Hitler". L'8 maggio 2025, questo cantante estremamente popolare, seguito da una grande comunità di persone, ha pubblicato un nuovo singolo chiamato "Heil Hitler", e che Nick Fuentes ha previsto sarebbe stato il "successo dell'estate"

I Groypers: lo straripamento a destra di Donald Trump: «Arriverà una crisi»: la tirata complottista del 13 novembre.
   «Trump è stato eletto perché incarnava qualcosa di radicale, fuori dagli schemi, diverso, non convenzionale, diretto e politicamente scorretto. È stato eletto perché pensavamo avrebbe sconvolto Washington. Cosa dobbiamo fare e di chi ci fidiamo per ottenere un vero cambiamento nella politica americana? Se eleggi Bush, hai una guerra. Se eleggi Obama, hai una guerra. Se eleggi Trump, hai una guerra. Biden, una guerra. Cosa fare? Chi dobbiamo eleggere perché le cose cambino finalmente? La gente si chiede perché Nick Fuentes sia popolare. Perché la gente dice che dovrei candidarmi alla presidenza? Non correrò; in parte perché sono troppo giovane. Ma perché pensi che così tante persone seguano questo show? Perché preferiscono un provocatore a un criminale sessuale. Tollerano un razzista. Tollerano qualcuno che considerano odioso piuttosto che qualcuno che stupra questo paese, lo vende, scende a compromessi con le persone peggiori del mondo per portarci alla guerra. È la cosa più diabolica che si possa immaginare: coprire una rete di traffico sessuale di minori solo perché sei coinvolto tu stesso. E la conseguenza è che Israele deve fornire missili per uccidere milioni di bambini e trascinare il proprio paese in una nuova guerra. Ci sono molti strati di male qui: crimini sessuali, omicidi, complotti, tradimenti e menzogne.»
Nick Fuentes, fa qui un chiaro riferimento all'affare Epstein, ma trasforma un crimine reale in una cospirazione antisemita, attribuendo a una rete ebraica o filo-israeliana l'insabbiamento di crimini sessuali per definire e guidare la politica estera americana. Questa linea narrativa ha davvero indebolito l'amministrazione Trump, associando permanentemente la presidenza alle teorie del complotto e dando l'impressione che Donald Trump stesse perdendo il controllo della narrazione. «La gente è profondamente disgustata e furiosa. Pensi che sia arrabbiata? Niente affatto. Provo quasi un senso di sollievo. Ma la gente di questo paese è fuori di sé. Quanto tempo pensi che tollereranno più a lungo e quanti nuovi orrori? Quante cose nuove accetteranno? Quante altre sparatorie nelle scuole, quanti strani tentativi di assassinio, quante reti di traffico sessuale, quante guerre? Quanti altri Charlie Kirk moriranno?»

  Alla morte di Charlie Kirk Il 10 settembre, l'udienza di Fuentes ha raggiunto il suo apice : secondo le ricerche su Google per il suo nome dal 7 al 13 settembre hanno raddoppiato — così come il suo pubblico su Rumble. Nick Fuentes era critico nei confronti di Charlie Kirk — che non considerava abbastanza radicale in materia di immigrazione e comunità LGBT, e non sufficientemente contrario a Israele. Le voci secondo cui un membro della comunità di Fuentes, un Groyper, fosse coinvolto nell'omicidio di Kirk hanno contribuito a mettere il suo nome al centro del dibattito pubblico e ad amplificare ulteriormente la sua visibilità. «Succedono cose strane. Quanto pensi che la gente sopporterà questo prima di essere pronta a votare per qualcosa di veramente radicale? Per qualcosa di destabilizzante? Perché è lì che tutto converge. Vogliamo un fottuto paese. Non vogliamo essere invasi da dieci milioni di immigrati illegali in quattro anni. Non vogliamo andare in guerra con l'Iran a causa di armi nucleari false. Non vogliamo un governo che sembri colludere con le reti di traffico sessuale di minori. È troppo chiedere? Queste richieste sono irragionevoli? Sono un nazista solo perché lo dico? Sul serio: dieci milioni di immigrati illegali in quattro anni, o una guerra con l'Iran per armi nucleari che nemmeno esistono — è uno scherzo? I fascicoli Epstein sono sepolti. E Trump doveva essere quello che avrebbe posto fine a tutto questo? Trump è come se Bill Clinton e George Bush fossero diventati alleati. Abbiamo eletto Trump per rifiutare l'eredità di tutti questi presidenti. Eppure, li incarna tutti insieme. È un guerrafondaio come Bush. È un criminale sessuale come Bill Clinton. È demente come Joe Biden. Lo abbiamo eletto per rompere con queste figure, ma lui è la loro sintesi. E non siamo nemmeno in grado di espellere gli immigrati clandestini. Invece, espelliamo i cosiddetti antisemiti. L'America è un gigante addormentato. Ecco perché vogliamo risvegliare il paese. Il paese è furioso. C'è rabbia e un'energia potenziale immensa. Arriverà una crisi. Potrebbe trattarsi di un evento di vittime, di un collasso economico o di una terza guerra mondiale — sia nello Stretto di Taiwan, in Iran o altrove. La guerra si avvicina. Tutte queste dinamiche convergono verso di noi; alla fine esploderebbero e il gigante addormentato si risveglierà. L'America si sveglierà. Spero solo che per allora avremo un tiranno benevolo. Chiunque sia — da sinistra o da destra — spero che sarà benevolo, perché in un certo senso è l'ultima carta che ci resta da giocare. E se tutto esplodesse e un signore della guerra autoritario prendesse il potere? Raggiungeremmo così un livello di caos e disfunzione paragonabile alla Rivoluzione francese o agli ultimi mesi della Russia zarista. È chiaramente qui che stiamo andando. Non lo dico perché vorrei che accadesse. Non lo dico perché penso che sarebbe una cosa positiva. Al contrario, penso che sarebbe orribile, e che si possa ancora evitare. Trump era un'opportunità per fermare questa dinamica, e non è successo nulla. Quindi lo dico con grande tristezza e diffidenza. Ma ho la sensazione che stiamo andando verso una situazione del genere. Te l'ho sempre detto.»

