Militarizzazione, tagli sociali, economia di guerra... Guerra?
- di Herbert Böttcher -
In poche settimane, la Germania ha tolto i freni al Debito innescando un Debito gigantesco. È questo il modo in cui dovrebbe trasformarsi l'economia tedesca, destinata a essere competitiva e pronta alla guerra. La necessità di una militarizzazione appare talmente plausibile da non esserci nemmeno un dibattito su quanto siano realisti gli scenari di militarizzazione. Come "giustificazione", basta dire che "Il russo è alla porta" (Jens Spahn). Per cercare degli scettici, bisogna rivolgersi ad Habermas. «Anziché grida di guerra che sventolano bandiere... sarebbe necessario riflettere in maniera realistica su quali sarebbero i rischi di una guerra prolungata» [*1], egli scrive, ricordando l'inizio dell'attacco russo all'Ucraina. Le chiese si comportano, ancora una volta, in maniera piuttosto conformista. Si dovrebbe sostenere la politica, [*2] ci avverte un teologo morale. Come se fosse necessario! Da sinistra, ci mettono in guardia rispetto a un orientamento imperialista: «Una pretesa europea di essere una potenza mondiale sarebbe una errore fatale».[*3] In tutto questo, la questione della guerra e del capitalismo continua a essere ignorata. In contrasto con il desiderio di avere un "mondo perfetto" di normalità capitalistica, quella che non sembra emergere, è proprio la critica del capitalismo. Tuttavia, sarebbe essa quella più necessaria che mai; non come regressione, però, vista nel contesto di un "eterno ritorno" delle invocazioni alla lotta di classe, o a delle personalizzazioni che - contrariamente alle analisi che parlano di dominazione astratta - insistono sul fatto che i dominanti possono essere identificati in quanto attori centrali.[*4] Un "pensiero realistico" dovrebbe riconoscere che le crisi non sono imputabili ai dominanti; così come non lo sono né i loro successi né i loro fallimenti. E non si tratta nemmeno di un'espansione imperiale del potere nazionale, oppure di quello dei vari blocchi, quanto piuttosto di un imperialismo di esclusione e sicurezza. Le "guerre di ordinamento mondiale"(Robert Kurz) [*5] degli ultimi decenni, sono stati una reazione dell'Imperialismo di sicurezza agli stati che collassano a causa della crisi del capitalismo e che continuerà, fino alla sua transizione che porterà a una situazione di ferocia, nella quale gang, gruppi Terroristi e resti di attori statali combatteranno per i residui, vale a dire per l'accesso alle materie prime, agli impianti di produzione e a quei mercati rimasti ancora funzionanti. Le "guerre di ordine mondiale", erano intese a creare ordine e a garantire così il funzionamento del capitalismo globale. Tutto questo è miseramente fallito, come testimoniato eloquentemente dal caotico ritiro dall'Afghanistan. L'Imperialismo di Esclusione prende di mira i migranti, i quali vengono visti come se costituissero una minaccia per i mondi della prosperità.
