Il 10 Settembre, Critiche temporanee
- Il seguente testo è stato diffuso dai compagni di "Temps Critiques" alle 10 del mattino del 10 settembre 2025. Il testo si rivolge alla campagna per "Bloccare tutto il 10 settembre",costruita, con molta fanfara, per tutta l'estate. Mentre andiamo in stampa, le azioni si stanno ancora svolgendo in tutto il paese.
- by Ill Will -
L'appello a "Bloccare tutto" il 10 settembre 2025 è molto diverso dall'appello dei Gilets jaunes a occupare le rotatorie nell'ottobre-novembre del 2018. La sua origine non è chiaramente identificabile, anche se "Les essentiels", un piccolo gruppo freixista, sembra essere alla sua origine. Soprattutto, non contiene alcun riferimento che possa significare una o più collettività attorno a un emblema riconoscibile, come potrebbero essere stati i gilet gialli o gli ombrelli di Hong Kong. È come se l'umore attuale fosse di rivolta, o almeno di rabbia o indignazione (è un discorso molto ampio), come se fosse tutto ciò che serve per trasmettere l'appello e abbracciare ogni possibile richiesta e modalità di azione, dalle più limitate, come staccare la spina dai dispositivi, alle più estreme, come circondare Parigi. In tutta questa vaghezza e gassosità, è facile dimenticare che non c'è un solo nemico dall'altra parte (chiunque sia il nemico principale: lo Stato e la sua polizia, il governo, Macron), ma tutta un'organizzazione di relazioni sociali a cui partecipiamo, volenti o nolenti, con la loro disposizione di dipendenza e sedimentazione reciproca gerarchica, e che struttura il dominio in un modo molto più complesso di quello che opporrebbe "loro" e "noi", come se ci fossero solo due forze che si fronteggiano e fosse sufficiente che "noi" prendessimo l'iniziativa, da un momento all'altro, quindi – e perché non il 10 settembre?
A posteriori, il movimento dei Gilets jaunes ha mostrato una sorprendente capacità di designare obiettivi che tenevano conto delle posizioni geografiche e sociali dei suoi partecipanti. Erano consapevoli della loro incapacità di bloccare veramente qualsiasi cosa, perché erano consapevoli della loro relativa estraneità al rapporto tra sfruttamento e produzione. I luoghi scelti per l'occupazione costituivano quindi non un nodo di produzione ma un luogo di circolazione di cui chiunque poteva appropriarsi, anche solo temporaneamente, o almeno deviare la propria destinazione (da scambi di flussi a scambi di parole, senza che ciò fosse formalizzato nel discorso fine a se stesso, come talvolta accadeva per Nuit debout, né nel gergo caro ai "radicali"). In breve, hanno trasformato concretamente la loro debolezza in un punto di forza, piuttosto che semplicemente esibire questa debolezza sotto gli occhi di tutti, come fecero all'epoca i fautori della falsa "convergenza delle lotte". La forza dei Gilets jaunes è stata, tra le altre cose, quella di mantenere un equilibrio tra l'azione diretta, la libertà di parola ma misurata (le questioni divisive sono state il più delle volte messe da parte o secondarie) e la riflessività quotidiana del movimento su se stesso. Non si è mai persa nelle erbacce del discorso, né si è impegnata in un dialogo con le autorità o i media – da qui la sua relativa irriducibilità, e il fatto che non c'è mai stato nulla da negoziare.