   In questa tirata diventata virale, Nick Fuentes ha espresso la sua delusione per il secondo mandato di Trump e per la sua mancanza di radicalismo, in particolare per la sua visione antisemita e nazionalista cristiana. Il suo rapporto con i politici è sempre stato complesso. Durante una lunga intervista con Tucker Carlson, ha spiegato di avere delle riserve su Donald Trump fin dalla campagna primaverile del 2015. In quel periodo, sosteneva Ted Cruz, un senatore repubblicano del Texas, che era stato anche candidato nelle primarie repubblicane per le elezioni presidenziali del 2016. Definendosi libertario, Fuentes ha detto di temere, già nel 2015, che Trump fosse un sostenitore di una forma di statalismo. Dopo il fallimento di Cruz alle primarie, ha detto di aver vissuto un "risveglio ideologico" che lo ha portato a schierarsi dietro Trump. Arrivò quindi a vedere quest'ultimo come l'unico capace di "distruggere" i due principali ostacoli alla vittoria elettorale dei Conservatori: il monopolio dei media liberali e dell'elettorato degli immigrati. È stato durante i suoi studi alla Boston University, che si dice sia molto liberale, che Fuentes indossò per la prima volta un berretto rosso "MAGA". Nel novembre 2022, Donald Trump, che non era più presidente, ha ospitato una cena a Mar-a-Lago con Nick Fuentes e Kanye West. L'incontro suscitò aspre critiche nei confronti del miliardario, che si giustificò dicendo di non conoscere l'ideologia di Fuentes: «Andavamo molto d'accordo, non espresse sentimenti antisemiti, e apprezzavo tutte le cose gentili che diceva su di me nello show di Tucker Carlson. Perché non avrei dovuto accettare di incontrarlo?»

