lunedì 8 settembre 2025

Lavorare e Non…

La realtà del lavoro, oltre la sua mercificazione
- Cosa ci dice il Marx-Engels-Ausgabe a proposito della "forza lavoro", in quanto forma unica del capitalismo, al di là di quello che è il suo confinamento teorico e pratico all'interno della sua forma mercificata (vale a dire, un salario o uno stipendio), rispetto a quello che è il "lavoro umano in quanto tale"  -
di Charles Reitz

   La prospettiva filosofica critica di Marx, sottolinea come il lavoro abbia una sua realtà e una sua capacità. Marx ha coniato l'espressione "forza lavoro", riferendola a una merce per la quale si scambia un salario, vedendola distinta dal lavoro umano in quanto tale, il quale invece fa parte dell'ontologia dell'umanità: ossia, la nostra "Gattungswesen": è la nostra identità stessa di esseri umani, a trovarsi radicata in un'eredità che discende dalle nostre prime forme di lavoro collettivo e di produzione, in delle società di partnership, con le loro ecologie di "caregiving" e di "commonwealth" (in conformità con l'etica africana umana dello "ubuntu"). DI tutto questo, troviamo delle nuove prove nel Vol. IV/27 dell'Ausgabe Marx-Engels (MEGA2), il quale include al suo interno i cosiddetti "Quaderni Etnologici" insieme ad altre note sulle società precapitalistiche e non occidentali. Una ricerca, sulle parole in tedesco che Marx usa nel suo periodo tardo (1879-82) - nelle note e negli estratti, contenuti in questo volume, che riguardano le società comunitarie indigene storiche, e le forme di lavoro romane, libere e non libere - non ha rivelato alcun riferimento alla forza lavoro (Arbeitskraft), ma molti termini riferiti al lavoro (Arbeit). Una futura società comunista (che sfugga alla logica feticistica che caratterizza la mercificazione dell'economia da parte dei proprietari privati, in particolare a quella del processo lavorativo) ha necessità che la sua riproduzione avvenga per mezzo di qualcosa che assomigli al "commonwealth labor", al lavoro comune, in quanto forma non mercificata (e come dice Marcuse, forse anche forma estetica) del lavoro umano. Si rammenti qual era l'ammonimento di Marx: «Non chiedete una giusta paga per una giusta giornata di lavoro. Abolite il sistema salariale!» Una volta che il lavoro sarà stato de-mercificato, allora la "forza lavoro" non avrà più alcun ruolo nel processo di riproduzione sociale.

  Come specie siamo sopravvissuti grazie al riconoscimento sensuale dei nostri poteri emergenti: il potere di sopravvivere in maniera cooperativa; creare, comunicare e prenderci cura l'uno dell'altro, in comunità, all'interno di quella forma di società che potremmo giustamente chiamare un "commonwealth". Il concetto di “lavoro comune” ambisce a essere inteso come il lavoro dell'umanità in forma estetica: maestria e abilità artistica, emancipate dalla repressione, che si svolgono «in accordo con le leggi della bellezza», come scrisse Marx nel 1844. L'umanesimo nei tempi antichi (Platone e Aristotele) non era una filosofia della bontà naturale e immediata dell'essere umano, come accadeva nel Romanticismo di Rousseau in epoca più recente. L'umanità aveva un suo metabolismo con la natura mediato dal lavoro e un metabolismo con gli altri esseri umani mediato dalla cultura. La filosofia greca antica insisteva sull'influenza umanizzante dei genitori e degli insegnanti, dei costumi, della cultura e delle leggi all'interno di un contesto sociale. Il lavoro umano costituisce la risorsa che sostiene la comunità umana. La logica radicalmente socialista della produzione, del possesso e della gestione collettiva è in grado di favorire un movimento di trasformazione sociale che, nell'ambito delle necessità, può costruire un'architettura di uguaglianza interculturale, disalienazione, equilibrio ecologico, abbondanza, bellezza e libertà.

Charles Reitz, da "The Revolutionary Ecological Legacy of Herbert Marcuse " (Daraja Press, 2023) -

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