Qual è la situazione oggi? I motivi per essere arrabbiati sono ancora lì, e persino amplificati. Non abbiamo molte informazioni affidabili sulle persone dietro l'appello del 10 settembre, ma quello che sappiamo per certo è che non hanno modo di "bloccare tutto", a meno che i camionisti non entrino in azione. Al contrario, durante la crisi sanitaria, abbiamo visto che le frazioni di dipendenti o altri lavoratori improvvisamente designati come essenziali lo erano proprio perché la loro attività è continuata durante la crisi e, in confronto, l'attività provvisoria di altri è cessata. Secondo alcuni sondaggi, come quello di Le Monde del 2 settembre 2025, l'iniziativa è particolarmente radicata nelle città di piccole e medie dimensioni, meno nelle metropoli, che sono sia comuni ai Gilets jaunes – un movimento poco urbano – sia diversi da essi, poiché non riguardano essenzialmente le periferie. Gli operai e i pensionati, due gruppi centrali tra i Gilets jaunes, sono sottorappresentati. Al contrario, i dirigenti, gli studenti delle scuole superiori e le persone economicamente inattive sono sovra-rappresentati. E' guidata meno dall'esperienza vissuta della precarietà economica che da una forte politicizzazione della sinistra, anche se vuole essere autonoma dai partiti e non adotta la grammatica dell'azione propria dei sindacati. A questo si aggiunge il desiderio di impegnarsi "per gli altri", che sembra motivare la loro mobilitazione. Ora, anche se realmente esistono degli "altri", essi non costituiscono a priori il "bersaglio" privilegiato della frangia politicizzata, che ragiona solo in termini di "cause" piuttosto che di situazioni concrete (la questione del potere d'acquisto appare solo indirettamente, attraverso la volontà di combattere le disuguaglianze sociali; e la critica allo Stato-consumismo appare rischiosa se, allontanandosi dal suo originario inquadramento di decrescita, finisce per unirsi a una critica più ampia dell'intervento sociale dello stato, come si può vedere con la proposta di nuovo bilancio, la priorità del debito del governo, la restrizione dell'assistenza medica agli stranieri, ecc.). In breve, questa preoccupazione volontaristica rischia di ricevere poca ricompensa: una leadership senza esercito.
Questa esternalizzazione non si manifesta qui in un appello a bloccare gli spazi pubblici, come nelle rotonde o nelle manifestazioni di piazza, ma piuttosto nell'organizzarci in modo da poter fare tutto da casa e alle nostre condizioni, assecondando l'idea che siamo noi a dominare le macchine piuttosto che loro a dominare noi. L'idea è quella di bloccare individualmente il "sistema" economico, come se fosse qualcosa di esterno a noi. Prima di tutto, è una concezione di un popolo senza macchia che non può fare a meno di evocare brutti ricordi (*1); finge anche che questo "popolo" si sia già messo in moto grazie alla sua capacità di "hackerare" le micro-tecnologie. Mentre alcuni (es. Paolo Virno [*2]) si vantano della presunta "intelligenza collettiva" dei movimenti, che hanno già incorporato l'intelletto generale, e, perché no, l'IA già che ci siamo [*3], basta a far dubitare della sua presunta "autonomia", perché qui siamo ben lontani dalle originarie tesi operaiste che Virno rivendicherebbe come proprie.
L'appello a uno "sciopero dei consumatori" si aggiunge a questa esteriorità e indica le origini sociologiche dei promotori della campagna, dato che una percentuale relativamente ampia della popolazione ha già "scioperato" contro le vacanze e qualsiasi cosa che non sia l'acquisto di beni di prima necessità. Allo stesso modo in cui l'imposizione dell'articolo 49.3 da parte del governo ha affogato il movimento pensionistico del giugno 2023 sotto un diluvio di argomenti democratici avanzati da forze che hanno poco a che fare con il movimento stesso, il movimento del 10 settembre ha già compiuto l'impresa involontaria di essere affogato, prima ancora della sua possibile schiusa, sotto i tentativi di infiltrarsi nelle forze politiche (i partiti dell'ex "nuovo fronte popolare" e i vari gruppuscoli della "sinistra" di sinistra") o sindacati (SUD), che hanno giurato di non farsi ingannare una seconda volta, dopo la loro cecità nei confronti del movimento dei gilets jaunes.