L'odio di J. D. Vance o la costruzione di una spaccatura a destra
    Da un lato, i Groyper gli dicono: «Ascolta, sei obeso e sporco, vogliamo che l'America venga prima. Vuoi candidarti alla presidenza? Quindi vogliamo sentirti dire America First.» Dall'altra parte, ci sono i suoi donatori, che gli dicono: «Sono orribili antisemiti. Devi dissociarti da loro. Devi condannarli fermamente. Condanna Tucker. Condanna i Groypers.» L'ossessiva fissazione per il vicepresidente J. D. Vance, è particolarmente rivelatrice della strategia di Fuentes: fare dell'antisemitismo una nuova linea di divisione politica, costituisce un forte indicatore. Qui, il 30 ottobre 2025, dopo l'intervista tra Tucker Carlson e Nick Fuentes, che ha acceso un dibattito tra i conservatori americani, quest'ultimo difende il conduttore. In una lunga intervista, Carlson e Fuentes hanno condannato congiuntamente i sionisti cristiani - i repubblicani che sostengono Israele - e l'"ebraismo organizzato", che avrebbe distrutto l'America dall'interno. La scelta di Carlson - ex conduttore di punta di Fox News "depiattaformato" dopo il 6 gennaio ma ancora estremamente popolare su X - di accogliere Fuentes, aveva profondamente diviso la destra americana. Kevin D. Roberts, presidente del potente think tank conservatore Heritage Foundation, ha reagito con un video sui social network chiedendo di non smettere di ascoltare Tucker Carlson e chiedendo ai suoi compagni conservatori di rispettare il suo diritto alla libertà di espressione (libertà di parola), prima di ritirarlo dopo aver criticato duramente 6. Roberts si giustificò spiegando che in realtà non sapeva chi fosse Nick Fuentes. Donald Trump ha difeso pubblicamente l'intervista, per la quale Fuentes lo ha ringraziato. Un segnale debole dell'efficacia delle critiche antisemite di Fuentes: il vicepresidente degli Stati Uniti ha recentemente twittato con accenti insoliti in relazione alla sua linea politica e che sembra contrastare con quella di Donald Trump, affermando: «c'è differenza tra non farsi piacere Israele (o non essere d'accordo con una determinata politica israeliana) e l'antisemitismo.» «[J. D. Vance] è letteralmente un obeso, gay, traditore della sua razza che ha sposato una jeet.» In risposta a coloro che lo accusano di essere pagato per dividere la Nuova Destra americana, Fuentes indica quelli che considera i "difetti" di J.D. Vance -  essenzialmente il suo sostegno a Israele - sottolineando che è il protetto del miliardario gay Peter Thiel; che egli soprannomina "gay fed" a causa dei contratti di Palantir con la CIA e il Pentagono. L'enfasi sulle caratteristiche fisiche volte a disumanizzare Vance ricorda i cliché del discorso fascista. Fuentes ha anche criticato Vance per il suo matrimonio con Usha Chilukuri, una donna di origine indiana e fede induista — che chiamava "jeet", una parola degradante verso gli indiani derivata da "pajeet" e un insulto usato contro gli induisti sul forum 4Chan. "Gay" viene anche regolarmente usato su 4Chan come insulto e il termine è usato incessantemente da Fuentes.

Caffè nero e umorismo: captatio attraverso monologo satirico
«[Nick Fuentes indica una tazza fuori campo:] È un caffè Starbucks — tostato medio. Ho messo tre zuccheri — e tre cucchiai di panna. Verso solo molta panna — non so nemmeno quanto. Ma probabilmente circa tre cucchiai di panna e tre cucchiai di zucchero. È così che mi piace — con tanta panna e tanto zucchero. Sono un bambino grande, mi piace. Non sono come quelli che dicono: "Per me sarà solo un caffè nero. Solo un caffè nero e qualche proiettile da pistola per me." Lo vedi, vero? [Con voce roca] "Solo un caffè nero per me. No, no, non così come zucchero e panna. Solo un caffè nero. E schiaccia qualche sigaretta dentro, vuoi? Puoi spegnerti la sigaretta nel mio caffè nero e pisciarci dentro. Nessun fronzolo qui, niente zucchero o crema di democratico effeminato e woke." Voglio molta panna. […] . Voglio che abbia il sapore di un frappè al caffè. […] Voglio che sia dolce e delizioso. E perché no? Caffè nero, francamente... — la gente è così stupida oggi. Caffè nero — vaffanculo — "No, niente fronzoli per me" — vaffanculo. La gente è così stupida. Perché bere caffè nero, davvero? A cosa serve? È amaro, non ha un buon sapore, sa di acqua usata per sciacquare i piatti. "Sì, solo un caffè nero per me." [Inizia a urlare] Ciao a tutti! Clienti del ristorante, per favore prestino attenzione: qualcuno ha fatto scattare l'allarme. Quel cazzo duro beve il caffè nero, senza panna, senza niente! Tutti dovrebbero assicurarsi di stringere la mano a questo enorme bullo mentre usciscono. Cosa vuoi, una medaglia? Un trofeo? "Prenderò il mio caffè nero... — e guarda la cameriera, letteralmente esplode dal desiderio: "Oh, ha ordinato un caffè nero. Credo di essere innamorato." È un dannato drink — niente di più stronzo. Mi piace con molta panna, tanto zucchero. Se ti piace nero, va bene; ma penso che tu stia mentendo. Non credo si possa davvero preferire il caffè nero; Penso che tutti preferiscano il caffè con panna e zucchero. La gente lo beve nero, magari per le calorie — il che andrebbe bene — oppure, cosa che penso sia più probabile, lo fanno perché vogliono sembrare davvero belli. Non credo che nessuno lo beva nero per il sapore.»
Questo estratto sui gusti di Fuentes in caffè e panna, condiviso nel mezzo della campagna presidenziale di settembre 2024, potrebbe sembrare totalmente aneddotico. È in realtà centrale perché ci permette di capire su cosa si basa la popolarità del podcaster. La maggior parte delle dirette di Nick Fuentes sono intervallate da elementi soggettivi sulla sua vita. Nel corso dei suoi monologhi, in imitazioni o digressioni che riassumono i codici della stand-up comedy dei comici americani, costruisce un personaggio che i suoi spettatori — inclusi, forse, coloro che non condividevano necessariamente le sue idee a priori — possono trovare divertente e adorabile. In questo caso, un giovane americano "normale" che non ama l'amarezza del caffè nero e prende in giro chi dice di amare il caffè senza zucchero. Questa capacità di suscitare simpatia attraverso l'umorismo mantenendo un aspetto serio — davanti alla telecamera e quando non tiene un megafono insieme agli aggressori del Campidoglio, Fuentes indossa invariabilmente un abito e cravatta che lo fanno sembrare un vero commentatore al telegiornale — è al centro della pericolosità del fenomeno. Il suo pubblico in costante crescita attira giovani americani.

