martedì 18 novembre 2025

Da una Rivoluzione all’Altra…

Rivolte senza rivoluzione
- Il seguente articolo si basa su un intervento pubblico tenuto il 3 ottobre 2025 a Montréal, Quebec. Ha rappresentato l'evento inaugurale di ottobre, una serie di discussioni di un mese sulle prospettive di una rivoluzione nel nostro presente - 
- di Adrian Wohlleben -

I. L'era delle rivolte non è finita
    Chi cerca una scienza rivoluzionaria del presente dovrebbe prepararsi alla delusione. Non esiste una bussola unica con cui navigare i nostri mari tempestosi, nessuna skeleton key, o formula magica, che possa rimettere in mare la nostra nave, e farci inequivocabilmente avviare sulla strada della rivoluzione. L'oscurità al nostro orizzonte, è più profonda e buia di qualsiasi altra che abbiamo mai conosciuto nella nostra vita. Tuttavia — anche se chi vive in Nord America potrebbe essere perdonato per pensarla così — quando allarghiamo lo sguardo, osservando la nostra situazione globale, vediamo che il movimento non manca, vediamo onde che si agitano e si infrangono a un ritmo così vertiginoso che è impossibile tenere il passo con tutte, anche per chi di noi ne fa pratica. Solo negli ultimi sei mesi, si sono verificati disordini e rivolte di massa in Turchia, Argentina, Serbia, Kenya, Indonesia, Nepal, Filippine e Perù. E prima di questi: in Bangladesh, Georgia, Nigeria, Bolivia... E una simile lista, è sicuramente incompleta. In ogni caso, si è trattato di mobilitazioni che hanno attirato decine di migliaia di persone, o più, e hanno portato a scontri sempre più intensi con le forze dell'ordine in molte città, innescando crisi di sicurezza nazionale. Proprio questo mese, il presidente del Madagascar ha sciolto il governo, in risposta a tre giorni di proteste mortali guidate dalla "Gen Z" - per i tagli all'acqua e all'energia e a causa della corruzione politica - dove si è vista la stessa bandiera pirata di One Piece che si era vista in Indonesia e in Nepal.[*1] Mentre scrivo, una nuova rivolta sta scoppiando in Marocco, mentre manifestazioni di massa, in undici città, si trasformano in feroci rivolte e in scontri. A queste vanno aggiunte tutte le precedenti sequenze, che sono ancora in corso, come la guerra civile in Myanmar, dove gli insorti continuano a avanzare, sottraendo alla Giunta intere città. In sintesi, sebbene la pandemia globale di COVID-19 sia apparsa ad alcuni teorici come se fosse stato un piano malvagio per sedare l'ondata di rivolte che aveva circondato il mondo tra il 2018 e il 2019, tali timori erano fortunatamente mal fondati, come hanno scoperto gli americani già nel maggio 2020. Nonostante un breve rallentamento dal 2021 al 2023, l'ultimo anno e mezzo ha confermato che la nuova "era delle rivolte" è arrivata [*2] (come l'aveva descritta il gruppo comunista greco Blaumachen nel 2011) ed è tutt'altro che finita. Qui, il lavoro che la riflessione deve svolgere è duplice: collocare queste rivolte all'interno delle rotture epocali di cui esse testimoniano, e identificarne quali sono le potenze non sviluppate, tracciando le fratture tra le pratiche che le popolano.

II. L'ordine mondiale neoliberista sta per finire, e tuttavia nessun nuovo regime lo ha ancora sostituito. Tutte le parti, sono state spinte su un piano strategico.
    Sebbene sotto il cielo ci sia un grande caos, difficilmente si può dire che la situazione sia eccellente. Stiamo vivendo un interregno. Per quasi due decenni, l'ordine globale neoliberista del capitalismo finanziario - che si era installato negli anni '80, e che poi si è diffuso in tutto il mondo negli anni '90 - è stato afflitto da crisi persistenti e crescenti di redditività. I partiti politici, incapaci di garantire la crescita economica con i soli mezzi del mercato, si trovano di fronte a una scelta: o essere sconfitti nel prossimo ciclo elettorale da degli avversari che promettono crescita, ma che allo stesso modo non la realizzano, oppure ottenere subito dei profitti attraverso strategie extra-economiche basate su guerra, saccheggi, conquista ed espropriazione. Per questo motivo, dalla crisi finanziaria del 2008, il ciclo di accumulazione non può più operare esclusivamente attraverso regole e sistemi immanenti, gerarchie e valori, dal momento che i suoi «stalli e le sue impasse... richiedono l'intervento di un ciclo strategico, che funzioni sulla base dei rapporti di forza, e di una relazione amico-nemico che non sia economica.» [*3] Ad esempio, qual è il piano di Trump per «deriskizzare l'economia statunitense» attraverso la reindustrializzazione? A partire da una combinazione di minacce economiche e militari (dazi per alcuni, invasioni per altri), l'obiettivo è quello di costringere i paesi alleati agli Stati Uniti a investire in fabbriche negli Stati Uniti. Come ha spiegato il Segretario al Tesoro Scott Bessent, in un'intervista a Fox News nell'agosto [*4], in cambio dell'«allentamento di alcuni dazi per gli alleati stranieri» (Giappone, Corea del Sud, Emirati Arabi Uniti e altre nazioni europee) «essi investiranno in aziende e industrie che noi dirigiamo; in gran parte a discrezione del Presidente. Così, in sostanza, gli altri paesi ci stanno fornendo un fondo sovrano.» Come ha riassunto il corrispondente di Fox News, «Il Presidente ama le nuove fabbriche [...] E se un paio di questi paesi dovranno pagare per il privilegio di aiutarci, va bene.» In altre parole, la crescita e la stabilità americana verranno acquistate direttamente attraverso intimidazioni economiche e ricatti militari.

