Il modo in cui Shlomo Sand ha inventato sé stesso
- di Brigitte Stora -
È stato nel 2008 che lo storico israeliano Shlomo Sand si è fatto conoscere grazie alla pubblicazione di un libro dal titolo evocativo: "L'invenzione del popolo ebraico". Più tardi, avrebbe scritto anche: "Come è stata inventata la Terra di Israele", e poi, infine, "Come ho smesso di essere ebreo", aggiungendo: «Trovando difficile sopportare che le leggi israeliane mi impongano l'appartenenza a un gruppo etnico fittizio, e ancora più difficile il sopportare di apparire al resto del mondo come il membro di un club di funzionari eletti, desidero dimettermi e smettere di considerarmi un ebreo». Osiamo sperare che l'uomo, nato nel 1946 in un campo in Germania, si fermi lì, e che non ci fornisca i mezzi per porre fine a questa impostura... C'è da ridere di questo, e vien da chiedersi perché mai tanta energia nel negare tutto questo... che non esiste. Se un autore scrive un libro sul suo odio per i Pink Floyd, per esempio, se considera che questa band sia un bluff, plagiaria e assai poco interessante, c'è da scommettere che di certo non riceverà un'accoglienza strepitosa. Semplicemente perché chi ama i Pink Floyd non lo comprerà, e chi non li ama non si dedicherà di certo a leggere un libro su di loro... Così, analogamente, si può prendere un altro gruppo musicale, o un altro popolo, e il risultato sarà sempre più o meno lo stesso; ma con gli ebrei, a quanto pare è diverso, visto che questo popolo suscita una passione triste, e un libro scritto da un ideologo che vuole spiegare come esso non esista, ha invece suscitato quella che sembra una vera e propria mania. Più di 200.000 libri venduti, sono un successo enorme. E lo è anche per quello che c'è scritto nel libro, arrivando così a essere forse questo il fenomeno più inquietante. «Libro coraggioso», titola la rivista "L'Histoire", «decostruzione di una storia mitica», «la fine di un tabù». Evidentemente, a quanto pare, l'auto-annullamento è una passione. E in realtà questo best seller è davvero divertente. In poche centinaia di pagine molto indigeribili, Shlomo Sand raccoglie e mette in fila tutta una serie di dati storici e ideologici, e il suo verdetto è irrevocabile: non esiste alcun popolo ebreo, perché non c'è nessuna etnia ebraica. La prova sarebbe quella che la maggior parte degli ebrei sono convertiti, e pertanto non hanno alcuna legittimità per poter rivendicare una storia di duemila anni! La sua conclusione, e il suo punto di partenza, finiscono per dimostrare che i discendenti degli antichi ebrei probabilmente sono i palestinesi di oggi, e quindi sono loro a essere più legittimi, in questa terra degli israeliani. L'etnia in quanto tale da sé sola è legittima: «accidenti, quella non può mentire», «la terra non mente» ed è essa che appartiene al gruppo etnico! E ad adottare questa strana lettura, non sono Maurras, Barrès o Bouteldja, ma uno storico israeliano! Questo saggio, essenzialmente polemico, è tuttavia costruito a partire da un approccio storico; per lo storico si tratta di dimostrare un a priori ideologico, facendolo attraverso e grazie alla Storia. Questo libro avrebbe potuto passare inosservato, ma tuttavia si può scommettere che esistono anche altre opere, sul medesimo tema, che affrontano per esempio la questione della verità scientifica dei popoli francesi, curdi o kirghisi, ma che difficilmente avrebbero suscitato così tanta passione. Qui, per pudore, non ci soffermeremo sui siti islamisti, negazionisti, e francamente antisemiti, i quali riportano questo "scoop". Lo stupore (se più o meno esiste ancora!) proviene piuttosto dall'accoglienza che, a sinistra, alcune persone hanno riservato a Shlomo Sand. Questi progressisti di "Le Monde diplomatique", tra cui Polítis, Mediapart e altri famosi programmi di "France Inter", non la finiscono mai di lodare questo libro, in quanto prova inconfutabile di una menzogna storica! Avremmo anche potuto smettere di preoccuparci, o semplicemente potevamo riderci sopra; insomma, per questi difensori dell'immigrazione e del meticciato, è l'etnia quella che costituisce il popolo e la nazione e, di conseguenza, anche la sua legittimità! Come può uno storico israeliano adottare, sulla propria storia, il punto di vista dei suoi stessi nemici? Dove, e come, si trovano codesti "ethnos" di cui si parla nel sionismo e nell'ebraismo? Senza dubbio, così facendo, lo storico, accecato dal proprio risentimento, ora ascolta solo i nemici del suo popolo, ma lo fa guardandosi nello specchio distorto dell'Altro, e finendo così per rischiare di fallire o, peggio ancora, di ignorare noi stessi.