"Il tuo corpo, la mia scelta": Nick Fuentes e l'odio delle donne - La misoginia modellata sull'antisemitismo
   «Le donne hanno il controllo; Comandano le nostre vite quando chiaramente non sono all'altezza del compito. Devono essere messi al loro posto — come gli ebrei. (…) Ti verrà sempre detto: "No, non sono gli ebrei. No, non sono donne. No, non sono i neri. È più complicato di così." In realtà non è affatto complicato. Gli ebrei governano la società. Le donne devono stare zitte. I neri devono essere imprigionati — e vivremmo in paradiso. È così semplice. Abbiamo bisogno che gli uomini bianchi gestiscano tutto: gli uomini bianchi devono gestire la casa, il paese, gli affari. Devono solo dirigere tutto. È una loro euristica piuttosto buona.
»

La violenza estremista della cultura incel
   «Non voglio contatti fisici. Non voglio una relazione. Sai cosa voglio? Voglio la vittoria totale degli ariani.»
Accusato da uno dei suoi discepoli, un Groyper, di essere un "fakecel" o "incel falso", Nick Fuentes risponde in questo estratto che non è assolutamente interessato alle donne. Fuentes, invece, dice di essere molto orgoglioso di essere un incel (castità involontaria). Proibiva ai suoi seguaci di masturbarsi o di avere rapporti sessuali con il sesso opposto. Nello stesso video afferma di essere nato misogino e incel, senza aver potuto sceglierlo. Di fronte a questa accusa di essere un "falso", Fuentes rispose che solo "la vittoria totale degli ariani" occupava la sua mente. Questa non è la prima citazione di Fuentes all'ideologia nazista — che ha ripetutamente espresso la sua ammirazione per Adolf Hitler; ma è sorprendente notare che l'odio verso le donne è, nel suo discorso, spesso strettamente legato a quello degli ebrei.

Lo è: il tuo corpo, la mia scelta. Per sempre.
   Dirottando lo slogan pro-aborto «il mio corpo, la mia scelta», queste parole pronunciate da Fuentes la notte dell'elezione di Donald Trump sono diventate virali e sono state riutilizzate da molti Groypers e membri della manosfera per attaccare le donne sui social media, inclusi TikTok e X. A causa della sua semplicità e della sua incessante ripetizione sulle reti, questa minaccia all'integrità fisica delle donne è stata molto popolare tra ragazze e ragazzi delle elementari e medie: diversi genitori americani hanno riferito di aver sentito i propri figli ripeterla più e più volte. Dopo la pubblicazione di questa frase, l'indirizzo di Nick Fuentes è stato trapelato sui social network, e il podcaster è stato arrestato il 6 dicembre 2024 dopo aver presumibilmente usato gas lacrimogeni contro una donna che lo aveva fermato;  non mancando di presentarsi come un eroico Marte della resistenza contro le donne. «Appena il latte è buono, voglio iniziare a berlo. (…) È lo stesso con le donne. Voglio una ragazza di 16 anni che sia intatta, pura, incorruttibile e innocente. È quello che tutti vogliamo.»
  Per Nick Fuentes, la ragione principale del declino dei matrimoni "tradizionali" è la liberalizzazione politica delle donne, di cui il movimento femminista è in parte responsabile. Nella sua visione distopica, le donne moderne non attirano più gli uomini, il che ridurrebbe così il numero di matrimoni: questo declino sarebbe dovuto a uomini "morbidi" che non sapevano più come cercare madri ideali. Oltre alla natura profondamente inquietante e violenta dell'argomento, è chiaro in quale quadro di riferimento sia inserito Fuentes: egli assume senza inibizioni un programma politico in cui le donne — dalle quali desidera revocare il diritto di voto senza eccezione — non sono più soggetti politici ma strumenti di riproduzione.

fonte:  Le Grand Continent

lunedì 15 dicembre 2025

Verrà, il Giorno della Vendetta !!