La "indeterminatezza" di cui alcuni [*4] parlano è pertanto assai più bassa di quanto non fosse con i Gilets jaunes; per quanto riguarda la questione del suo potere, essa non può essere valutata in assenza di una reale messa in moto di ciò che è, per il momento, solo un appello e non un movimento. Oggi c'è una certa confusione tra quello che un tempo si chiamava "movimento sociale" – anche nelle sue varianti di "nuovo movimento sociale", dal 1986 in poi, per esempio in Francia con il movimento dei macchinisti e degli infermieri, durante il quale il filo rosso delle lotte di classe non era ancora stato tagliato (i coordinamenti hanno temporaneamente soppiantato i sindacati) – e movimenti come quelli emersi dalla seconda metà degli anni 2010 in poi. Seguendo le orme di Stéphane Hessel, l'iniziativa "Nuit debout" ha promosso l'indignazione e il parlare in pubblico attraverso le tendenze cittadine; i Gilets jaunes, dal canto loro, esprimono l'immediatezza di una situazione di stallo e di un'azione diretta, seppur con un graduale riferimento alla Rivoluzione francese che storicizza e politicizza il movimento dall'interno, piuttosto che attraverso l'intervento di forze esterne. Nonostante le critiche che gli sono state rivolte [*5], la promozione del RIC [un'iniziativa per i referendum] in ultima analisi una funzione della tendenza creativa istituzionale del movimento, piuttosto che segnalare una volontà di istituzionalizzarsi; insomma, si cercavano pratiche di democrazia diretta che si trovino al di fuori delle forme custodite nelle lotte proletarie storiche. Questa tendenza controbilanciava una tendenza al degagismo [*6], il quale è presente anche nell'appello odierno, che sembra combinare il cittadinismo e il populismo di sinistra (cfr. il che spiega il suo pieno sostegno da parte di La France Insoumise). Altrettanto dubbia appare l'idea che questa "indeterminatezza" alla fine rafforzi il potere; infatti, il potere presuppone una forte determinazione - come abbiamo visto nella reazione dello Stato - a qualsiasi forza che lo minacci realmente (i Gilets jaunes in Francia, la criminalizzazione delle lotte altrove). I gilets jaunes hanno acquisito questa forza non dall'indeterminatezza della loro composizione di classe e dall'eterogeneità delle loro rivendicazioni, bensì dalla loro azione, dagli scontri con lo Stato che si sono verificati ovunque i loro vari collettivi di lotta siano intervenuti nello spazio pubblico.
Come ha scritto Michaël Foessel su Libération il 4 settembre 2025, la mobilitazione virtuale di un "On ne veut plus" [Non vogliamo più] dal basso corrisponderebbe così a un "On ne peut plus" [Non possiamo più] dall'alto; una situazione che è stata storicamente definita all'inizio del XX secolo come costituente la premessa di una fase pre-insurrezionale, con la differenza che le parole hanno senso solo in un preciso contesto storico. Ci sono ragioni per dubitare di un «non vogliamo più» da parte della base, quando così spesso assomiglia invece a un «non possiamo più» (formare un collettivo, scioperare, ecc.). Per quanto riguarda il «non possiamo più» da parte di chi sta in alto, si tratta di un particolare governo con una propria costituzione e un proprio sistema di voto, che pertanto presuppone due blocchi e non tre. Questo è solo un caso particolare di stallo politico nel contesto più generale di una crisi dei regimi democratici, ma non siamo nella Russia del 1917, quando Lenin pronunciò la sua famosa citazione. Tuttavia, pur criticando i media mainstream, i promotori non esitano a fare affidamento sui loro metodi, così come su quelli dei politici: l'effetto pubblicitario non è reale, ma genera un effetto reale, come avrebbe detto Foucault. Ospedali e cliniche hanno cancellato le operazioni originariamente previste per il 10 