Di fronte alla necessità di sostituire il lavoro, il solo che genera valore e plusvalore, attraverso la tecnologia, vediamo come la normalità capitalista della prosperità stia raggiungendo i limiti della sostenibilità finanziaria. La risposta data dall'amministrazione della crisi è stata quella di tagliare la spesa sociale interna, e usare la repressione per proteggere dall'esterno le frontiere, dai rifugiati. Tutto ciò corrisponde alla logica capitalistica che seleziona le persone, in quanto materiale umano da dividere tra prezioso o superfluo. Con l'attacco della Russia all'Ucraina, la guerra ritorna in Europa. [*6] Ciò dimostra che anche le vecchie grandi potenze sono coinvolte nei processi di disintegrazione economica e politica. Il Collasso dell'Unione Sovietica, e del suo Impero, non ha costituito il collasso di quella che sarebbe stata un'alternativa al sistema, quanto piuttosto il collasso del sistema, nella sua variante statalista della produzione di merci.[*7] Dopo il fallimento del tentativo, fatto dalla Russia, di superare la crisi attraverso misure neoliberiste, vediamo come, sotto Putin, si stia assistendo a una svolta nazionale-autoritaria, per mezzo della quale si pretende ora di riprendere il controllo, di fronte alla disgregazione. Già, in quanto vicepresidente della Camera e presidente della Commissione Affari Esteri di San Pietroburgo, Putin, di fronte ai rappresentanti dell'economia tedesca, aveva chiarito come egli stesse considerando una dittatura militare, nello stile cileno di Pinochet, vista come una risposta ai problemi della Russia. La cosa venne accolta con un applauso amichevole da parte dei rappresentanti dell'economia tedesca, così come del Console Generale tedesco che era presente. [*8] L'autoritarismo di Putin è diventato un problema in Occidente, solo quando è entrata in gioco la politica economica nazionalista della Russia, in conflitto con gli interessi occidentali. Inizialmente, gli Stati Uniti erano riusciti a compensare il proprio declino economico, dovuto alla forza militare e al dollaro a essa legato in quanto valuta mondiale. La situazione economica potrebbe ora essere stabilizzata attraverso dei circuiti di deficit, i quali hanno reso possibile mantenere il debito esorbitante all'interno dell'ambito di un Economia delle bolle finanziarie. Il profilarsi di nuove crisi finanziarie ricorrenti, segnala però la fine dei circuiti di deficit. Anche l'economia cinese è in crisi, come viene chiaramente segnalato in particolare dal deragliamento del progetto egemonico della Via della Seta. [*9]
La fase neoliberista, che aveva compensato la crisi di accumulazione di capitale usando montagne di debito globale, e di corrispondenti bolle speculative, sta ora per finire. Tuttavia, sta di fatto che, dalla crisi, non può emergere alcun nuovo potere egemonico, dal momento che non c'è in vista alcuna nuova fase di accumulazione di capitale, in grado di poter servire da base per far questo. Gli Stati Uniti sono in declino, ma nemmeno la Cina può essere in grado di assumere il ruolo di nuova potenza egemonica, come avevano fatto un tempo gli USA. Il declino economico, viene a essere accompagnato da una perdita della capacità politica di agire, tanto interna quanto esterna. E tuttavia, la lotta per la dominazione continua. Alleanze di convenienza, si alternano sempre più velocemente all'inazione tattica . Anche le grandi potenze sono in competizione irrazionale tra di loro, al fine di riuscire ad attuare una sorta di auto-affermazione nel bel mezzo della decadenza. La mancanza di prospettive, rende ancora più autoritarie, imprevedibili, irrazionali e pericolose tutte le loro azioni. E tutto questo viene accompagnato da un'assenza di riflessione sociale su quella che è la totalità delle relazioni capitalistiche, e sulla loro crisi. La falsa immediatezza - così come il suo contrario, l'inazione - si riflette nella cosiddetta personalizzazione. Ecco così che l'ossessione di Putin per il potere finisce per diventare allora il problema centrale. A partire da Trump, il i processi di decadenza economica e politica negli Stati Uniti vengono ora proiettati nella follia di un presidente narcisista che agisce in maniera irrazionale.
L'Europa si rifugia nel mondo ideale della democrazia, e allucina sé stessa vedendosi come un baluardo della difesa della libertà e dei diritti umani. Ciò di cui non si tiene conto, è il fatto, che nella realtà, si intende in tal modo difendere solo la libertà dei solventi (di coloro che devono ripagare il debito), e questo viene fatto non in modo "liberale", quanto piuttosto in modo sempre più autoritario, repressivo, carico di risentimento e irrazionale, nel mentre che i processi di crisi sfuggono al controllo. La militarizzazione, in quanto risposta irrazionale e immediata non si limiterà solo agli armamenti. Ma bisognerà che anche la frontiera interna debba essere preparata alla Guerra. È prevedibile che il debito aggraverà ulteriormente le crisi. I processi di crisi, sempre più gravi, che colpiscono e interessano principalmente l'ecologia e la sicurezza sociale, così come la politica vista come livello regolatorio, potrebbero finire per aprire la strada a qualcosa di simile a un economia di guerra. Nel bel mezzo di tutte le crescenti incertezze delle crisi, aumenta anche la pressione volta a garantire l'accesso alle risorse e per far sì che sia possibile, quanto meno, una riproduzione social-darwiniana. Quello che rimane potrebbe essere una sorta di miscela tra un regime autoritario e la cosiddetta anomia: analogamente a quanto sta accadendo nelle regioni in decadenza nel globo.