Apocalypse Now!
- Sul legame tra emancipazione e pessimismo culturale -
Robert Kurz

   La paura della fine del mondo ha dominato molte culture. Questa idea è stata spesso associata al Giorno del Giudizio Universale, come nell'Apocalisse di Giovanni. In questi pensieri, vi è un certo fondo razionale e altamente terreno che giace sopito sotto il velo religioso. Poiché ogni élite sociale che si basa sul «dominio dell'uomo sull'uomo» (Marx) e che, sotto il suo comando, genera incessantemente povertà, miseria e oppressione, nutre nel proprio cuore una paura, tanto segreta quanto fondata, del giorno della vendetta. Nella postmodernità capitalista globalizzata della fine del XX secolo, le élite liberali sicuramente non temono più da tempo la vendetta di Dio. Tuttavia, paventano la possibilità di una nuova grave crisi mondiale, nel corso della quale la «mano invisibile» del loro sacrosanto Mercato potrebbe seminare ancora più morte e desolazione di quanto non stia già facendo. Sotto il segno di questa crisi, la disintegrazione della società minaccia di assumere proporzioni tali, che la civiltà del denaro, oggi apparentemente trionfante, potrebbe essere presto inghiottita dalla storia, come è avvenuto poco tempo fa al suo nemico e parente povero, il socialismo burocratico di Stato. Ogni evento che si muove in questa direzione (come la recente crisi asiatica) viene accolto con un misto di fascino e di terrore. Il mondo liberale, ascolta la «profezia» della crisi così come si ascolta una storia dell'orrore davanti al caminetto. Ma poiché la cultura mediatica postmoderna non sa più distinguere la realtà dai «film» , gli adepti immaginano che sia tutto un gioco e che, una volta che l'orrore sarà passato, potranno tranquillamente andare a cena. È per questo che vanno di moda non solo i «profeti» della crisi, ma anche i propagandisti postmoderni di una gioia delirante, i quali si sforzano di ridicolizzare ogni avvertimento sulla crisi come se fosse un pensiero «millenarista» irrazionale e apocalittico. I veri buffoni di corte del capitalismo non sono più messaggeri di sventura, ma dei veri e propri «disallarmisti» postmoderni, i quali hanno ripescato dai cassonetti della storia i vecchi stracci logori del progresso borghese, in modo da poterli così trasformare in una sorta di moda «di seconda mano».

   L'apocalisse non è poi così tanto palesemente irrazionale e reazionaria, come sostengono gli ultimi buffoni postmoderni della ragione liberale. Tale concetto, non ha mai designato unicamente il Giudizio Universale, che si abbatte su un mondo che non vale più la pena di essere vissuto, nonché la sua scomparsa, ma esso, in seguito alla «catarsi» della grande crisi, promette anche, simultaneamente, l'alba di un mondo nuovo e migliore. E in questo senso, la precisa teoria della crisi elaborata da Marx, che dimostrava in maniera logica come il capitalismo abbia un limite interno assoluto, costituiva in un certo senso il pensiero apocalittico razionale della modernità, proprio perché questa teoria recava con sé anche la speranza di un futuro post-capitalista. Per contro, il pensiero reazionario cupo ha invece come unico obiettivo quello di porre fine in modo definitivo a tutto, ossia arrivare, tramite lo sterminio, all'estinzione. Se il vecchio mondo è condannato, allora non può esserci né un mondo nuovo né un avvenire diverso. Ne “Il Tramonto dell'Occidente”, Oswald Spengler non vedeva altra salvezza, se non la fine “eroica” per mezzo di una catastrofe globale universale. E quando Hitler alla fine capì che la guerra era ormai persa, decise di sterminare l'intera popolazione tedesca, colpevole di non essersi dimostrata “degna” di lui. Nella misura in cui la nuova crisi del capitalismo si profila chiaramente all'orizzonte, oggi,  il liberalismo mondiale adotta, nei confronti del mondo intero, una postura militante del tutto analoga: poiché l'economia del mercato totale si sta autodistruggendo, l'umanità deve inabissarsi insieme a essa, senza che nulla di nuovo possa prendere forma.