III. Le rivolte contemporanee e il neo-autoritarismo, sono entrambi sintomi del crollo del capitalismo neoliberista.
    È in questo contesto, che bisogna collocare, non solo l'ondata di rivolte globali iniziata dal movimento delle piazze e dalla Primavera Araba nel 2010-2012, e che continua a prendere slancio, ma anche la reazione neo-autoritaria a essa; da Trump e Bolsonaro a Duterte, Orbán e Salvini. [*5] Mentre le rivolte sono guidate in gran parte da giovani e lavoratori poveri, infuriati per la sovraccarico dei prezzi neo-estroattivisti, e a causa dell'accapararsi di opportunità da parte delle cosiddette élite "corrotte", lasciando a molti della Generazione Z, o per il futuro, nessuna via, se non quella di partire per lavorare all'estero, vediamo come i potenti neo-populisti di oggi traggano sostegno da una piccola borghesia in discesa, ansiosa per la riduzione della crescita economica e per i rendimenti decrescenti di privilegi sociali detenuti a lungo. Parallelamente all'aggravarsi della crisi di crescita, il ciclo strategico delle relazioni di forza, necessario a sostenere il mercato, si dissolve gradualmente, causando la scomparsa del ruolo di mediazione, per tutte le parti, sia al vertice che alla base: i deficit commerciali, ora si risolvono con delle intimidazioni, guerre e saccheggi dall'alto, mentre dal basso anche le modeste tensioni socio-economiche sfociano direttamente in disordini e rivolte di massa. Queste dinamiche gemelle, procedono in sincronia tra di loro. Non passa mese senza che l'estrema destra ottenga risultati elettorali positivi o proclami apertamente politiche criminali in un nuovo paese; nel frattempo, ogni settimana scoppia una nuova ondata di disordini di massa, che incenerisce stazioni di polizia e edifici del parlamento, blocca strade e autostrade, occupa piazze, saccheggia palazzi e negozi, caccia i governanti dalle loro residenze e si rifiuta di disperdersi finché non viene sconfitta con la forza, o riesce a deporre un capo di Stato
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IV. La rinascita del piano strategico non costituisce una rottura con le istituzioni liberali, ma procede attraverso le sue istituzioni.
    A questo punto vanno evitate due confusioni. In primo luogo, che il momento attuale costituisca un rifiuto totale degli ordinamenti giuridici e politici liberaldemocratici che lo hanno preceduto. Molti liberali, hanno cercato di presentare le politiche interne dell'amministrazione Trump come una sovversione delle norme e delle politiche democratiche, e che pertanto devono essere difese. In realtà, sta succedendo il contrario. Ciò che distingue i "nuovi fascismi", da quelli del passato, non è il loro emergere all'interno del quadro della democrazia liberale; cosa vera per i loro predecessori del XX° secolo. Ma piuttosto (come hanno recentemente sostenuto i compagni in Cile), la differenza consiste nel come gli Stati liberali contemporanei «sono riusciti a perfezionare delle politiche fasciste, e a permettere che esse vengano applicate anche all'interno di un quadro democratico; e questo al punto di essere riusciti a costruire un'industria intorno al crimine e all'insicurezza, proponendola come giustificazione per l'istituzione di tali politiche.» [*6] Qualsiasi riconoscimento reale, di questo fatto, richiederebbe che le critiche alle tendenze fasciste dell'amministrazione Trump dovrebbero essere accompagnate da una critica approfondita della democrazia; al contrario, la sinistra progressista persiste nella sua convinzione errata che vede un'opposizione totale tra democrazia e fascismo. Allo stesso tempo, tuttavia, la dipendenza, dei fascismi latenti, da quelli che sono dei quadri giuridici democratici preesistenti, non deve portarci a credere che un ritorno alla democrazia liberale sia oggi ancora possibile. I sostenitori di Zohran Mandami che credono di aver invertito la rotta si stanno semplicemente affidando al caso. Infatti, la dipendenza transitoria che il fascismo ha nei confronti della democrazia liberale serve solo come presupposto necessario per riflettere sui requisiti di ciò che verrà dopo.

V. La sola certezza, condivisa da tutti, riguarda la necessità di un balzo.
    Il fatto che viviamo in un interregno tra un ordine morente e un altro non ancora stabilizzato, significa che l'unica certezza condivisa da tutte le parti contendenti, è quella secondo cui ci troviamo nel bel mezzo di una rottura, e che le contraddizioni del nostro presente non possono essere risolte per mezzo degli strumenti e delle procedure di quelle istituzioni che ci hanno portato fin qui, essene esse persistano in qualche modo ancora oggi. Ciò che serve è un «balzo che ci porti fuori dalla situazione.» [*7] Il bisogno di fare questo salto, si sente ovunque, a volte in modo in maniera inconsapevole, altre volte consapevolmente. È proprio questo balzo quello che si sta già preparando, e sta avendo caoticamente inizio intorno a noi, e che spiega l'audacia sorprendente che esplode in ogni angolo della società, dai gamer attentats al cinismo brutale a Gaza, fino ai giovani nepalesi e alla classe sociale inferiore che, per vendicare i 21 manifestanti uccisi dal loro governo, l'8 settembre, in un solo giorno hanno incendiato la loro Corte Suprema, il parlamento, la casa del primo ministro, e quella del presidente, così come dozzine di stazioni di polizia, supermercati e una sede mediatica, rovesciando un governo «in meno di 35 ore.» [*8] È proprio questo il salto, i cui preamboli si sentono già ovunque, e che deve essere pensato, organizzato e portato strategicamente avanti verso una rottura irreversibile che ci porti lontano dal dominio dell'economia.

