Per Kurz, il nucleo del capitalismo non consiste, semplicemente, nella proprietà privata, oppure nell'esistenza e nella presenza della borghesia, quanto, piuttosto nella produzione generalizzata di merci, nella centralità del lavoro astratto (in quanto astrazione reale), e nel feticismo (in quanto inversione reale), così come nella ricerca infinita della crescita e della produttività.
Tuttavia, l'Unione Sovietica aveva conservato e stabilito tutti questi elementi, e lo aveva fatto nella forma di quella che apparve come un'accumulazione socialista primitiva; e così facendo aveva cercato, in un modo che era sia accelerato che autoritario, di stabilire tutte le forme fondamentali di socializzazione di una vita capitalistica, mediate dal valore, dal lavoro, dal denaro e dallo Stato. Ciò che cambiava, era solo il fatto che era lo Stato che veniva a svolgere il ruolo di capitalista collettivo, di imprenditore di quella che appariva a tutti gli effetti come una modernizzazione in ritardo. Pertanto, il bolscevismo finì per essere ossessionato dall'industrializzazione (vedi, i piani quinquennali, le macchine, ecc.), così come dal feticismo e dalla disciplina del lavoro. La classe operaia non si era affatto emancipata: ma era stata piuttosto assoggettata a un apparato statale, il quale si era incaricato di farla produrre sempre di più, e di realizzare così, attraverso e grazie alla mediazione burocratica - e non più attraverso il mercato - quella che era la relazione-feticcio del Capitale: che finiva così per essere un soggetto automatico di una valorizzazione che veniva riprodotta da tutti. Kurz parla perciò di un "socialismo del lavoro", il quale ha riprodotto, alla fine, la solita logica capitalistica, ma in un'altra forma. Per Robert Kurz, il lavoro non è affatto una realtà naturale, o neutra. Il lavoro, è una forma sociale, specifica del capitalismo: la forma di attività preformata dal fine astratto in sé del denaro. Esso. è l'attività della moltiplicazione del denaro che avviene attraverso la produzione di merci. La rivoluzione sovietica ha così stabilito, e ha preservato, la centralità del lavoro, e così facendo ha pertanto preservato anche il Capitale (facendolo però senza che ci fosse il quadro della competizione e della concorrenza tra degli attori privati; cosa che invece è centrale nelle dinamiche immanenti del capitalismo e della sua costrizione alla produttività, e quindi in quelle della sua crisi e del suo crollo specifico). L'URSS non ha abolito il capitale, poiché non ha abolito il lavoro astratto.
A differenza di Kurz e della Wertkritik, per Castoriadis invece il lavoro non è di per sé un problema. Castoriadis non tematizza la nozione di lavoro astratto, o quella di astrazione reale che si trova in Marx. Il problema, per Castoriadis, è chi organizza il lavoro, e in quale quadro di potere tale tematizzazione avviene. L'obiettivo è l'autogestione e l'autonomia dei lavoratori, e non l'abolizione della forma lavoro. Castoriadis non vede il lavoro come una forma storica legata al capitalismo, ma come se fosse un'attività umana, da riorganizzare democraticamente.
Per Kurz, la sfida è: abolire il lavoro. Per Castoriadis la sfida è: autogestire il lavoro.
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