   Il postmodernismo, considerato come un'ideologia culturale che accompagna la globalizzazione dell'economia di mercato, non è ancora arrivato fino a questo punto; esso cerca innanzitutto di strappare alla stessa cultura capitalistica un ultimo progresso. È per questo motivo che ogni nuova ondata di crisi, che distrugge ulteriormente la civiltà moderna e l'avvicina alla barbarie, viene ridefinita quasi come una «opportunità». Stiamo addirittura venendo sommersi da un'inflazione di «opportunità». In quest'ottica, è ovviamente diventato impossibile portare avanti una critica fondamentale dell'attuale sviluppo culturale. La critica culturale, che sia emancipatoria o reazionaria, finisce per appare come se fosse identica: bisogna che ogni ultima tendenza debba essere automaticamente la migliore, oltre che una fonte inesauribile di «possibilità», sebbene, alla fine, quello che viene effettivamente raggiunto è solo lo status di imbecillità. Tuttavia - come avviene nel caso della crisi o dell'«apocalisse» - anche per ciò che concerne la questione della critica culturale, troviamo dei contenuti diametralmente opposti. Ciò che i reazionari amano così tanto del passato, è una società fatta di «padroni e servitori», con una cultura autoritaria dai confini ben definiti, dove non c'è nessuno che possa deviare dal modello prescritto dalla tradizione ottusa e cieca. Criticano la cultura commerciale di massa del capitalismo tardivo, solo guardando con occhio romantico e retrospettivo a quelle relazioni. Quando, al contrario, una critica culturale emancipatoria, ovviamente, non cerca di proiettarsi idealmente in un passato glorificato. Né tantomeno può rincorrere ogni nuova tendenza dello spirito del tempo. per poi trarne qualcosa, giacché un simile atteggiamento non è altro che il rovescio del romanticismo reazionario.

   Al contrario, si tratta invece di mettere in evidenza la dialettica negativa della storia capitalistica e delle sue culture: ogni progresso si paga con una regressione, e ogni possibilità positiva si trasforma nella propria negazione. La schiavitù babilonese delle tradizioni agrarie è stata sostituita solo dal flagello egizio del mercato totale. Il postmodernismo ne è la migliore e più recente dimostrazione, con il suo imperativo: «Fai quello che vuoi, ma sii redditizio! ». Si tratta della classica formula di un «double bind» (*1) schizofrenico. nel senso di Gregory Bateson. Oggi, più che mai, questa dialettica negativa si manifesta nel clamoroso divario tra progressi tecnico-scientifici e la povertà di massa su scala globale. Una superpotenza mondiale che invia automobili in miniatura su Marte, lascia morire di fame 11 milioni dei propri figli. All'ombra delle più audaci architetture dei cinque continenti vegetano, in condizioni di miseria di massa, un numero tali di individui, che nessuna società agraria premoderna, per quanto limitata, ha mai generato. Anche guardando retrospettivamente agli ultimi decenni del capitalismo, la regressione sociale fondamentale della fine del XX° secolo risulta evidente. Il barocco postmoderno, conferisce a queste relazioni un'estetica dell'ignoranza, per cui si dichiara che la compassione e l'indignazione sociale sono di cattivo gusto; il che equivale a ricadere spiritualmente al livello del XVIII° secolo. La cultura postmoderna dei giovani della classe media odierna, non è dissimile dal comportamento dei degenerati “Eloi” del romanzo fantascientifico, permeato da un certo pessimismo culturale, "La macchina del tempo" (1895) di H. G. Wells. Gli Eloi sono alla continua ricerca di nuovi giocattoli, incapaci di concentrarsi e incuranti della situazione reale del loro mondo. Sembra che, nella postmodernità, tutte le visioni horror e le utopie negative degli ultimi cento anni siano state elevate a modelli positivi.