VI. Le rivolte contemporanee, nel migliore dei casi, hanno prodotto una consapevolezza del capitale, ma non quella della sua superazione.
    In una condizione, nella quale le riforme costituzionali possono essere ottenute solo attraverso la rivolta, il problema di quale sia la loro relazione con la rivoluzione, deve essere ripensato. Le rivolte sono ovunque, eppure, con la possibile eccezione della guerra civile in Myanmar (ancora indeterminata), la stragrande maggioranza — scioccata dalla facilità delle vittorie sulle forze dell'ordine — finisce per chiedere poco più che un ritorno negoziato allo status quo. Questo schema, era già presente, in modo evidente, nella rivolta del 2022 in Sri Lanka: «Le lotte spesso vengono sconfitte non dallo Stato, ma dallo shock della propria vittoria. Una volta che hanno preso slancio, i movimenti tendono a raggiungere i loro obiettivi molto più rapidamente di quanto chiunque si sarebbe aspettato. La caduta del regime Rajapaksa avvenne così rapidamente che nessuno considerò seriamente cosa dovesse essere fatto. La finestra che si era aperta si chiuse ben presto. L'aria soffocante della normalità riempì di nuovo la stanza.» [*9] Un limite chiave delle rivolte contemporanee, risiede nel quadro stesso della lotta, la quale tende a interpretare le carenze di sussistenza come un sintomo di corruzione, di austerità e di clientelismo. [*10] Questo modo di vedere le cose, che non sfida il capitalismo stesso ma soltanto la sua attuale (cattiva) gestione, va inevitabilmente a finire con un rimbalzo della palla nel gioco: «Le critiche alla corruzione, travisano quale sia il ruolo che lo Stato effettivamente svolge nelle crisi economiche e sociali, dal momento che si presume che lo Stato possa sempre trovare una via d'uscita dalla crisi attuale, ovvero, che potrebbe scegliere di evitare l'attuazione dell'austerità, se solo lo volesse. [...] Dopo la caduta del regime, le persone si trovano di fronte al fatto che la logica strutturale della società capitalistica rimane in piedi. I governi introdotti dalla rivoluzione spesso si ritrovano ad attuare misure di austerità assai simili a quelle che avevano inizialmente scatenato le proteste.» [*11] Da un lato, questi fallimenti potrebbero essere essi stessi destinati a contribuire all'emergere di una critica più sistemica del capitalismo, o allo sviluppo della cosiddetta "coscienza di classe", man mano che la cosiddetta "unità essenziale degli interessi della classe dirigente" diventa chiara a chiunque ci presti attenzione. Tuttavia, come osserva Prasad, forse «… Potrebbe essere [più] corretto pensare a questo come allo sviluppo di una coscienza del capitale. Poiché se la rivolta fosse andata oltre, avrebbe dovuto affrontare l'incertezza circa il come il paese avrebbe mangiato e vissuto, mentre il suo rapporto con il mercato globale veniva interrotto. Dopotutto, è solo attraverso e all'interno delle relazioni della società capitalistica che i proletari possono riprodursi davvero. In altre parole, se una rivolta non affronta il problema di una rottura rivoluzionaria - e non lo fa mentre l'ordine è sospeso - la lezione interiorizzata rischia di essere quella della gabbia di ferro dell'economia: i partecipanti diventano consapevoli del capitale in quanto vincolo attuale alla vita, ma non riescono a immaginarne il superamento.» [*12]

