mercoledì 12 febbraio 2025

Un solo epiteto, per una triangolazione canonica !!

Nella quarta sezione de "L'immortale" -  il racconto che Borges pubblicò per la prima volta nel febbraio del 1947 sulla rivista Anales de Buenos Aires, e che più tardi, nel 1949, sarebbe riapparso nel suo libro L'Aleph - l'autore scrive che essere immortali è, in sé, insignificante: tutte le creature sono immortali, dal momento che esse ignorano la morte (tutte, tranne l'uomo, il quale reca in sé la morte, vista come orizzonte permanente). Così, a partire dall'astrazione dell'immortalità, il narratore di Borges perviene alla conclusione che a ogni uomo- nell'arco di un tempo infinito - tutte le cose, prima o poi, finiscono per accadergli; ed è così che le virtù annullano le infamie -  mentre, viceversa, le infamie annullano le virtù – siano esse quelle del passato, siano quelle del futuro. Ed è a questo punto che - cucito a una tale riflessione astratta e metafisica - emerge un commento letterario, una brevissima interpretazione, un giudizio di valore assai fugace, molto alla Borges: «in questo gioco di equivalenze, ciò a cui si tende è un equilibrio» - scrive Borges – «e così il contrappeso richiesto da un singolo epiteto delle Egloghe, o da una frase di Eraclito, forse è il rozzo Poema del Cid». E questa apparizione fulminea di Virgilio, finisce così per essere rivelatrice; soprattutto in un racconto che parla così tanto di Omero, e che dipende proprio dalla fortuna postuma e millenaria delle parole, e dalla figura mitica, di Omero. Va detto che nell'opera di Borges, Virgilio compare in varie occasioni, ma è però proprio in questo punto specifico de "L'immortale" che egli non viene citato per nome; cosa che di certo, così facendo, non contribuisce a un conteggio statistico della presenza di Virgilio nell'opera di Borges. E tuttavia, l'enfasi è decisiva: «un singolo epiteto delle Egloghe», e tanto basta. E proprio questo ci rende anche possibile continuare a insistere sul fatto che Borges lavori, in vari e diversi momenti, a partire da una triangolazione canonica che, per lui, rimane indiscutibile: Omero, Virgilio, Dante.

fonte: Um túnel no fim da luz

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