In tutto questo si annida la possibilità di un'irrazionale autodistruzione – forse ancora più forte in un'Europa che è la massima espressione della difesa della libertà e della democrazia – e in una situazione in cui l'obiettivo irrazionale del capitalismo, ovvero accumulare capitale per il gusto di farlo, sta raggiungendo i suoi limiti assoluti. Per la sinistra, la sfida centrale è quella di liberarsi da una realpolitik nella quale non c'è nulla che tenda a essere reale, e dove tutto è illusorio. Bisognerebbe che guardasse alla società nel suo insieme, e a partire da quella criticasse le indignazioni sociali, il risentimento contro i migranti e i più deboli, così come l'ignoranza, soprattutto quella relativa alle crisi ecologiche. A partire da questa prospettiva, sarebbe necessario opporsi in maniera offensiva alla militarizzazione, e alla propaganda relativa alla capacità bellica, e nell'ambito di un'etica della responsabilità, contrapporsi decisamente a tutti coloro che cantano inni al Eroismo militare e trasformano nel più alto dovere civico quella che invece è solo la loro disposizione alla morte eroica. Mentre così vediamo agire con particolare cinismo gli ex obiettori di coscienza che annunciano che, nelle condizioni attuali, non rifiuterebbero il servizio militare. Simili campioni, non dovendo più temere un ordine di marcia, mandano senza esitazione altri alla morte eroica. Solo assumendo quella che è la totalità della socializzazione capitalistica, vista come dominazione astratta, è possibile riconoscere quale e quanto sia il potenziale pericoloso e irrazionale che vediamo associato alla militarizzazione, e capire che l'emancipazione è possibile solamente se si rompe con la forma capitalistica della società e se, su questa base, vengono promossi dei processi di trasformazione. Cosa che, innanzitutto, richiede una pausa per poter riflettere, anziché continuare a emettere grida di guerra.
- Herbert Böttcher - Originariamente pubblicato su: micha.links 1/2025 -
NOTE:
1. Jürgen Habermas, Ein Appell für Europa (Un appello per l'Europa). Articolo pubblicato su Süddeutsche Zeitung, 21.3.2025.
2. Secondo il teologo morale Jochen Sautermeister al Kölner Stadt-Anzeiger il 10.3.2025.
3. Jan von Aken, citato da Kölner Stadt-Anzeiger del 10.3.2025.
4. Cfr. (Perché è giusto personificare la critica al capitalismo), in: Neues Deutschland, 20.3.2025 e, un po' più elaboratamente: (Potere dei potenti o Dominio anonimo? Sulla costituzione dell'economia), in: Jochen et al. (a cura di), Ökonomie als Gesellschaftstheorie, Baden-Baden 2024,
5. Vedi La Guerra dell'Ordine Mondiale. La fine del Sovranità e le metamorfosi dell'imperialismo nell'era della globalizzazione, Online: http://obeco-online.org/a_guerra_de_ordenamento_mundial_robert_kurz.pdf
6. Almeno questa è la percezione pubblica. Le Le guerre jugoslavie negli anni '90, in parte dichiarate missioni di mantenimento della pace della NATO, sono generalmente "ignorate".
7. Vedi Robert Kurz, Der Kollaps der Modernisierung. Vom Zusammenbruch des Kasernensozialismus zur Krise der Weltökonomie, Lipsia 1991.
8. Vedi https://www.rf-news.de/2022/kw09/1993-putin-nahm-sich-pinochet-als-vorbild;
9. Cfr. Tomasz Konicz, Mehrfachkrise statt Hegemonie. Wieso die staatskapitalistische Volksrepublik nicht in der Lage sein wird, die USA als Hegemonialmacht zu beerben, in: Netztelegramm. https://www.oekumenisches-netz.de/wp-content/uploads/2022/10/nt-2022-2-druckversion.pdf. Cina: Crisi multiple invece di egemonia. Perché la Repubblica Popolare statale-capitalista non erediterà il potere Egemonia negli Stati Uniti, online: http://www.obeco-online.org/tomasz_konicz32.htm
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