VII. Le rivolte hanno generato forme alternative di auto-organizzazione e autonomia, attraverso le quali si poteva organizzare una rottura rivoluzionaria, senza tuttavia comprenderle come tali.
    Negli anni '50, il filosofo tecnologico tedesco Günther Anders descrisse quello che egli chiamò un "gap prometeico", che emergeva nelle società industriali, invertendo la relazione classica tra immaginazione e azione. Mentre l'utopismo si basava sull'idea che la nostra immaginazione fosse più grande di quanto esistesse attualmente, proiettandosi oltre la realtà, Anders sostiene invece che oggi accade l'esatto contrario: con l'invenzione della bomba nucleare, è emerso un divario prometeico, in cui gli atti fattuali ora superano la capacità che i loro agenti hanno di immaginarli, pensarli e percepirli. Non siamo più in grado di comprendere - figuriamoci assumerci la responsabilità - di ciò che stiamo già facendo.[*13] Siamo diventati "utopisti al contrario", incapaci di contemplare la portata o le ripercussioni delle nostre stesse pratiche. Siamo più piccoli delle nostre stesse azioni, le quali ora, dentro di esse, celano qualcosa di insondabile. L'immaginazione, non solo non riesce a superare il presente, ma addirittura non sa raggiungere la realtà. [*14] Un fenomeno analogo può verificarsi nelle lotte politiche. Anche quando perseguono fini riformisti, i partecipanti a volte ottengono scoperte la cui vera radicalità rimane sottovalutata all'epoca, specialmente quando non può essere integrata nei concetti e nelle categorie ereditate dalla lotta. Gli insorti quindi non riescono a comprendere tutte le implicazioni di ciò che stanno già facendo; Né se ne accorgeranno necessariamente, quando i futuri cicli di lotte prenderanno il controllo dei loro impulsi, e li spingeranno in una nuova direzione. È in questo divario, tra pratica e riflessione, tra mezzi e fini, tra gli impulsi di un ciclo e quelli che poi seguono, che la teoria può svolgere un ruolo di assistenza, tirando fuori l'eccesso nascosto nelle pieghe della storia, il suo Entwicklungsfähigkeit.[*15] Sotto questo aspetto, il movimento dei Gilets Jaunes fu esemplare: tra le sue molte caratteristiche creative, spiccano due progressi. Innanzitutto, nonostante i suoi fattori catalizzatori fossero pressioni sociali ben note, come l'aumento del costo della vita, la diminuzione della mobilità sociale, i tagli ai servizi pubblici, ecc., l'organizzazione della rivolta aggirava tuttavia quelle categorie tradizionali di identificazione politica e di identità sociale, a favore di un semplice e replicabile gesto di auto-inclusione: per aderire, bastava indossare il giubbotto giallo e andare a fare qualcosa. In tal modo, il movimento ha superato il problema trotzkista di una "convergenza" tra diversi movimenti sociali forgiati nella separazione (studenti, lavoratori, migranti, ecc.). Sebbene ogni lotta politica richieda un qualche metodo di formalizzazione, per delimitare l'appartenenza, l'uso di un oggetto quotidiano, come in questo caso un giubbotto ad alta visibilità, o un ombrello, assicurava efficacemente che la forza combattente fosse definita innanzitutto a partire dalle sue iniziative contagiose, e non tramite riferimenti a un particolare gruppo sociale, autorizzato a rappresentarla. Ciò ha permesso ai Gilet Gialli di aggirare con successo un meccanismo centrale di governance, il quale sfrutta quello che è il nostro attaccamento alle nostre identità sociali, per poter così contenere gli antagonismi tenendoli all'interno dei canali istituzionali (politiche universitarie, dispute sul posto di lavoro, ecc.). Dai primi combattenti di Hong Kong ai "terremoti giovanili" di oggi, riuniti tutti sotto il sigillo impersonale di una bandiera pirata manga (il Jolly Roger di One Piece) [*16], ora le rivolte esplodono con forza come contagi virali, o meme, invitando a esperimenti più aperti, e riducendo il loro potenziale di recupero. Tuttavia, incapaci di riconoscere la forza della propria innovazione, i Gilets Jaunes si rifugiarono nell'immaginario della rivoluzione francese. e sul suo simbolo fluttuante, "le peuple" [il Popolo], portando così molti a confondere la loro innovazione con un risorto populismo di destra. Così, sopra l'immanenza inappropriabile del meme, è stato riscritta la trascendenza simbolica del mito.[*17]  In secondo luogo, mentre molte rivolte finiscono per sentirsi attratti dai simboli del potere borghese, concentrando così le proprie forze ai piedi di istituzioni della classe dominante, quali tribunali, parlamenti e stazioni di polizia, i Gilets Jaunes stabilirono invece quali erano le basi da cui organizzare la loro lotta, pianificando e condividendo le proprie vite in stretta vicinanza con la vita quotidiana. Come si poteva osservare all'epoca: «Questa vicinanza alla vita quotidiana è la chiave del potenziale rivoluzionario del movimento: più i blocchi sono vicini alla casa dei partecipanti, più è probabile che questi luoghi possano diventare personali e importanti in mille altri modi. E il fatto che si tratti di una rotatoria occupata, piuttosto che di una foresta o di una valle, priva questi movimenti del loro contenuto prefigurativo o utopico.[...] Occupare la rotonda vicino a dove si vive assicura che la fiducia collettiva, l'intelligenza tattica e la sensibilità politica condivisa - che i Gilotti Gialli coltivano da un giorno all'altro - attraversino e contaminino le reti, le amicizie e i legami della vita sociale in queste stesse aree». [*18]  Sentimenti che rimarrebbero utopici, in una piazza occupata del centro o in uno spazio come lo ZAD (dove la maggior parte dei partecipanti non vive personalmente), una volta spostati alla rotonda, ora possono infiltrarsi nella vita quotidiana anziché restare separati. E quando tali basi vengono attaccate da delle forze repressive, ecco che le risorse della vita privata possono rifornirle e ricostruirle, come abbiamo visto a Rouen, dove le capanne improvvisate costruite sulla rotonda sono state distrutte e ricostruite una mezza dozzina di volte.[*19] L'innovazione non era solo una conseguenza della vicinanza alla vita quotidiana; in questo caso, poteva anche essere sufficiente occupare i centri dei villaggi in tutta la campagna. Posizionando la loro base operativa sulla soglia tra l'economia e la vita quotidiana — nel punto preciso in cui i camion che trasportavano merci sulle autostrade dovevano entrare in città — le rotatorie si posizionavano anche fungendo da blocchi di filtrazione, conferendo leva logistica agli insorti. Bloccando la circolazione, non nel punto di massima importanza per il capitale, ma nel punto in cui il capitale entra nello spazio della vita quotidiana, ecco che così politicizzarono la membrana tra vita e denaro, e facendolo in condizioni per loro gradevoli, non sul luogo dettato dai simboli del potere borghese, come aveva fatto Occupy Wall Street. In realtà, «il vero orizzonte strategico dei blocchi dell'entroterra non è sospendere completamente i flussi dell'economia, ma produrre delle basi territoriali abitate, che la riportino sulla mappa della vita quotidiana, a un livello in cui essa possa essere sfruttata e decisa.»[*20] Questa combinazione di un'intelligence logistica posizionata sulla soglia della vita quotidiana, e tuttavia federata a livello nazionale, attraverso consigli e assemblee regionali e nazionali [*21], offriva un paradigma originale e potente ai fini dell'auto-organizzazione insurrezionale. Eppure, anche così, non è stato chiaro se i Gilets Jaunes abbiano mai approfonditamente apprezzato il loro atto creativo per quello che era. Anziché riconoscere che stavano reinventando le medesime forme e pratiche mediante cui lo slogan "tutto il potere alle comuni" poteva essere adattato ai nostri tempi, abbiamo visto un focus ristretto che mirava a ottenere le dimissioni di Macron; cosa che così portò molti ad abbracciare semplicemente una forma diversa di proceduralismo parlamentare, ovvero la cosiddetta Iniziativa Referendum dei Cittadini (RIC).[*22] Per Jerôme Baschet, al contrario, la costruzione di questi "spazi liberati" — una volta portata a termine — avrebbe potuto invece servire come base per un assalto più ampio all'economia, che non solo approfondisse i «legami tra spazi liberati esistenti», ma combinasse … la moltiplicazione degli spazi liberati con dei blocchi generalizzanti. Nella misura in cui gli spazi liberati sono in grado di dispiegare le proprie risorse materiali, e le loro capacità tecniche, esse possono servire come nodi decisivi, sulla base dei quali diventa possibile amplificare la dinamica del blocco in momenti chiave, in varie forme. Più spazio liberato abbiamo, più dovremmo poter estendere la nostra capacità di blocchi. Al contrario, più i blocchi si estendono, più promuovono l'emergere di nuovi spazi liberati. [*23] Naturalmente, il pericolo sarebbe quello di pensare che ciò che serve sia semplicemente una ripetizione del momento dei Gilets Jaune. Questo errore, che sembrava permeare la bizzarra bolla speculativa, quest'estate, attorno all'iniziativa "Blocca tutto" del 10 settembre in Francia, deriva dalla tendenza a disconnettere il problema delle tattiche e delle pratiche dalla rottura quasi eventuale della loro emergenza. [*24] Coloro che vogliono costringere la storia a ripetersi, garantiscono solo la farsa!