La maggior parte delle nazioni moderne, sono state costituite politicamente al di fuori, e contro le idee di etnia. L'idea repubblicana, in gran parte è servita a plasmare tanto la nazione francese quanto l'identità francese. E qui, come altrove, si tratta soprattutto di costruzioni intellettuali, politiche e spirituali. La storia dell'umanità, è prima di tutto quella delle sue idee. Tuttavia, è proprio a partire da un'idea, e da un testo che è nato il popolo ebraico. Così, nella Torah, Abramo appare come il primo ad aver ricevuto il messaggio del Dio d'Israele, ma Abramo è nato a Ur in Caldea, nell'antica Mesopotamia, ecco che allora Dio gli chiede di lasciare il suo proprio paese, il suo villaggio, la sua famiglia e di andare, per lui (da lui), nella terra che Dio gli mostrerà. Ed è in questa partenza, in questo divenire e in questo esilio che Abramo diventa il primo ebreo, "Ivrit"; il primo traghettatore. Più tardi, sarebbe stato il popolo ebraico a nascere da sé solo. Anche in quel caso, infatti, viveva in schiavitù in Egitto e ha dovuto partire, attraversare le acque del Mar Rosso per poter tornare libero e portatore di una legge, ma questa libertà e questa terra non gli sono state concesse su una terra, bensì nel deserto. Ancora una volta, il popolo ebraico costruisce sé stesso nella partenza prima, e poi nell'esilio, nel non-luogo (nel vuoto del deserto), e attorno a un'idea: la parola, il testo, la legge prima ancora che lo Stato. Convertito: Abramo, ha convertito gli Ebrei usciti dall'Egitto; su questo non c'è dubbio. Partire, seguire un progetto, inventarsi, forse tutto questo non è altro che la Storia condensata di tutta l'umanità. La questione non consiste nella veridicità storica della Torah. E se l'archeologia biblica esprime dei seri dubbi circa l'autenticità dell'esodo, quella narrazione, e la sua commemorazione nella festa di Pesach (Pasqua) continuano ancora a essere affascinanti. Piuttosto, si tratta di cercare di comprendere in che modo e su che cosa ha funzionato un immaginario collettivo grazie al quale si è formato un popolo, un popolo eterogeneo di tutte le etnie, un popolo universale che porta il marchio e che tramanda le tracce di un libro. E questo perché, in tutto il mondo, dall'India al Marocco, passando per l'Etiopia o per la Polonia, ci sono stati gruppi umani, etnicamente molto diversi, che hanno celebrato questo passaggio, questa storia, che hanno dato ai propri figli (e anche a Shlomo) i nomi di personaggi biblici (che non sono affatto lontani dai nomi biblici). Tzipora, la moglie di Mosè, Ruth, e molte donne non ebree, nella Bibbia, giocheranno un ruolo fondamentale; lo stesso ruolo che viene assegnato al popolo ebraico: un popolo di contrabbandieri, di trafficanti, che ne trasmette il nome. Gli ebrei non sono legati a un gruppo etnico, ma a un Testo e a una Lingua. Inoltre, la vera costituzione della nazione ebraica in Palestina (una rinascita secondo alcuni) è legata innanzitutto alla sua lingua: l'ebraico, modernizzata, e in parte reinventata. In Israele, l'ebraico ha preceduto la nazione. La maggior parte degli israeliani proviene da mondi che sono ora ormai scomparsi. E questa nostalgia non può essere completamente curata né con un inno né in una bandiera. I loro genitori hanno assunto, il più delle volte attraverso l'ostilità degli altri, quella che era e continua a essere la loro discrepanza, la loro appartenenza plurale, precursori di un'identità plurale e moderna. In mezzo agli altri e separati. Nell'ebraismo l'alterità è concentrata nel rapporto con il divino, all'origine della vita c'è la separazione, ed è essa la condizione dell'alleanza. Per i terzomondisti, riconoscere l'alterità è forse un'impossibilità ontologica, ed è probabilmente per questo che il nome stesso di Israele pone loro un simile problema. Tuttavia, il discorso non verte sull'annullamento della collettività, bensì sulla sua condizione. Il segno distintivo dell'individuo non è proprio del giudaismo, ma è il paradigma della condizione umana, senza il cui riconoscimento non esiste altro che il totalitarismo. Che i nemici del "significante ebraico", e del nome di Israele, non possano sopportare l'ostinazione di esistere da parte di un popolo mille volte minacciato, e che quello stesso popolo trasferisca in uno Stato le critiche che un tempo venivano rivolte agli ebrei, tutto ciò è nell'ordine delle cose, ma il fatto che Shlomo Sand, israeliano di sinistra e ateo, non sia particolarmente preoccupato per il successo del suo libro lascia perplessi. Nel 2015, dopo l'omicidio del team di Charlie Hebdo, Shlomo Sand scrisse di aver visto in quel giornale «un odio manipolatorio volto a sedurre molti lettori, ovviamente non musulmani». L'odio era dalla parte dei morti...E il suo aveva finito per emergere, osceno, sotto la patina ideologica.
- Brigitte Stora - 24 Luglio 2017 - fonte: @Palim Psao
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