IL CAPITALISMO NON RIPETE
- di Robert Kurz -
Nell'atteggiamento che abbiamo nei confronti della vita, il ricordo di tempi presumibilmente migliori - ad esempio quelli del miracolo economico - non è altro che... nostalgia. Questo fenomeno, nella cultura pop viene chiamato “RÈTRO”: avviene quando i produttori di idee non si ricordano altro, e allora si mettono a riscaldare delle vecchie pietanze, leggermente modificate. Ma quando però si torna sulla “scena del crimine” per la terza volta, allora bisogna prestare attenzione, e ricordarsi se questa proposta è già stata rivista pochi anni fa. Niente di nuovo sotto il sole, sembra essere il motto. In qualche modo si è diffusa la convinzione che chi vuole trovare una ricetta per il presente, non debba fare altro che limitarsi a guardare al passato. Per quale altro motivo, sennò, la politica, i media e l'economia, di fronte alla crisi che si è sviluppata negli ultimi anni, sarebbero sempre e solo alla ricerca di parallelismi storici? Chiunque apre un giornale, spesso finisce per credere di trovarsi di fronte a una lezione di storia. Quello che ci viene propinato sono speculazioni finanziarie allucinanti, crisi grandi e piccole, tutta una serie di fallimenti nazionali, e persino l'una o l'altra unione monetaria fallita: praticamente, gli storici dell'economia dei tempi moderni hanno tutto a disposizione.
E la morale della storia? Tutto quanto è già successo prima, e a quanto pare la cosa dovrebbe significare anche che tutto sommato non c'è nulla che poi sia andato così male, e che alla fine tutto quanto può essere gestito sulla base dei fatti attuali. Qui non si tratta solo del desiderio di dare un padre al pensiero, ma in tal modo viene anche propinata una certa immagine del capitalismo, visto come eterno ritorno di sé stesso. La congiuntura economica, ora fiorisce, e ora esplode; nel frattempo vediamo che c'è chi sale e c'è chi scende di divisione, ogni anno o ogni secolo. Ma bisogna credere, per principio, che sarà sempre così. E tuttavia, questo è un errore. Poiché non abbiamo a che fare con un sistema statico, ma con un sistema dinamico.
Il capitalismo non si ripete, né tanto meno gira in tondo, dal momento che è esso stesso un processo storico irreversibile. La valorizzazione del capitale non ricomincia sempre da zero, ma al contrario, deve superare il suo ultimo livello nella scala sociale per poter andare oltre. Il grado di integrazione economica globale non può tornare indietro, né certamente può farlo lo sviluppo delle forze produttive. È la concorrenza universale che non lo permette! Ma se davvero globalizzazione e produttività si starebbero sviluppando sempre più, allora perché, e per quale motivo, il carattere, la profondità e la portata delle crisi dovrebbero continuare a essere sempre le stesse?
La storia che si ama così tanto raccontare, quella in cui si parla della speculazione sui i bulbi di tulipano alla borsa di Amsterdam nel XVII secolo, non ha da insegnarci un bel niente per quel che riguarda la bolla immobiliare del 2008, o sul fallimento di Lehman Brothers. Per riuscire a capire che un fallimento statale avvenuto all'inizio del XIX° secolo sia stato qualcosa di completamente diverso da quello che sarebbe oggi, basta guardare alla partecipazione dello Stato al prodotto nazionale. La lezione di storia che ci viene impartita dagli esperti e dai commentatori, attualmente presenti nei media, non è altro che una lezione di stregoneria. Ci sentiamo ripetere spesso che la politica e la gestione avrebbero imparato così tanto dalle crisi del passato, da disporre oggi di strumenti e mezzi sufficienti per poterle affrontare. Le diagnosi, discutono soprattutto di decidere se la crisi attuale sarà come quella del 1872, o forse come quella del 1929, oppure solo come quella del 1973. La capacità di apprendimento sembra però essere minima, quando vediamo che i governi e le banche centrali ci stanno quotidianamente dimostrando che i loro piani di politica economica e monetaria sono altrettanto utili e competenti quasi quanto lo sarebbe la cassetta degli attrezzi di una locomotiva a vapore ai fini di poter attuare una riparazione di emergenza per un TGV. Chiunque parla tanto del futuro, così come fanno le élite attuali, non dovrebbe contare troppo sui dei salvataggi del sistema che sono già avvenuti in passato. In ogni caso, i vecchi pacchetti di salvataggio, e le loro conseguenze, rimangono nella memoria dell'umanità soprattutto come delle catastrofi.
- Robert Kurz - Pubblicato su Neues Deutschland, 12.12.2011 -
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