VIII. Nei suoi impulsi pratici, la lotta contro l'ICE [la politica antimigratoria di Trump] indica il superamento delle separazioni che ostacolarono la rivolta di George Floyd del 2020.
    La capacità offensiva espressa dalla rivolta di George Floyd del 2020, è stata ostacolata da una separazione tra il suo impulso di creazione di luoghi, e la sua intelligence logistica. Le occupazioni che assediavano frontalmente le sale del potere ("rivolta politica") non riuscirono mai a combinare in modo significativo quelle forze con le carovane saccheggiatrici che affluivano ai centri commerciali e ai distretti commerciali, con manovre di attacco e ritirata (“storefront riot”).[*25] Di conseguenza, la coscienza logistica/infrastrutturale tendeva a rimanere relativamente depoliticizzata, e costituiva meramente un insieme di tecniche, mentre la coscienza politica rimaneva incollata a edifici evacuati che avevano in gran parte solo valore simbolico. [*26] Con la costruzione di hub di difesa, o "centros", combinata con altre pratiche di tracciamento autonomo, stalking e distruption, la lotta attuale contro l'ICE ha avviato una ri-politicizzazione dell'intelligence infrastrutturale, insieme a un'inversione del suo orientamento "cinegetico" (da preda a predatore). Questo fatto, unito alla notevole tendenza a riposizionare la politica negli spazi della vita quotidiana, indica a tutti un superamento dei limiti del 2020; e questo indipendentemente dal fatto che i suoi agenti lo abbiano tematizzato o meno. Dopo l'invasione di città statunitensi come DC, Chicago e Portland da parte delle forze federali, il magnetismo simbolico inizialmente posseduto da siti di potere come il Centro di Detenzione ICE a Broadview, IL, ha lasciato il posto a un'etica diffusa di auto-organizzazione di quartiere, superando persino improbabili barriere di classe e di razza. Il baricentro è stato spostato lontano dal tritacarne della guerra d'assedio intorno alle fortezze nemiche, e riportato così agli spazi della vita quotidiana. I residenti riempiono i loro isolati sentendo il richiamo della siepe e dei fischi, carovane di veicoli privati si spostano e disturbano gli agenti ICE lungo i viali locali, mentre i vicini del quartiere si radunano attorno a scuole, luoghi di lavoro e venditori ambulanti. I consigli di difesa dei quartieri si sono diffusi in tutta Chicago, così come in altre parti del paese, con attivisti che hanno allestito "centri di difesa" nei parcheggi di Home Depot e in altri spazi frequentati dai lavoratori giornalieri. Secondo una recente guida pratica, questi hub fungono da spazi di incontro che vanno ben oltre le affinità della sottocultura politica, o della vita lavorativa, «offrendo alle persone indignate relazioni basate sul luogo, le quali danno direzione alla loro rabbia.» [*27]  Man mano che il confine tra vita quotidiana e riproduzione sociale si politicizza sempre più, l'intelligenza logistica, solitamente riservata al saccheggio e alle operazioni di scasso, inizia a generalizzarsi, a de-specializzarsi e riesce a diventare accessibile a chiunque sia disposto a unirsi a un filo di segnalazione locale, e iniziare a pattugliare. Le pratiche di sorveglianza collettiva dal basso, unite a un insieme concreto di compiti - prevenire arresti, garantire il passaggio sicuro, molestare e sfrattare gli ostili - stanno lentamente realizzando ciò che due decenni di movimenti sociali hanno costantemente fallito: reintrodurre la partecipazione collettiva nello spazio metropolitano, su base partigiana e non economica. Le strategie politiche sono coerenti solo quanto lo sono le verità su cui si basano. Riconoscerlo, ha portato i partecipanti alla rivolta di Hong Kong del 2019 a dare importanza al controllo delle informazioni e al fact-checking. Queste pratiche hanno trovato nuova espressione nelle lotte anti-ICE odierne, che combinano la condivisione delle conoscenze infrastrutturali a un'etica collettiva di presenza nella propria situazione. In città di tutti gli Stati Uniti, una nuova forma di empirismo politico setaccia la vita quotidiana alla ricerca di segni del nemico. Per intervenire e prevenire i rapimenti, le reti di risposta rapida si affidano a informazioni di sorveglianza ottenute da attivisti che pattugliano le aree in auto o a piedi, oppure da segnalazioni pubblicate sui social media. Queste informazioni vengono poi filtrate attraverso grandi "thread Signal", che confrontano descrizioni dei veicoli e targhe, estraggono i numeri VIN e scambiano i dettagli delle località in tempo reale. Durante l'uso del protocollo SALUTE [*28] si garantisce che le informazioni siano complete e applicabili, e in queste pratiche c'è molto di più che la semplice circolazione di informazioni fattuali. Parallelamente alla produzione di queste informazioni logistiche, si sta forgiando una nuova sensibilità politica. L'esperienza individuale atomizzata della città lascia spazio a un potere di attenzione collettiva, espresso sia attraverso un continuo tracciamento e profilazione del nemico sia attraverso una sensibilità ai ritmi, ai flussi e alle relazioni qualitative che popolano i luoghi in cui abitiamo. Come osserva la stessa guida pratica, gli hub di difesa «avranno successo, o falliranno, a seconda che tu sia attento alle esigenze dell'area circostante.» [*29] Attraverso questo apprendistato con i cartelli, la lotta anti-ICE sta contribuendo a dare vita a un mondo in comune. La minaccia che questa politicizzazione logistica della vita quotidiana rappresenta per la legittimità delle forze di governo, è considerevole. Non c'è dubbio che sia stato per questo motivo che l'amministrazione Trump abbia cercato di anticipare la resistenza alla propria offensiva conferendole un'identità predigerita e una narrazione. Invece di riconoscere la lotta per ciò che è, cioè una circolazione memetica di pratiche diffuse di sovversione accessibili a tutti, indipendentemente da ideologie politiche o identità sociali, le forze dominanti proiettano il mito di un'organizzazione gerarchica ("Antifa") finanziata dalle élite liberali e organizzata militarmente in "celle", le quali prendono ordini dalle autorità centralizzate. Lo scopo di questa narrazione caricaturale e trasparentemente falsa non è quella di convincere della sua verità letterale (che non c'è), ma nascondere le prove sensate che diventano ogni giorno più forti: il binarismo cittadino/non cittadino è uno strumento intollerabile dell'apartheid violento. Quali altre potenzialità potrebbe contenere questa nuova ondata di contestazione, ancora invisibile ai suoi partecipanti? Cosa potrebbe ottenere una rete diffusa di consigli di quartiere alimentata da intelligenza logistica collettiva e da una capacità altamente mobile di interruzione e intervento se si ampliasse anche solo di tre passi? Per prevenire efficacemente gli arresti e proteggere i vicini, potrebbero essere necessarie forme di blocco logistico più ambiziose. Cosa servirebbe per iniziare a organizzare azioni coordinate in intere città, o per stabilire blocchi di filtro per garantire il controllo della comunità su zone o quartieri? Quali altre ambizioni potrebbero essere sfruttate per tali tecniche di potere popolare, se e quando l'ICE si ritirerà da queste città?