settembre. Per quanto riguarda coloro che potrebbero, se volessero, mettere in atto blocchi significativi, essi hanno invece indetto uno sciopero per il 18 settembre, non volendo confondersi, e perdere così la potenziale leadership di ciò che esiste solo come progetto. A prima vista, le speranze che hanno i sindacati di firmare una sorta di nuovo accordo del 13 maggio (1968), quando il movimento (fino ad allora composto essenzialmente da studenti) decise di elemosinare sostegno in cambio di uno sciopero generale, appaiono qui assai scarse; essi sarebbero senza dubbio contenti di una riduzione dei giorni festivi. In effetti, nonostante l'appello incidentale di Mélenchon a uno sciopero generale, le loro tattiche non implicano alcuna inversione sindacale rivoluzionaria, suggerendo piuttosto che hanno imparato la lezione della fallita lotta per le pensioni del 2023. Dalla fine dell'estate del 2023 fino ai giorni nostri, ciò che domina è infatti una paura diffusa da parte dei poteri costituiti, ma anche un sentimento di sconfitta e di disperazione tra coloro che hanno combattuto. In questo senso, il fuoco non sta affatto covando sotto la superficie quotidiana dell'abbandono quotidiano. Contrariamente a quanto sostengono oggi i sostenitori dell'ipotesi autonoma, i movimenti recenti – almeno nei loro risultati – non attestano il divenire autonomo dei movimenti sociali, a cui non hanno mai mirato fin dall'inizio, ma un'autonomizzazione del sociale stesso, nella misura in cui la vecchia questione sociale è stata invisibilizzata (per usare parole d'ordine), il che ha portato all'isolamento dei movimenti che, I media ci dicono che quasi tutti sostengono... a distanza. Qui, i clacson, là, i colpi di pentole e di padelle, non hanno più influenza di quanto lo abbia il tifo dei tifosi negli stadi di tutto il mondo... A meno che non si creda davvero che tutto sia solo uno spettacolo.
- Ill Will - 10/9/2025 - Apparso su https://illwill.com/ -
- Immagine di copertina: Un autobus viene incendiato su un'autostrada vicino a Rennes, in Francia, il 10 settembre 2025 -
Note:
1. Mentre i Gilet Gialli si muovevano in tutti i sensi, l'iniziativa attuale si rivolge a un popolo precostituito: «Il 10 settembre usciremo insieme. Una voce, un popolo. Uniti contro un sistema che ci schiaccia», recita lo slogan finale su un manifesto il cui inizio tradisce l'ideologia intersezionale resa popolare e applicata alle questioni sociali: «Tutti uniti. Non importa la tua religione, il tuo colore, il tuo quartiere, il tuo background. Neri, bianchi, arabi, credenti o no, lavoratori, disoccupati, pensionati, senzatetto, giovani dei progetti... Agricoltori, camionisti... Tutti nella nostra popolazione, mano nella mano».
2. Si veda l'estratto, pubblicato il 1° settembre 2025 su Lundi matin, dal testo di Virno "Virtuosité et Révolution", a sua volta tratto da Miracle, virtuosité et "déjà vu". Trois essais sur l'idée de "monde", L'éclat, 1996 (online qui). https://lundi.am/En-attendant-le-10-septembre-une-miraculeuse-exception
3. I promotori usano Telegram, ma anche Instagram, Facebook, X, Bluesky, Discord... Tutte queste reti consentono la diffusione su larga scala di migliaia di immagini, molte delle quali generate dall'intelligenza artificiale.
4. Vedi Serge Quadruppani, "Vers le 10 septembre ou la puissance de l'indéterminé", Lundimatin, 1 settembre 2025 ( https://lundi.am/Vers-le-10-septembre-ou-la-puissance-de-l-indetermine ); e la nostra recensione (J. Guigou) in: "Hasardeuse prédiction: Remarques sur l'article de Serge Quadruppani..." (online qui : https://blog.tempscritiques.net/archives/5226 )
5. Per queste critiche, si veda Temps critiques, "Dans les rets du RIC", marzo 2019. Online qui: http://tempscritiques.free.fr/spip.php?article397 .
Nessun commento:
Posta un commento