   Tuttavia, il declino intellettuale della cosiddetta borghesia trova conferma nel fatto che, a lungo termine, una cultura di apartheid sociale e di cannibalismo economico alla fine si ritorce anche contro gli stessi gruppi sociali dominanti. Se c'è qualcosa di cui si può dire che è «sempre andata peggiorando», questo qualcosa è proprio il livello del sistema educativo e degli standard culturali delle élite capitaliste. Il pessimismo culturale della teoria critica di Adorno e di Horkheimer non si basava sul desiderio di tornare a delle norme, o a delle tradizioni polverose. Si trattava piuttosto dello scetticismo nei confronti della speranza di poter ancora strappare ai dominanti dei beni significativi, in materia di sapere e di cultura. Una società che lascia marcire i propri musei, le sue biblioteche e i suoi monumenti culturali, così come le sue università e la sua letteratura, per vendere solo automobili, non lascerà dietro di sé altro che un mucchio di rottami. I conservatori, che un tempo avevano ricevuto un'istruzione classica, ora traggono il loro tradizionalismo da Hollywood. Anche le loro ville meriterebbero di essere espropriate, e poi rimosse dal paesaggio, tanto sono un'offesa alla vista umana! Se l'analfabetismo secondario (*2) lo si ritrova anche nelle sfere più alte, quale cultura rimarrà ancora da trasformare? Voler rendere accessibili «a tutti» le abitudini dei «ricchi e famosi» di oggi in materia di alimentazione, di lettura, o persino di vita disgusterebbe più d'uno. Quanto alla cultura di massa, non potrebbe forse custodire anch’essa un potenziale emancipatorio? Potrebbe, ma attualmente non è così. A dire il vero, non è indispensabile limitarsi all'istruzione classica. Anche i fumetti possono stimolare la mente ed esprimere una verità. Il problema non è la cultura di massa in quanto tale, ma il fatto che il suo contenuto venga assorbito dalla forma commerciale. I mezzi tecnici non sono indipendenti dalle relazioni sociali in cui si manifestano nella pratica.

   L'attuale dibattito sulla cultura di massa postmoderna, ricorda la controversia tra Adorno e Walter Benjamin negli anni '30 e '40. All'epoca, Adorno riteneva che le nuove tecniche di riproduzione artistica (ad esempio il cinema) avessero soprattutto introdotto una nuova qualità di espropriazione intellettuale e culturale delle masse, privandole di ogni percezione autonoma e critica del mondo. Secondo lui, il regime dell'offerta capitalista aveva ridotto gli individui a uno stato di consumatori passivi, come mai prima d'ora. Da parte sua, Benjamin vedeva invece nelle tecniche cinematografiche la possibilità di ampliare le capacità sensoriali e cognitive del pubblico. Ma Adorno non si opponeva alla nuova tecnica di riproduzione in quanto tale; non più di quanto Benjamin intendesse affidarsi esclusivamente all'aspetto tecnico. Contrariamente ad Adorno, egli vedeva nella «partecipazione consapevole delle masse» alle nuove tecniche culturali, attraverso forme di «percezione collettiva», una possibilità emancipatoria, di cui il movimento operaio dell'epoca costituiva lo sfondo sociale. Alla «estetizzazione fascista della politica» avrebbe dovuto corrispondere la «politicizzazione socialista dell'arte».

   Dopo la seconda guerra mondiale, il capitalismo ha scoperto una terza possibilità: l'individualizzazione commerciale e mediatica di tutta la vita, quindi anche quella della politica e della cultura. La televisione ha segnato l'inizio di una nuova cultura di massa incentrata sugli «individui isolati», che oggi sfocia nell'«estetica dell'esistenza» postmoderna individuale, con le sue «tecniche del sé» capitalistiche (Foucault), a partire dalla quale ogni speranza di emancipazione è stata ridotta a nulla. Sono i killer pazzi e gli assassini di celebrità, a mettere in pratica oggi con maggiore fedeltà l'estetica postmoderna. Il capitalismo, non ha mai avuto una propria cultura, perché esso rappresenta solo il vuoto abissale del denaro. Kasimir Malevich, prima della Prima Guerra Mondiale, ne aveva già dato una rappresentazione artistica inconscia con il suo famoso Quadrato nero. Da allora, non poteva altro che seguire tutta una serie di canti del cigno. Quella che appariva come cultura capitalistica, era in realtà solo un residuo di cultura premoderna, trasformato gradualmente in oggetti di mercato, oppure solo una forma di protesta culturale contro il capitalismo stesso, anch'essa adattata a degli scopi commerciali.

   Oggi il capitalismo ha divorato e digerito tutto, o ridotto tutto alla condizione di rifiuti. È così che la modernità arriva al limite delle sue possibilità culturali, proprio perché non c'è più alcuna protesta. Il postmodernismo immagina di poter ora mettere a sua disposizione, in modo eclettico, tutta la storia dell'arte («anything goes»). In realtà, non fa altro che rovistare disperatamente nella discarica e negli escrementi del passato capitalista, sperando di trovare forse ancora qualche residuo da «riciclare» culturalmente. Questo riciclaggio postmoderno, con la sua simulazione pop di un apparente «buon umore», contribuisce proprio a quella versione reazionaria dell'apocalisse, secondo la quale nessun mondo nuovo può nascere dalle rovine di quello vecchio. La speranza risiede solo in un nuovo movimento sociale di massa, capace di appropriarsi in maniera autonoma delle potenzialità emancipatorie inespresse delle moderne tecniche di riproduzione, contrapponendosi alla loro forma commerciale.