IX. La fine della mediazione potrebbe significare la fine della Sinistra. Sulla sua scia potrebbe prendere forma una nuova rivoluzionaria corrente clandestina.
    Mentre le forze contendenti competono per plasmare la direzione che prenderà il balzo che porterà oltre la democrazia liberale, le mediazioni continueranno a dissolversi. Come vettore principale del "soft power", il ruolo svolto dalla sinistra nel contenere l'energia ribelle attraverso la promessa di un riconoscimento e di una riforma statale, potrebbe cessare di funzionare. Mentre la destra continua il suo attacco frontale alle basi della cultura di sinistra - licenziando professori e criminalizzando attivisti e studenti, privando al contempo dei fondi per le ONG LGBTQ e per i diritti dei migranti - emerge un'opportunità per reinventare il sottosuolo politico. A tal proposito, il caso del Sudan potrebbe essere istruttivo. Come scrive Prasad: «Dopo una rivolta nel 2013, è emersa una proliferazione di comitati di resistenza che si sono posti il compito di prepararsi alla prossima ondata di lotte. In particolare, questo significava: mantenere i centri sociali di quartiere; costruire le infrastrutture e accumulare materiali che ritenevano necessari; sviluppare reti cittadine e nazionali di compagni e simpatizzanti; e testare la capacità di queste reti attraverso campagne coordinate. Quando la rivoluzione è arrivata, alla fine del 2018, questi gruppi sono riusciti ad agire come vettori di intensificazione. Anche i comitati di resistenza sono riusciti a sostenere la rivoluzione, nella fase successiva, dopo che il presidente Al-Bashir è stato costretto a dimettersi».[*30]  I compiti esatti che un underground post-sinistra deve affrontare, oggi restano da chiarire. Se la reazione pubblica a Luigi Mangione ha dimostrato qualcosa, è che non essa non deve trarre le sue coordinate politiche dalla classica guerra culturale tra sinistra e destra. È possibile che un movimento ampio, combattivo e audace, capace di sfruttare la storia recente per le sue lacune, e risvegliare le sue intuizioni con tatto, e perseguire le sue conclusioni senza pietà, possa risuonare ben oltre i confini dei silos culturali dell'ultrasinistra, godendo di ampia risonanza in un'epoca di profonda incertezza. Oltre un secolo fa, Kropotkin propose la seguente correzione: «"Comunque",» ci avvertono spesso i nostri amici, "fate attenzione a non andare troppo lontano! L'umanità non può essere cambiata in un giorno, quindi non bisogna avere troppa fretta, con i vostri schemi di espropriazione e anarchia, altrimenti rischiate di non ottenere un risultato permanente." Ora, ciò che temiamo, riguardo all'espropriazione, è esattamente il contrario. Temiamo di non andare abbastanza oltre, temiamo di portare a termine delle espropriazioni su scala troppo ridotta, e poco duratura. Non vorremmo che l'impulso rivoluzionario venisse fermato a metà carriera, esaurendosi in mezze misure, che non soddisferebbero nessuno, pur generando una grande confusione nella società e interrompendo le sue attività consuete, e non avrebbero alcun potere vitale — si limiterebbero a diffondere malcontento generale, e inevitabilmente preparare la strada al trionfo della reazione.» [*31] Se e quando la situazione si re-invertisse a loro favore, e se le stazioni di polizia staranno di nuovo bruciando e i politici si nasconderanno nei bunker o fuggiranno in elicottero, allora bisogna che gli insorti non debbano essere colti di sorpresa. Non devono permettere che la comune venga sostituita dal parlamento virtuale dei server Discord, ma devono sfruttare l'opportunità per promuovere esperimenti diffusi, e in presenza di condivisione comunista, in modo che attirino il maggior numero possibile di partecipanti. Sebbene nulla di immaginabile oggi sia adeguato, la storia contiene delle strade da percorrere che potrebbero ancora sorprenderci.

- Adrian Wohlleben, 14 novembre 2025 - Pubblicato su https://illwill.com/ - Immagini: https://christopher-thomas.de/pages/bittersweet  -

Note

1.Mentre il meme della bandiera di One Piece circola, si arricchisce di accessori locali. In Madagascar, ad esempio, il cappello di paglia è stato sostituito dal cappello a secchiello satroka, tradizionalmente indossato dal gruppo etnico Betsileo. Tuttavia, è significativo che l'identità nazionale cavalchi, come se fosse un accessorio, sopra il simbolo o sopra il sigillo contagioso, e non il contrario. Vedi Monica Mark, ''Gen Z' manifestanti in Madagascar chiamano allo sciopero generale," Financial Times, 9 ottobre 2025 (online).
 
