domenica 2 novembre 2025

Contro il Divieto di Pensare !!

Adorno, una critica a "l'impegno" di Sartre

Theodor W Adorno disapprovava quella concezione dell'impegno che - secondo Sartre - metteva il pensiero e l'arte al servizio della diffusione di un messaggio politico.
Dopo la seconda guerra mondiale, Jean-Paul Sartre (1905-1980) si affermò come figura intellettuale di rilievo, irradiandosi ben oltre la Francia, e arrivando a toccare una gioventù che voleva aprire a un mondo nuovo, e forse lontano dai compromessi politici di alcuni dei loro genitori. Ed egli aveva affermato con forza che l'impegno, la capacità di scegliere da che parte stare - anche nell'arte -  era decisiva. D'altra parte, invece,Teodoro Adorno (1903-1969), disapprova la concezione che Sartre ha dell'impegno, e si identifica invece in una forma di impegno in quello che egli chiama "critica"; un approccio che non sia subordinato alle esigenze dell'azione pratica. L'aura di Sartre, era talmente grande che, nel 1962, il filosofo tedesco Theodor Adorno scrisse un testo critico intitolato "Impegno". In esso, Adorno difendeva le opere d'arte cosiddette "autonome", difficili da classificare troppo in fretta e che danno spunti di riflessione, rifiutando ingiunzioni all'azione che a volte, egli sostiene, "vietano di pensare". In particolare, egli dichiara che: «Lo scrittore è soggetto a un obbligo che è quello della cosa, e non quello della scelta», vale a dire, quello delle dolorose contraddizioni della realtà e del desiderio di aprire un percorso utopico al suo interno, lontano dalle facilitazioni che i grandi discorsi sull'impegno presuppongono. Solo così, secondo Adorno, si può creare un'arte veramente critica. In che modo la "critica" può essere considerata una forma di impegno? E più precisamente, in che modo, nell'opera di Adorno, è la questione della forma a essere coinvolta? Questo problema, lo ritroviamo in due suoi importanti testi: "Resignation" (1968) e "Commitment" (1962). In Resignation, Adorno si oppone a un approccio che consisterebbe nell'affidarsi a una totalità che sarebbe legata - in altre parole -  a una teoria globale, la quale dovrebbe essere essa a guidare la pratica. Allo stesso modo, in "Engagement", egli critica proprio l'opera d'arte che si mette al servizio di un messaggio, e che quindi cede a una totalità inesauribile. In entrambi i casi, il pericolo sarebbe quello di cadere in una chiusura, e a seconda dei casi la posta in gioco è ben diversa.
In proposito, Michèle Cohen-Halimi evoca il viaggio di Adorno verso l'esilio negli Stati Uniti, durante la Seconda Guerra Mondiale, avvenuto piuttosto tardi, nel 1937-38, e che lo porta in California. Laggiù conduce un lavoro collettivo molto importante sui pregiudizi antisemiti e razzisti, che lo porta a mobilitare un intero gruppo di ricercatori, sociologi, filosofi, economisti, psicologi, i quali studiano e interrogano quasi 2000 cittadini americani. Egli cerca di definire quale possa essere il potenziale fascista; vale a dire, come, in sostanza, l'ideologia fascista possa venir resa accettabile. Tornò in Germania nell'ottobre del 1949; un ritorno che non era affatto scontato, dice. Aveva la nazionalità americana, c'è anche da dire che gli ci è voluto molto tempo per ottenere un posto di insegnante, «e per molto tempo, di fronte alla possibilità di un'ondata neofascista in Germania, aveva pensato di ripiegare sulla Francia.». Gli ci volle molto per ottenere una cattedra, tanto che alcuni suoi colleghi dissero che «gli era stata concessa dietro compenso, e non per le sue qualità scientifiche». La solitudine di Adorno è immensa. Gilles Moutot ricorda che, con il suo insegnamento, alla fine degli anni '60 Adorno aveva lasciato il segno negli studenti, e nel 1968-69 era molto attento al movimento e alle proteste studentesche, e venne criticato da un certo numero di loro per il suo "radicalismo insufficiente": i suoi studenti lo rimproveravano di non essere abbastanza radicale e di non sostenere - come diceva all'inizio del testo "Resignation" - quelle che riteneva esse "azioni spettacolari e violente". "Resignation", è infatti  un testo del 1968. In fondo, il rimprovero a cui si è esposto è quello secondo cui si ritiene che egli non voglia trarre le conclusioni pratiche da quella teoria critica della società che egli incarna.

Références sonores
Archive. Jean-Paul Sartre, “Conférence sur l’écrivain” à la Sorbonne, le 30 novembre 1946
Texte. Jean-Paul Sartre, Qu’est-ce que la littérature ?  (1948)
Texte. Theodor W. Adorno, “Engagement” (1962), dans Notes sur la littérature, trad. par Sybille Muller, Flammarion, 1984, p. 291.
Extrait de l’Acte Ier de la pièce En attendant Godot (écrite en 1948 et publiée en 1952) de Samuel Beckett, mise en scène de Roger Blin, le 25 février 1979. Avec Jean-Paul Roussillon dans le rôle d’Estragon et Michel Aumont dans le rôle de Vladimir.
Extrait du 5ème tableau de la pièce Les Mains sales (1948) de Jean-Paul Sartre pour la Chaîne Nationale, le 16 décembre 1951. Avec André Luguet dans le rôle de Hoederer et Michel Vitold dans le rôle de Hugo.
Texte. Theodor W. Adorno, “Résignation” (1968), trad. par Nicole Gabriel, Antonia Birnbaum et Michel Métayer, dans la revue Tumultes, n° 17/18, 2002. Initialement prononcé par Adorno à l’occasion d’une allocution radiophonique en 1968.
Chanson. “I want to sit where Sartre sat” de Paul James Frantz (2009).

fonte: radiofrance

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