- Robert Kurz - pubblicato su Folha l'11 gennaio 1998 -

NOTE:

1 -  Il «doppio legame» (o «doppio vincolo») è un concetto sviluppato da Gregory Bateson, secondo il quale una persona riceve ordini contraddittori che non può soddisfare. Per Bateson, questo meccanismo sarebbe sia la causa che l'effetto della schizofrenia.
2 -  Per una definizione dell'«analfabetismo secondario» in quanto prodotto della società industriale, che colpisce anche le classi dominanti, cfr. Hans Magnus Enzensberger, «Elogio dell'analfabetismo» in Mediocrità e follia, Gallimard, coll. Le messager, 1991 (NdT).

domenica 14 dicembre 2025

Di che cosa stiamo parlando, allora ?!!???

Chomsky, eterno rifiuto eterno o rottame del pensiero?
- di @Vincent Présumey -

   Ovviamente, la graduale divulgazione di parte dei  cosiddetti "File Epstein" travolge - malgrado la persistente censura che riguarda i documenti più sensibili - sempre più Donald Trump. Ma essa, tuttavia, ha prodotto anche, in maniera collaterale, il succoso documento che qui possiamo vedere: Noam Chomsky e Steve Bannon che scherzano insieme come se fossero due vecchi amici; foto, di cui non si sa se sia stata scattata proprio da Epstein, ma che ad ogni modo proviene dai suoi archivi!
    Chomsky, è stato un idolo del pensiero cosiddetto politicamente corretto, che riteneva di essere sovversivo, e che, nella roccaforte dell'imperialismo, viene considerato come se fosse un coraggioso “anti-imperialista”, per di più anarchico, oltre che passare per essere un grande linguista, e uno scienziato autore di opere impegnative. Per i francesi, la sua unica pecca consisteva nel suo sostegno ai negazionisti della Shoah, dato nel nome della “libertà di espressione”; in un certo qual modo, un peccato veniale questo, visto piucchéaltro come una piccola debolezza da parte del grande uomo. Per quanto mi riguarda, da tempo, nonostante egli sia un degno rappresentante di un'intellighenzia accademica consolidata, lo avevo classificato come un sostenitore delle dittature oligarchiche; e per quanto riguarda le sue teorie linguistiche, mi sembra che siano un po' troppo idealistiche e che non tengano conto della storia. Attualmente Chomsky è in età avanzata, ma in materia di Intelligenza Artificiale ha espresso delle opinioni da bar, le quali denotano una profonda incomprensione... proprio del linguaggio. E oltretutto questo “personaggio sovversivo” si oppone al sostegno all'Ucraina, ovviamente.
    Agli occhi dei suoi stessi sostenitori, il declino dell'icona Chomsky è iniziato nel momento in cui si è saputo che egli  era un buon amico di Jeffrey Epstein. Intendiamoci, non si tratta di un coinvolgimento nel traffico sessuale di quest'ultimo, quanto piuttosto delle sue relazioni: Chomsky si è dichiarato interessato - e lusingato - dall'opportunità offerta da Epstein per entrare in contatto con personalità influenti, miliardari, diplomatici... Ed ecco che ora, dagli album fotografici di Epstein, spunta fuori questa foto che lo immortala insieme al nazista Bannon!
    Come sottolinea Kavita Krishnan, figura di spicco del femminismo rivoluzionario indiano, anche se non c'è nulla che faccia sospettare che Epstein abbia offerto delle ragazze a Chomsky, quest'ultimo era perfettamente a conoscenza delle attività di Epstein; e sappiamo che il campismo, l'elitarismo, la convergenza con l'estrema destra non sono affatto estranei all'atteggiamento che questi signori hanno nei confronti della metà oppressa del genere umano.
   Infine, credo che qui si trovino alcuni elementi che rispondono alla domanda posta recentemente da Hanna Perekhoda riguardo al “campismo” il quale non può essere certo riassunto vedendolo nel sostegno a Mosca contro Washington, se si considera che Mosca e Washington si sono ora alleate contro i popoli, contro l’Ucraina e contro l’Europa: di che cosa stiamo parlando allora?  Se non semplicemente dell'odio nei confronti della vera rivoluzione e della complicità con i dominatori e con le ideologie che essi promuovono.

- @Vincent Présumey-   Pubblicato su Facebook -