2.Blaumachen, "La fase di transizione della crisi: l'era delle rivolte," 2011 (online)

3.Maurizio Lazzarato, "Gli Stati Uniti e il 'capitalismo fascista'", tradotto da Eric Aldieri, Ill Will, 7 ottobre 2025 (online).

4.Intervista citata su Vasudha Mukherjee: "Trump trasforma gli investimenti degli alleati in un 'fondo sovrano' statunitense da 10 trilioni di dollari," Business Standard, 14 agosto 2025 (online).

5.Il fatto che l'era delle rivolte sia arrivata prima sulla scena, e sia stata poi completata da uno sforzo fascista per reimporre un ordine centrato sugli Stati Uniti sia a livello nazionale che internazionale, non dovrebbe confonderci. Il bilancio del Comitato Invisibile del ciclo 2008-2013 si concludeva con queste parole: "Nulla garantisce che l'opzione fascista non sarà preferita alla rivoluzione." Il Comitato Invisibile, Ai nostri amici, tradotto da Robert Hurley, Semiotexte, 2014 (online qui).

6.Nueva Icaria, "Nuovi fascismi e la riconfigurazione della controrivoluzione globale, Malvolontà, 11 agosto 2025 (online).

7.Lazzarato, "'Capitalismo fascista.'"

8.Pranaya Rana, "La settimana dopo la rivoluzione," Kalam Weekly (Substack), 19 settembre 2025 (online).

9.S. Prasad, "Paper Planes," 31 agosto 2022 (online).

10.Phil Neel distingue tra le lotte sui "termini di sussistenza" economici/ecologici e quelle sull'"imposizione autoritaria di questi termini" ("Theory of the Party," Ill Will, 6 settembre 2025; online). La tendenza globale ultimamente è stata quella di catapultare movimenti sociali di massa e non violenti che chiedono termini riformati di sussistenza nel militantismo quando le forze dell'ordine reagiscono in modo eccessivo e aprono il fuoco, spostando così il quadro della lotta dalla prima alla seconda, dall'austerità all'autorità. Gli Stati Uniti sono un'eccezione a questo schema: mentre le misure di austerità influenzano l'opzione, negli ultimi decenni le lotte su questioni economiche quasi mai degenerano in disordini combati di massa, che vengono catalizzati solo da mezzi autoritari di applicazione. Sebbene qui difficilmente scoppierà una rivolta a causa dei tagli ai buoni pasto, della precarietà abitativa o della negazione di assistenza sanitaria in sé, le reti di attivisti create attraverso lotte di sussistenza contribuiscono comunque occasionalmente ad approfondire i disordini di massa anti-autoritari, come è avvenuto quando l'infrastruttura sindacale degli inquilini di Los Angeles è stata sfruttata per istituire centri di difesa anti-ICE dopo le rivolte di giugno 2025.

11.Prasad, "Aerei di carta."

12.In questo caso, la carenza di immaginazione è una conseguenza di esperimenti pratici che non sono stati intrapresi quando avrebbero dovuto esserlo. La tesi VII esplora lo scenario inverso, in cui sono stati condotti esperimenti la cui potenza è stata trascurata.

13.Günther Anders, "Tesi per l'era atomica," The Massachusetts Review, Vol. 3, n. 3 (primavera 1962), 496.

14.Ad esempio, definire le bombe nucleari "armi" e discuterne l'uso tattico equivale a paragonarle a uno strumento, a un mezzo per un fine; Eppure l'uso di tali bombe minaccia di distruggere il mondo stesso in cui si potrebbero raggiungere tutti i "fini". Il loro uso quindi annulla qualsiasi relazione mezzo-fine, rendendo tutte le considerazioni tattiche impertinenti. Eppure questo atteggiamento strumentale rimane l'unico modo in cui l'immaginazione riesce a pensarci, nonostante sia un errore di categoria. Vedi Gunther Anders, "Comandamenti nell'era atomica," in Burning Conscience, Monthly Review Press, 1962, 15-17.

15.Gilbert Simondon sosteneva che l'"artificialità" del nostro rapporto con gli oggetti tecnici poteva essere corretta solo a condizione che imparassimo a concepirne l'evoluzione geneticamente, cioè disaccoppiandola dagli scopi umani proiettati su di essi e comprendendo invece lo sviluppo dei loro elementi, insiemi e ambienti associati secondo i propri termini. In modo analogo, quando studiamo l'evoluzione, la mutazione e la circolazione di impulsi e gesti pratici attraverso diverse sequenze di lotta, può aiutare a sospendere metodologicamente i riferimenti agli obiettivi che i partecipanti a queste lotte si pongono e cercare di considerare la loro evoluzione da un ciclo all'altro secondo i propri termini. Alcuni hanno espresso preoccupazione che questa attenzione alla circolazione e all'evoluzione delle pratiche rischiasse di soccombere a ciò che Kiersten Solt chiama il "nichilismo della tecnica". In effetti, mi sembra che i pro-rivoluzionari non pensino ancora abbastanza in modo tecnico. Troppi continuano a reificare un concetto astratto e a-storico di azione politica in cui i metodi di lotta derivano immediatamente dagli scopi perseguiti o potrebbero essere semplicemente adottati volontariamente per puro decreto. In pratica, l'attualità precede la possibilità: tutte le lotte basano la loro esperienza di ciò che è politicamente possibile su un serbatoio di impulsi precedentemente in circolazione, innovando entro i limiti che vi sono fissati. È questo menù o repertorio esistente — quello che potremmo chiamare il phylum tattico — che stabilisce i confini di ciò che è immaginabile. E, lungi dal superarla, la nostra immaginazione spesso non lo raggiunge. Di conseguenza, invece di proiettare valori etici e politici davanti alla realtà e trattare la pratica solo come un mezzo per realizzarli, la nostra analisi della pratica può essere usata per stimolare la nostra immaginazione, rendendo così possibile nuovamente l'attualità. Ciò richiede di tracciare l'evoluzione degli impulsi pratici attraverso sequenze di lotta alla ricerca di fratture, svolte e momenti in cui i limiti sono stati superati.

16.Adottando il "Jolly Roger" come sua bandiera globale, l'ondata di rivolte del 2025 ha trasformato il termine "Gen Z" da una banale designazione demografica al simbolo di una espropriazione condivisa. Attraverso la sua circolazione virale da Indonesia e Nepal fino a Madagascar, Marocco e Perù, la bandiera pirata "Gen Z" testimonia oggi una tensione familiare tra Stato e capitale: con tutti i buoni posti di lavoro locali accumulati dai nepo-baby, bisogna viaggiare all'estero per guadagnare; eppure, mentre l'ordine neoliberista implode, gli stati stanno chiudendo i loro confini. Il risultato è un'esperienza contraddittoria: i lavoratori sono sradicati ma chiusi, con l'unico accesso rimasto al mondo che è online. La comunità virtuale della libertà dei pirati è proprio il riflesso negativo di questa condizione economica senza sbocco sul mare. Naturalmente, questa condizione non è affatto limitata ai giovani. L'enfasi sulla "gioventù" sembra avere più a che fare con una virtù paradossalmente negativa: non avere le mani sporche. Essere giovani significa non essere ancora al potere, non ancora gestire un racket, non ancora coinvolti in reti di condivisione del potere locale e globale, non ancora corrotti. È proprio questa negatività — e non il presupposto positivo dell'età — che ha permesso a una forza combattente di riunirsi attorno al simbolo "Gen Z".

17.Per una lettura contraria che conferma l'uso del mito da parte dei Gillet Gialli, vedi "Epistemologia del Cuore," in Liaisons Vol. 2: Horizons, PM Press, 2022 (online). Come ammettono gli stessi autori, tuttavia: "Il problema è che mentre la realizzazione del mito contribuisce alla forza della lotta, la tradizione dei sconfitti deve rimanere sconfitta per rimanere una tradizione" (375). Qui, come sempre, l'affermazione del mito si rivela inseparabile da un culto della morte esemplare, una religione mortis. Il comunismo, a mio avviso, deve essere una scommessa sulla vita terrena, non sull'eternità.

18.Adrian Wohllbeben e Paul Torino, "Meme con Forza. Lezioni dai Gillet Gialli," Mute, 26 febbraio 2019 (online).

19.Adrian Wohlleben, "La controrivoluzione sta fallendo," Commune, 16 febbraio 2019 (online).

20.Adrian Wohlleben, "Meme senza fine," Ill Will, 17 maggio 2021 (online). Ristampato in The George Floyd Uprising, a cura di Vortex Collective, PM Press, 2023, 224-47.

21.Anonimo, "Imparare a costruire insieme: i giubbotti gialli," Ill Will, 9 maggio 2019 (online).

22."Referendum d'initiative Citoyenne" (RIC) si riferisce a una proposta di "emendamento costituzionale in Francia per consentire la consultazione dei cittadini tramite referendum riguardante la proposta o l'abrogazione delle leggi, la revoca dei mandati dei politici e la modifica costituzionale." Wikipedia (online).

23.Jérôme Baschet e ACTA, "La storia non è più dalla nostra parte: un'intervista con Jérôme Baschet," Mute, 23 gennaio 2020 (online).

24.Critiche di Temps, "On the 10th of September," Ill Will, 10 settembre 2025 (online).

25.Questo argomento viene approfondito in Wohlleben, "Meme senza fine."

26.La lezione da trarre da sequenze come quella in Kazakistan nel 2022, o in Nepal quest'estate, non è che le sale del potere debbano essere ignorate o lasciate in pace, ma che non si può fare nulla se non raderle al suolo senza passione. Da questo punto di vista, anche la festa in piscina in Sri Lanka è durata un po' troppo a lungo, sminuendo le festività che avrebbero dovuto svolgersi nelle strade, nei quartieri e nei distributori di servizio in tutto il paese. Mentre i manifestanti nepalesi hanno ridotto in cenere i simboli fisici del potere borghese, non hanno ancora costruito basi di potere popolare indipendente in prossimità di zone abitate, rifugiandosi invece in forum virtuali sui canali Discord dove hanno pianificato di far ottenere posizioni di potere ai politici scelti. Nonostante la ferocia del loro attacco, il concetto parlamentare di politica emerse illeso.

27.Collettivo Effetto Lago, "Difendete i nostri vicini, difendetevi noi stessi! Autodifesa comunitaria da Los Angeles a Chicago," 4 (online). Sebbene il testo oscilli tra una postura "proattiva" di intervento autonomo (4) e una politica alleata limitata al "supporto e facilitazione" di ciò che fanno i cosiddetti "locali" (posizionando gli autori come extraterrestri) (5), offre un solido arsenale pratico per individui e collettivi che vogliono coinvolgersi nel momento presente.

28.SALUTE è un dispositivo mnemonico che sta per: dimensione/forza (S), azioni/attività (A), posizione e direzione (L), uniforme/abiti (U), ora e data di osservazione (T), equipaggiamento/armi (E). Questo quadro viene utilizzato per garantire che vengano fornite informazioni dettagliate e complete quando si riporta un'osservazione.

29.Collettivo dell'effetto lago, "Autodifesa comunitaria," 9.

30.Prasad, "Aerei di carta." Con la differenza che, mentre il movimento neo-consiglierista sudanese fu infine sconfitto dall'incapacità di difendersi, una rivolta americana dovrà invece esercitare tutta la sua inventiva semplicemente per prevenire la guerra armata che si nasconde sotto la superficie, affinché gli esperimenti di autonomia collettiva possano prosperare e rafforzarsi nel frattempo.

31.Peter Kropotkin, La conquista del pane e altri scritti, Cambridge University Press, 48.

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